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Autore: ChrisAndreini    06/11/2014    4 recensioni
Le storie non sono esattamente come noi le conosciamo.
Esse in realtà sono diverse, intrecciate tra loro in un'unico grande mondo: Otherland.
Ma una strega potente ha deciso di richiedere la sua vendetta, e, dopo essersi impossessata di un sortilegio infallibile quanto pericoloso, ha portato tutti i personaggi dei cinque regni di Otherland in un nuovo mondo: il nostro.
Solo quattro ragazzi possono fermarla, in un'avventura che intreccia il passato con il presente, l'immaginario con il reale.
Dal capitolo 1:
"Quando l’orologio comincerà a funzionare, la tua fine sarà vicina, perderai tutto ciò che il sortilegio ti ha fatto guadagnare"
Genere: Avventura, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Once upon a Time in Otherland

Capitolo 5: La storia di due sorelle

 

“Amo le porte aperte”

“Non le chiuderemo mai più”

-Frozen

Gerda aprì le tende, e Anna non era pronta a questo, e con uno scatto fulmineo seppellì il viso nel cuscino.

-No, è presto, non devo fare niente tutto il giorno- si lamentò, con voce strascicata, e solo l’abitudine fece capire a Gerda le parole esatte.

-Ma, principessa Anna, oggi è il giorno dell’incoronazione di vostra sorella, e gli ospiti stanno arrivando- Gerda, che considerava la principessa come sua figlia, non riusciva proprio a non guardarla con un sorriso divertito, vedendo il suo comportamento infantile.

Ma dopotutto era accettabile, aveva solo quindici anni.

-L’incornazione di mia sorella, ma cosa c’entro io? E poi non è un toro- sbadigliò, Gerda scosse la testa divertita, poi la ragazza spalancò gli occhi.

-Per la Luna! Oggi è il giorno dell’incoronazione!!- esclamò, eccitata, alzandosi di scatto dal letto e avviandosi verso la porta, prontamente bloccata da Gerda, che le fece notare l’outfit non appropriato per uscire.

-Principessa, vuole davvero accogliere i dignitari in pigiama?- chiese, con un sorriso.

-Oh! Giusto- Anna ridacchiò, poi andò velocemente a cambiarsi, per indossare l’abito che aveva preparato con tanta cura.

Gerda alzò gli occhi al cielo, poi la raggiunse, per aiutarla e pettinarle i capelli.

Diventavano incredibilmente intrecciati mentre dormiva.

Ma neanche la sorella era da meno

 

La porta bussò nella stanza di Elsa.

-Principessa Elsa, è il momento che vi prepariate, le porte verranno aperte presto- la voce di Kai venne ovattata da dietro la porta ed Elsa, già pronta, fece un profondo sospiro, e rispose.

-Certo Kai, mi preparo subito- 

Si guardò allo specchio, e cercò di aggiustarsi i piccoli difetti ancora rimasti.

Un ciuffo di capelli qua, un punto di trucco sbafato là, e non si sentiva mai adeguata.

Si alzò dalla toeletta, e uscì dalla camera, per andare nella stanza dove avrebbe fatto un’ultima prova, naturalmente senza nessuno ad assisterla.

Tutti, nel castello, sapevano che non voleva avere contatti con il mondo esterno, era così da quando era piccola, da quando era successo quel misterioso incidente con Anna, che sembrava averla chiusa in se stessa.

Respirando profondamente, e ripetendosi la solita litania coma un karma scaccia guai, si tolse i guanti, e provò a prendere il cofanetto e il bastone, come da tradizione.

-Celare, domare, non mostrare- respirando profondamente, sembrava che stesse andando bene, poi venne distratta da un tonfo fuori dalla porta, e dalla voce della sorella che sfrecciava velocemente da una stanza e l’altra, cantando per l’entusiasmo.

Spaventata dal fatto che sarebbe potuta entrare nella stanza, che infatti non era stata chiusa a chiave, del ghiaccio si espanse per gli oggetti, ricoprendoli appieno, e con un sobbalzo la ragazza li lasciò, e caddero a terra, facendo un gran fracasso, che inevitabilmente attirò Anna.

-Ehi, va tutto bene qu…?- Anna entrò tranquilla, ma si bloccò sulla porta appena vide la sorella, che aveva rimesso in fretta i guanti e aveva nascosto il bastone e il cofanetto sotto il suo lungo mantello.

-Va tutto bene, vorrei restare sola per preparare gli ultimi preparativi- Elsa cercò di assumere un tono distaccato, ma aveva la voce leggermente tremante.

-Oh, ok- rispose Anna, uscendo in tutta fretta e chiudendosi la porta alle spalle.

La sua eccitazione era leggermente sfumata, ma cercò di non pensare troppo all’incontro avuto con la sorella, e appena i cancelli vennero aperti, schizzò fuori come una meteora, e per la prima volta si sentì libera.

Salutò tutti i dignitari in visita, e non ebbe nessuna preoccupazione.

Quello sarebbe stato il giorno più bello della sua vita.

Purtroppo un cavallo la investì in pieno due secondi dopo aver pensato a questa affermazione.

-EHI!- esclamò indispettita. L’impatto l’aveva fatta volare su una barca, che rimase in bilico sul pontile.

-Oh, diamine, ma non ti hanno mai insegnato a guardare dove metti i piedi?- chiese il conducente, infastidito a sua volta, poi la guardò, prese un foglietto e gli diede una sbirciatina, e poi tornò a guardarla, mentre lei rimuoveva le alghe dai capelli.

-Cioè, volevo dire, ti sei fatta male?- con un tono attoriale falsissimo, l’aiutò ad alzarsi.

-No, sto bene- lei si rialzò, e guardò il principe, che le fece un occhiolino.

-Sicura? Scusa per il mio comportamento un po’ irritante, ma sono stato bloccato per anni in attesa di… ehm, cioè, è stato un viaggio lungo- fece un sorriso smagliante, e Anna, che non aveva mai avuto contatti con nessuno, esclusi ovviamente i domestici, arrossì e portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, senza sapere bene come comportarsi di fronte a quello che sembrava proprio il principe azzurro dei racconti di quando era piccola.

-Oh, non fa niente, se avessi urtato mia sorella Elsa sarebbe stato un “Oh, mamma” perché lei…- si rabbuiò leggermente -Per tua fortuna sono solo io- concluse, con un sorriso imbarazzato.

-Oh, ma tu basti- disse lui, lei lo guardò confusa -Cioè, io sono Hans delle isole del sud- si presentò.

-Principessa Anna di Arendelle- si presentò a sua volta lei.

-Oh, lo so. Ehm, cioè, ma davvero? Non riesco a crederci, spero che urtare la principessa di questo regno non sia un sinonimo di cattiva sfortuna- evidentemente Hans non aveva molte cose da dire, e sentiva che sua madre, da qualche parte a Corona, lo osservava scuotendo la testa.

