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Autore: StringimiLukey    04/11/2014    1 recensioni
"con ogni colpo si avvicinava, con ogni movimento diventavano più connessi tra loro, con ogni tocco morbido venne a vita sotto il suo. Era così vicino, ed ancora ad un migliaio di chilometri di distanza"
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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"It's amazing what you can hide, just putting on a smile"

"È incredibile cosa puoi nascondere solo mettendo un sorriso"

~Demi Lovato | Believe in Me

Nell' autobus picchiettava le sue lunghe dita a ritmo di canzoni mai sentite sul tessuto del maglione di lana che copriva la sua pelle dal freddo umido da quella città fin troppo piovosa.

Roteò gli occhi quando il veicolo si bloccò di colpo e si tenne saldo a quel palo di ferro ghiacciato per evitare cadute. 

Le porte si aprirono, ed una fila di ragazzi accaldati fece spazio in quel mezzo di trasporto, troppo piccolo per tutti quei ragazzini che schiamavano.

La mora infilò le mani nelle tasche della giacca di almeno una taglia in più alla sua percorrendo il piccolo corridoio dell'autobus guardandosi intorno cercando posto senza successo. Si mise a un metro dal ragazzo dall'altezza disarmante mentre ascoltava i suoi artisti preferiti cantare attraverso le piccole cuffiette nere.

Esitò prima di avvicinarsi al ragazzo. Titubante afferrò il palo di ferro con tre dita sotto l'attento sguardo del riccio. Aveva lo sguardo abbassato sul cellulare mentre cercava della musica sul telefono nuovo. 

"Non ti mangio mica" quasi sussurrò il riccio incurvando le labbra carnose in un leggero sorriso mostrando la fossetta pronunciata alla guancia sinistra.

Lei alzò il volto incontrando gli occhi ora divenuti chiari - quasi giada - del ragazzo dalla disarmante bellezza.

"Scusami" sussurrò togliendo le piccole dita dal ferro notando che senza volerlo aveva toccato l'addome del ragazzo.

"No" prese il suo polso facendo scontrare la sua mano con il ferro.

"Tieniti pure, non mi hai dato fastidio" la mano calda di Harry la fece sussultare. 

"Devi scusarmi, non me ne ero accorta" spostò una ciocca ribelle dal viso dai delicati lineamenti. Mentre i suoi occhi oro vagarono con la mente quando essi incontrarono quel verde speranza.

Le infondevano sicurezza. 

"Te l'ho detto, non mi hai dato fastidio, anzi" si sorprese di sè stesso per la sua improvvisa gentilezza, era consapevole di essere ancora in parte quel ragazzo dall'animo gentile di qualche mese fa. Più che altro, lo sorprendeva il fatto che una sconosciuta potesse fargli venire voglia di saltellare e sorridere. 

Lui scosse la testa schiarendosi la voce cambiando espressione. Si irrigidì quando per l'ennesima volta la piccola mano della ragazza -ora intenta ad ammirare l'oggetto nuovo tra le sue mani- sfiorò il suo addome con le nocche ben saldate al palo.

Le carezzò la mano e lei alzò lo sguardo confusa. Un colore roseo si impossessò del suo viso mentre il ragazzo aveva la mano avvolta a quella della mora.

L'autobus si fermò e Angel tolse la mano dalla stretta del ragazzo, gli rivolse un'ultimo sguardo stranito e si diresse verso l'uscita del veicolo seguita dal riccio.

Harry la superò a passo svelto.

---

"Angel, Angel, Angel. Sai cosa ti spetta se non mi fai i compiti, quindi ecco il mio quaderno di algebra e psicologia, per stasera li voglio tutti ben fatti, consegnali a casa mia verso le sei, non prima non dopo, miraccomando" il ragazzo le posò i libri sul banco violentemente facendola sobbalzare.

"Io alle sei ho da fare Luke" il ragazzo stuzzicò l'anello che aveva avvolto al labbro inferiore guardandosi intorno.

"Cos'hai da fare? giocare con le bambole? Me ne sbatto. tu alle sei vieni a casa mia, mi consegni i quaderni e mi spieghi quella robaccia di psicologia, sai quel coso che ha spigato quel vecchio. Concio, Perconcio"

"Conscio, preconscio e incoscio" lo corresse.

