DESTINATION UNKNOWN
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L’Akatsuki era tornato.
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E aveva affidato a Itachi Uchiha e Kisame quella missione:
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"Recuperate Kyuubi. Portatelo da me"
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Ma stavolta Naruto non si era fatto cogliere impreparato. Era cresciuto.
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Sapeva chi era quell’uomo, sapeva cosa rappresentavano quei mantelli neri e rossi.
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Quegli occhi lo riportavano indietro, erano quelli gli occhi per cui aveva perduto Sasuke. E Naruto, per questo, li odiava.
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Non si sarebbe arreso facilmente, lui doveva rivedere Sakura.
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Doveva rivedere Sakura.
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Doveva rivedere Sakura.
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Doveva rivedere Sakura.
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[Doveva salvare Sasuke]
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CAPITOLO 1
Alba rossa
Eppure non ce l’aveva fatta. Non era ancora abbastanza
forte per quel bestione.
Era bastato lui, l’Uchiha non si era dovuto nemmeno
sporcare le mani, ancora invisibili sotto la stoffa nera, sotto quelle nuvole
cariche di sangue, era rimasto immobile, a guardare. Gli occhi neri freddi,
impenetrabili, in attesa, privi di incertezza.
Non aveva dubbi riguardo l’esito di quello scontro. Non ne
aveva mai avuti.
Naruto guardava dal basso, steso in una pozza del suo
stesso sangue.
Era nel centro esatto del pavimento di pietra, ormai
crepato e macchiato, quel pavimento che doveva restare puro, che una volta era
stato pestato solo da piedi sacri; un tempio.
Kisame pioveva su di lui, come una nuvola temporalesca che
copre l’azzurro del cielo d’estate [gli occhi di Naruto.]
La spada immane era sollevata, pronta per finirlo, quasi
come in un gioco troppo letale tra bambini.
Dov’erano i genitori di quei bambini ora?
Naruto non lo sapeva, non aveva mai visto il volto dei
suoi.
Guardava il luccichio della spada, che brillava quasi come
le lacrime che ormai vedeva sempre più spesso sul volto di Sakura-chan, sempre
meno incapace di nasconderle.
Il gigante bluastro lo avrebbe lasciato senza sensi, privo
di qualunque energia e possibilità di fuga. Probabilmente, trasportato dalla
foga del combattimento, Kisame avrebbe voluto ucciderlo, e il ragazzo lo
vedeva nel suo sguardo, in quegli occhi da squalo, feroci. Ma il mostro aveva
una missione, e neanche tutta la sua forza poteva competere con la volontà
della sua organizzazione.
No, l’avrebbe solo tramortito, un fantoccio da trasportare
nella terra dell’Akatsuki.
Non che questo fosse di qualche consolazione per lo
shinobi…
Tolto il demone a nove code, non avrebbe più avuto scopo.
L’avrebbero eliminato senza ripensamenti.
Naruto a terra si contrasse, non era tipo da arrendersi, ma
vedeva la speranza scivolare via dal corpo insieme al suo sangue.
"Non posso morire! Merda, devo fare ancora così tante
cose!
Diventare Hokage…
Far tornare il sorriso a Sakura-chan, mantenere quella
promessa…
[ti riporterò Sasuke]
Sasuke… devo… salvare… Sasuke…"
Ma per quanto volesse non riusciva a muoversi, i suoi sensi
si stavano intorpidendo, l’odore ferroso del suo sangue perso sul pavimento
gli dava la nausea. L’unica cosa a tenerlo ancora fuori dal buio era il dolore
alle ferite gli picchiava nel cervello. E quasi non bastava.
C’era solo quella spada, letale, definitiva, che scendeva
su di lui, sempre più veloce.
Naruto non perse tempo a tentare di chiudere gli occhi, non
tentò di difendersi, non riuscì a fare nulla, e poi non ne aveva più la
forza.
I suoi pensieri si alleavano contro di lui, scaraventandolo
sempre più giù, nel dolore, nel rifiuto, nella disperazione.
Più cercava di dare una logica a tutto più le cose
premevano per sfuggirgli dalle dita, accalcandosi l’una sull’altra appena
fuori dalla sua portata.
Il buio avanzava, la fine di tutto.
C’era solo un pensiero che rimaneva indelebile, come inciso
dentro di lui.
"Non salverò Sasuke.."
Riusciva a pensare solo a questo, l’azzurro dei suoi occhi
luminosi inverosimilmente quasi opaco mentre le immagini si confondevano in un
vortice infinito di passato e presente, che mischiava realtà e sogni,
rimpianti e desideri.