-Oh, non preoccuparti, sono io molto sbadata. Le isole del Sud sono vicine a Corona?- chiese, per rompere il ghiaccio, e perché era molto desiderosa di avere notizie dal sud, dove sapeva si celebrava il quindicesimo compleanno della principessa Rapunzel.

-Si… cioè no… cioè, lì vicino, ma lontano, ma comunque a sud… non è nei cinque regni- Hans non sapeva che pesci pigliare, ma Anna trovò la sua incertezza molto simile alla propria, anche se un principe azzurro se l’era sempre aspettato aitante, sicuro e sopratutto intelligente.

Lo guardò per un po’, senza sapere bene come continuare il discorso, poi un suono di campane attirò la sua attenzione.

-Le campane, l’incoronazione- si girò di scatto per dirigersi in tutta fretta di nuovo al castello, poi si voltò un attimo, per salutare il principe -Io devo andare… addio- lui ricambiò il saluto, e appena la ragazza voltò l’angolo, si sentì tirare per un orecchio.

-Ahi- si lamentò, e si girò per vedere chi aveva osato tanto.

-Mamma?- chiese poi, osservando una donna tarchiata e bassetta guardarlo arrabbiata, con una bacchetta violetta in mano.

-Si, e farai meglio a conquistare quella sciocca principessina se non vuoi ricorrere a tutta la mia ira- lo minacciò lei.

-Ma non dovresti essere all’orfanotrofio?- chiese il ragazzo confuso.

-Ho messo un’immagine olografica che mi rimpiazza, hai bisogno di me per far funzionare questa cosa- spiegò la madre.

-Ehi, io ce la faccio- si lamentò il ragazzo in tono lagnoso.

-Non ho sprecato 15 anni in quell’orfanotrofio orribile per vederti fallire anche questa volta, sono stata chiara- gli puntò il dito grasso contro, lui abbassò lo sguardo.

-Si, mammina- 

-Perfetto, d’ora in poi ripeterai perfettamente quello che ti dirò io come piccola fatina all’orecchio, e visto che la regina Elsa è inavvicinabile, è meglio che ci provi con la più piccola- rifletté, trasformandosi, con un colpo di bacchetta, in una fatina minuscola e quasi invisibile, e nascondendosi nella sua giacca elegante.

-Ma io voglio essere re- si lamentò lui -Non principe- 

-E lo sarai a tempo debito, devo solo organizzare la morte della regina- gli sussurrò la madre all’orecchio.

-E ora sbrigati, l’incoronazione sta iniziando- lo incoraggiò poi.

-Va bene, va bene- 

***

*Sono passati alcuni giorni da quando Roxanne ha iniziato a lavorare al Vampire’s café, e non ha avuto molto tempo per leggere il libro*

 

-Elisabeth, Elisabeth, Sveglia- Allison sta bussando con decisione alla porta della sorella, che dorme ancora della grossa, avvolta nel lenzuolo.

-Elizabeth, svegliati- la sorella accosta l’occhio alla serratura, per controllare le condizioni della camera.

-Vattene via, Allison, sto dormendo- e lancia con incredibile precisione il cuscino contro la serratura, facendo indietreggiare la sorella.

-Ma Eli, è domenica- a sentire questo, Elisabeth immediatamente si alza dal letto, con una velocità impressionante si veste con gli abiti più impersonali del suo guardaroba e sistema i capelli in un’elegante crocchia.

Poi apre la porta, ed esce fuori sotto lo sguardo sbalordito di Allison, che aveva aperto al bocca per dirle altro, ma non aveva fatto in tempo a pronunciare neanche una parola.

-Rapida- commenta, con un sorriso divertito.

-E’ tutto in ordine?- chiede Elisabeth, preoccupata.

-Ho messo a posto ieri sera- cerca di rassicurarla Allison.

-Perfetto, c’è molto da riordinare. Quando arriva la signora Charme?- chiede ancora ad Allison, mentre si avvia in cucina, per fare una colazione frugale e riordinare tutto.

-Non lo so, sono le nove e mezza, ha detto che arrivava alle dieci, perciò abbiamo una mezz’oretta ancora- Allison sembra molto tranquilla, ma Elisabeth non la vede allo stesso modo.

-Diamine, Allison, come hai fatto a combinare un tale casino. Sei sonnambula per caso?!- si lamenta Elisabeth prendendo i vestiti gettati a terra, e mettendo i piatti sporchi della colazione della sorella in lavastoviglie.

-Beh, in effetti potrebbe essere, ma non ne sono sicura. voglio dire, qualche giorno fa mi sono ritrovata appesa a testa in giù nell’armadio, e non credo che tu abbia il senso dell’umorismo necessario per…- la sorella segue Elisabeth come un’ombra, parlando a tutto spiano pensierosa, ma lei la interrompe.

-Allison, metti a fare la lavatrice, poi dai una sistemata ai tuoi libri, e spolvera gli scaffali. Puoi farlo? Non è troppo complicato, vero?- chiede, come se stesse parlando ad una bambina di tre anni.

-Ma certo che posso farlo, non sono stupida- si lamenta, prendendo gli abiti e avviandosi in bagno, ma scivolando sul tappeto e finendo a gambe all’aria.

-Allison, tutto bene?- chiede esasperata la sorella, facendo sporgere la testa dal salotto.

-Si, tutto bene- sepolta dagli abiti sporchi, Allison alza un dito e fa segno di OK.

Elisabeth alza gli occhi al cielo, poi ritorna alle sue faccende.

-bene bene bene bene- Allison prende gli abiti e li mette tutti in lavatrice, senza distinzioni di colore o altro, ma prima che possa combinare un macello, Elisabeth entra nella stanza e rimedia ai suoi disastri.

-Cavolo Allison… va bene, va a sistemare i libri e a spolve… ah, e fa i compiti- le impone, mentre mette a fare la lavatrice nel modo giusto, cacciandola dal bagno.

-Ma non riesco a farli in mezz’ora- si lamenta lei.

-Almeno fatti trovare da quell’arpia mentre li fai. Mi chiedo perché ti riduca sempre all’ultimo secondo. Non potevi farli ieri pomeriggio?- chiede, più a se stessa che ad Allison, mentre esce dal bagno per dare una passata di aspirapolvere in salotto.

-Ero in gelateria con te, hai bisogno di aiuto il sabato, è piano di gente- le urla dalla stanza affianco Allison.

-Quante volte ti ho detto di non sbanderare il nostro segreto ai quattro venti?! E’ così difficile tenere la bocca chiusa?- la rimprovera Elisabeth, irritata.

-Ops, scusa, non mi sono resa conto del pericolo, ma non devi preoccuparti, non avrai guai per la gel… per il piccolo Olaf- mentre Anna spolvera lo scaffale dei libri, sorride, orgogliosa del nome che lei ha dato alla gelateria.

-Devi essere più cauta, sai che se qualcuno di non fidato venisse a saperlo…- comincia Elisabeth, Allison sospira, ormai conosce il discorso a memoria.

