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Autore: genesisandapocalypse    06/11/2014    2 recensioni
Incomprensibile è la fuga di Deborah.
Incomprensibile è la scelta di Beatriz.
Incomprensibile è la bellezza di Jamaica.
Incomprensibile è il fastidio di Kriziana.
Incomprensibile è il pianto non avvenuto di Calum
Incomprensibile è l’autostima a terra di Michael.
Incomprensibile è la preferenza di Luke.
Incomprensibile è la gioia esagerata di Ashton.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Incomprensibile.

FRAINTENDIMENTI, SGUARDI E “BUONANOTTE”
 
A tutte le scuole di Roma chiuse, perché ho potuto dormire di più,
A R, che alla fine adoro con tutta me stessa,
Ai gigli, perché sono i miei fiori preferiti.
 
Deborah chiude la porta con calma, cercando di rilassare i muscoli e di nascondere il tremolio alle mani infilandole nelle tasche dell’enorme felpa.
Sospira pesantemente, prima di girarsi a guardare Calum.
Il suo Calum.
Bello da far schifo.
Calum ha gli occhi arrossati, le labbra mordicchiate e la schiena rivolta verso il basso, come se tenesse un enorme masso su di essa e pesasse troppo.
Deborah incrocia quegl’occhi a mandorla che, alla fine, l’hanno fatta innamorare, e sente immediatamente quell’enorme brivido che parte dalla fine della schiena e le arriva fino al collo.
Ci legge dentro la distruzione, l’abbandono, la rabbia, l’odio, la tristezza.. e le viene da piangere, perché è colpa sua.
È solo colpa sua.
Si avvicina lentamente al tavolo di marmo in cucina e, con un piccolo balzo, ci sale sopra, lasciando ciondolare stancamente le gambe fasciate in dei jeans stretti. Non ha il coraggio di alzare nuovamente gli occhi e di guardarlo. Non ha il coraggio di parlare, di spiegare, di scusarsi.
Non ha il coraggio di fare un bel niente, anche se dovrebbe.
Non capisce se sono passati dieci secondi, dieci minuti o persino dieci ore, prima che Calum parli.
«E quindi sei tornata,» la voce è più roca per solito e c’è un leggero tremolio nel tono.
«Già.»
«E sei incinta.»
«Già,» la voce diventa più flebile, Deborah ha lo sguardo sui suoi piedi scalzi.
Calum, invece, ha il cuore che batte a mille. Si passa tutte e due le mani sul viso in un gesto disperato.
È furioso.
«Porca troia, Deborah - urla, lo voce strozzata e disperata - porca troia!» ripete.
La rabbia è inumana e Deborah, sinceramente, si aspettava disperazione, sorpresa, confusione, ma non una reazione del genere.
Calum è furioso, ma cosa può fare? Perché lo è? Alla fine è stata anche colpa sua.
«Mi dici perché cazzo sei così imbestialito?» urla lei, stanca, allargando le braccia e alzando gli occhi sulla sua figura.
Calum si gira a guardarla e affina gli occhi, irrigidendo i muscoli della schiena e la mascella. Si avvicina a lei con furia e le punta un dito contro, mentre gli occhi si inumidiscono.
«Perché sono così incazzato, dici? - apre le braccia e le richiude subito, sorridendo amaro - davvero osi chiedermelo? Scherziamo, Deborah?»
«Certo che oso chiedertelo, cazzo! Perché tutta questa rabbia? Nessuno ti obbliga a starmi accanto, sai! E poi è anche colpa tua, è inutile che sbrocchi così!» urla lei di rimando, scendendo dal tavolo e mettendosi di fronte a lui.
