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Autore: Liy    23/10/2008    3 recensioni
Raccolta di One-shot con Pairing AllenxLenalee.
[5. "Chocolate Cake"] “Allen-kun… hai chiuso la porta a chiave, vero?”
Il ragazzo si puntellò sui gomiti, osservando la ragazza sotto di sé. “No.” - Rating: Arancione
[6. "The Truth in a Nightmare"] Il ghignò sul volto angelico di Allen si allargò, e nell'aria si diffuse il suono della sua risata. “Io...” Un passo verso di lei. “... non sto...” Ancora uno, più pesante del precedente. “... dalla parte...” Si chinò, afferrandole i capelli con la mano destra. “... di nessuno!” La sollevò, e la buttò a terra, lasciandola cadere a pochi passi dal corpo del compagno. - Rating: Arancione
Genere: Romantico, Malinconico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee | Coppie: Allen/Lenalee
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Premessa: Prima di tutto, scusate la lunga attesa :P

Ho avuto proprio un blocco dello scrittore perfido,: mi faceva scrivere due righe e poi mi bloccava. Però alla fine sono giunta alla conclusione anche di questa one-shot, evvai!

Ok, vi lascio alla lettura della fanfic anche questa volta! Buona lettura! :P



Beyond

 

Fissò la sua immagine allo specchio ancora per qualche minuto, cercando di non prestare attenzione all’ombra – sempre più definita – alle sue spalle. Il pentacolo, come il resto della cicatrice che solcava il suo volto, da qualche giorno sembrava svanire, sempre più. Vide una luce nei suoi occhi, mentre posava lo sguardo sulla figura che lo sovrastava sogghignando, circondandolo con quella che pareva oscurità ormai incombente. Le labbra gli si incresparono in un sorriso, estraneo al suo volto da ragazzo bonario qual era.

“Allen-kun, io vado prima che mio fratello si svegli…”

Il ragazzo si voltò di scatto, un sorriso sincero in volto, non come quello di qualche attimo prima.

Lenalee inclinò la testa di lato, spalancando gli occhi.

“Cos’è quel sorriso?”

Allen non rispose, si limitò ad alzare le spalle e finire di abbottonare la camicia.

“E’ da qualche giorno che sei più strano del solito… è successo per caso qualcosa?” Osservò attentamente il ragazzo davanti a lei, cercando di intravedere il volto coperto in parte dai capelli. “… E’ a causa del Quattordicesimo?”

Nessuna risposta.

“Allen-kun…”

Si alzò dal letto, trascinando con sé la coperta ben avvolta attorno al corpo.

“Allen-kun, ti prego, parla…”

Posò una mano tra i capelli del ragazzo, scompigliandoli un po’, e fu in quel momento che notò che c’era qualcosa di diverso dal solito.

“I-I tuoi capelli…”

“Anche loro, eh…?”

Si alzò dalla sedia, iniziando a raccogliere i vestiti di Lenalee, ancora sul pavimento dalla sera precedente.

“Anche loro? Di cosa stai parlando, Allen-kun?” La presa sulle coperte si fece più salda e nervosa. Quelle situazioni, tutti quei segreti li aveva sempre trovati snervanti.

“La cicatrice e il pentacolo stanno svanendo… a quanto pare la maledizione di Mana sta scomparendo.”

Si voltò verso di lei, porgendole educatamente i vestiti, un sorriso tirato e totalmente falso sulle labbra.

“Stanno svanendo…? E questo non ti preoccupa minimamente?”

Allen finì di vestirsi, indossando la giacca e coprendosi il capo.

“Guarda il lato positivo… non verrò più chiamato vecchietto o additato dalla gente a causa della cicatrice.”

Abbassò la maniglia, voltandosi a fissare la ragazza, ancora avvolta nelle coperte, dietro di lui.

“Ehm, Lenalee credo che dovresti proprio vestirti, prima che ti veda il signor Komui…” aprì leggermente la porta, mettendo un piede fuori dalla stanza, “… E poi oggi dobbiamo andare in missione, non dirmi che te lo sei dimenticata.”

La ragazza sobbalzò, portando una mano alla bocca. L’avevo totalmente scordato…

“Ti aspetto in Caffetteria, ok?”

Allen le sorrise, prima di incamminarsi lungo il corridoio. Per un attimo le era parso che fosse tornato il ragazzo di sempre, quello con le labbra sempre pronte a sorridere in ogni occasione, quello con lo sguardo deciso e fiducioso anche se sapeva di aver poche probabilità di vittoria; l’Allen che era sempre stato, fino a qualche mese prima… Poi, una rivelazione scomoda aveva infranto un po’ la serenità dell’Ordine e quella del ragazzo stesso. Darsi per vinto non era nel suo carattere ma, ultimamente, nei suoi occhi Lenalee aveva percepito un senso di sconforto che, a poco a poco, si era trasformato in rassegnazione.