"È uguale, il concetto è quello"

"No, non è uguale"

"Senti, non me ne fotte un cazzo ok? alle sei a casa mia. Punto. Fine della discussione sfigatella" 

"Ok, va bene Lukey" sorrise leggermente al ragazzo, facendosi sfuggire una parola di troppo.

"Non siamo più bambini, nè tantomeno amici quindi non chiamarmi in quel ridicolo modo" 

Marzo 2008

"Lu, spingimi più forte ti prego!" La dodicenne dai lunghi capelli neri schiamazzò ridendo.

Il piccolo biondo la spinse con più forte facendola andare più velocemente su quell'altalena in quel parco dove passavano la maggiorparte del loro tempo.

"Dai Angel, andiamo a casa, sta per piovere!" La richiamò mentre lei saliva e scendeva sull'altalena. Adorava l'altalena. Le dava la sensazione di volare.

Di essere libera.

"Ti prego, non voglio andare a casa, restiamo un pò dai!" Luke alzò gli occhi azzurri al cielo per poi sorridere mostrando la sua dentatura perfetta alla mora.

"Sei proprio una testa calda An" ridacchiò. La pioggia iniziò a tamburellare sul terreno e Angel fermò l'altalena correndo incontro al ragazzo che l'aspettava sotto il piccolo ombrello.

"Che ti avevo detto, stupida mora" disse scherzosamente accogliendo Angel sotto il suo braccio.

"Qui l'unico stupido sei tu!" 

Quei due passavano giornate intere a prendersi in giro a vicenda. Eppure, quando lui la guardava negli occhi. Pareva che il mondo si fermasse.

Giugno 2010

"Ehy An, che fai lì da sola? Non vieni al ballo?" Luke entrò nel bagno titubante.

"Mi dispiace Lu, ma non verrò" disse con voce spezzata. Luke corrugò la fronte confuso.

"Posso sapere il perchè?" Chiese dolcemente carezzando la schiena della mora accovacciata per terra.

"Niente, non voglio andarci e basta Luke"

"Non mentirmi, dimmi il perché"

"Non credo ti importi veramente" 

"Ti sbagli, mi importa eccome! Dai su, dimmi perchè stai singhiozzando. Ho fatto qualcosa di male?"

"No, no" disse nervosamente.

"Cazzo, vuoi dirmi perchè stai piangendo o devo farti il solletico?" Ridacchiò strappando un sorriso alla ragazza.

"Luke, io mi odio, voglio dire, mi hai vista? Kendall ha detto che faccio schifo, che sono grassa e brutta. Nessuno mi vuole veramente Lu" disse sinceramente facendo incontrare i suoi occhi spenti con quelli preoccupati dell'amico.

"Alzati" le ordinò con voce ferma. Titubante si alzò afferrando la mano offerta dal ragazzo.

"Che c'è?" 

"Guardati allo specchio" lei si voltò scrutando la sua immagine riflessa nell'ampio specchio.

"Cosa vedi?" Chiese lui serrando la mascella.

"Vedo una quattordicenne brutta ed obesa con affianco un bellissimo amico" 

"Che grandissima emerita cazzata. Se tu sei brutta allora io ho incontrato una prostituta vergine, guardati. Guardati bene intendo"

"Sono brutta e basta Lukey. Quando passo le ragazze dicono 'Uh guarda, l'amica sfigata di Hemmings'. E fa abbastanza male. Sono tutte migliori di me. Sempre."

"Tu sei migliore di loro, sempre. Per me Sei perfetta An" le lasciò un bacio sulla guancia facendo colorare le sue gote di un colore roseo.

"Dai andiamo scema" le afferrò la mano portandola verso la porta.

"Signor Parker! porto sua figlia al ballo" annunciò il ragazzo sorridendo.

"Miraccomando Luke, riportamela a mezzanotte!" Urlò prima che i due uscissero.

"Ehy, sò che vivi nel tuo mondo pieno di fiorellini e cazzate varie, ma ascoltami quando ti parlo" la richiamò schioccando le dita davanti al suo volto.

"Si, oggi interroga a scienze, sugli argomenti affrontati l'anno scorso" rispose infine alla domanda posta dal ragazzo in precedenza.

"Cazzo, non so nulla porcaputtana" si mise una mano tra i capelli alzandoli.