-… finirei in prigione, e tu saresti riportata all’orfanotrofio, perche zia Pauline non ha la minima intenzione di prenderti con se- concludono insieme, Allison scimmiottando Elisabeth.

-Lo so, Eli, ma non possiamo vivere la vita nel terrore, e poi ho diciassette anni, non sarei confinata lì per sempre, e sono sicura che potrei fare una colletta con i nostri acquirenti per pagarti la cauzione- Allison cerca sempre di vedere il lato positivo di ogni faccenda, mentre Elisabeth, più pessimista, vede ogni volta il pelo nell’uovo.

-Hai sistemato i libri?- chiede alla sorella, mentre mette via l’aspirapolvere, e prende una tazza di caffè che non ha avuto il tempo di riscaldare.

-Si, ho sistemato tutto in ordine di colori, non hai idea di quanto sia carina la libreria così, sembra un arcobaleno- Allison prende i libri per iniziare i compiti per il giorno dopo, mentre Elisabeth viene a controllare il suo lavoro.

-Ma… la tua camera è in ordine- constata, sorpresa.

-Certo, che ti aspettavi, l’ho messa in ordine ieri- Allison sorride orgogliosa, ma la sorella non se la beve a lungo, e apre con decisione l’armadio, da dove esplodono una trentina di abiti messi alla rinfusa, che Elisabeth evita con grande agilità.

-Quante volte ti ho detto che non devi raggruppare le cose nell’armadio, ma….- 

-… piegarle con cura e metterle nei cassetti. Centinaia, ma sono troppi vestiti, non ho tempo- prova a giustificarsi la sorella minore, concludendo la litania per lei.

Elisabeth è fissata con le litanie, ha sempre qualcosa per ogni occasione che ripete come un mantra.

-Se lo facessi ogni volta non sarebbero così tanti- e porgendo alla sorella metà del mucchio, inizia a piegarli con cura.

-Sporco, macchiato, puzzolente, strappato… ancora?- Elisabeth elimina gli abiti dalla pila, e mette i restanti in ordine nello stesso tempo che Allison impiega per piegarne due.

La sorella sospira, e le da una mano per i restanti.

-Non potresti essere più veloce?- le chiede.

-Sei tu che lo sei troppo. Prenditi tempo per goderti la vita- Allison le sorride.

-Non vedo l’ora che sia questo pomeriggio- ammette Elisabeth, pregustando delle belle ore in gelateria, a vendere ottimi gelati e frullati e vedere la gente che va lì per isolarsi dalla terribile realtà che la circonda.

-Infatti, ma dobbiamo solo superare un’altra ispezione di quella brutta, cattiva e con un figlio ancora peggiore…- 

*Din don*

Allison chiude la bocca di scatto, ed Elisabeth mette gli abiti restanti nei cassetti senza piegarli, e si precipita ad aprire la porta, con un’ultima raccomandazione per la sorella.

-Compiti, ora!-

***

-Regina Elsa, è arrivata una lettera dai regnanti di Corona- Kai porse alla regina una lettera nel bel mezzo dei festeggiamenti, ma lei non parve seccata, anzi. Era piuttosto rilassata, perché la festa era quasi finita, e non aveva combinato niente di male, con suo grande sollievo.

-Grazie Kai- gli sorrise composta, e aprì la lettera, con le mani ancora fasciate dai guanti.

La aprì con grazia e la lesse.

“Nostra carissima nipote,

siamo davvero spiacenti di non essere potuti venire alla tua incoronazione, purtroppo i giorni hanno coinciso e dovevamo restare qui, per l’annuale ricorrenza della scomparsa di nostra figlia.

Non vogliamo assolutamente renderti triste con ritorni al passato, ma ci teniamo davvero a dirti che i tuoi genitori sarebbero incredibilmente orgogliosi di te e di tua sorella.

Vorremmo davvero tantissimo venire a trovarvi, e speriamo vivamente di poter organizzare una piccola gita ad Arendelle quanto prima, per congratularci di persona per la tua incoronazione.

Ti auguriamo un regno duraturo e buona fortuna per la guerra contro i mostri, siamo convinti che l’affronterai per il meglio, e ci teniamo davvero ad assicurarti che noi saremo sempre dalla tua parte.

Con un grandissimo abbraccio e congratulazioni,

Re Edward e Regina Primrose di Corona.”

La lettera la rattristò, ma le fece anche molto piacere.

Ripensare ai suoi genitori le faceva pensare che forse davvero potevano essere orgogliosi. Stava celando, domando e non mostrando, proprio come loro le avevano insegnato, ma accadde un fatto che mise molto alla prova il suo autocontrollo, e bruciò tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento.

-Elsa, cioè, Regina… sono sempre io. Posso presentarti il principe Hans delle isole del Sud?-...

***

-E quindi Allison sta ancora facendo i compiti?- chiede Helga Charme, avviandosi verso la stanza della ragazza per assicurarsi che stia davvero studiando, e scuotendo la testa.

-Li ha quasi finiti- precisa Elisabeth.

Ha fatto del suo meglio, ma la signora Charme trova sempre il pelo nell’uovo, e ha una paura incredibile di perdere Allison.

-Una brava tutrice dovrebbe assicurarsi che la propria figlia li faccia il sabato pomeriggio- obietta Helga.

-Ma li ha fatti anche ieri, solo che non li ha finiti, perciò recupera stamattina- mente Elisabeth.

Sta combattendo con le unghie e con i denti per mantenere la custodia legale della sorella, ma i controlli settimanali sono un vero strazio. Helga sembra odiarla!

Senza neanche bussare, la signora Charme entra nella stanza, per trovare un’Allison china sui libri, che senza neanche girarsi sembra notare un’ultima cosa e li chiude.

-Finito! Evviva… Oh, signora Charme, salve, come va?- chiede, alzandosi in piedi e facendo cadere la sedia dietro di se.

-Oh, accidenti!- esclama, facendo per raccoglierla. Prima che possa combinare qualche altro macello Elisabeth si affretta ad aiutarla, e Allison porge la mano e la signora Charme la guarda e basta, senza stringerla, ma scrivendo altri appunti.

-Linguaggio poco educato, poca igiene personale e la sorella sembra non lasciarla libera, raccogliendo le cose per lei. Bene, continuiamo- senza degnarla di un altro sguardo, la signora Charme procede oltre.

Allison ha aperto la bocca per protestare sull’igiene personale, ma Elisabeth le lancia un’occhiataccia eloquente, e lei resta zitta, attingendo a tutto il suo, poco, autocontrollo, e inizia a seguire le due donne, da lontano.

-La casa non sembra particolarmente in disordine- sembra delusa da questa constatazione, ma i suoi occhi si illuminano di grande malignità.

-Vorrei visionare l’armadio di vostra sorella- Elisabeth impallidisce leggermente, è l’unica parte della casa che non ha finito di mettere in ordine, e con la severità della signora Charme, ha paura che questo potrebbe costarle Allison.

