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Autore: Kisuke94    06/11/2014    2 recensioni
Lo Zero;Requiem è riuscito a portare stabilità all'interno di Britannia e del mondo intero, ma non nella mente e nel cuore di Suzaku. Egli si appresta a fronteggiare una minaccia sconosciuta che potrebbe minare tutto ciò che lui e Lelouch hanno costruito.. immergiti in un'avventura ricca di mistero e di domande sul passato, sul presente e sul futuro del mondo e della razza umana!
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kallen Stadtfeld, Kururugi Suzaku, Lelouch Lamperouge, Nunnaly Lamperouge, Sorpresa
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Tutti gli esseri umani, tutti gli individui, sono alla ricerca della felicità. Ciò a cui il giovane Lelouch aspirava era un po’ di serenità. Niente di speciale.
All’origine delle sue imprese c’era un semplice sogno, un piccolo e modesto desiderio personale; come quello di tanti altri. Nessuno avrebbe avuto mai il diritto di negargli un sogno del genere, una simile promessa. Eppure le persone, nella rete intricata delle relazioni con il prossimo, corrono il rischio di ridursi a stereotipi di se stessi. E così, le aspettative realmente personali finisco per esser spazzate via di fronte alla coscienza del mondo, e l’intera esistenza diventa evanescente. Ciò che è seguito alla morte di Lelouch, non è che il passato che lui stesso ha combattuto con tanto ardore; un passato intriso di odio causato dalla natura stessa dell’uomo. Eppure, nonostante tutto, ciò che appariva agli occhi della popolazione era un mondo di pace. Le guerre erano un lontano ricordo, una ferita rimarginata ma eternamente presente nei cuori di coloro che l’hanno vissuta. Gli equilibri politici erano stati sconvolti e del vecchio ordine costituito ben poco era rimasto immutato, tanto che neppure le tre grandi potenze che da sempre si disputavano l’egemonia mondiale ne erano rimaste illese. Il panorama mondiale mutò nel giro di pochi mesi dalla morte dell’Imperatore Folle.
 
Tutto cominciò dalla Confederazione cinese: una dopo l’altra, infatti, tutte le diverse regioni che la costituivano si erano ribellate, appoggiando la giovane Imperatrice creduta morta. Si innalzarono orgogliose contro quell’oligarchia elitaria che da secoli accentrava tutto il potere nelle mani di esseri senza scrupoli, capaci di vedere il loro stesso leader pur di vedersi riconosciuti diritti e titoli. Gli eunuchi vennero così scalzati del tutto dalla loro carica, lasciando il posto alla giovane Imperatrice Tianzi, protetta dall’ormai inseparabile Li Xingke. La confederazione cinese si unì in questo modo all’Alleanza delle nazioni unite, composta da Giappone e Britannia, amministrate rispettivamente dalla Governatrice Nunnally e dalla Governatrice Cornelia.
 
Ben più complicata invece appariva la situazione sul fronte di Euro Universe: se da un lato la solida linea politica di Britannia aveva favorito un ingente miglioramento del sistema economico complessivo, dall’altra aveva causato lo scoppio di innumerevoli lotte intestine tra i diversi stati membri. Questi infatti, accecati dal desiderio di appropriarsi dei territori che l’ex-impero teneva sotto scacco, avevano iniziato a darsi battaglia nello stupido tentativo di imporre la propria supremazia. Azioni alquanto discutibili se mosse da un’organizzazione fondata su principi democratici come la cooperazione e il rispetto reciproco qual era E.U. A tal proposito Cornelia continuava ad inviare mediatori che potessero lenire tali lotte al fine di evitare insorgenze più dure che avrebbero scomposto il delicato equilibrio che lei e sua sorella Nunnally stavano cercando di reggere con la sola forza di volontà. Avevano infatti deciso di non ingaggiar battaglia per risolvere qualsivoglia tipo di problema. Scelta, questa, che aveva trovato vasta approvazione nell’alto consiglio delle Nazioni Unite, ma che non mancava di insospettire vecchi conservatori che non potevano accettare una linea così buonista da parte di uno degli Imperi più potenti della storia.
 
