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Autore: _Francesco_    05/11/2014    1 recensioni
"Un semplice incontro può stravolgere un'intera esistenza."
*
{9.989 A.C}
[...]Undici anni. Undici anni sono passati dall'inizio dell'interminabile guerra tra Atlantide e Mu.
Una guerra infinita,che porterà alla distruzione completa una mentre la gloria eterna attenderà l'altra.
Entrambe le parti sono distrutte,migliaia di persone morte,adesso rimane solo un modo per concludere la guerra: Due fra i più potenti eroi si scontreranno in un duello mortale. Uno solo sopravviverà,gloria eterna porterà al suo popolo,l'altro rimarrà sconfitto,schiavo perenne del nemico.

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Julian Hackett , semplice ed innocente ragazzino, ignaro dei suoi maestosi poteri. Scoprirà la sua vera natura, cambiando caratterialmente e fisicamente, diverrà un imperioso Ranger. Nascituro e combattente di Atlantide, metterà come posta la sua intera vita pur di difendere la sua patria.
Cyrus Hardey , orgoglioso, sgarbato ed autorevole, fiero della sua strabiliante forza fisica. Principe ereditario al trono di Hyades: capitale del potentissimo esercito di Mu, si allenerà fin dalla nascita per divenire il più grande Aviatore della storia del pianeta, irrompendo nelle vite dei cittadini di Atlantide come se fossero schiavi.
*
STORIA IN RIELABORAZIONE
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 8

Non si può scoprire nuovi oceani se non si ha il coraggio di perdere di vista la riva.
(Andrè Gide)
 
Il risveglio di Julian fu lento e doloroso. Non riusciva a muovere nessun muscolo del corpo, era piantato a terra, incapace di muoversi. Non era capace nemmeno di aprire gli occhi, occhi che ancora gli doloravano dopo il calcio maestoso sferrato dall’assassino anonimo. Non conseguiva, addirittura, di conoscere il luogo su cui era steso. Pensò che doveva essere lo stesso dove aveva perso i sensi, ma non ne era poi così sicuro.
L’unica cosa che era in grado di fare adesso era quella di pensare ai danni che aveva causato nelle ultime ore vissute. Era riuscito, senza volerlo esplicitamente, a far catturare Lucinda dagli Anonymus, che pensavano che fosse lei la persona che gli servisse per compiere il rituale, non sapendo di sbagliarsi clamorosamente.
Quando avranno scoperto che lei non è quello che volevano, la uccideranno. E tutto questo è solo ed esclusivamente colpa mia. Non avrei dovuto sfidare Joele, sapevo benissimo di perdere. Perché l’ho fatto, perché? Julian si sentiva sempre più triste, sempre più crudele ed egoista, e forse era davvero diventato così, ma lui non voleva questo, lui voleva essere buono, voleva solamente essere il Julian Hackett che era sempre stato, non quello aggressivo e fanatico che aveva dimostrato essere a Joele.
Io non sono questo. No. No. Io non sono crudele, io sono buono.
Voleva far credere a tutto se stesso che era amabile e gentile, timido e spiritoso, ma sapeva benissimo di non essere più quel Julian. Sapeva benissimo di essere cambiato.
Togliendo la cattura, e la conseguente papabile uccisione, di Lucinda, era riuscito addirittura a far uccidere Joele, o almeno da come era stato colpito dagli Anonymus pareva che era morto.
Quel Joele, tanto gentile che si era rifiutato di ucciderlo, preferendo in seguito la sua stessa morte per proteggere un ignobile ed orgoglioso ragazzino che lo aveva sfidato.
Se non fossi stato così orgoglioso di me, forse adesso saremmo stati a Salax, a goderci lo splendore della Città. Saremmo stati pronti ad affrontarli; uniti, come una vera squadra. Ed invece mi sono comportato da bambino, da idiota.
E, come se non bastasse, adesso era sparita persino Arianna.
Fuggita, disertata come se non ci fosse una meta. Scappata da degli assassini spietati, che cercavano Julian, l’unico che apparentemente ne è uscito, non illeso, ma almeno era ancora in vita.
Arianna, Joele, Lucinda, tutti scomparsi.
 