Con il cuore che batte furiosamente nel petto, annuisce, e tornano indietro.

Entrano nella camera di Allison, che sembra stranamente molto tranquilla, ed Elisabeth non capisce il perché.

La signora Charme, con grande lentezza, per gustarsi il momento della sconfitta delle due sorelle, apre l’armadio, per rimanere profondamente delusa.

-E’ in ordine, in perfetto ordine- constata, infastidita.

Elisabeth spalanca gli occhi, e guarda Allison, che le fa l’occhiolino.

-Molto bene, sembra che, dopotutto, puoi mantenere la tutela legale di Allison, ci vediamo domenica prossima- 

Esce con grande sdegno, sbattendo con violenza la porta.

Elisabeth ed Allison si guardano, poi, dopo qualche secondo, appena sentono la macchina uscire dal vialetto, scoppiano a ridere, per scaricare finalmente la tensione, e si abbracciano, felici.

***

Anna rimase totalmente sconvolta dopo il manifestarsi dei poteri della sorella.

Ci mise un intero quarto d’ora per riprendersi, e per ricominciare a parlare, un vero record per lei.

Poi, senza pensarci due volte, si era diretta con il cavallo dietro alla regina, aveva lasciato il principe in carica (con sua grandissima felicità) e aveva reclutato in un emporio una guida per le montagne che sembrava conoscere anche il fenomeno chiamato “neve” in corso, anche se, purtroppo, il vento glaciale le stava impedendo di proseguire oltre la foresta dei salici.

Provava da ore ed ore ad avanzare, con Kristoff che osservava scettico i suoi tentativi davanti al fuoco che avevano acceso per grazie della luna.

-Principessa, se devo essere sincero, non credo che i tentativi siano utili. Forse dovremmo tornare ad Arendelle finché la regina non si sarà calmata- provò  farla ragionare. La sua renna Sven era andata ad esplorare in giro.

-Puoi andartene se vuoi, io non mi arrendo- Anna era testarda, e il ragazzo sbuffò.

-Non ci penso neanche, mi devi una slitta, ed è meglio che tu sia viva per ricomprarmela- questa scusa nascondeva una seria preoccupazione per la principessa, o, più precisamente, per la sua salute mentale. Non era così cattivo da lasciare una ragazza di soli quindici anni in balia della tempesta.

-Ce la faccio, ce la faccio, ce la sto facendo- urlava Anna, con convinzione, come se la convinzione potesse fermare il vento, poi, dopo uno sforzo maggiore di altri, si lasciò cadere a terra, stremata.

-Avremmo bisogno di aiuto- constatò sull’orlo delle lacrime.

-Allora io sono per voi- esclamò una vocetta allegra, poco lontano.

Kristoff, dal carattere schivo, subito prese il piccone come arma, ma prima che potesse dire alcunché di minaccioso, Anna si alzò nuovamente piena di energie, e si avviò verso la provenienza della voce.

-Davvero? Puoi aiutarci?

Kristoff, alzando gli occhi al cielo, disse tra se e se.

-Ma questa ragazza vuole proprio morire- 

-Si, posso farlo. Io sono…- cominciò la voce arrivando alla luce e facendosi finalmente vedere.

-…Olaf- disse Anna di getto, senza capire da dove le venisse quel nome.

-Olaf?- chiese Kristoff, anche il pupazzo la guardò confuso.

-Tu… ti ha fatto Elsa?- chiese Anna, aveva avuto un piccolo flash, di loro due che da piccole giocavano su… sulla neve. Ma come?

-Credo di si- disse Olaf -Perché?- chiese poi.

-Noi, io ed Elsa, credo che ti abbiamo creato da piccole. Ma non ne sono molto sicura- Anna era davvero confusa, e il pupazzo di neve sembrò guardare alla sua destra, come a cercare spiegazioni da qualcuno, qualcuno che però era invisibile o non esisteva proprio, perché gli altri due non lo videro.

-Sai come fermare la tempesta?- chiese Kristoff, andando dritto al punto.

-No, so solo come rallentarla. A fermarla deve essere Elsa- spiegò il pupazzo di neve con aria pratica.

-Ah, interessante- 

-Allora, fallo!- lo incoraggiò Anna -Se vuoi, ovviamente- aggiunse, non le piaceva dare ordini.

-Ok- disse lui, tutto contento, e senza che facesse gesti con le mani o robe del genere, la tempesta si placò leggermente, giusto quel tanto che bastava per farli passare.

-Grazie, Olaf- Anna, senza curarsi del freddo, lo abbracciò forte, e il pupazzo aprì la bocca per dire qualcosa, per poi richiuderla, e sorridere e basta, ricambiando l’abbraccio.

-Che bella sensazione che dai, calore- disse poi.

-Ops, scusa, il calore scioglie il ghiaccio, giusto?- chiese a Kristoff, l’esperto in materia di ghiaccio, che annuì.

-Non ti ho sciolto, vero?- chiese la ragazza preoccupata.

-No, non temere, mi piace tanto il caldo, vorrei infinitamente conoscerlo e viverlo- disse con aria sognante, sembrava diverso rispetto a quando aveva detto di poterli aiutare, come se prima ripetesse una frase che qualcuno gli sussurrava all’orecchio.

Anna lo guardò intenerita, Kristoff preoccupato.

-Allora, andiamo da Elsa… ma i vostri nomi quali sono?- chiese poi, guardando Anna e Kristoff.

-Io sono Anna e lui è…- si presentò la ragazza, ma Kristoff la interruppe.

-Sven!- esclamò, vedendo la renna tornare tutta coperta di neve.

-Bene, bei nomi. Oh, e chi è la renna?- chiese poi girando la testa di 180° e vedendo la renna innevata.

-E’ Sven-

-Ah, hanno lo stesso… bene è più facile per me-

Kristoff aprì la bocca per contestare, ma Anna tagliò corto.

-Bene, andiamo da Elsa. Sven, come va, bello?- e con una carezza rivolta alla renna, l’intrepida ragazza si avviò con sicurezza verso l’ignoto, decisa più che mai a trovare la sorella.

-Il mio nome è Kristoff, veramente- borbottò il ragazzo, prendendo le provviste e spegnendo il fuoco prima di seguire la ragazza.

***

Per festeggiare la riuscita dell’ispezione, Elisabeth ha deciso di portare la sorella al Vampire’s Café per pranzo.

L’ha promesso ogni domenica, sempre senza riuscire poi ad avere tempo per accompagnarla.

Fino a questo momento sembra che qualche strana forza malvagia cerchi di limitare il più possibile il contatto tra le due sorelle, ma questa domenica, Allison lo sente, tutto andrà per il meglio.

E’ qualche giorno, infatti, che la ragazza sente che c’è qualcosa di positivo nell’aria, ed essendo una ragazza molto positiva e ottimista, spera vivamente che ci sia un bel cambiamento in agguato, qualcosa di grandioso e soprattutto duraturo.