"Vedi di non perdere anche questo anno, se non vuoi studiare, basta stare attenti in classe, è semplice Luke" Il ragazzo la guardò freddamente.

"Chi cazzo ha chiesto la tua opinione?" Sbottò spaventando la ragazza.

Abbassò lo sguardo abbattuta. Anche quello che considerava il suo migliore amico le aveva voltato le spalle da circa due anni. 

Seguendo la massa.

Lui era popolare. Lei invece era la classica 'sfigata' presa di mira da tutti.

La loro amicizia era finita oramai da tempo. 

Iniziò così; A non presentarsi più a casa di lei quando lo invitava. A dimenticarsi la data del suo compleanno. Fino a chiudere i rapporti definitivamente, facendosi nuovi amici.

"Che cazzo, perchè devo stare accanto a questa sfigata?" Disse ad alta voce facendo scoppiare la classe in una risata di coro.

"Hemmings,la smetta perfavore" lo richiamò la professoressa.

"Certo prof! Ogni suo desiderio è un'ordine" la signora Anderson sosse la testa rassegnata e ricominciò a spiegare gli argomenti di quel lungo anno scolastico.

Angel era stufa dei commenti rudi che le mandavano quei compagni di scuola fin troppo ignoranti, soprattutto quelli lanciati costantemente da quello che fino a qualche anno fa considerava 'amico'.

Sentì gli occhi pizzicare mentre gli altri si prendevano gioco di lei.

Non riuscì a comprendere l'odio ricevuto. Lei non aveva mai fatto nulla di sbagliato nella vita.

"Guardala, piange poverina, perchè non vai dalla mamma? Uh già se n'è andata, anche per lei facevi troppo schifo" Luke sputò quelle parole acidamente. Lei si accovacciò al banco e stette in silenzio. Perché infondo era ormai abituata. 

Era tutta questione di abituarsi.

"Quand'è che andrai a trovare tuo padre in prigione?" Spuntò un altro ridendo. E fu lì che scoppiò.

Si alzò spostando violentemente il banco attaccato a quello del biondo e lo guardò con disprezzo. Quello sguardo pieno di odio per i suoi confronti. 

Anche se lei stessa sapeva perfettamente di non odiarlo. Perchè una parte di sè, gli voleva ancora bene.

Erano le persone che l'avevano rovinato. Continuava a ripetersi.

"Professoressa io esco" aprì la porta violentemente uscendo da quella stanza il prima possibile.

Angel si sedette sul terreno freddo della scuola semivuota. Si accovacciò su sè stessa e scoppiò in un pianto silenzioso. 

Sentì vibrare il suo cellulare ed in fretta si asciugò le lacrime.

"Ciao Angel, scusa se ti ho chiamato in orario di scuola, volevo dirti che oggi io e tuo zio non saremo a casa per pranzo, perfavore, non far entrare gli amici strani di tua cugina. Quei ragazzi non mi piacciono per niente" disse tutto d'un fiato la zia. 

"Ehy Angel, stai bene?" La richiamò mentre era avvolta nei suoi ricordi.

"Certo zia, sto benissimo, ciao! Devo andare al lezione!" disse con quel tono convincente che poteva ingannare anche i demoni. Lei riusciva a fare tutto nelle sue ombre. Sorrideva mentre moriva dentro, mostrando agli altri il contrario di ciò che provava. Lei preferiva tenersi le cose per sè. I suoi pensieri. Le sue paranoie. La sua solitudine. E forse era meglio così, perchè infondo, nessuno avrebbe mai potuto capire.

---

"Harry, la scuola è iniziata da tre giorni e tu che fai? Salti le lezioni!?" Lo rimproverò la zia mentre era intento a leggersi un buon libro ascoltando buona musica.

Lui stette in silenzio guardando il vuoto d'innanzi a sè. Ed era proprio il suo stato d'animo. Era questo che sentiva: vuoto. Un vuoto incolmabile proprio al centro del petto. Come se servisse qualcosa per completare il puzzle. O la mappa di un tesoro ben più grande; il suo cuore. Che ora pareva fosse circondato da lastre spesse di ghiaccio.

"Rispondimi quando ti parlo. Harry sei come un figlio per me. Smetti di comportarti in modo asociale e strafottente, perchè non so a cosa tu vada a parare, ma credimi, dovresti capire che hai delle persone con dei sentimenti intorno a te" le parole gli si lanciavano come sassi sulla sua mente fin troppo evoluta per non capire perchè la donna gli stava urlando contro.