Perché davanti ai suoi occhi, come se ci fosse stato appeso
un quadro bellissimo, vedeva solo un sorriso tra il rosa dei fiori di
ciliegio, e più in là, immerso nell’ombra, un sorriso molto più amaro, su un
volto in cui sembrava fuori posto.
La ragazza della sua vita e il suo amico
perduto.
Naruto aspettò; il dolore, il colpo, il vuoto.
Ma non arrivò nulla.
Silenzio, solo un silenzio troppo irreale per essere
vero.
Un silenzio leggero, ma all’improvviso troppo carico,
opprimente.
Naruto cercò di vedere oltre il quadro, ci provò con ogni
goccia di ciò che era rimasto di lui.
Ma quello che vedeva non cambiò.
Sasuke. Di nuovo, sempre e solo Sasuke.
Quasi Naruto si arrabbiò in quel momento così sbagliato,
impossibile.
"Cazzo, togliti dai miei pensieri! Lasciami stare! Ti
prego,almeno per un istante, l’ultimo…"
Ma Sasuke non se ne andò.
Il cervello distrutto del ragazzo biondo ci mise tanto ad
arrivarci, a cogliere che quello non era il Sasuke che invadeva sempre i suoi
pensieri. Non era il Sasuke giovane, vestito di blu e bianco, il ragazzo che
fra i capelli portava un copri fronte identico al suo, ma non era nemmeno il
Sasuke vuoto, impassibile che aveva visto profilarsi su quelle rocce,
stagliato contro il sole, meno di un mese prima.
No, questo Sasuke non indossava quei fottutissimi vestiti
così simili a quelli del Sennin dei Serpenti, Orochimaru, quei vestiti che lo
indicavano come di sua proprietà.
Il Sasuke che Naruto stava guardando era vestito di nero e
bianco, ma c’era anche uno sprazzo di rosso in quel buio, il ventaglio, il
simbolo degli Uchiha, del suo clan annientato, il simbolo di un tempo finito,
di una famiglia perduta, di un orgoglio ancora così vivo… il simbolo di una
vendetta.
Naruto guardò Sasuke in piedi davanti a lui, con una
mano artigliata al braccio la cui spada avrebbe dovuto colpire
lui.
Con un unico movimento quasi troppo veloce per essere
visto, o almeno non dagli occhi stanchi del ragazzo disteso a terra, scagliò
quel colosso lontano, e osservò la sua imponente mole sbattere contro il muro,
romperlo, e rimanere lì, incastrato.
Sasuke, letale, che lanciava via Kisame, Sasuke che lo
salvava… e poi, che si voltava verso Naruto, per un istante appena,
quasi…
…quasi a controllare che fosse vivo…
E fu guardando quegli occhi neri, gli occhi che da anni
erano la sua più grande ragione di vita, che Naruto capì che l’Uchiha era lì,
era reale. "Sa…Sas’ke…" mormorò prima di sprofondare in un piacevole
oblio.
***
Sasuke non perse tempo a guardarlo.
Si voltò verso il fratello
"Itachi, finalmente"
Il maggiore lo guardò sogghignando.
"Otooto-chan"
"Non chiamarmi otooto"
"Come preferisci…
Mangenkyo sharingan"
***
***
"Avevi detto mai più…"
-derisione-
"Non posso scegliere"
-parole sibilate tra labbra strette-
"Ah… l’Uchiha, vedo…"
"Mi serve il tuo aiuto"
-sussurro fra i denti-
"Sei debole, Naruto-kun, sai che è pericoloso per
te…
Avevi detto mai più,
E poi…
Quell’Uchiha non si interessa di te,
lo sai benissimo"
"DAMMI IL TUO POTERE!"
-un urlo nella caverna rossa-
-un ribollio, un fluire da dietro quelle altissimi
sbarre-
-una risata grottesca-
"si…"
***
Pubblico questo capitolo di introduzione un po' titubante.
Un mio difetto nello scrivere è quello di cominciare le cose sempre piano, sempre troppo "alla larga". Per entrare nel vivo ( e divetare interessante) la storia ci mette un po', soprattutto in questo caso.
Ma d'altronde un ritorno di Sasuke ce lo vedo lungo e tormentato, spesso frustrante.
Mi sembra poco realistico pensare che in due capitoli l'Uchiha torni a Konoha e si innamori in una botta sola di Sasuke e Sakura -insieme-della serie "vissero felici e contenti".
Poi è un mio parere, spero che mi comprendiate e che la fiction vi piaccia.
Un abbraccio.
_Ala_