«Ma colpa mia di cosa? Ti ho dato tutto, Deborah, tutto! E tu mi torni incinta e chissà di chi, io cosa dovrei pensare? Sei scappata perché hai avuto una scappatella con qualcuno? Dimmelo!» e Deborah si sente ferita, perché lui ha pensato a lei come una facile.
No che non ci è andata con qualcuno, non l’avrebbe mai fatto.
Ama Calum e nessuno è comparabile a lui.
Si porta una mano alle labbra e sospira, cercando di prendere un po’ d’aria, mentre osserva il ragazzo di fronte a lei.
È arrabbiato perché la crede incinta di qualcun altro. Ma cazzo, non gli è nemmeno minimamente passato per l’anticamera del cervello che è suo, il figlio?
«Sei una testa di cazzo, Calum.» mormora.
«Io sarei co..»
«Sei tu il padre!» urla, sovrastando il ribattere di lui.
E poi c’è solo un silenzio assordante.
Quel tipo di silenzio che sembra irreale, per quanto fitto. Quel silenzio che ti spacca i  timpani e si è obbligati a stringere i denti per non perdere l’udito.
Un silenzio che dice tante cose.
Oppure un silenzio che urla.
Calum, in quel momento, sta urlando. Esattamente come Deborah.
Stanno urlando entrambi, l’uno con gli occhi nell’altro.
«Dio mio..» borbotta il ragazzo, portandosi le mani tra i capelli corvini e vagando con gli occhi per la cucina, senza osservare niente di preciso.
Padre.
Lui padre.
A diciassette anni.
E ha anche osato giudicarla, pensando che fosse andata con qualcun altro, troppo imbecille per capire. Ma cosa gli passa per la testa? Gli viene da piangere e, infatti, si porta le mani al viso e si copre, lasciando che un verso strozzato esca dalle labbra, anche se di lacrime non ce ne sono.
«Mi dispiace, Cal - mormora Deborah, dispiaciuta precisamente di qualcosa di indefinito - io, io, penso che la pillola non abbia funzionato, forse nemmeno l’ho presa, il giorno dopo e… e… oh mio Dio, mi dispiace tanto, io ti ho rovinato la vita.»
«Non dirlo nemmeno per sogno! - la rimprovera Calum di getto, allungando una mano per afferrarle la guancia, senza realmente toccarla, perché non è sicuro di poterlo fare - saremmo dovuti stare più attenti entrambi, ma non è colpa tua, ‘Ebo - aggiunge, avvicinandosi di qualche centimetro al corpo di lei - e… e tu… tu non mi hai affatto rovinato la vita.»
E forse è con quella frase che ha capito che, lui, vuole toccarla di nuovo. La mano scivola sulla guancia di lei accarezzando la pelle accaldata, probabilmente dalla rabbia esplosa poco prima. Si avvicina, facendo scontrare i petti e poi, porta l’altra mano sul fianco di lei.
Oh, quanto le è mancata.
Trema, perché accanto a Deborah potrebbe fare solo questo.
Lei è come il vento gelido di inverno, che ti avvolge e ti costringe a battere i denti per il freddo.
«Mi sei mancata da impazzire,» mormora a pochi centimetri dal viso.
Deborah ha le labbra tremolanti e gli occhi azzurri incastrati in quelli neri del ragazzo, cinge con titubanza il collo di Calum e, dopo due mesi, si sente di nuovo bene
Sente le lacrime premere per uscire e, senza accorgersene, si ritrova a piangere.
«Anche tu, Cal, mi sei mancato da impazzire anche tu!» e si stringe nelle braccia di lui, piangendo sul suo petto e aspirando il profumo che lei ha sempre adorato.
Il profumo di casa.
 