Sorride estasiata mentre si avvia al parco cittadino, per svagarsi un po’ prima che la sorella la venga a prendere per pranzo, al quale manca poco.

Senonché il suo buon umore viene turbato da una presenza tutt’altro che gradita.

-Allison, che spiacevole incontro- una voce acida la fa voltare.

-Austin, lo spiacere è tutto mio. E visto che ci odiamo l’un l’altra non è forse meglio ignorarci e basta?- chiede rigirandosi e continuando per la sua strada, con il suo solito buon senso che la caratterizza, e che lo zittisce…

-Credo che mi provocherà più gioia rovinarti la giornata- ribatte lui.

…quasi sempre.

Anna lo guarda, ha ancora un livido sullo zigomo, dove, a detta sua, Fred Jackson l’ha colpito con un pugno.

-Perché, per una volta, non ti fai gli affaracci tuoi? Perché rovinarmi l’unica giornata felice che ho da molti anni a questa parte?- gli chiede, non riesce a concepire che alcune persone provino piacere nelle sventure altrui.

-Perché voglio che tu non viva neanche un giorno di felicità. Devi sempre essere triste, infelice e sta pur certa che mia madre non si arrenderà finché non ti avrà allontanato da tua sorella- la minaccia, facendola indietreggiare. Alla ragazza vengono le lacrime agli occhi, di rabbia e tristezza insieme.

-Ma perché?! Cosa mai ti ho fatto per meritarmi il tuo odio?! Io… non lo capisco, che razza di scopo è rendere infelice qualcun’altro. E’ disgustoso!- esclama, incrociando le braccia. 

-Senti, ragazzina…- comincia lui, prendendole con cattiveria le braccia.

-Ehi, tu!- lo interrompe una voce sconosciuta, ma che subito da un’enorme sicurezza ad Allison, che immediatamente ritrova il sorriso, mentre Austin la lascia andare.

-Fatti gli affari tuoi, Boggs- Austin fronteggia il ventenne avanti a se  a denti stretti, ma lui, dopo avergli lanciato un’occhiata obliqua, lo ignora totalmente e si avvicina ad Allison, per vedere le sue condizioni.

-Tutto bene?- le chiede, burbero.

E’ un ragazzo biondo, massiccio e dall’espressione buona.

Allison sorride.

-Si, tutto bene- risponde. Tutta la rabbia, la paura e le cattive emozioni sembrano essersi volatilizzate.

-Bene- lui sembra sollevato.

-Non devi impicciarti in cose che non ti riguardano, lo dirò a mamma, e lei ti aumenterà la tassa settimanale- lo minaccia Austin, irritato per essere ignorato.

Il cosiddetto Boggs, alza gli occhi al cielo.

-Anche tu eri nell’orfanotrofio?- chiede Allison, incapace di trattenersi. Si tappa la bocca appena pronuncia questa frase, ma il danno è fatto.

-Scusa, non volevo, insomma, resetta la mente e fa finta che non abbia detto niente- lui la guarda leggermente divertito.

-EHI! UN PO’ DI ATTENZIONE!!!- esclama Austin. E riceve un bel po’ di attenzione, solo che non è quella che si aspettava.

Un cane, infatti, di razza Norsk Lundehund arriva in quel momento a approfitta del solido appoggio della sua gamba per… come dire, marcare il territorio.

-AHH! Brutta bestiaccia!!! Non finisce qui, Brooks e Boggs!- e urlando indiavolato scappa via.

Allison ride, non può farne a meno.

-Ottimo tempismo, Scooter, ti sei meritato un bel biscotto per cani- e accarezzandolo, il ventenne prende un biscotto per cani e lo divide a metà, mangiandone un pezzo.

Una scena che dovrebbe disgustare Allison, le fa venire un tonfo al cuore.

Le sembra di conoscere quel ragazzo, eppure non l’ha mai visto prima.

-Grazie mille, non so cosa avrei fatto- la ragazza si avvicina ai due, e si inginocchia per accarezzare il cane.

-Attenta, è un po’… ma non fa in tempo a finire la frase che Scooter salta addosso ad Allison, e la riempie di feste.

-…diffidente- conclude, molto tra se.

-Ma che bel cucciolone- Allison  lo accarezza, facendo ingelosire leggermente Boggs.

-Oh, perdona la mia maleducazione, sono Allison, Allison Brooks- gli porge la mano, con un gran sorriso, e lui, un po’ titubante, ricambia.

-Christopher Boggs, e lui è il mio cane Scooter- 

***

-Pr quanto riguarda i miei amici… beh, dico amici, ma sono più una famiglia. Loro sono, come dire, poco convenzionali, nel senso che… non sono come te li potresti aspettare. Eravamo soli, Sven e io, e loro ci hanno accolti- cercava di spiegare Kristoff ad Anna, mentre l’accompagnava, con grandissimo rischio, dai suoi amici esperti in amore.

-Davvero?- chiese lei intenerita, con voce bassa. Sembrava così debole in quel momento, che Kristoff avrebbe tanto voluto riscaldarla, sostenerla, ma si impose di stare fermo, lei era una principessa, non poteva fare gesti equivocabili.

-Si, solo che… ecco…- non sapeva bene come prepararla a ciò che avrebbe visto, ma non poteva non portarla da loro, lei doveva stare meglio, e lui doveva fare tutto il possibile per aiutarla.

Altrimenti chi gliel’avrebbe comprata la slitta nuova.

Ma più si convinceva che lo faceva per la slitta, più capiva che non era assolutamente per quello, e non sapeva se esserne felice.

Da un lato, infatti, significava che non era un rude uomo di montagna senza cuore, dall’altro che si stava… insomma, con una persona totalmente irraggiungibile

-Ehm… tutto bene?- chiese Anna, era diventato troppo muto, preso dai suoi pensieri.

-Si, siamo arrivati. Ti presento la mia famiglia- si mise davanti alle rocce, e allargò le braccia.

Il sorriso di Anna sparì.

-Sono rocce- disse tra se, incredula.

-Ciao ragazzi, sono io. Sono tornato- si stava annunciando Kristoff, consapevole di stare facendo una figuraccia incredibile. Sperava solo ci mettessero poco a svegliarsi.

-E’ completamente pazzo- osservò Olaf, a bassa voce, cosicché solo Anna potesse sentirlo.

-Io lo distraggo, tu scappa- 

Olaf, dopo il loro primo incontro, non si era rivelato affatto un tipo capace di controllare neve e ghiaccio, ma solo un simpatico amante del divertimento, e aveva conquistato il cuore di Anna, a cui lui si era legato con una profonda amicizia.

-Ragazzi, sul serio, svegliatevi, ho veramente bisogno di voi-

continuava a dire Kristoff.

-Beh, io.. andrei…- aveva iniziato a dire Anna, ma le rocce, muovendosi, la interruppero.

E dalle rocce, comparirono tanti piccoli ometti blu.