Alla fine, dopo una lunghissima e dolente agonia, durata chissà quanti giorni, il ragazzo riuscì finalmente ad aprire di nuovo gli occhi.
I colori ripresero forma lentamente nel cervello di Julian: Inizialmente la visuale era sfocata, per poi passare ad una visuale completa del luogo.
Non appena riuscì a vedere il posto, gli ci volle meno di un secondo per capire dove si trovava, quello poteva essere un solo luogo: La famigerata e tenebrosa Foresta Nera.
Maestosi ed imponenti alberi si estendevano innumerevoli sopra allo scuro prato, un prato misto tra erbetta fresca di bosco e ghiaia, oltre ad essere numerosamente riempito di foglie alberali, cadute dagli stessi alberi della foresta.
Le chiome degli alberi facevano in modo che si vedesse il cielo solo di rado, un cielo incredibilmente bianco, senza il minimo spiraglio di sole, coperto totalmente ed inesorabilmente dalle nubi.
La foresta era invasa dal cinguettio degli uccelli, dal fragore degli alberi e dal rumore del vento che si imbatteva sui tronchi.
Ma la prima vera domanda che Julian si pose fu un’altra:
Come ci sono arrivato fin qua?
Una domanda complicata, a cui era difficile dar risposta, o meglio sarebbe stato difficile, se, dopo che fu riuscito finalmente a mettersi almeno in posizione seduta, non avesse trovato un bigliettino per terra.
Dopo che si alzò, seppur faticosamente, e con tutti gli arti che gli dolevano, trovò una lettera, scritta su un piccolo e leggero papiro giallognolo.
Julian, in preda alla curiosità, non esitò a leggerla subito.
 
Caro Julian,
Anche se non vorrai crederci, a scriverti sono proprio io: Joele.
Sai, mi è dispiaciuto moltissimo della nostra incomprensione e del duello alla quale siamo giunti, ma spero che sarai consapevole di aver commesso degli errori inevitabilmente gravissimi, e forse irreparabili.
Tuttavia, sono più che convinto che tu possa cambiare, che tu possa diventare un’ottima persona, nonché un perfetto Ranger, e proprio per questo, ho deciso di affidarti alla Foresta Nera, perché sono sicuro che qua potrai trovare la tua vera e propria natura.
Non voglio dilungarmi troppo, non sono mai stato bravo con i complimenti, per cui passo direttamente al fulcro di ciò che volevo dirti:
Io sono stato colpito ripetutamente da quei bastardi degli Anonymus, ma per fortuna sono riuscito a rimanere con un granello di energia, e, dopo svariati giorni di cammino, (Già, perché quei dannati assassini mi hanno portato via i miei adorati cavalli) sono finalmente tornato nella mia patria, Salax.
Ho passato tutte le pene che nemmeno immagini, ho patito fame e sete, ma sono sopravvissuto. Ma questo non mi importa più di tanto, ciò che volevo dirti è che, sfortunatamente, e come penso che ricorderai, Lucinda è stata rapita dagli Anonymus.
Da ciò che ho sentito mentre partivano penso che l’abbiano portata nelle loro prigioni mortali, nell’invalicabile Deserto del Sud, proprio a fondo del posto, nelle fatali Rovine Desertiche. E’ da la che hanno iniziato la loro espansione, per poi arrivare a conquistare quasi metà continente. Nelle Rovine Desertiche tengano tutte le armi da tortura, e credo proprio che giungerà là presto anche il loro capo, Devid.
Non appena scopriranno che Lucinda non è ciò che pensano, penso che niente gli impedisca di ucciderla, torturandola nei peggior modi.
Quello che ti sto chiedendo, è di giungere, appena puoi, all’entrata della Caverna Buia di Sulem, se ti inoltri nel cammino ci arriverai in meno che non ti aspetti.
Ti attenderò là fino al giorno del solstizio d’inverno, dopo di che, se non ci sarai, vorrà dire che avrai rifiutato il mio invito per aiutare Lucinda, e di conseguenza mi addentrerò da solo all’interno della tenebrosa Caverna Buia.
Molto bene, penso di averti detto tutto.
Ah no, aspetta. Quella ragazzina, la tua amica, Arianna:
Di lei non ho più avuto notizie, dopo che Lucinda la liberò dalla presa dell’assassino, ha iniziato a correre, correre senza metà, non so dove può esser giunta. Spero proprio che la ritroveremo presto, anche per te, vedo che ti ci trovavi molto bene insieme.
Detto questo, mi congedo.
Ti attendo all’ingresso della Caverna Buia, se non sai dove si trova, passa da Lexon e chiedi di Alex, lui ti dirà tutto ciò che vuoi sapere, gli ho già parlato di te, sarà felicissimo di ospitarti nella sua abitazione.
Mi raccomando, Julian, entro il giorno del solstizio d’inverno, non un’ora più tardi.
Ci vediamo presto.
Con affetto, amore e dedizione.
Joele Sowx.
 