Lei non sapeva che quelle parole sarebbero state solo altri mattoni che avrebbero innalzato ancor di più il muro che si era costruito attorno alla sua mente.

"E poi, la notte esci come se niente fosse, dio solo sa dove vai alle tre del mattino. sveglia Harry. Non siamo ad Holmes Chapel" passò le lunghe dita sulla carta consumata di quel libro di oltre cinquecento pagine e spostò lo sguardo sulla donna che lo guardava severa.

"Non è colpa mia se hai le tue cose ed i tuoi figli non ti ascoltano, quindi, perfavore zia, non sono in vena" si alzò dal divano posando il libro prima di mettere il segno dove era arrivato. Quasi alla fine. E gli dava terribilmente fastidio il fatto che gli stesse scoppiando la testa e non poteva sapere la fine. 'Questo dolore un giorno ti sarà utile' un buon romanzo molto istruttivo il quale era riuscito a leggere oltre quattrocento pagine in soli due giorni. 

Addentò la mela e si alzò i capelli con un gesto veloce.

"E comunque..." Esitò "Stare da voi sarà temporaneo, ho quasi vent'anni, e non mi va di stare qua con tuo figlio in preda a i suoi ormoni da diciottenne morto di figa. E tua figlia che ci prova spudoratamente con me" Prese la giacca e se ne andò da quel posto. Che sicuramente non gli apparteneva.

---

Calpestava le foglie d'autunno con le sue converse nere consumate, e la sua chitarra giaceva su una spalla. Il leggero vento le solleticava il volto mentre inspirava l'aria pura di quel parco ove era cresciuta. Fece un giro intorno a sè facendosi cullare da quella sensazione di libertà attirando sguardi fugaci dei passanti. 

Corse all'altalena sistemando di tanto in tanto la chitarra su una spalla evitando di farla cadere a terra.

La posò sull'erba e si posizionò sull'altalena. Tante immagini e ricordi pervasero la sua mente guardando ogni singolo gioco di quel parco. Chiuse gli occhi abbandonandosi ad i movimenti lenti e ripetitivi che le regalava quell'oggetto. 

E forse poteva sembrare infantile. Ma a lei non importava. Perchè era lì e si sentiva viva. Sentiva ancora la spensieratezza degli anni nei quali non pensava. Agiva d'istinto. Come ora che stava dondolando in quell'altalena sorridendo fino alle orecchie. 

Nemmeno lei seppe darsi una risposta alla felicità che da anni non provava.

"Non credi anche tu che sia un pò infantile che una ragazza della tua età e così carina vada sull'altalena come una bambina" una voce la richiamò ma lei sorrise ancora di più e teneva ancora gli occhi chiusi saldamente.

"Non mi importa. Perchè mi fa stare bene" disse lei a seguito scoppiando in una risata mentre i suoi capelli corvini fluttuavano in aria.

"Sembri felice ora" il riccio incrociò le braccia al petto, era sullo stipite di legno che sorreggeva la ragazza a poco più di mezzo metro da ella.

"Peccato dirti che tu non lo sia veramente" il sorriso che si era appropriato delle sue labbra in precedenza, svanì. Bloccò l'altalena ed aprì gli occhi. 

Le emozioni esplosero quando trovò d'innanzi a sè due paia di occhi verdi che la scrutavano attenti. Deglutì a fatica per la troppa vicinanza del ragazzo.

"Quanti anni hai? Diciotto, diciannove?" Tirò ad indovinare Harry ignaro del fatto che fosse molto più piccola di quanto credesse.

"Sedici"

"Sedici?" Chiese sorpreso.

"C-cioè ad Ottobre diciassette" balbettò.

"Diciassette?" Chiese nuovamente.

"Diciassette" confermò con voce ferma."Tu invece?" Chiese lei spontaneamente.

"Diciannove" premette le labbra carnose tra di esse "Ti chiami Angel, non è vero?" 

"S-si, come fai a saperlo?" Chiese curiosamente."Non ha importanza adesso" si alzò per l'ennesima volta i capelli guardando dritto negli occhi oro di Angel. "Mi piace il tuo nome" constatò prima di voltarle le spalle lasciandola perplessa. 

Ancora una volta.
  
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