Quando entrambi escono dalla cucina con il viso stravolto ma decisamente più tranquillo, Michael pensa che sia l’occasione giusta per correre incontro  a Deborah e stringerla a sé come mai aveva fatto.
«’Ebo, cazzo! Ti voglio bene, lo sai sì? Non puoi capire quanto mi sei mancata - inizia, parlando a raffica, circondandole il viso con le mani e guardandola negli occhi, dopo due fottuti mesi - non puoi capire quante cose devo dirti, e poi ti devo far sentire una canzone che sto scrivendo, è troppo figa! Ah, aggiungiamo che mi sono picchiato con Kevin, sai? Quello antipatico che odiavi tanto.. E ti piacciono i miei nuovi capelli? Belli eh, tutto merito di Beatriz, sai, la mia ragazza.. no, seriamente, devi venire a casa mia e ti dev..»
«Cacchio, Michael, è appena tornata, la stai rimbambendo!» esclama Jamaica, acchiappandolo da una spalla e staccandolo dalla ragazza che, sinceramente, non ha assimilato un bel niente.
Deborah ridacchia, scontrando gli occhioni azzurri con quelli emozionati e piccati di Michael.
«Abbiamo tutto il tempo che vuoi, Michael, ma magari domani, penso che ora debba delle spiegazioni a tutti,» annuncia, avviandosi verso il salotto e sedendosi su una delle due poltroncine beige che lei ha sempre adorato.
È talmente comoda.
Per quanto si sente agitata, nemmeno si accorge della presenza di due persone che, due mesi prima, non c’erano affatto.
I ragazzi la seguono, Luke si accomoda sul divano e fa sedere sulle proprie gambe Kriziana, che gli da un leggero bacio sulle labbra, a cui Deborah risponde con un occhiata confusa e un “mi racconti dopo” che, alla fine, vale benissimo per entrambi. Ashton si butta di peso sul divano e fa sedere accanto a lui Jamaica, che gli sorride melensa.
Michael cede il posto a Beatriz – semplicemente perché il divano è a quattro posti – e si siede per terra, tra le sue gambe. Alla fine, nella poltroncina accanto a quella di Deborah, ci si accomoda Calum, abbastanza vicino per poter sentire il suo profumo.
«Penso che tutti voi dobbiate ringraziare Ashton, perché è solo grazie a lui che sono qui,» borbotta, osservando il riccio che, di conseguenza al “grazie Ashton” generale, arrossisce.
«Da dove volete che inizi?» chiede, incrociando le dita sul grembo e osservando ognuno dei presenti.
«Uhm, racconta come hai detto a me, io alla fine qualcosa ho capito,» esclama Kriziana, stringendosi nelle spalle.
Deborah prende un bel respiro, «ho scoperto di essere incinta una settimana prima della fuga e sono morta di paura, non troppo per i miei genitori, che alla fine tanto non hanno potuto dirmi, ma per voi,» tutti ascoltano attentamente cosa ha da dire.
«Beh, cosa avreste potuto dire di me? Cosa avreste fatto? Avevo paura che sareste scappati, che mi avreste giudicata, che vi sareste vergognati di me e io… io non potevo sopportarlo,» Luke stringe gli occhi addolorato che, la sua migliore amica, pensi di loro questo.
Perché avrebbero dovuto giudicarla? La conoscono così bene, non c’è niente da giudicare in lei.
Vergognarsi? C’è solo da vantarsi di essere amici di lei, niente da dire in contrario.
«E poi.. - prende un respiro e si gira verso Calum, incrociando i loro occhi - avevo paura.. che tu non volessi averne a che fare, con il bimbo, che tu mi avresti abbandonata,» aggiunge.
Calum sente il cuore stringersi in una morsa. Come può solo pensarlo? Lui non l’avrebbe mai fatto, mai!
Lei è la ragazza di cui si è innamorato davvero, per la prima volta, e forse è anche troppo giovane per dirlo ma sì, sì, lui sarebbe pronto a passarci la vita insieme, con o senza bimbo in arrivo.
Non potrebbe mai, mai, abbandonarla, non solo perché la ama e cose così, ma perché non ci riuscirebbe nemmeno volendolo. Non può farlo perché non ci riesce, semplice.
«Alla fine non eri, e non sei, obbligato a prenderti cura di questo bimbo solo perché sono contro l’aborto, non sei costretto a starmi accanto, io, di certo, non ho intenzione di braccarti,» continua lei, abbassando lo sguardo perché ha paura che lui prenda sul serio le sue parole e scappi da lei.
Non riuscirebbe a sopravvivere.
«Sono scappata anche per questo, capisci? Un bimbo è una responsabilità enorme e, per quanta gioia possa portare, a quest’età potrebbe definirsi quasi un peso e io non volevo dartelo, non lo meriti, Calum.»
«Non lo meriti nemmeno te, Deborah - la blocca lui, prendendole di slancio una mano poggiata distrattamente sul bracciolo della poltroncina - e come hai potuto pensare cose del genere? Nessuno di loro si sarebbe vergognato di te, nessuno di loro ti avrebbe giudicato o abbandonato, perché sono pronti a starti vicino, sempre e comunque, capisci? Sono i tuoi amici, intendo amici veri, perché dovrebbero farlo? Non c’è da vergognarsi di te, ‘Ebo, e abbandonarti creerebbe un danno principalmente a loro,» i ragazzi annuiscono vagamente, osservando gli occhi lucidi di Deborah incantati in quelli di Calum.
«E poi.. come potrei io abbandonarti? Nemmeno se volessi riuscirei a farlo, chiaro? Io dipendo da te perché ti amo, va bene? Non… non devi nemmeno pensarlo che io voglia lasciarti sola alle prese con questo bimbo, che alla fine è mio e mi dovrò prendere le mie responsabilità, non ti lascerei da sola per nessun fottuto motivo, tanto meno per qualcosa che deriva anche da me! E… e ti prego ‘Ebo - dice, senza staccare i loro occhi, accarezzando con il pollice il palmo pallido di lei - ti prego… non… non andartene mai più!» aggiunge, alzando l’altra mano per metterla sulla guancia rosea di lei.
«Mai più,» ripete in un mormorio, cercando di infonderle con uno sguardo tutta il suo amore.
Quello sguardo così intimo e puro, così naturale e passionale, riesce persino a far girare gli occhi alle tre coppie di fronte a loro perché, beh, un po’ di privacy.
 