Un principale e, finalmente, positivo pensiero balenò nella testa del giovane e promettente Ranger:
Allora è vivo!
Stranamente, solo al pensiero che Joele era ancora in vita, e che non fosse morto per colpa sua, Julian si sentì rallegrare. Nonostante Lucinda fosse nella prigione labirintica più pericolosa dell’intera setta degli Anonymus, e nonostante Arianna fosse scomparsa chissà dove, ma soprattutto ciò che lo turbava era che non aveva notizie della sua fedele compagna, per ciò che ne sapeva poteva essere anche morta, morta di fame, morta di sete, morta per una qualunque causa, che sia naturale o artificiale; e lui non poteva saperlo.
Julian desiderava in qualunque modo, che Arianna sapesse che lui era lì, nella Foresta Nera a pochi passi da casa, voleva farle sapere che era ancora vivo, nonostante non sapesse se lo sarebbe rimasto ancora per molto.
Sapeva benissimo che la Foresta Nera incute tutte le peggiori paure che si possono pensare.
Adesso, arginato il discorso scritto da Joele nella lettera, pensò a che cosa avrebbe fatto adesso, per tentare di salvarsi la vita da quella foresta che appariva fino a quel momento, solo nei peggiori incubi.
Se Joele mi ha portato, o fatto portare, in questo posto, un motivo sotto c’è sicuramente. Lui non mi lascerebbe mai morire. No. Non lo farebbe.
Tentò di rassicurarsi il ragazzo, tuttavia non ci riuscì, il pensiero di morte superava ogni altra cosa.
Acqua, cibo. Devo procurarmi da bere e da mangiare, senza di essi sono spacciato.
Tentò di cercare dei fiumi intorno a ciò che gli era permesso nel suo raggio visivo, ma fu inutile. Niente acqua, né tantomeno cibo.
Solamente numerosi cervi si muovevano nel bosco, ma era quasi impossibile catturarne uno a corsa, e poi non voleva mangiare animali.
Non ucciderò animali per mangiare, non dovrò essere costretto a questo.
Julian non aveva fame, ma il solo pensiero di dover starsene giorni senza mangiare gli dava al cervello.
Aspetta. Aspetta Julian, rifletti. Ma chi ha mai detto che devo starmene qua per giorni? Posso andarmene anche subito.
Questo era un fatto che ancora non aveva pensato, e aveva ragione.
Nessuno lo rinchiudeva lì dentro, avrebbe potuto andarsene quando voleva.
Tuttavia non volle farci subito affidamento immediato.
Adesso era in piedi, che si voltava attorno, in cerca di una soluzione immediata, cercava nuovamente qualunque fonte di acqua e di cibo, ma invano.
L’indecisione regnava dentro di lui, non sapeva che cosa avrebbe dovuto fare.
Devo andarmene, non posso restare qua dentro, o morirò diffamato.
Alla fine, prevalse l’aver paura di morire.
Decise che avrebbe dovuto passare meno tempo possibile all’interno di questa orripilante foresta, iniziò a camminare, ma si accorse ben presto di procedere solamente a cerchio, senza aver fatto un solo metro in più verso l’uscita.
Non seppe stabilire se fosse stato il nome il nome della foresta, la fama o proprio il bosco stesso, a dargli problemi. Sapeva solo che anche se vi era stato solo una decina di minuti all’interno, già stava iniziando ad impazzire. Ogni albero, ogni chioma, ogni tronco, tutto dannatamente uguale. Nessuna differenza, identici. Ed era proprio quell’uguaglianza che lo faceva impazzire.
Camminò per ore e ore, ma non seppe stabilire se fosse mattina o pomeriggio, il tempo sopra di lui era sempre identico: Cielo bianco e temperatura nella media.
Una cosa sola era riuscito a capire: Ogni posto gli pareva uguale al precedente, solo immensi alberi, gli sembrava di non essere avanzato nemmeno di un metro.
Cominciava anche ad avere fame, e non aveva niente da mangiare.
Fino al momento in cui trovò uno spiraglio di salvezza in mezzo alla morte.
Mentre camminava, finalmente alla sua destra potette notare un piccolo e acquoso torrente.
Senza pensarci un secondo corse verso esso, arrivò al bordo, si accovacciò, e bevve un sorso d’acqua. Poi un altro sorso, ed un altro ancora. Si dissetò, come non aveva mai fatto in vita sua.
Ma non sapeva che aveva fatto solamente peggio: Adesso che si era dissetato la fame era doppia.
Iniziò a scervellare per poter trovare qualcosa da mettere sotto i denti.
Finalmente trovò un modo per procurarsi del cibo.
 