-Kristoff, sei tornato- una degli ometti, una femmina, gli si precipitò addosso, abbracciandolo stretto, per quel poco che riusciva ad abbracciare.

Anna sgranò gli occhi.

Ok, Olaf era un mostro, ma l’aveva fatto la sorella, non valeva, ma quelli.

-Sono… MOSTRI!- urlò, in preda al panico.

Tutti gli ometti blu si girarono a guardarla, e lei indietreggiò di qualche passo.

-Sono Puffi, la mia famiglia, neutrali nella guerra- la assicurò lui, avvicinandosi alla ragazza.

Temeva che la sua reazione sarebbe stata quella.

-Puffi… quelli strani ometti blu, alti suppergiù due mele o poco più?- chiese Anna, che aveva letto una filastrocca in un libro.

-Si, sono buonissimi, mi hanno allevato. Possono aiutarti- le assicurò il ragazzo.

-Ha portato una donna!- fu l’unico commento di Puffetta, l’esserino che aveva accolto Kristoff.

-Oh, no!- sussurrò Kristoff. Anna non capì la sua reazione, almeno finché i puffi non la esaminarono da capo a piedi, credendola la fidanzata del biondo.

 

Nel frattempo, Elsa, cercava di calmarsi, di concentrarsi su buoni pensieri, di ripetersi la sua solita litania.

-Celare, domare, niente emozioni, niente emozioni, NIENTE EMOZIONI!!- ma le emozioni peggiori le disturbavano la mente.

Sentiva l’oscurità entrare nella sua testa, paura, sconforto, rabbia, e disperazione.

Poi, un piccolo vento anomalo, che non aveva creato lei di sicuro, portò la lettera dei suoi zii ai suoi piedi.

L’aveva accidentalmente portata con se. La raccolse e la rilesse.

“…i tuoi genitori sarebbero incredibilmente orgogliosi di te… Ti auguriamo un regno duraturo… noi saremo sempre dalla tua parte…”

Delle lacrime sgorgarono fredde dai suoi occhi, trasformandosi in ghiaccio non appena toccavano terra.

Ma comunque in questo modo un po’ si sfogò, anche se non abbastanza, e uno spirito invisibile non sapeva che altro trucco inventarsi.

***

Quando Elisabeth passa a prendere la sorella, rimane stupita nel trovarla a parlare allegramente con un completo sconosciuto.

Il suo istinto primordiale è assolutamente quello di andare dallo sconosciuto e congelarlo usufruendo della macchina dei gelati, ma decide di mantenere al calma, e si para solo davanti alla sorella con fare protettivo.

-Allison, sono venuta a prenderti, dobbiamo andare presto se vogliamo non fare tardi- la guarda molto seccata, ma Allison non si scompone.

-Certo, comunque lui è Kristoff. Mi ha aiutata con Austin, poco fa. E lui è il suo cane Scooter- Elisabeth lancia al ragazzo un’occhiata penetrante e sospettosa.

-Il mio nome è Christopher, veramente- obietta il ventenne a denti stretti.

-Oh, scusa, non sono molto brava con i nomi- si scusa la ragazza.

-Molto gentile da parte tua aiutarla. Ora, se vuoi scusarci, dobbiamo andare- Elisabeth si rivolge ad Allison, che non capisce l’atteggiamento della sorella.

-Eli, ma che ti prende?- chiede, confusa.

-Abbiamo fretta- taglia corto lei, poi la prende per mano e la trascina via.

-Arrivederci- la ragazza saluta sgarbatamente il biondo, che non fa nemmeno in tempo a ribattere che sono già scomparse.

Guarda Scooter con un sopracciglio inarcato, e il cane ricambia l’occhiata con espressione di chi non sa che pensare.

 

-Si può sapere che stavi facendo?!- appena voltato l’angolo la maggiore inveisce contro la sorella.

-Parlavo- Allison non capisce cos’ha fatto di sbagliato. Dopotutto lui è solo il taglialegna della città. Un po’ misterioso, un po’ isolato, forse, ma l’ha salvata da quel bulletto da strapazzo, perciò non crede ci sia poi niente di sbagliato a parlargli.

-Sai almeno chi è?- chiede la bionda, incredula.

-Christopher- risponde semplicemente Allison, con un sorriso a trentadue denti.

-Da quanto ne sai potrebbe essere un maniaco, avrebbe potuto prenderti e portarti chissà dove. Non devi parlare con degli sconosciuti, sopratutto se sei sola!!!- Elisabeth è fuori di se, e Allison perde totalmente il sorriso.

-Perché non hai mai fiducia nella gente. Io so che lui è una brava persona, lo sento- prova a dire.

-Sei giovane e ingenua, e lui è grande, è maggiorenne. Non voglio che tu lo veda mai più. Capito?- le ordina.

-Ma Eli…- prova a ribattere la sorella, quasi con le lacrime agli occhi.

-Capito?!- la sorella le prende i polsi, e mordendosi il labbro inferiore, Allison annuisce.

-Bene, io voglio solo il tuo bene, lo sai- Elisabeth sembra più sollevata, e lascia la sorella.

-Allora, andiamo al Vampire’s café o dobbiamo cenare dal piccolo Olaf?- chiede con voce atona Allison.

-Su, andiamo- 

***

-ANNA!- Elsa si trovava davanti a sua sorella, diventata di ghiaccio… per colpa solo sua.

Ma il suo dolore non sembrava volesse trasformarsi in tempesta, o spuntoni di ghiaccio, o altro.

Era un dolore sordo, troppo, troppo da sopportare, e non riusciva minimamente a sfogarlo se non in lacrime.

Abbracciò stretta la statua di ghiaccio, tra i singhiozzi.

Olaf guardava la scena a bocca semiaperta, devastato dalla visione, mentre Kristoff, giunto troppo tardi, si dovette appoggiare a Sven per non crollare a terra.

Hans, o meglio, Azzurro, come la principessa aveva scoperto si chiamasse realmente, era a terra, con la madre accanto, che si teneva la testa, stordita.

Quando, ad un tratto dal cuore della principessa cominciò ad espandersi una luce dorata, che lentamente sciolse la principessa.

Il primo ad accorgersene fu Olaf, che sollevò la testa per l’entusiasmo.

Poi Sven lo fece notare a Kristoff, che spalancò gli occhi per il sollievo e la speranza.

Quando Elsa se ne accorse, Anna era quasi totalmente sciolta, e appena prese il primo respiro, cadde tra le braccia della sorella, che l’afferrò incredula.

-Anna- Elsa l’abbracciò felice, e, confusa, la sorella ricambiò l’abbraccio.

-Ti sei sacrificata… per me?- chiese Elsa, commossa.

-Io ti voglio bene, non voglio che ti facciano del male- rispose semplicemente Anna, senza sciogliere l’abbraccio che per tanto tempo aveva desiderato.

