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Autore: BlueButterfly93    07/11/2014    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
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Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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CAPITOLO 13

Un fuggitivo bugiardo ma 

innamorato








"Se ogni tipo di rapporto tra noi è destinato a finire, voglio finisca nel migliore dei modi. Voglio che tu ti ricorda per sempre di me. Voglio essere la tua prima volta, Miki. Aspettami!"

Avevo imparato quei congiuntivi, quelle frasi a memoria e, dopo averle rilette almeno venti volte, ancora stentavo a credere che quelle parole erano state scritte dal mio migliore amico. Avevo affidato a lui il mio cuore, sette anni prima, era il fratello che non avevo mai avuto, era la mia famiglia. Nonostante gli avessi mentito era la persona a cui tenevo più al mondo, insieme a zia Kate. Entrambi mi avevano delusa, ferita, nello stesso periodo. Bastardo, il mondo!

Ero rimasta sola. Me ne resi pienamente conto in quel preciso istante, quando sprofondai ancor di più sul suolo. Lanciai il cellulare e tutto ciò che avevo in mano, per poi buttare dei pugni all'erba. Ero disperata, nervosa, delusa.

Quel messaggio mi aveva fatto ribrezzo. Il mio ex migliore amico voleva rubare la mia verginità come se questa fosse stata sottoposta all'asta. Voleva lasciarmi il segno. Come tutte le persone nella mia vita, anche lui, si preoccupava solo dei suoi sentimenti, di quello che sentiva e voleva, ma non di me. Ero solo il suo oggetto dei desideri, apparentemente senza emozioni. Nel messaggio non si era preoccupato di riportare un qualcosa che facesse riferimento alla mia volontà, niente. Mi sarei aspettata quantomeno un "se vorrai", era il minimo, eppure non lo aveva scritto. Ciak era l'ennesima delusione nei miei sedici anni di vita. Più volte avevamo parlato della mia verginità, del fatto che fossi contraria all'amore, ma non per questo motivo avrei regalato parte dei miei valori senza provare nulla. Non ero così disperata. Vero, più volte avevo sostenuto che la mia verginità mi pesasse, fosse una debolezza, ma non mi sentivo pronta a donarla a qualcuno che avevo ritenuto mio migliore amico per così tanti anni. Quello che si era presentato davanti ai miei occhi era un Ciak nuovo, egoista e spietato, non era mai stato così, con nessuna. Evidentemente si era stancato di aspettare, provava qualcosa per me da tanti anni per come aveva detto. Ma i suoi sentimenti forti, la delusione, le ferite provocate da me, non lo giustificavano per aver scritto quel messaggio squallido. 

Alzai il volto e guardai il cielo, era ricoperto da nuvole. Non spiccava neanche un filo di luce da quella massa grigia, bianca e morbida. Avrebbe piovuto, ne fui sicura. Proprio come nel mio cuore, nella mia anima; il meteo rispecchiava al meglio ciò che stava per abbattersi dentro di me. Era da parecchio tempo che non mi sentivo così sconfitta, così male. 

Sentivo freddo dentro e fuori, ma avevo bisogno di restare sola. Anche a costo di prendermi una broncopolmonite non volevo rivedere quei visi interrogativi, quegli allocchi ora intenti a concludere quel pranzo dentro casa mia. Non volevo mi chiedessero di Castiel o di me. Non volevo sentire nessuno. Volevo semplicemente sfogarmi in solitudine. Solitamente nei momenti simili a quello, in cui la tristezza sovrastava ogni altro tipo di emozione, usavo scrivere sul mio diario segreto. Sapevo bene che potesse essere considerato infantile come gesto, ma era il mio unico modo di dialogare liberamente, senza filtri, senza bugie. Se qualcuno lo avesse letto, avrebbe avuto davanti tutta la mia vita e i miei sentimenti. Il mio diario conosceva tutti i più terribili segreti, tutto il mio passato, i pregi, i difetti, ogni cosa. Per quel motivo ne ero parecchio gelosa.

In quel momento, mentre l'erba fresca solleticava le mie ginocchia, mentre il mio cuore si stava lentamente sgretolando, avevo bisogno di scrivere.  Il mio diario era nella mia stanza, dentro casa, non avevo alcuna intenzione di andare a prelevarlo. 

Così decisi di scrivere sul mio telefono, era l'unico mezzo a disposizione per sfogarmi. Gattonai fino a dove precedentemente lo avevo lanciato e lo afferrai. Era ancora perfettamente funzionante. Aprii un messaggio di testo senza soggetto ed iniziai a scrivere. Non seppi come, non seppi il motivo, ma per la prima volta nella mia vita cambiai destinatario. Non mi rivolsi al mio amato diario segreto, ad un oggetto inanimato, mi rivolsi invece a lui, l'unica persona che avrebbe potuto salvarmi, l'unica persona capace di farmi battere il cuore in maniera diversa. 

Mi sento distrutta, delusa, ferita. Tutte le persone più importanti mi hanno lasciata andare proprio ora, il giorno di Natale. Sono sola. Grazie a te, in tutti questi mesi avevo avuto di nuovo la forza di sorridere, di non arrendermi. Tu con i tuoi sorrisi, con la tua arroganza, con i tuoi sguardi mi hai resa forte e sicura di me. Ho sempre voglia di combattere, di non arrendermi quando tu sei con me. Vorrei averti nella mia vita per sempre. Eppure tu ora non ci sei. Avrei tanto bisogno di te, in questo momento. Ma dove sei? Vorrei abbracciarti, sentirmi protetta, o anche solo sentire la tua voce pronunciare qualsiasi scemenza. Perché se ti avessi vicino, il mio cuore si ricomporrebbe. Nonostante tu sia uno stronzo, nonostante tu mi faccia soffrire a volte, non voglio perderti. Tu dopotutto sei la mia forzaSe ci tieni almeno un po' a me non tornare da lei, ti prego. Non abbandonarmi!

Era Castiel. Era lui il ragazzo che nonostante mi avesse ferita nel corso dei mesi, avrebbe potuto ricomporre il mio cuore, farmi rialzare per permettermi di combattere. E non importava se da amico o da qualcosa in più, avrei voluto averlo con me in quel momento in cui mi sentivo così dispersa. Era l'unico ragazzo capace di farmi reagire, di scatenare strane sensazioni dentro di me. Non seppi neanche cosa mi passò per la testa in quell'istante, quelle parole scritte sul telefono dovevano restare un pensiero tra me e me. Eppure inserii il destinatario e senza pensare a cosa avrebbe potuto fraintendere, senza pensare al domani, sentendo solo il mio cuore: inviai quel messaggio a Castiel. 