Lo trovò solamente a pomeriggio inoltrato, quando ormai si iniziava a non vedere più niente, poco dopo il tramonto.
Passeggiò ancora nel bosco, trovando dei legnetti, piuttosto spessi e resistenti.
Iniziò ad affilarli sugli alberi, con altri legnetti, ovunque. Doveva fare in modo che la punta divenisse tale da essere talmente appuntita, da poter perforare il cuore di qualunque animale. Sul legnetto avrebbe poi applicato un po’ di magia, per far in modo che la freccia prendesse fuoco durante il tragitto.
Tuttavia, dovette ricredersi a ciò che si era promesso qualche ora fa, la fame gli era già aumentata a dismisura e non aveva la minima intenzione di passare la notte digiuno.
Una volta preparati i legni, che divennero armi assassine, si incamminò con attenzione alla ricerca di qualche cervo da visionare, ed uccidere.
La luce, nel frattempo, era sempre minore. Doveva sbrigarsi, o sarebbe rimasto senza mangiare per tutta la notte.
Ed alla fine, arrivò ciò che aspettava.
Un cervo che doveva essere nel fiore degli anni, che sorseggiava acqua lungo il fiume.
Julian lo vide di lato, si voltò lentamente, poi si spostò, per essere esattamente di fronte a lui. Quando lo fu, non esitò a colpire.
Applicò una fiammetta di calore sulla freccia, affinché colpisse più aggressivamente nel corpo dello sfortunato cervo.
Poi lanciò. Un lancio incredibilmente da maestro, come se lanciasse pugnali da anni.
Dritto al torace.
Julian pensò di non esser mai stato contento di mangiare come in quell’occasione.
Si avviò di fretta, e con gli stessi legnetti appuntiti gli squarciò il corpo, mangiandosi gli organi interni, crudi, ma comunque buoni per essere una delle prime cose che mangiava da giorni, visto che non sapeva quanto era rimasto svenuto per terra.
Dopo aver finalmente cenato, giunse ad addormentarsi, stendendosi per terra, ignaro di ciò che poteva accadergli.
Nonostante fosse steso su un ammasso di ghiaia e sassi, prese sonno piuttosto rapidamente, sebbene fosse sveglio da poche ore dopo aver dormito per chissà quanto a causa dello svenimento. Quel giorno aveva camminato come non mai da mattina a notte, ma soprattutto, gli mancava il nutrimento, aveva appena mangiato un cervo, crudo e controvoglia, ma non è che fosse poi il massimo da mangiare per cena..
Aggiungendo a tutto questo il fatto che per colpa del suo orgoglio, Lucinda era prigioniera nel penitenziario più pericoloso di sempre, e Arianna era scomparsa nel nulla, la sua autostima andava sotto zero, e tutto ciò che gli restava da fare era dormire.
Durante la notte, stranamente, non successe nulla di memorabile, e il ragazzo dormì quasi tutta la durata delle ore notturne, sebbene qualche volta si fosse svegliato a causa dei rumori del fosco bosco.
Non appena sorse il sole, e gli uccellini ripresero il cinguettio allegro, sostituendo il cupo bubbolare dei gufi, Julian aprì gli occhi.
Ciò che vide davanti agli occhi quella mattina rimase perennemente impresso nella sua mente, fu uno dei momenti più belli della sua intera esistenza.
Uno splendido, meraviglioso, magnifico e incantevole cucciolo di lupo interamente bianco, con solo una macchia nera che gli copriva parte del viso, formandogli una specie di maschera che gli copriva dalla fronte agli occhi.
Il piccolo ed adorabile cucciolo aveva un colore di pelle strettamente unico e inimmaginabile: Era di un bianco lucente, come la neve appena caduta sul terreno, era un colore diverso dagli altri, un colore unico, esemplare.
Ma la cosa che più sorprendeva Julian, la cosa che lo fece innamorare sul momento di quell’animale, insolito quanto affascinante, erano gli occhi.
Quegli occhi, erano senza dubbio gli occhi più belli che aveva mai visto.
Spettacolarmente blu, ma blu profondi come l’oceano e lucenti come il blu dell’arcobaleno appena sorto dopo un furioso temporale.
Era incredibilmente meraviglioso vedere quello splendore davanti a sé.
Un piccolo cucciolo, tenerissimo, che si teneva a malapena in piedi sulle sue zampine bianchissime e amabili. Quel pelo, un pelo massiccio e morbido allo stesso tempo, rendeva ancora più spettacolare l’intero animale, uno degli animali più belli, se non il più bello che Julian aveva mai visto.
Che cosa sei?..Non ho mai visto niente di così spettacolare, niente di così  magnifico.
Julian non sapeva che cosa fare, aveva intenzione di tenere con sé quel cucciolo di lupo, per sempre. Voleva farne il suo lupo, insegnargli ciò che doveva, averlo sempre come compagnia, amarlo come doveva.
Non seppe stabilire se si era emozionato più all’incontro col cucciolo o con Arianna, ma forse la scelta era difficile, impossibile da fare; Sono state due situazioni completamente differenti.
Il cucciolo era lì davanti a lui, che emetteva dei piccoli ululi, forse in cerca della madre.
Come ci sei arrivato fin qua? Si chiese Julian tra sé e sé, incredibilmente sorpreso di che cosa ci facesse un piccolo lupo da solo in mezzo al bosco senza la madre.
Non si pose minimente la domanda fondamentale, ma era sicuro che non sarebbe accaduto: Se la madre lo avesse cercato? O almeno sperava che non accadesse.
Julian si alzò da terra e si mise in piedi; il lupo se ne accorse, ma invece di scappare dalla paura, gli venne incontro delicatamente e dolcemente. E fu in quel momento che Julian si ricordò le parole di ciò che gli aveva fatto vedere Lucinda.
 