-Un atto di vero amore scioglierà un cuore di ghiaccio- disse Olaf, ma Anna sentì come se lo dicessero due voci.

Elsa la strinse ancora più forte, e la sorella ricambiò, felice come non mai.

Elsa sentiva il cuore più caldo nel petto, e lentamente e inesorabilmente, come già accaduto per Anna, dalla riva del fiordo dove erano tutti riuniti il ghiaccio iniziò a sciogliersi.

-Ti prometto che da ora in poi andrà tutto meglio- sussurrò Elsa alla sorella.

Olaf e Kristoff guardavano la città sciogliersi, e i confini intorno, senza sapere bene che pensare, ma molto lieti di ciò.

-L’importante e che stiamo insieme, troveremo un modo di sciogliere tutto- continuò Elsa, che, avendo il volto sepolto nel mantello di Anna, non si era accorta dello scioglimento dei ghiacci.

-Beh, direi che sta funzionando- disse Anna, sorridente.

-Come?- chiese Elsa, sollevando il capo e osservando la città intorno a lei.

-Ma cosa…?- era incredula, e incredibilmente felice.

-Ce l’hai fatta, lo sapevo- Anna le mise una mano sulla spalla, sorridendole orgogliosa.

Elsa si guardò le mani, e sorrise a sua volta.

-Ohi, ohi ohi- la Fata Madrina si alzò in piedi, e la sua attenzione andò immediatamente alla regina e alla principessa davanti a lei.

Il resto poteva aspettare.

Approfittando della loro distrazione, sollevò la bacchetta pronta per un incantesimo mortale, ma un’altra cosa attirò la sua attenzione.

A protezione delle principesse si era parato un giovane ragazzo, invisibile a tutti ma non al suo occhio attento ed esperto di magia, che riconobbe la forma, e sussurrò incredula, a occhio sgranati e in modo che nemmeno il ragazzo al sentisse: 

-Jack?!- questo attimo di distrazione le giocò la possibilità di fare alcunché, perché le sorelle si voltarono nella sua direzione, e decise di arrendersi, scomparendo in una manciata di bolle per tornare a casa, prima che la sua copertura saltasse. 

Al figlio avrebbe pensato a tempo debito.

-Cosa ne facciamo di Hans, o meglio, Azzurro?- chiese Anna alla sorella.

-Io saprei esattamente che fargli- borbottò Kristoff a denti stretti, Anna lo guardò, accennando un sorriso, che però Elsa non apprezzò particolarmente, e guardò il ragazzo con sospetto.

-Dovremmo mandarlo in carcere, credo. Dato che non è davvero il principe delle isole del sud, è meglio che lo incarceriamo qui- disse invece, guardandolo con disgusto.

Poi alzò la mano, e gli legò le mani e i piedi con manette di ghiaccio.

-Aspetta, Olaf!- Anna si ricordò solo in quel momento che il sole scioglieva la neve e il ghiaccio, e si girò di scatto per controllare le condizioni dell’amico, che guardava intorno a se con espressione estasiata, ma non si stava sciogliendo, grazie al cielo, dava solo piccoli segni di surriscaldamento.

-Elsa, presto, fagli qualche incantesimo per farlo restare intatto- incoraggiò la sorella.

La regina alzò la mano per obbedire, ma il pupazzo di neve le fermò.

-No, io oggi devo andarmene- disse con semplicità, Anna scosse la testa.

-No, no, Elsa può farti vivere per sempre. Su, fa la magia- incoraggiò nuovamente la sorella, che guardava Olaf con sguardo rassegnato.

-Non sono stata io a farti vivere, vero?- chiese al pupazzo di neve, Anna fece passare lo sguardo dall’uno all’altra.

-Di che state parlando?- chiese.

-No, non sei stata tu. E la persona che mi ha fato vivere deve riavere il pezzo di anima che ha consegnato a me, altrimenti resterà musone per tutta la vita. Gli serve il divertimento e l’emozione, e l’infantilismo - spiegò, non sembrava minimamente spaventato dalla prospettiva della sua imminente morte, ma Anna non voleva che accadesse.

-NO! No, ti prego, Olaf. Non puoi andartene- si inginocchiò accanto a lui, che iniziava a sciogliersi, inesorabilmente. 

Lui l’abbracciò.

-Non temere, Anna. Io sarò sempre qui con voi- le assicurò. La ragazza lo abbracciò stretto, e pochi minuti dopo era scomparso, in una pozza d’acqua, e mezzo bastone a terra, che sembrò scomparire nell’aria non appena il pupazzo di neve fu sciolto del tutto.

La principessa singhiozzava, ma cercava di non darlo troppo a vedere.

Così Elsa, vedendo il dolore della sorella, trasformò i resti del pupazzo in una collana a fiocco di neve, che porse alla fulva.

-Così sarà davvero sempre con te. Non si scioglierà mai- le disse, Anna lo prese con delicatezza, attaccandola attorno al collo.

-Grazie Elsa- l’abbracciò di slancio.

-Ora che ci siamo ritrovate, non ce ne andremo mai più. E dobbiamo assolutamente andare a trovare i nostri zii a Corona- disse Elsa, pregustando una bella vita, da quel momento in poi.

 

***

-Allora, Fred, il solito frullato?- chiese Anna, andando al tavolo dove il moro stava osservando il menù da dieci minuti buoni.

-Oh… ciao Allison. Dopo aver osservato il menù e aver constatato che ci sono molte altre cose oltre al gusto gianduia, ho deciso di ampliare i miei orizzonti… e non prendere niente, per ora. Devo aspettare Marlene, è lei che ha la grana. Ma appena arriva ti faccio un fischio, e già premetto che prenderò Gianduia- le fa l’occhiolino, Fred è sempre stato un tipo molto simpatico ad Allison, benché non lo conosca poi così bene.

Sa solo che è davvero una persona molto divertente e infantile, ma non ha mai avuto molte occasioni di parlargli, è come se ogni occasione fosse stata bloccata sul nascere da qualcosa di misterioso che lei non si sa spiegare, ma approfitta del ritardo di Marlene per chiacchierare un po’. Tanto la gelateria è vuota a quest’ora.

-Sei sempre il solito, Fred- ridacchia, segnando l’ordinazione.

-Io sono così, adorato da molti e odiato dai più- scherza lui, atteggiandosi per finta.

-Non dire così, non sei odiato, solo dalla signora Charme… e dai professori… e da Buddy Green… e da Austin… e dal sindaco… e dal signor Black… e… insomma, solo gente poco importante- taglia corto la fulva, diventando più rosse dei suoi capelli.

-Hai appena citato i più potenti della città- le fa notare Fred, ridacchiando.

-Beh… la fortuna girerà. Poi andremo via da questa città e loro non avranno più potere su di noi- Allison usa il plurale inconsciamente, riferendosi anche a lei e alla sorella. Poi porta una mano alla collana che ha al collo, la sua solita collana che sembra fatta di cristallo, mentre probabilmente è solo semplice vetro.