Non volevo tornasse con Debrah. Non conoscevo bene quella ragazza, ma non sembrava rispecchiare proprio il prototipo di brava ragazza innamorata di Castiel. Anzi, da come mi aveva parlato, quella mattina, davanti ai miei occhi apparve quasi come se lei volesse il rosso per trofeo. Come se dovesse usarlo per qualche suo oscuro scopo. Ed io non glielo avrei permesso. Certo, Castiel era capace di decidere per sé stesso, eppure quando si parlava di Debrah sembrava quasi che lui non riuscisse più a ragionare lucidamente. Era accecato del suo amore per lei, perché ero sicura, ancora ne era innamorato. Altrimenti non l'avrebbe cercata, non di nuovo, non dopo il male che lei aveva provocato in lui. 

Fui distratta dai miei pensieri quando il cellulare vibrò nelle mie mani, segnando l'arrivo di un messaggio. Girai lo schermo e lessi il nome di Castiel. Sgranai gli occhi, aveva risposto al mio messaggio. Il cuore aumentò i suoi battiti e sentii l'ansia impossessarsi di nuovo e maggiormente del mio stomaco. 

Aprii il testo e rimasi interdetta. Rilessi mille volte quel messaggio, d'altronde era composto di una sola parola, non era difficile rileggerlo così velocemente. Quella risposta era formata da quattro lettere, due vocali e due consonanti. Parola semplice, ma che poteva racchiudere i significati più contraddittori che potessero esistere. 

Okay!

La sua risposta era stata: okay. Se la si fosse cercata su un vocabolario sarebbe stato riportato come significato: scritta più frequentemente OK indica positività, quindi sostituisce le espressioni "va bene", "sì", o comunque un assenso. 

Già... Assenso, positività, ma a che cosa? Cosa gli andava bene? Non mi avrebbe abbandonata? Sarebbe ritornato da me? Era già con Debrah? In quel messaggio avevo scritto talmente tanti pensieri che non potevano avere risposte del genere. Ma lui era Castiel. Da lui ci si poteva e doveva aspettare di tutto. Forse quando mi aveva risposto si trovava già in compagnia di Debrah, e non aveva tempo da perdere con me, forse aveva pensato fossi realmente una ragazzina, una delle tante che volevano da lui qualcosa. Probabilmente aveva già ricevuto frasi simili ed era stanco di dare risposte a sentimenti che non avrebbe ricambiato mai. Il mio cervello stava per andare in tilt per quanti pensieri stavo avendo. Se avessi continuato, mi sarebbe uscito il fumo, come accadeva nei cartoni animati o nei fumetti. 

«Tesoro parlerò io con la direttrice per farti riavere il posto di delegato, sta' tranquillo. Sono una delle alunne migliori della scuola e lei stravede per me, lo sai. Non aspettare e non ti fidare di quella sgualdrina, di sicuro in questo momento se la starà spassando con Black. Non ha tempo di pensare a te quella lì!» la voce di Melody mi distrasse. 

Stava parlando con Nathaniel, la voce proveniva dal giardino di casa sua. Melody aveva usato un tono più alto di proposito, per avere più possibilità di farsi sentire dalla sottoscritta. Il biondo, il giorno prima, mi aveva avvertita di avere la famiglia di Melody come ospite a casa sua per il pranzo di Natale. Lei probabilmente mi aveva vista nel giardino e ovviamente non aveva perso tempo, mi aveva insultata, ma poco m'importava di lei. Avevo ben altro da pensare. 

Mi avvicinai alla siepe -che separava casa mia da quella dei Daniels- per curiosità, Nathaniel non si sentiva fiatare e volevo capirne il motivo. Quando riuscii a distinguere le due figure li trovai avvinghiati, stretti in un abbraccio davvero troppo intimo. I loro corpi erano attaccati. Non avevo mai ricevuto un abbraccio del genere da parte sua, eppure sosteneva fosse interessato a me. A differenza di come aveva sempre ribadito dal mio arrivo, a lui quell'abbraccio, la vicinanza di Melody non gli dispiaceva affatto. Nathaniel aveva gli occhi chiusi e lei invece sorrideva in modo diabolico, come se stesse architettando un piano o forse semplicemente sapeva che mi avrebbe trovata lì, sapeva che li avrei visti. Non era la dolce ragazza che tutto il Dolce Amoris pensava.

Dopo qualche minuto Nathaniel si allontanò leggermente, ma non del tutto, dal corpo della ragazza e riaprendo gli occhi, si abbassò dando a Melody un bacio all'angolo della sua bocca. Le sopracciglia mi si sollevarono per la sorpresa. Solo qualche ora prima si era permesso a fare una scenata di gelosia davanti casa mia, per Castiel, mi aveva persino baciata e dopo neanche mezza giornata lui stesso era avvinghiato ad un'altra. Evviva la coerenza!

Non stavamo insieme, ma visti i suoi discorsi d'altri tempi e pieni di valore mi sarei aspettata ben altri comportamenti da parte sua. Invece non era altro che esattamente come gli altri. Provai un briciolo di fastidio e delusione nel vedere quella scena. L'ennesima batosta di quella giornata.

Ma quel Natale, nonostante gli avvenimenti negativi capii di non essere più immune o contraria ai sentimenti. Non ero innamorata, non sapevo se fossi capace o meno di provare quel sentimento così forte, eppure continuavo a provare continue emozioni sia per Nathaniel che per Castiel, sebbene alcune fossero più forti delle altre. In Italia non mi ero mai sentita in quel modo, per nessuno. Probabilmente stavo meglio in quell'altra città, in quell'altro Stato, mi sentivo quasi in una campana di vetro quando ero lì, eppure la vita vera era quella che stavo vivendo a Parigi. 

"Vedi di smetterla di pensare queste cose contorte, mi sto addormentando." Intervenì la mia coscienza, mentre ancora stavo osservando quei due ragazzi -nuovamente avvinghiati- chiacchierare. "Cosa stai aspettando? Va' a tirare i capelli a quella gattamorta!" continuò. "Non sono quel genere di ragazza. Non litigherò per un ragazzo!" "Oh sì, certo. Non litighi con lei solamente perché il ragazzo in questione non è Castiel. Altrimenti vorrei vedere... A Debrah la stavi per appendere ai lampioni, stamattina!" "Ma la coscienza non dovrebbe servire a far ragionare, per cercare di evitare i guai? Tu, invece, m'istighi alla violenza. Sei una cattiva influenza." "Io sono una coscienza speciale. Dovresti essere lusingata di avermi. Ora sbrigati. Va' a tirarle quella parrucca dalla testa. Lasciala pelata. Sbrigati!"

Scossi il capo per eliminare la voce della mia coscienza e decisi di aver visto già troppo. Mi allontanai da quella siepe e invece di dar ascolto alla vocina fastidiosa nella mia testa, decisi di rientrare in casa. Non sarei stata in pace neanche nel giardino, visto che continuavo a sentire la voce petulante di Melody. Sicuramente avrei dovuto chiarire molte cose con Nathaniel, ma non lo ritenni un momento adatto, quello. 