[…]Ad alcuni predestinati, la Foresta Nera permette di trovare un’ animale. Un animale che deve essere obbligatoriamente ancora in fase nascente. Si dice che questi animali siano leggendari, che siano estremamente potenti. A loro puoi insegnare qualsiasi forma di magia oscura, puoi renderlo incredibilmente forte, incredibilmente magico, incredibilmente invincibile. Solo ad alcuni prescelti è data la fortuna, questi prescelti si chiamano Ranger. […]


Che fosse quello l’animale che il destino avesse riservato per lui?
Se era veramente così, Julian era più che fiero di avere quello splendido lupo con sé per sempre.
Decise che lo avrebbe trattato col massimo amore, con la massima dedizione, con il massimo impegno. Non lo avrebbe mai lasciato solo, mai e poi mai, per nessun motivo. Nel frattempo, il cucciolo si avvicinò verso di lui.
Emise un lieve ululo, come in segno di affetto e di amore.
Poi si strusciò sulle gambe del ragazzo, mostrando un evidente bisogno di affetto, che Julian non esitò a dare.
Si accovacciò e prese in collo il piccolo animale.
Sebbene fosse ancora un cucciolo, era abbastanza pesante, era preparato per crescere, pronto per divenire un lupo bianco da paura.
Non appena prese il piccolo animale in collo, si sentì magnificamente sollevato. Era come se quel lupo gli appartenesse, era come se lo avesse sempre avuto con sé, era come se fosse suo figlio.
Era una cosa indescrivibile, Julian pensò che un semplice essere umano non avrebbe mai potuto amare un animale così tanto, per di più un lupo, che dopo la fase di crescita può divenire pericoloso.
Tenne il lupo in collo con sé per ore e ore, senza mai lasciarlo un secondo, passò quell’intera giornata a coccolare e a giocare con il piccolo animale, stranamente non si preoccupò né di mangiare, né di bere, da quando aveva conosciuto quell’animale, tutto era cambiato, lo aveva reso forte, ma allo stesso tempo umile, coraggioso, ma anche timoroso.
Il sole calò nuovamente sopra la testa di Julian, era il secondo giorno all’interno della Foresta, quella Foresta che si era trasformata da cupa, tenebrosa e paurosa a fantasiosa e piena di sorprese, e forse era proprio come gli aveva detto Joele:
La Foresta Nera gli aveva cambiato la vita, forse per sempre.
Notte, di nuovo notte.
Un giorno intero era rimasto digiuno, ma adesso la fame stava prendendo il sopravvento, doveva cibarsi, qualunque cosa sarebbe andata bene.
Lui non ha fame? I lupi non mangiano? Eppure non si è lamentato nemmeno un secondo, è rimasto sempre fermo e immobile sulle mie braccia..
Ma forse, era solo una sua impressione, anche Julian non si era preoccupato di cibarsi, eppure aveva fame. C’era solo un modo per scoprire la verità:
- Tu non hai fame? – domandò con una voce dolce e lieve, facendo una cosa alquanto strana (già chi parla con un lupo?), al piccolo cucciolo.
Esso, contrariamente a tutto ciò che avrebbe potuto pensare Julian, drizzò le orecchie e si alzò da terra, mettendosi su quattro zampe, pronto a cacciare.
Julian sorrise, era sempre più contento di quel lupo, quel lupo che gli aveva cambiato la vita.
- Che ne dici di cacciare? – continuò Julian imperterrito, come se lui potesse rispondergli. Ma lui, seppur a modo suo, lo faceva.