-Speriamo che l’anno che ci separa dai diciotto anni arrivi in fretta- commenta Fred, guardandosi intorno per cercare la riccia amica.

-Speriamo, infatti, a me sembra di stare ferma ai diciassette anni da, non so, quaranta o cinquant’anni- sa di aver appena detto un’assurdità, ma entrambi non possono fare a meno di pensare, per un attimo, che sembra davvero che il tempo sia fermo.

-Comunque, la tua collana è davvero molto bella- Fred cerca di cambiare discorso, indicando il gioiello.

-Ah, Grazie! Ma l’ha regalata mia sorella circa… tanto tempo fa- la stringe con amore, quella collana le da sicurezza, e le trasmette davvero tanto calore.

-Oh, ecco finalmente il mio portafogli ambulante!- esclama Fred, mentre una chioma riccia, ma subito il suo sguardo si incupisce, perché la ragazza è accompagnata.

Allison non può trattenere un sorriso felice e leggermente spaventato.

Dopotutto Harry è pur sempre il figlio del poliziotto cittadino.

***

Ma purtroppo non tutto era destinato a durare per sempre.

Sei mesi dopo, mentre le due sorelle erano a Corona, per una riunione indetta dalla regina e dal re per entrare in terra neutrale nella guerra contro i mostri, accadde il peggio.

Elsa dormiva tranquillamente in una delle camere degli ospiti, mentre Anna era nella stanza accanto.

Ad un certo punto, un’anomala nebbiolina violetta avvolse il castello, rendendo il sonno di tutti presenti molto più profondo.

Poi Fata Madrina comparve nella camera della più giovane tra le sorelle, che nel sonno stringeva convulsamente la collana regalatale dalla sorella.

-Mai mettersi contro di me- sussurrò, con un sorrisetto malvagio, poi, con la magia, sollevò Anna e la portò via, in uno sbuffo di fumo violetto.

Elsa, nonostante l’incantesimo, si svegliò di scatto, ma era già troppo tardi.

-Anna- si precipitò nella stanza della sorella, per trovarla vuota.

-No- non poteva crederci.

Cercò in tutta la stanza una traccia che magari aveva potuto lasciare, controllò in giro per vedere se non si fosse nascosta, e trovò un biglietto attaccato alla finestra, scritto con una calligrafia farfallina.

“Arrenditi, qualsiasi cosa farai non riuscirai mai a ritrovare tua sorella, e se anche dovessi riuscirci, sta pur certa che non la riconoscerai nemmeno”

Nella stanza si espanse ghiaccio incontrollato, mentre la regina si abbandonava sul letto della sorella, incredula e con gli occhi sgranati.

-Anna, io ti troverò- le promise sottovoce, non l’avrebbe persa di nuovo.

***

Finalmente Roxanne è riuscita a finire anche questa storia, anche se sta andando molto a rilento, con il suo nuovo lavoro.

Ha fatto qualche giorno di prova, ed è terrorizzata, ma anche molto felice.

Sua madre non c’è mai, perciò non ha molte probabilità di essere scoperta, e lavora in cucina, così non rischia di essere vista da qualcuno.

Ha spiegato la situazione al capo, il signor Davis, che, facendole promettere di non rivelare a nessuna delle cameriere la sua vera identità, le ha permesso di lavorare.

Perché infatti nessuno ha mai visto la figlia del sindaco, nonostante tutti sappiano che ce ne sia una.

Il non uscire mai l’ha resa un fantasma per tutti, ad eccezione, ovviamente, dei compagni di scuola.

E il suo nome in codice è: Anna Frost.

Non sa perché, ma suona bene, e sono state le ultime due storie ad ispirarla.

Peccato che anche l’ultima che ha appena letto sia davvero con un finale deludente.

Gira la pagina sospirando.

“Finale deludente, eh?” c’è scritto a penna dietro.

-Eccome- sbuffa Roxanne, alzano gli occhi al cielo.

Quando li riposa sul libro c’è un’altra scritta, che, lei ne è piuttosto certa, prima non c’era.

Sgrana gli occhi, incredula, e legge.

“Questa storia continuerà dopo altre quattro storie, in quella dal titolo: Anna-stasia”

Presa dalla curiosità, Roxanne va avanti dei capitoli detti, ma prima di iniziare a leggere la storia, vede un’altra scritta a penna.

“Leggi prima le altre, fa come con Shrek, il lieto fine arriva alla fine, e sono convinta che la prossima storia ti piacerà”

Roxanne rimase di stucco, sembrava che le parole fossero comparse dal libro stesso, che il libro le leggesse nel pensiero.

Tornò al capitolo dopo “Il regno di Ghiaccio” e lesse il titolo.

-Il principe ranocchio. Suvvia, proviamoci!- fa per iniziare a leggere, ma la madre la richiama per la cena.

-Roxanne, vieni, è pronto a tavola- 

-Arrivo, madre- sbuffando silenziosamente, nasconde bene il libro e scende per dirigersi verso la cena, con la mente ancora al tristissimo finale per la principessa Anna e la sorella Elsa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Legenda:

Signora Charme: Fata Madrina

Austin: Azzurro

Pauline Light: Primrose (mamma di Rapunzel)

Christopher Boggs: Kristoff Bjorgman

Scooter: Sven

 

(A.A.)

Eccomi qua, molto in ritardo.

Non vi rendo partecipi dei problemi che ho avuto nello scrivere questo capitolo, tra compiti in cui ho preso due e attività pomeridiane pesanti.

Cavoletti, sono felice di essere riuscita ad aggiornare, spero solo che il capitolo vi piaccia.

Al posto dei troll ho messo i puffi, perché credo possano essere validi sostituti.

Ho aggiunto la lettera e ho sostituito Hans con Azzurro e la sua madre impicciona.

Poi ho fatto finire malissimo la storia, con Olaf “morto” e Anna rapita.

Chi segue OUAT vedrà la citazione nel titolo, e nella collana, che però non ho preso da OUAT ma avevo già in mente prima di vedere la serie tv.

Comunque, spero davvero che il nuovo Frozen vi sia piaciuto, così come il rapporto tra le due sorelle a Talecountry.

Nel finale di Frozen, non l’ho specificato, Anna e Kristoff non si mettono insieme per le origini umili di lui, ed Elsa continua a vederlo con sospetto anche nel presente. Inoltre Anna non ha ricordato il vero nome del ragazzo, è solo una citazione a quando lei confonde il suo nome con Christopher nel film

Se mi lasciaste una recensione mi dareste davvero un sostegno incredibile, non avete idea di quanto sia importante per me.

Grazie comunque a tutti quelli che seguono, recensiscono o anche solo leggono questa storia, io davvero vi sono grata per il tempo che spendete a leggerla, mi fa sentire molto bene pensare che il mio lavoro piaccia a qualcuno.

Alla prossima :-*

 

P.s. Scusate per gli errori, non ho altro tempo per rileggere.

 

   
 
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