Improvvisamente volevo solo poltrire nel mio letto, farmi coccolare dal caldo e pesante piumone. Nessuno mi era stato vicino, neanche Castiel, ero stanca e sola. Così, contrariamente a quanto sostenuto neanche mezz'ora prima, rientrai dentro quella casa. Nonostante avessi gli occhi di tutti i presenti puntati addosso, con non-chalant e senza degnarli neanche di uno sguardo, salii le scale. Per ogni gradino salito mi accompagnò uno starnuto. Era normale. Avevo subito un forte sbalzo di temperatura ed il mio corpo reagì in quel modo. Entrata in camera mia, sbattei la porta potentemente e sospirai. 
 



ADELAIDE

Quel pranzo era stato un errore, non avrei dovuto accettare di parteciparvi. Sposare quell'uomo era stato un errore. Tutto in quel momento mi sembrava un errore, persino Bruno. Kate continuava a fissarmi considerandomi una minaccia, Isaac mi guardava come se stesse ammirando sua sorella. Io invece, mi ritrovai ancora una volta ad immergermi in quegli occhi grigi, a ripensare agli anni passati accanto a quell'uomo. Eravamo davvero innamorati, o perlomeno, io lo ero. Ero talmente acciecata dall'amore provato per lui, da non accorgermi che Isaac invece non sentiva gli stessi sentimenti per me. Insieme girammo il mondo. Avevamo persino deciso di fare lo stesso lavoro perchè in quel modo non saremmo stati costretti a separarci, ma neanche lo stare tutti i giorni e tutte le notti l'una accanto all'altro era servito. 

Quel Natale 2014, durante quel pranzo, ormai mancava solamente un anno e non sarei più stata la moglie di Isaac Black. Già solo pensarci mi faceva paura. Ogni giorno, più volte, finivo per guardare quelle carte. Quei documenti preparati proprio da Kate, la donna che ci aveva divisi, la donna che aveva spezzato il nostro sogno. Eppure non riuscivo a fargliene una colpa. Isaac, sebbene esteticamente non potesse essere considerato l'uomo più bello del mondo, era affascinante per i suoi modi di fare. Aveva la capacità di attirare la gente, di stregarla ed evidentemente aveva fatto lo stesso con Kate. Quando mi ritrovavo a guardare le carte del divorzio, ripensavo a quanto, anche agli occhi degli altri, eravamo sempre stati una coppia perfetta e inseparabile; da invidiare. Gli amici ci chiamavamo Peter Pan e Wendy. Lui, Peter Pan, perché nonostante fosse ormai abbastanza grande aveva dei comportamenti infantili ed immaturi, niente lo preoccupava realmente e Wendy, io, perché ero talmente attratta dal bambino che era Isaac, da voler restare per sempre bambina anch'io, lo seguivo dappertutto.

Eravamo stati felici insieme, ed ero sicura che anche lui provasse gli stessi sentimenti per me, inizialmente. 

Mi era sempre piaciuto il suo carattere giocoso eppure col tempo anche quel suo aspetto cambiò. Soprattutto dopo aver scoperto di esser rimasta incinta. Lui più volte era stato chiaro sul fatto che non volesse figli, voleva restare libero e spensierato con solo una moglie a suo carico. Mentre io desideravo da sempre essere mamma. Ero stata io ad architettare il piano per restare incinta. Una sera, era il nostro terzo anniversario, lo feci ubriacare più del solito e quando finimmo a letto insieme non usammo nessuna precauzione. Per fortuna bastò solo quella volta. Lui era un tipo molto attento alle precauzioni e sarebbe stato difficile farlo cadere in tranello più di una volta. Dopo quella sera però non potevo immaginare che la persona che più amavo al mondo avrebbe fatto di tutto per tenermi lontana da mio figlio. Aspettò che Castiel facesse un anno quando iniziò ad insistere per farmi reinserire come Hostess nella compagnia aerea dov'era pilota, nei suoi stessi voli. Io non avevo più intenzione di lavorare, il suo stipendio e i miei risparmi, ci sarebbero bastati per vivere, ma lui era geloso di mio figlio, del suo stesso figlio. Voleva avermi tutta per sé. Ed io da stupida innamorata qual ero, alla fine accettai il suo compromesso. Vedevo mio figlio solamente quando atterravo in un paese, in quelle poche ore a disposizione. Il mio Castiel, così, fu costretto sempre a stare con vari parenti in giro per il mondo, non ebbe mai la fortuna di vedere una famiglia unita davanti al camino, durante le feste. Non ebbe mai la fortuna di avere due genitori presenti.

Solamente quando divenne un adolescente mi resi conto di aver sbagliato tutto, non avrei dovuto seguire l'amore. Castiel, per colpa mia, per causa della mia assenza, aveva sviluppato un carattere aggressivo, scontroso, apatico nei confronti dei sentimenti e delle persone. Si affezionava alle persone sbagliate, allontanava quelle migliori. Ciò che avevo fatto per amore era stato tempo sprecato. Il mio amore per Isaac era sprecato, il tempo impiegato con lui avrei potuto concederlo a Castiel, il mio unico appiglio nei momenti peggiori, colui che non mi avrebbe tradita mai. Mi ritrovai a quasi quarant'anni a conoscere la vita di mio figlio dai quattordici anni in poi. Ero stata una pessima madre, lo sapevo bene. Ma non avevo a disposizione una macchina del tempo, sebbene lo avessi voluto fortemente non avrei potuto riavvolgere il nastro, perché ciò che era accaduto anni prima, era accaduto. E nonostante tutti quei punti negativi sul passato, perlomeno un giorno avrei potuto raccontare ai miei nipoti di aver conosciuto l'amore, quello vero. Perché, io, Isaac lo avevo amato con tutta me stessa. Il nostro amore mi aveva resa viva, libera, mi aveva permesso di volare, sognare. I miei occhi brilleranno sempre un po' quando guarderanno quell'uomo. Perché non tutte le storie d'amore potevano concludersi con un lieto fine. Esistevano anche gli amori, come il mio, destinati a vivere solo di ricordi, come quegli amori finiti ma mai dimenticati. Il suo ricordo sarebbe stato sempre vivo sulla mia pelle, dentro di me. 

Fui distratta dai miei pensieri quando udii la porta d'entrata di casa Rossi sbattere. Mi sporsi ed intravidi Miki -con un'espressione sconvolta, il trucco colato sulle guance per un evidente pianto- che senza dar retta a nessuno dei presenti, salì le scale dirigendosi chissà dove. 

Castiel aveva allontanato anche lei, non avevo dubbi. 

Senza riflettere la seguii. Dovevo cercare di aggiustare il cuore che mio figlio aveva appena spezzato. 
 