E così Britannia si era trovata, di nuovo, a coprire il difficile ruolo di ago della bilancia: in balia di nuove realtà emergenti, tra il caos rivoluzionario della Confederazione Cinese e la malcelata ambizione delle nazioni europee; un equilibrio precario, protetto dalla forza di due donne vigorose e ormai capaci di reggere, insieme, il destino del mondo intero. Nunnally si trovò così costretta, dall’irrompere degli eventi, a dimostrare una maturità che non le si addiceva, che contrastava la sua tenera età, di appena quindici anni. Fortunatamente al suo fianco c’era Zero, che l’accompagnava come un’ombra in ogni sua uscita pubblica, e che la proteggeva senza mai farglielo pesare davvero. Era una coppia fuori dal comune: il salvatore del mondo, Zero, colui che aveva posto fine alle azioni tiranniche di Lelouch Vi Britannia; e la sorella dell’Imperatore Folle, colei che aveva, con coraggio incredibile, attribuito un numero spropositato di colpe al defunto fratello. La giovane Governatrice però conosceva la verità: spesso, quando era sola nei suoi alloggi, piangeva ininterrottamente per ore, ricordando il fratello e ciò che era stato in grado di fare. Aveva cambiato tutto.
Nonostante i tumulti che ancora dominavano il panorama politico, il mondo era in pace. Ogni anno le Nazioni Unite organizzavano un evento memoriale, che veniva celebrato di anno in anno in luoghi diversi, per non dimenticare ciò che le guerre ci sottraggono, e ciò che il desiderio incondizionato dell’uomo può causare quando sfocia nella follia pura. Dopo ben dieci anni dall’inaugurazione, l’evento si sarebbe svolto proprio in Giappone, luogo in cui tutto ebbe inizio e, con la stessa velocità, trovò fine. L’evento, così come era nato, aveva anche l’obbiettivo di avvicinare in un solo luogo le più alte cariche delle nazioni più importanti del globo, per permetter loro di trovarsi insieme privi del peso politico che incombeva sui loro doveri. Nessuno di loro, però, avrebbe mai immaginato che gli eventi di quella sera si sarebbero riversati sul mondo intero con tale violenza da destabilizzare ogni tipo di alleanza. Eventi che distrussero per sempre l’idea, che per dieci anni era ormai entrata nell’immaginario comune, della famiglia reale come pacifica mediatrice tra i popoli.
 