Emise un ululo tale da svegliare tutti gli uccellini del bosco che si riposavano da quando era calata la luce.
Julian era soddisfatto, aveva trovato come comunicare con lui.
- Andiamo. –
Julian si mosse lentamente e avendo cura di non essere disturbato, ma di notte non si vedeva molto, trovare una preda sarebbe stato molto difficile.
Il piccolo lupo lo seguiva saltellando, visto che ancora non sapeva camminare con perfezione.
Passarono l’intera notte a cercare una preda, ma solo quando stava per sorgere il sole riuscirono a trovarne una vera.
Un maestoso e potente bufalo dell’est.
Se lo prendiamo, ci mangiamo per giorni e giorni.
Il bufalo era cinque volte il piccolo e innocente lupetto.
Julian tirò fuori un legnetto appuntito da lanciare.
Caricò il tiro.
Alzò indietro la mano, pronto a colpire.
Poi agitò velocemente il braccio e lasciò andare il legnetto.
A vuoto.
Il bufalo non si era accorto minimanente dell’arma che avrebbe potuto ucciderlo.
Come è possibile..
Il cibo era lì, di fronte a lui, e se lo era lasciato sfuggire.
Ma prima che potesse dire di non mangiare, accadde l’impensabile.
Il piccolo lupo si mosse dietro al bufalo, avendo cura che non lo vedesse.
Agì in modo talmente silenzioso che se Julian non si fosse voltato subito, non lo avrebbe nemmeno visto.
Non farlo.. ti ucciderà.. è molto più grande di te..
Julian aveva una paura tremenda che il piccolo animale di cui si era affezionato tanto, venisse ucciso dal bufalo, ma fortunatamente non fu così.
Un attacco da maestro, agendo da dietro.
In modo veloce si porto accanto a lui, gli saltò di lato e gli sferrò un mortale morso al collo, facendolo cadere a terra.
Morto.
La prima preda del lupo, adesso assassino.
L’ha ucciso come se niente fosse, mentre io non ci sono riuscito..
Dopo aver compiuto l’omicidio, esso tornò indietro verso Julian.
Julian rimase stupefatto.
Non riusciva a credere che un semplice cucciolo riuscisse a fare ciò che ha fatto lui.
[…]Si dice che questi animali siano leggendari, che siano estremamente potenti. […]
Forse Lucinda aveva ragione, come sempre del resto.
Il lupo tornò ai piedi di Julian, fiero di sé stesso.
Agitava velocemente la coda, in segno di contentezza.
Non aspettava altro che Julian andasse dalla preda, e che gli desse il permesso di mangiare.
Io..non so più come comportarmi. Una cosa, però, devo farla: devo dargli un nome, proprio come se fosse un umano, perché per me lo è.
 Decise Julian. Gli avrebbe dato un nome, che lo avrebbe segnato per tutta la durata della sua vita, un nome con la quale Julian lo avrebbe chiamato, un nome con la quale tutto il pianeta lo avrebbe conosciuto.
Devo trovargli un nome adatto, uno che lo rappresenti per quello che è, che dimostri la sua vera potenza.
Nessuno ci fermerà più, con lui sono al completo. Tu, piccolo lupo, adesso sei parte di me.
Poi alzò gli occhi al cielo, ed esclamò, fiero di sé:
- Io sono Julian Hackett, e sono pronto ad affrontare qualsiasi nemico! –
Poi aggiunse, in preda all’emozione più assoluta:
 
- Benvenuto con me, Absol. Absol il terrore dei cinque continenti.
  
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