MIKI

Non m'importava se fosse Natale, non m'importava più nulla. Levai con rabbia i vestiti leggeri che indossavo e misi il pigiama. Uno dei miei comodi, morbidi, infantili, caldi pigiami. M'infilai con tutto il corpo e la testa sotto le coperte. Volevo piangere, deprimermi e soffrire in silenzio, lasciando il mondo fuori. 

In un'ora, in un istante, i ragazzi più importanti della mia vita avevano fatto a gara a chi fosse più bravo a distruggermi. Con un martello avevano frantumato in mille pezzi il mio cuore. Qualcuno di loro ruppe più pezzi, qualcun altro meno, ma il risultato fu ugualmente catastrofico. Ero una persona facile da distruggere, da calpestare, ero fragile sin dalla mia infanzia. Sfiderei chiunque a non esserlo dopo tutto il male che ero stata costretta a subire. 

Il mio primo pensiero, come sempre d'altronde, andò a Castiel. La mia mente immaginò lui insieme a Debrah. Loro due avvinghiati, bramosi di recuperare il tempo perso. Ero sicura e convinta che si stessero amando in un letto, in quel preciso istante, mentre io mi disperavo per lui. Ero gelosa, talmente gelosa che avrei voluto impedire quell'atto. Non volevo che le mani di Castiel sfiorassero il corpo nudo di Debrah; le avrei desiderate su di me. Non volevo che la bocca di Debrah baciasse quella di Castiel; avrei voluto farlo io. Era inutile negarlo, ormai, desideravo Castiel come non avevo mai desiderato nessun altro ragazzo. E una sola immagine -riprodotta dalla mia mente- di loro due nudi, bastò per far scendere la prima delle tante lacrime che come spade affilate rigarono il mio viso. Infondo già sapevo che a ferirmi maggiormente, quel giorno, sarebbe stato lui. Era l'unico tra i tre che poteva. Eppure per lui eravamo solo amici, non eravamo niente di più e probabilmente non lo saremmo mai stati. Non ero neanche legittimata ad avere quei comportamenti, a provare quella gelosia, quella rabbia, quella delusione. Lui non mi aveva mai illusa ed io di conseguenza nel primo periodo mi ero convinta di essere immune al suo carattere, al suo corpo. Poi era cambiato tutto. Non sapevo come, non sapevo quando, ma era accaduto. E se stavo avendo quella reazione era solamente colpa mia. Lui non era niente per me, dovevo convincermi, dovevo riprendermi. Lui sarebbe stato sempre e solo di un'altra ragazza. Non ci sarebbe stato mai più nulla tra noi due.

Scossi la testa cercando di pensare ad altro e per un momento mi venne in mente Ciak. Il sentimento predominante per lui, quel giorno, fu la rabbia. Aveva alluso al fatto che mi avrebbe raggiunta a Parigi e non da amico, per chiarire, ma da uno stronzo qualunque. Voleva avermi, avere la mia verginità, come se il mio corpo spettasse a lui di diritto. Con quale coraggio mi aveva mandato quel messaggio? E poi non aveva detto di essersi fidanzato? Non ero mai stata così tanto in collera con lui come in quel momento. Avrebbe dovuto chiedermi perdono in ginocchio, come minimo, una volta giunto nella mia nuova città. Io non vendevo o regalavo la mia verginità a chiunque. Lui era importante per me, vero, ma da amico. Non ero mai riuscita a vederlo sotto altri occhi. Era un bellissimo ragazzo, ma sarebbe rimasto soltanto e per sempre il mio migliore amico. Il mio Ciak. 

Inevitabilmente, poi, pensai a Nathaniel. Quel ragazzo era un mistero. Un giorno prima mi aveva confessato di avere valori ferrei impostatagli dai suoi genitori, sull'importanza anche solo di un bacio, il giorno stesso mi aveva baciata e dopo qualche ora lo avevo trovato avvinghiato ad un'altra. Dovevo ancora conoscerlo meglio, capire un po' di cose prima di decidere se sarebbe stato il caso o meno di frequentarlo. A tratti mi dava l'impressione di essere persino peggio di Castiel. "Ecco! Miki ora non stavi parlando di lui. Perchè ti viene sempre in mente? Dai Miki non pensarlo, dai Miki non pensar...."

«Miki?! Disturbo? Posso entrare?» come non detto. La mamma del ragazzo dei miei tormenti stava bussando alla porta della mia stanza. Dovetti rimandare l'idea di non pensarlo a più tardi. Con Adelaide non volevo essere scortese, era stata la persona migliore durante quel pranzo disastroso. Inoltre mi aveva mostrato cordialità e gentilezza sin dal primo istante. 

«Entra pure» le risposi cercando di ricompormi. Uscii dalle coperte e mi sedetti sul letto.

Quando entrò rimase stupita di vedere la stanza buia, senza alcuna fonte di luce, così la aprì e poi trasalì nel trovarmi in pigiama. Forse era stata spaventata anche dal mio volto, guardandomi allo specchio accanto al letto, notai di avere gli occhi gonfi e neri a causa del trucco colato. Ero appena diventata un tutt'uno con la razza dei panda. Arrivai alla conclusione che i mascara resistenti all'acqua non erano poi così tanto resistenti come sostenevano le pubblicità in televisione. Ma d'altronde avevo buttato più lacrime di un cielo in un temporale, non potevo lamentarmi dei prodotti.

 «Sarebbe inutile chiederti come stai o cosa è successo. Ci conosciamo solamente da un giorno ed io sono l'ultima persona con cui vorresti confidarti. Ti capisco. Ma, ecco... Sono venuta qui per scusarmi al posto di mio figlio, per qualsiasi cosa lui ti abbia fatto, so che è stato lui. E' evidente! Tende sempre a ferire le persone a cui tiene di più» si posizionò davanti a me, alzata, con le braccia invrociate sotto al seno. Era quasi imbarazzata.

Era la seconda persona a dirmi quelle parole. "Castiel tende sempre a ferire le persone a cui tiene di più". Era una cosa assurda apparentemente, eppure anche Lysandre mi aveva detto una frase simile, qualche mese prima. Sembrava quasi si fossero messi d'accordo, lui ed Adelaide, a prender parte nelle discussioni con Castiel. Il rosso sembrava incapace a chiedere scusa. 

«Beh allora deve amarmi alla follia, perché da quando mi ha conosciuta non fa altro che ferirmi...» risposi sarcasticamente e alzando gli occhi al cielo. 

Era palese fosse stato lui il motivo delle mie lacrime. Eravamo usciti insieme da quella casa, un'ora prima, ed ero rientrata sola e sconfitta.

La presenza di quella donna non m'infastidiva dopotutto, così le feci segno di accomodarsi sul letto, e così fece. Si sedette accanto a me e, con un gesto materno, iniziò ad accarezzarmi i capelli. Non ero abituata a gesti come quelli, fu inaspettato, m'irrigidii e lei se ne accorse ma di rimando mi sorrise rassicurandomi. Era dannatamente dolce quel gesto, mi portò a lasciarmi andare. Anche sul mio volto si accennò un sorriso. Mi piacevano le premure di Adelaide, mi piaceva come persona. Aveva un'espressione dolce e tranquilla sul volto, avrebbe avuto il potere di far calmare chiunque. Era tutto il contrario di zia Kate. 