È tardi.
È mezzanotte passata e hanno finito di parlarsi degli ultimi due mesi, raccontando di ogni singolo giorno.
Michael ha parlato tanto, troppo. Ha parlato della rissa, di Beatriz – che, lì presente, è arrossita più volte – dell’incontro con Ashton, della sua estrema voglia di creare una band, della paura che non sarebbe venuto il batterista, e chi più ne ha più ne metta.
Luke e Kriziana le hanno detto al volo due cosine sulla loro relazione, affascinando Deborah con la loro storia, perché prima non si sopportavano e subito dopo si baciavano.
Ashton ha raccontato di come ha capito di loro, di come ha incontrato Michael e Kriziana, le ha presentato Jamaica con un grosso sorriso e l’ha stretta in un abbraccio nuovamente, dicendole che aveva fatto bene a fidarsi di lui, in un modo o nell’altro.
Beatriz la conosceva già, Deborah, forse per la nomina e, ammette, si era stupita quando aveva capito che, la ragazza, stesse con Michael.
Hanno avuto modo di dirsi tutto, ma tutto proprio.
E lei ha riabbracciato tutti, uno a uno, soffermandosi un pochino di più tra le braccia di Luke perché, diamine, le era mancato come l’aria.
Si è sentita avvolta da quelle braccia enormi e ha aspirato il profumo di lui, chiudendo gli occhi e beandosi della sensazione di pace che, solitamente, trovava tra le sue braccia.
Eppure, con Calum ancora nessun bacio.
E ora, dopo che quest’ultimo si è inginocchiato davanti a Kriziana per chiederle di lasciarle Deborah, la ragazza si trova in camera del moro, indecisa sul da farsi.
Calum è comodamente sdraiato sul letto e ci mette un po’ per accorgersi che, Deborah, è ancora in piedi di fronte alla porta. Sorride perché, la scena, gli ricorda la prima volta che lei era venuta a casa sua.
«Deborah, vieni,» mormora, passando una mano sul letto al suo fianco.
Deborah sorride e si sdraia accanto a lui, togliendosi le scarpe, e si accoccola al suo petto, stringendosi nell’abbraccio di Calum, che si ritrova a passarle la mano su e giù per la schiena.
«Quanto sei bella - le sussurra a pochi millimetri dal viso - non mi sembra quasi vero che tu sia qui, non è che è un sogno, vero?» chiede, quasi quasi è davvero incredulo.
Deborah ridacchia e gli passa una mano sulla guancia sbarbata.
«No, Cal, non lo è, sono qui,» sussurra, avvicinandosi di un altro po’.
Ha voglia di baciarlo.
E Calum lo capisce, perché sorride a dismisura.
Poi, improvvisamente, la bacia, perché non poteva aspettare più di tanto.
Ed è un bacio tanto passionale che Deborah freme, spingendosi verso di lui, aggrappandosi alla sua spalla. È un bacio che risucchia l’anima e fa esplodere i cuori.
E si sentono così bene, l’uno accanto all’altra.
Calum si sporge su di lei e la sovrasta, reggendosi sulle braccia per non caderle addosso.
Muove le labbra su di lei e fa danzare la sua lingua con quella della ragazza.
Ha voglia di lei, vuole lei, vorrebbe.
Ma forse è un po’ presto, e non vuole rischiare.
Blocca il bacio e si sdraia di nuovo al suo fianco, afferrandola e stringendola in modo possessivo a sé, dandole un ultimo bacio sulle labbra rosee. Poi si alza e si avvia all’armadio, tirando fuori la maglietta che, una volta, usava sempre Deborah quando rimaneva a dormire da lui. La maglietta dei Nirvana, che a lei piace tanto.
Gliela lancia ridendo e poi la osserva spogliarsi con calma, senza vergogna, perché ormai l’ha fatto troppe volte. Infine si sfila i pantaloni e la maglietta e poi, con lentezza, si avvicina al letto e si sdraia nuovamente accanto a lei, stringendola a sé con forza.
«Buonanotte, Deborah,» mormora sulle labbra di lei, dandole piccoli, innocui e veloci baci a stampo.
«Buonanotte, Calum,» sussurra lei tra un bacio e l’altro, circondando il fianco di lui con un braccio.
Ah, come si sente bene.

 
***
Ehilà, 
come va?
Io una meraviglia, che oggi sono rimasta a casa perché tutte le scuole di Roma erano chiuse e spero vivamente che rimarranno chiuse anche domani.
Allora, cosa abbiamo qui?
Capiamo la rabbia estrema di Calum, che fraintende, povero idiota.
C'è Michael che parla a vanvera e Deborah che rispiega dall'inizio.
E sempre Calum con le sue frasi sdolcinate e poi si ritrovano entrambi a casa di quest'ultimo e, finalmente, un bel bacio.
Insomma, due mesi sono tanti, un bacio ci stava tutto.
Vado di fretta, quindi scusatemi ma vi lascio.
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate,
Bye bye,

Judith.

 
  
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