 
«C’è qualcosa che ti turba Zero?» chiese una dolce fanciulla, ormai adulta, seduta sulla sua sedia a sospensione magnetica, in tinta col suo abito perlaceo. Era cresciuta Nunnally, tanto nella mente quanto nel corpo. Gli occhi brillavano di un viola intenso, proprio come quelli di Lelouch. Fissava Zero, poggiato al muro appena fuori la stanza, che aveva lo sguardo visibilmente perso nel vuoto. Cercava di scorgere il suo volto al di là della maschera, era turbato, ma si ostinava a nasconderlo -eppure con lei poteva confidarsi. Strinse le mani, poggiate sul ventre, e fece cenno con la spalla, quando Zero le rivolse lo sguardo.
«No, tranquilla Nunnally, non è niente» rispose lui avvicinandosi con passo fermo. Mentiva. Qualcosa c’era eccome. Una strana sensazione lo aveva colpito quel giorno, come la certezza che qualcosa di spiacevole sarebbe accaduto quella sera, ma non aveva il coraggio di ammettere il suo turbamento; cercava di nasconderlo persino a se stesso.
Girò intorno alla ragazza e prese le redini della sedia sulla quale era poggiata, accompagnandola all’esterno. Il sole era ormai calato da ore e le tenebre avevano preso il suo posto, protagoniste indiscusse in un cielo limpido e stellato. Percorsero un corridoio irto di finestroni che davano su un giardino elaborato, che sembrava disegnare un intricato labirinto di siepi alte e sempre verdi. Al centro del labirinto si ergeva una fontana in marmo, dettagliatamente decorata, che si innalzava su tre livelli, sull’ultimo dei quali vi era un angelo: un libro nella mano sinistra che poggiava sul grembo, ed una spada, rivolta a chi cercava di incrociare il suo sguardo, nell’altra.
Lungo il corridoio, illuminato solo da flebili luci a parete, regnava un silenzio tombale, interrotto solo dai passi di Zero, che echeggiavano per tutta la sua lunghezza. Arrivarono poi in uno spazio più aperto: il corridoio, infatti, si apriva in un’area più grande, diramandosi in due scaloni che, girando, si rivolgevano verso il parapetto del piano superiore. Sulle scale, davanti una vetrata raffigurante quella che sembrava a tutti gli effetti la riproposizione della Genesi, vi era Cornelia, in un abito nero scintillante, che sembrava nascondere elegantemente il suo spirito guerriero.
La donna scese le scale a passo fermo e raggiunse i due prima di fare cenno di andare. Due maggiordomi aprirono la grande porta a due ante che dava direttamente sul giardino anteriore: diviso a metà da un lungo corridoio che portava all’esterno della villa. Un piccolo isolotto ovale, davanti la facciata della stessa, permetteva alle auto di girare per poi tornare nel corridoio dal quale erano arrivate. Un’auto li attendeva, al suo interno il nobile servitore di Lady Cornelia, pronto anch’egli per la serata; non aveva mai lasciato il suo fianco, l’amore che provava per lei era incommensurabile.
Il cellulare di Zero vibrò, sullo schermo comparve la notifica di un messaggio: “Sono arrivata”. Chiuse il cellulare ed entrò nell’auto nera fuori la villa. Solo all’interno dell’auto si tolse la maschera; era visibilmente agitato, il viso era pallido e gocce perlacee dominavano la fronte aggrottata. Quel turbamento che lo assaliva dal mattino non era svanito, nonostante le disposizioni date ai Rounds che rispondevano direttamente a lui. L’auto era spaziosa e permetteva di ospitare al suo interno ben più persone di quante ce ne fossero in quel momento. Suzaku si alzò chino e diede due tocchi al vetro oscurato che lo divideva dall’autista. L’auto partì.
 