Adelaide con quella carezza, per un momento, colmò alcuni vuoti lasciati dalla mia vera mamma. Si muoveva come solo una mamma sapeva fare. Si alzò e s'inginocchiò accanto a me persino per levarmi le macchie di trucco che le lacrime avevano sparso sul mio volto. Quando finì, senza rendermene conto, mi sdraiai sul letto spontaneamente e chiusi gli occhi. Continuò ad accarezzare i miei capelli senza spostarsi. In quel momento non esisté nessun ragazzo, nessuna zia, nessun Isaac, nessuna ipotetica nuova famiglia. Esistevamo solamente io ed Adelaide. Avevo bisogno di carezze, di sentirmi bambina, piccola e protetta. Non avevo mai ricevuto quelle attenzioni da mia mamma e a sedici anni suonati, capii di averne estremamente bisogno. Potevo sentirmi forte quanto volevo ma l'evidenza risuonò come un campanello d'allarme dentro me. Infondo, forse una presenza materna nella mia vita mi mancava. 

Senza riaprire gli occhi sentii il bisogno di parlare a quella donna dolce. Lei non mi avrebbe giudicata. 

«Mi... Mi dispiace per com'è andato a finire il pranzo. Sento che in parte è anche colpa di mia zia Kate e ci tenevo a scusarmi per lei. Con questo suo nuovo amore sembra esser tornata ragazzina e a volte sembra non ragionare quando parla. Le buone maniere dev'essersele dimenticate nel suo studio» mi sentii in dovere di scusarmi con Adelaide, non dev'esser stato piacevole avere a che fare con gli atteggiamenti infantili di mia zia.

«Oh, non ti preoccupare. Con Isaac al proprio fianco è facile ritornare adolescenti» rise amaramente, così aprii gli occhi davanti a quella sua affermazione. C'era qualcosa che non andava nel suo tono di voce e infatti il suo volto si scurì rattristandosi. 

Ma dimostrandosi forte cambiò discorso senza attendere mia risposta. «E rivolgiti a me con il tu. Non farmi sentire più vecchia di quanto già lo sia» mi rivolse un sorriso sincero. 

«Sì... sc-scusa non era il mio intento quello e-» m'impappinai mentre mi alzai sedendomi sul letto. 

«Lo so, tranquilla» rise davanti al mio disagio «Kate mi ha detto che stai frequentando Nathaniel. E' un bravo ragazzo, dopotutto» cambiò nuovamente discorso spostando l'argomento sulla mia vita sentimentale. 

Sapevo che Adelaide conoscesse bene il ragazzo biondo, fino a qualche anno prima era il migliore amico del figlio. A quel punto ne approfittai per fare maggiore chiarezza su di lui. 

«Non proprio. Diciamo che lui mi ha chiesto di frequentarci, cioè mi ha confessato che gli piaccio, ma... non lo so, c'è qualcosa in lui che non mi convince. Mi ha detto di avere dei precisi valori in fatto di baci, fidanzamento e quant'altro, eppure prima stava per baciare Melody dopo aver baciato me, non so se conosci Melody. Comunque, io-io sono davvero confusa.» Parlai a raffica e gesticolando a causa del nervosismo, non seppi neanche se collegai o meno i discorsi. «Insomma, è un bellissimo ragazzo, gentile, premuroso. Mi ha persino portata al ballo con la carrozza. Sembrerebbe quasi un ragazzo d'altri tempi, il ragazzo che ogni mamma vorrebbe accanto alla propria figlia ma-»

«Ma a te piace un altro. O sbaglio?» davanti a quella sua interruzione, arrossii ed abbassai gli occhi non sapendo più cosa dire, mentre lei sorrise furbamente. 

«Sai, fortunatamente sono brava in queste cose. Quindi mi dispiace per te, ma non puoi mentirmi» mi alzò il volto con la sua mano e parlò ancora guardandomi dritta negli occhi «Nathaniel è davvero il ragazzo che ti ha detto di essere. O meglio, un tempo era un po' diverso, non stava poi così attento su chi frequentare o meno. Ha avuto un paio di relazioni, che io sappia, ma la più importante è stata con Melody. Sono stati insieme un paio di anni e a dirla tutta, non sapevo neanche che si fossero lasciati. A Settembre stavano ancora insieme, quindi presumo si siano lasciati dopo il tuo arrivo!» affermò pensierosa e cercando di chiarirmi le idee. 

Con la rivelazione di Adelaide ero riuscita ad unire più tasselli. Iniziai a capire il comportamento scontroso di Melody nei miei confronti e la confidenza che lei e Nathaniel avevano. Sapevo che i loro genitori volessero farli stare insieme, ma non sapevo che loro effettivamente erano una coppia fino a qualche mese prima. E se Nathaniel avesse lasciato Melody a causa mia? Avrei dovuto parlare anche di quello con il ragazzo biondo.  

«Il tuo vero problema è che non sai chi ascoltare, Miki. La tua testa potrebbe continuare a dirti di quanto Nathaniel sia giusto per te, ma se continui a trovare dei difetti in lui -magari inesistenti- solamente perché in realtà, il tuo cuore, appartiene ad un'altra persona e tu continui a negarlo, allora non smetterai mai di tormentarti» concluse il discorso.

Persi un battito di cuore in quelle frasi. Adelaide non mi conosceva, eppure aveva compreso a pieno il mio dibattito interiore. 

«Quindi è stato proprio Castiel a rub-»

«No. Frena. La situazione è più complicata di come sembra» la bloccai per non sentire quella frase. Finalmente mi era ritornata la voce e più che altro il coraggio di parlare. Detto da un'altra persona sarebbe stato troppo reale quel particolare su Castiel, e non poteva esserlo. 

Mi fece segno di raccontarle, allora, quella situazione complicata e lo feci. Sapevo fosse sua madre e sapevo anche di averla conosciuta quel giorno, ma quella donna m'ispirava fiducia e in quel momento avevo davvero bisogno di una persona schietta come lei. 

«Noi due eravamo-siamo amici. S-solo che sono successe delle cose e per un attimo mi hanno fatto dubitare della nostra amicizia. Io non so cosa siamo al momento, non so cos'è lui per me... Ma diciamo che non mi è poi così indifferente come invece pensavo a Settembre. Solo che... Lui mi ferirebbe, anzi, a dirla tutta lui non potrebbe mai considerarmi come qualcosa in più. E ne ho avuto la conferma proprio oggi, è tornata Debrah, la sua ex, e lui è scappato da lei. Quindi pur volendo non ci sarebbe spazio per me nel suo cuore. Stop! Fine della storia» per tutto il tempo avevo tenuto lo sguardo lontano da quello della donna, provavo vergogna nel parlarle di Castiel, ma quando, dopo aver terminato il racconto, non ebbi alcun tipo di risposta la guardai.

Sgranò gli occhi, si alzò e si portò entrambe le mani sulla bocca. In quel gesto mi fece intuire forte disperazione, ma non capii. Cosa avevo detto di sbagliato?

«NO! Lei... L-lei non può essere tornata. Lei è davvero una ragazza cattiva, lei non può, non deve stare con il mio Castiel, di nuovo, No!» iniziò a camminare per tutta la stanza e a parlare a scatti. 

Stava facendo riferimento a Debrah. Sembrava quasi stesse parlando del diavolo, apparì un po' esagerata ai miei occhi, ma dopotutto non sapevo come fossero andate realmente le cose. 

«Tu lo sai, vero? Tu lo sai cosa ha fatto a mio figlio quella farabutta, vero? Dio! So che non dovrei pensare queste cose, ma le strapperei volentieri i capelli. Credimi, è un essere meschino, diabolico e-»

«Calma Adelaide, calma. Castiel saprà difendersi anche da solo, respira un attimo» mi alzai e mi posizionai di fronte a lei ponendo le mani sulle sue spalle per tranquillizzarla. Era fuori di sé. Se avesse avuto sotto le sue mani Debrah, sarebbe stata realmente la fine per quella ragazza. 

«Non posso calmarmi dal momento in cui Castiel ha tentato il suicidio per colpa di quella. Ci sono vicende successe in quegli anni davvero gravi, e ogni cosa è accaduta a causa sua!» quasi urlò quelle parole.

Nell'udire quella verità amara trasalii. Ad un tratto sentii le gambe e le braccia diventare molli, come se fossero fatte di gelatina. Restai immobile a fissare il vuoto, la voce di Adelaide era ovattata, lontana. Non era possibile. Castiel, quel Castiel, il Castiel forte, scorbutico, arrogante, infrangibile non avrebbe mai potuto suicidarsi. Doveva esserci un'ulteriore spiegazione. Dovevo scoprire cosa era accaduto realmente. Ma nello stesso tempo mi balenò nella testa la convinzione di dover assolutamente allontanare quei due. Castiel non poteva tornare con Debrah se lei era realmente la ragazza descritta da Adelaide. 

«I-io n-non s-sapevo ni-» balbettai ma fui interrotta da quella donna, percepii un filo di speranza nella sua voce: «Tu. Tu sei la sua speranza. Tu puoi tenerla a distanza da mio figlio; so che passate molto tempo insieme e so che puoi farcela. Devi fargliela dimenticare, lei deve restare solo un brutto e lontano ricordo per lui. Non possono, non devono tornare insieme!»

«Adelaide, ti ringrazio per la speranza che riservi in me, ma non la vedo una cosa fattibile. Mi dispiace deluderti. Non saprei proprio come poterti aiutare. Non credo ci sia modo per evitare che tornino insieme, loro due in questo momento sono già insieme quasi sicuramente e...»

«Lui deve semplicemente innamorarsi di te!»

Che? Sgranai gli occhi maggiormente davanti alla sua imposizione. Era matematicamente impossibile, eravamo incompatibili. Così cercai di spiegarlo a sua madre: «L'amore non si può imporre. Castiel non potrebbe mai innamorarsi di me. Proprio stamattina abbiamo parlato di questo, cioè.. Non di me e lui, ma abbiamo parlato dell'amore. Mi ha detto esplicitamente che non si sarebbe mai più innamorato di nessun'altra donna che non fosse Debrah. E poi... In ogni caso proprio con la sottoscritta sarebbe impossibile. Io e lui siamo incompatibili, litighiamo dieci giorni su sette, ci avviciniamo e poi ci allontaniamo di nuovo, in più io non ho intenzione di stare con lui. I-io non voglio un ragazzo come lui, lui mi farebbe soffrire continuamente. Già sono da sempre contro ogni tipo di sentimento, figuriamoci se potessi innamorarmi proprio di lui... Sarebbe la fine, per entrambi» alzai le spalle e scossi la testa per eliminare le immagini che la mia mente aveva inevitabilmente riprodotto di un'ipotetica coppia. Miki e Castiel, insieme avremmo fatto quasi ridere. 

«Come hai detto tu: l'amore non si può imporre. E questa regola vale per entrambi!» mi fece l'occhiolino e sorrise. Perlomeno si era calmata. «Miki, lui ti ha sognata. Ti chiamava, ti voleva. Se tu non fossi mai stata nei suoi pensieri, non ti avrebbe sognata quasi ogni notte. E poi conosco almeno un po' mio figlio, non credi?!»

Eppure nonostante le parole di Adelaide non riuscii a cambiare opinione. Castiel poteva anche desiderarmi, ma non nel senso inteso dalla madre. Il rosso voleva il mio corpo, ero il suo oggetto del desiderio solamente perché ero una delle poche ragazze a non esser ancora entrata nel suo letto. Sapevo fosse così, lo leggevo nei suoi occhi ogniqualvolta eravamo nella stessa stanza. Quel pomeriggio non lo dissi ad Adelaide, non avevo confidenza con lei, sarebbe stato strano parlare di quegli argomenti, ma non smisi di sostenerlo. Per quel motivo dovevo a tutti i costi allontanarmi da lui e da ogni tipo d'interesse in fase di maturazione per lui. Mi avrebbe ferita ed io ero già abbastanza rotta di mio. 

«Ora vieni con me. So dove trovarli!» non ebbi il tempo di risponderle, di contraddirla o fermarla, riuscii appena ad indossare le scarpe -tolte un'ora prima- che subito mi afferrò dal braccio e mi trascinò fuori da quella casa sotto lo sguardo confuso di Isaac, Bruno e zia Kate. Non potei biasimarli. Io ero in un pigiama rosso con i pois neri, con Minnie disegnata al centro della maglia, ed un paio di tacchi ai piedi. Adelaide sembrò non notarlo. 

Una volta dentro la sua auto partì senza indossare la cintura di sicurezza. Io, invece, la indossai e successivamente pensai bene d'iniziare a pregare dopo un bel segno della croce. Adelaide guidava senza osservare la segnaletica stradale, passammo persino con il semaforo rosso e per poco una macchina non ci travolse. Sudai freddo, ma lei sembrò non preoccuparsi e continuò per la sua strada. Non sapevo dove fossimo diretti, sperai in una zona meno popolata possibile, altrimenti, quasi sicuramente, qualcuno mi avrebbe fotografata e sarei finita in rete per il mio abbigliamento. Nessuno avrebbe riconosciuto la Micaela Rossi che solitamente amava farsi vedere in tacchi alti e minigonna, almeno nelle mura domestiche ero me stessa.  
 