Mesi prima, Suzaku si trovava a Parigi per presenziare ad un meeting con alcuni esponenti di Euro Universe, per conto della Governatrice Nunnally che in quei giorni si stava sottoponendo ad un’ulteriore operazione alla spina dorsale. Scese dal treno sul quale viaggiava: aveva un’intera sezione solo per lui e per il Knightmare che aveva portato con sé. Ad attenderlo c’erano numerosi funzionari di stato, orgogliosi, sembrava, di incontrare Zero per la prima volta. Per Suzaku però quella non era in realtà la prima volta che visitava parigi, ma ormai non era più il giovane Kururugi.
Quella visita non era rimasta impressa nella sua memoria per l’esito, per nulla positivo, del meeting a cui aveva preso parte, piuttosto per una strana situazione che si venne a creare poche ore prima. Con grande rischio, vagò per la città parigina senza maschera, in abiti civili e con solo un cappello con visiera abbassata a coprirgli il volto; i capelli castano mossi fuoriuscivano ribelli dal fondo del cappello. Visitò la Tour Eiffel, ancora integra, ignara del destino che l’avrebbe modificata per sempre nelle settimane a venire; passò per la cattedrale gotica più famosa al mondo; entrò nella raffinata reggia di Versailles, che aveva visto succedersi numerosi Re e le loro presuntuose famiglie reali. Arrivando poi in un borghetto, isolato e visibilmente malfamato, alla periferia della città. Lontana da tutto e tutti era un luogo del tutto estraniato dal resto degli edifici che componevano Parigi in un caleidoscopio di colori e stili architettonici diversi. Gli ricordava un po’ la zona povera dell’area 11. Con passo fermo camminò lungo i vicoli stretti e bui di quel borgo. Le case sembravano tutte uguali: tutte costruite in legno o in mattoni rossi che discostavano poco dal colore delle altre strutture della zona, i tetti avevano tegole malconce e del tutto inappropriate per poter riparare qualsivoglia famiglia. In quel tumulto di disperazione, tra barboni accostati ai lati del vialetto e casse contenti un miscuglio indefinito di oggetti, visibilmente rubati, saltò agli occhi del ragazzo una struttura ben illuminata da luci al neon rossi e blu. Il sole era all’orizzonte e l’arancio che dominava il cielo dava al tutto un’area rustica, ma marcia. L’entrata al locale si trovava al di sotto del viale a ciottoli: scale grezze e dissestate portavano alla porta in legno scadente. Suzaku scese i tre gradini che lo dividevano dall’entrata e, alzando lo sguardo, lesse l’insegna in ottone decadente: “Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”
Leggendo quell’insegna Suzaku fece un leggero passo indietro, rimase colpito e forse un po’ sconvolto da quell’insegna tanto strana quanto penetrante.
“Cosa significa?” si chiese allungando la mano verso l’anello in ferro battuto, arrugginito dall’età e dagli agenti atmosferici, che penzolava sul lato sinistro della porta all’altezza del petto. La porta scricchiolò, era socchiusa. Lasciando l’anello con le dita, Suzaku fece forza e aprì la porta, più pesante di quanto potesse apparire da occhio esterno. All’interno c’erano cianfrusaglie ovunque: un tavolo in legno antico davanti un caminetto che ospitava una pentola di rame di altri tempi; sulle pareti vi erano numerosi scaffali, anch’essi in legno antico e spesso, su cui erano poggiate begamene e soluzioni di colori assortiti. La stanza era calda e illuminata solo dal fuoco acceso; ragnatele dominavano l’intero locale, e lo rendevano ancora più malato di quanto non potesse già sembrare. Sembrava non ci fosse nessuno. Suzaku entrò ancor di più al suo interno, per nulla intimorito, quasi incuriosito da quella strana dimora. La pesante porta si chiuse all’istante alle sue spalle, costringendo Suzaku a voltarsi di scatto con la lama puntata, fuoriuscita dalla manica destra della fiacca; la mano destra era coperta dall’arma. La ritrasse quando notò che a chiuderla fu una vecchietta molto bassa, salita addirittura su di uno scaletto per poter chiudere la porta. La donna non si spaventò della reazione eccessiva del giovane. Lo fissò, però, con aria ammonitrice. Scese poi dallo scaletto e diede due colpi col bastone, che la reggevano, sulle gambe di Suzaku. Aggirò l’imponente tavolo in legno, e salì su di uno sgabello per poi andare sul tavolo, spostando le cartacce col bastone. Finalmente poteva guardare in volto l’estraneo che era da poco entrato nella sua locanda. I suoi occhi erano di un giallo intenso, che contrastava con la sua senilità avanzata. Suzaku inclinò il volto e lentamente si avvicinò, quasi ipnotizzato dalla vecchia.
«Cosa ti porta qui figliolo?» chiese la vecchia. Tirò a sé la mano del ragazzo senza nemmeno dargli la possibilità di rispondere o presentarsi. Sfiorò con le mani callose e morbide il palmo della mano, piena di cicatrici. Suzaku non proferì parola, preferendo assistere silenzioso all’ispezione.
«Buon Dio» disse l’anziana, interrompendo il silenzio che era seguito. Alzò il volto, ora visibilmente malinconico, e sfiorò quello di Suzaku delicatamente. Lasciò cadere la sua mano e riprese il bastone. Si voltò, mostrando la schiena gobba coperta solo da una lanosa coperta. Il viso riscaldato e illuminato dalla fiamma del caminetto in mattoni. L’arancio metteva in ombra le numerose rughe che tempestavano il viso dell’anziana donna, preoccupata e indebolita, si riferì a Suzaku senza voltarsi.
«Dimmi caro… Credi ai fantasmi?»
 
   
 
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