CASTIEL

Se era vero il detto "a Natale si è tutti più buoni" beh, per me non valeva. Io ero, anche questa volta, l'eccezione che NON confermava la regola. Proprio il giorno di Natale ero fuggito. Fuggito dall'unica persona a cui importava realmente di me, dall'unica ragazza che mi capiva e lo dimostrava realmente ogni giorno. Era corsa in mio aiuto anche durante quel pranzo, voleva medicarmi la mano, i tagli e sbucciature avute a causa dei pugni lanciati contro un albero e un muro. Ed io cosa avevo fatto per ringraziarla? L'avevo lasciata sola, ero scappato, le avevo detto con un semplice messaggio che sarei tornato dalla mia ex, Debrah, anche se non era stato proprio così. 

Ero un fuggitivo ed anche un bugiardo

Non ero mai stato corretto con Miki; sin dal primo giorno le avevo mentito. Le avevo detto di non aver letto il suo diario segreto, quando le nostre valigie erano state scambiate, eppure avevo letto le prime pagine. E, come se non bastasse, ne avevo stampato una copia prima di restituirglielo. Se lo avesse scoperto probabilmente non mi avrebbe rivolto mai più la parola. Non avevo mai letto oltre le prime pagine, eppure in quel momento dopo esser fuggito da casa sua, dopo esser fuggito da lei, tenevo tra le mani quei fogli fotocopiati che in una calligrafia infantile racchiudevano ogni attimo della sua vita. Miki in quell'istante aveva la convinzione di sapermi con Debrah, mentre in realtà non facevo altro che pensare a lei. Strana la vita. Il suo diario, da Settembre, era chiuso a chiave in uno dei cassetti della mia scrivania e lì sarebbe ritornato. Non avevo intenzione di leggerlo, non ritenni corretto invadere il suo mondo, ancora. Non sapevo neanche il motivo per il quale avevo deciso di fotocopiarlo; forse alla fin dei conti quando lo feci pensai che leggere una storia di una persona con un passato più disastroso del mio, mi avrebbe aiutato e in un certo senso sollevato. Eravamo molto simili io e lei. Anch'io ero stato ferito dai miei genitori, anch'io ero cresciuto in solitudine. 

Senza invadere la mente di altri pensieri negativi, mi alzai dal mio letto e richiusi a chiave quei fogli nel cassetto della mia scrivania. Corsi a casa non appena mi ero reso conto di non riuscire a trattenere la rabbia dopo quel pranzo di Natale schifoso. Miki non avrebbe potuto essermi d'aiuto, non quella volta. 

Mi accovacciai di fronte la cuccia di Demon che avevo nella mia camera. Appena mi vide uscì fuori e mi saltò addosso, come accadeva tutti i giorni. Caddi sul parquet e mi sdraiai senza alcun intenzione di rialzarmi. Inevitabilmente ripensai a Debrah, come accadeva tutte le volte in cui mi ritrovavo steso in quel punto della stanza. Ripensai a quante volte lei era stata lì, nella mia stanza, a quante volte facemmo l'amore sul parquet, proprio in quel punto, dove quel pomeriggio mi ritrovai con Demon. 

Quando lei era con me la stanza si riempiva dei nostri gemiti, delle sue risate, di noi.

Il modo in cui avvolgeva il mio corpo mi spogliava l'anima.

In un istante fui travolto dalla nostalgia, avrei tanto voluto averla con me, nonostante tutto il male subito a causa sua. Da quando la nostra storia finì, cambiai con le ragazze. Non mi piaceva essere in quel modo. Preferivo i rapporti di solo sesso e ogni sera, in ogni ragazza, in ogni corpo cercavo qualcosa di lei. Ma non la trovavo mai. C'era qualcuna con gli occhi simili ai suoi, ma non uguali. C'era qualcuna con i capelli simili ai suoi, ma non uguali. Ogni ragazza veniva selezionata da me per lo stesso motivo, ma poi finivano per essere tutte un fallimento. Nessuna era lei. E mi tormentavo. Poi, però, incontrai Miki. Fisicamente totalmente diversa da Debrah, caratterialmente parecchio simile. Non per i lati negativi, ma per quelli positivi. Miki era l'unica ragazza capace di tenermi testa dopo di lei. Nessuna ci era riuscita. Miki aveva un carattere forte ma nello stesso tempo era dolce e ingenua, sebbene lo volesse nascondere. C'era stato un periodo in cui la mia mente era totalmente stregata da Micaela. M'incuriosiva. La ragazza dai capelli ramati aveva davvero tante belle qualità, ma queste erano state oscurate dopo il ritorno di Debrah. 

In mezza giornata ebbi chiaro ogni dubbio. Se dapprima mi torturavo per non riuscire a capire il motivo per il quale continuassi a desiderare incessantemente Miki, in quel giorno di Natale, non m'importò più. Non m'importò più neanche di avere la vendetta per Nathaniel. Mi bastava sapere che Debrah era cambiata realmente, che avrei potuto riavere quei giorni felici di qualche anno prima, per riuscire a cancellare ogni tormento o fatto negativo di quei mesi. Miki sarebbe potuta essere mia amica, dopotutto anche il suo messaggio di qualche ora prima voleva intendere quello. Lei non voleva perdermi, mi avrebbe voluto accanto per superare le difficoltà. Ed io ci sarei stato. Forse finalmente ogni cosa si sarebbe potuta sistemare, forse anch'io sarei potuto essere felice.

Pensando a Debrah ed alla nostra storia, rividi davanti ai miei occhi quei momenti indimenticabili. Così accesi la radio e ascoltai l'album di un cantante che a lei piaceva molto. 

Piango ma non rimpiango 

le sere che ho passato 

ad aspettarla qui 

La radio suonava e le parole di questo brano restavano impresse nella mia testa. Apparirono adatte per quel momento. Ripensai a quanto amai quella ragazza e a quanto lei mi aveva ricambiato ferendomi. Eppure mi sembrò di provare gli stessi e identici sentimenti per Debrah, di nuovo, come se questi non se ne fossero mai andati, ma fossero rimasti assopiti in un angolo del mio cuore. Nessuna donna avrebbe mai potuto prendere il suo posto. 

lo so che è tutto sbagliato

che lei mi fa male 

ma l'unica cosa che so 

è che io l'amo 

e l'amerò 

e delirio, delirio per lei

Fu brutto ammetterlo, ma quella canzone mi convinse maggiormente di quanto desideravo stringerla tra le mie braccia. Lei mi aveva abbandonato, aveva sbagliato nei miei confronti, ma mancava. Mancava in giro per casa, nel mio letto, mancava il suo profumo, i suoi occhi di ghiaccio, la sua pelle liscia. Ogni cosa. Avevo nostalgia di lei.

E dovrei chiamarla 

per dirle come sto 

cedo, ma non procedo 

giusto sarebbe dirglielo

E io invece procedetti. Volevo recuperare il tempo perso. Dovevo dirglielo. Dovevo avere coraggio e riprovarci.

Con la mano ancora dolente per i pugni tirati contro la casa di Miki, composi il numero di Debrah sul cellulare. Non lo avevo più in rubrica, ma cancellarlo era stato inutile. Nella mia testa lei, e persino il suo numero, erano rimasti segni indelebili. 

La chiamai sperando che non avesse cambiato numero.

Probabilmente ne sarei uscito sconfitto definitivamente da quella storia, ma con la consapevolezza che ingannarmi d'amore, ingannarmi di lei, mi avrebbe reso sazio e finalmente felice.
 




MIKI

Cominciai a intuire la destinazione quando Adelaide percorse la strada per casa di Castiel. La conoscevo a memoria ormai. Negli occhi di sua madre lessi speranza, da quando ebbe quell'idea assurda non cambiò più espressione. In me, invece, crebbe sempre maggiormente l'ansia e la tensione. Non avrei voluto vedere Castiel e Debrah insieme. Mi era capitato di vederlo in compagnia di altre ragazze, ma vederlo con l'unica donna capace di rubargli e spezzargli il cuore sarebbe stata tutt'altra storia. Debrah era l'unico amore della sua vita, mentre io ero una ragazzina qualunque ai suoi occhi. Non avrebbe mai potuto scegliere me. 

Adelaide fermò di colpo la macchina di fronte casa Black distogliendomi dai pensieri. Se non avessi indossato la cintura di sicurezza, sarei volata fuori grazie alla sua frenata brusca. 

«Oddio! Ma tu cosa ci fai con un pigiama addosso e i tacchi?!?» rise e poi si portò le mani davanti alla bocca. Finalmente si era accorta di quel piccolo particolare.

«Se tu mi avessi dato il tempo di cambiarmi forse...» 

«Non importa. Sei bella anche così. Ora sbrighiamoci a scendere da questa macchina, non abbiamo altro tempo da perdere!» non mi lasciò il tempo di finire la frase che scese dall'auto.

Scesi anch'io dal veicolo e intravidi la moto di Castiel parcheggiata nel giardino. Da una finestra situata al piano superiore della casa intravidi la luce fuoriuscire. Adelaide aveva ragione.

Castiel era a casa. 

Ripetei quell'evidenza nella mente e l'ansia aumentò secondo dopo secondo sempre di più. 

Ero a pochi metri dalla verità.

Entrammo nel cancello -grazie alle chiavi possedute da Adelaide- evitando ogni tipo di rumore. 

Quando fummo davanti alla porta d'entrata mi bisbigliò il piano da seguire. 

«Allora, facciamo così: tu entri da sola, gli faremo credere che lo hai raggiunto e sei entrata grazie alle mie chiavi che io gentilmente ti ho prestato. Io ti aspetterò nascosta qui fuori.» mi mostrò un cespuglio. 

Era l'unica donna capace d'inventare un piano dove una madre avrebbe dovuto nascondersi in casa propria per separare il figlio da una nuora malvagia. La stimavo ogni secondo di più. Non riuscii a capire il motivo per il quale sarei dovuta entrare in casa da sola, ma l'assecondai. Ero troppo in ansia per riuscire a ribattere. 

Così, come solo un ladro professionista poteva fare, Adelaide aprì la porta senza produrre alcun tipo di rumore e mi spinse letteralmente dentro. Sembravo essere immobilizzata al pavimento. Ingoiai un groppo di saliva che in quel momento sembrava una lama affilata, ed entrai in casa Black per la prima volta.

Mi si presentò davanti agli occhi una casa molto accogliente. Era interamente in legno. Proprio a destra dell'entrava c'era il salotto e a sinistra la cucina in un unico ambiente. I mobili erano classici ed oserei dire in stile vintage, simili a quelli utilizzati nelle baite romantiche in montagna. Nel salotto c'era un enorme camino per riscaldare la casa. Era acceso. Il che testimoniava la presenza di Castiel nell'abitazione. In realtà, avrei preferito non trovarlo. Vero, avrei voluto salvarlo dalla perfida Debrah, ma non in quel modo. Sapevo che se solo li avessi visti avvinghiati, sarei stata male. Molto male. Più male di quanto avrei potuto immaginare. 

Mentre mi guardavo intorno cercando di capire dove potesse essere il rosso, sentii dei rumori provenire dal piano di sopra. Così salii le scale situate proprio di fronte alla porta d'entrata, a qualche metro di distanza. Ad ogni gradino di quelle scale di legno, sul muro adiacente vi erano appesi dei quadri con delle foto. Erano tutte di Castiel e della sua famiglia, dalla nascita fino ai quattordici anni, più o meno. Non ero una stalker, non potevo sapere di certo l'età esatta risalente all'ultima foto. Arrivata all'ultimo gradino trovai appesa una foto che richiamò più di tutte la mia attenzione facendomi dimenticare, per qualche secondo, il motivo per il quale mi trovavo in quella casa.

Era una foto di qualche anno prima, senza alcuna cornice, era anche parecchio stropicciata. Qualcuno aveva cercato di rovinarla e nello stesso tempo di ripristinarla allo stato originale, e avevo giusto un'idea di chi potesse essere l'artefice. In realtà, conoscendolo, mi stupii di vederla appesa per abbellimento e non come oggetto di tiro all'arco. Dietro l'obiettivo erano presenti Castiel, Nathaniel e Debrah. Tutti con un viso più infantile rispetto a quello del Natale 2014. Dovevano essere molto legati. Castiel aveva le guance rosse, era raro vederlo arrossire; Debrah un sorriso smagliante e lo stesso sguardo diabolico di quando la vidi per la prima volta nel suo ristorante; Nathaniel, invece aveva un'espressione tra il divertito e lo scocciato, ma era pur sempre bello come il sole. Debrah era al centro e abbracciava i due ragazzi. Provai una sensazione strana nel vedere Castiel e Nathaniel nella stessa foto senza che questi si scannassero. Dovevano essere davvero dei grandi amici, un tempo. 

L'attenzione da quella foto mi fu distolta quando sentii dei rumori insistenti e inequivocabili provenire da una stanza. Quella doveva essere la stanza di Castiel. Mi avvicinai per sentire meglio, giusto per spezzarmi di più.

Il rumore di un letto in movimento mi fece perdere un battito. Dei respiri pesanti mi fecero perdere il contatto con il parquet di quella casa. Mi stavo distruggendo con le mie stesse mani. Volevo correre, eppure non sentivo più le gambe. Volevo urlare, eppure non avevo più voce.

Castiel e Debrah erano in quella stanza. Si stavano amando; o meglio... Castiel stava amando Debrah, lei chissà! Castiel era ritornato da lei senza aspettare neanche un giorno, calpestando la sua dignità. Ma non era più affar mio...

Perché era proprio come immaginavo inizialmente. Stavano recuperando il tempo perso.

  
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