L’orologio lontano della nuova sede dell’Ordine iniziò a rintoccare le cinque e mezza. Perché si erano svegliati così presto? Fuori c’era ancora buio…

Si vestì di fretta, passandosi una mano fra i capelli di tanto in tanto per tenerli il più in ordine possibile. Raccolse le scarpe finite sotto il letto e si avviò lungo i corridoi, giù per le scale, fino a raggiungere la caffetteria, ancora vuota visto l’orario.

“Lenalee-chan!” una voce, seguita da una mano alzata attirarono la sua attenzione. Miranda.

“Miranda! Vai in missione anche tu oggi?” le si avvicinò, sorriso genuino sulle labbra.

“Sì, porta numero trentanove… Spagna, credo…”

Il sorriso della ragazza, se possibile, si allargò ulteriormente mentre si sedeva accanto alla donna a tavola.

“Allora vieni con noi, me ed Allen! A Jaèn, giusto?”

Miranda si pulì la bocca con un tovagliolo, scuotendo la testa in segno di assenso rincuorata dal fatto che non avrebbe dovuto portare a termine una missione da sola.

“Posso farti una domanda un po’ privata, Lenalee-chan?”

La giovane spalancò gli occhi, chinando la testa di lato.

“Sì…?”

Miranda sorrise, portandosi la mano vicino alle labbra e sussurrando poche parole concise che solo Lenalee sarebbe stata in grado di capire. Le gote della ragazza si tinsero di un rosso accesso, mentre con lo sguardo si guardava attorno, come ad accertarsi che nessuno le stesse ascoltando.

“Miranda, come fai a saperlo!?”

“Sono maldestra, non stupida Lenalee-chan!” le si allargò un ghignò sulle labbra, mentre si riavvicinava paurosamente alla ragazza. “Allora? Tu e Allen avete già…?”

“Miranda!” Il rossore sulle gote di Lenalee aumentò, mentre le mani della ragazza correvano a stropicciare l’orlo della gonna. “Sì, ok!?” Abbassò il capo, nel tentativo di nascondere il volto.

“Uh-uh! Allora vuol dire che in missione non vi starò fra i piedi, promesso!”

Con un ultima risata soffocata la donna congedò Lenalee, dirigendosi verso l’entrata dell’Arca in compagnia di due finder.

“Cavolo…”

La ragazza inghiottì l’ultimo boccone di you tiao, alzandosi da tavola e andando incontro ad Allen, che l’attendeva con la schiena poggiata al muro fuori dalla caffetteria.

“Mangiato bene?” chiese, sorridendo e sfiorandole la mano.

“Certo!”

Davanti alla porta dell’Arca li attendevano Komui, Miranda e i due finder che borbottavano a bassa voce, passandosi dei fascicoli piuttosto grandi fra le mani. “… Ok, è tutto chiaro?” sentirono chiedere il Supervisore.

“Sì… Ah! Allen, Lenalee!”

Komui volse prontamente il capo all’indietro non appena udì il nome della sorella, come un bestia alle ricerca della sua preda.

“Lenaleeeeeee!”

Grandi lacrimosi si fecero strada sul suo viso, mentre con un ultimo abbraccio salutava la sorella, avvertendola di essere cauta, di tornare tutta intera e soprattutto di non sposarsi senza il suo permesso.

“… Non preoccuparti, il giorno in cui deciderò di sposarmi sarai il primo a saperlo!”

Allen, già per metà nell’Arca ma con l’orecchio concentrato sulla voce della ragazza tossì violentemente, invitando i presenti ad interrompere gli in convenevoli. “Andiamo?” Nascose prontamente le gote arrossate sotto il cappuccio e si avviò definitivamente oltre la porta che, in pochi secondi, avrebbe potuto portarli in qualsiasi luogo.

“Allen-kun?”

“Sì?”

“Nulla.”

Il ragazzo la fissò un attimo, sempre procedendo a passo spedito verso la porta, e con un’ultima squadrata da capo a piedi si arrese. Non riusciva proprio ad immaginare cosa le passasse per la testa in quel momento.

“Lenalee.”

“Sì?”

“La porta è questa. Dove stavi andando?”

Allen la afferrò prontamente per un braccio, tirandola nella direzione esatta.

“Sei piuttosto distratta o sbaglio?” le sussurrò in un orecchio, la voce quasi impercettibile.

Se lei era distratta, lui era cambiato. Cambiato in un modo terribile e sconosciuto.

“Arrivati!”

Miranda si portò in testa al gruppo, mano sul volto per proteggere gli occhi dal sole forte, e osservò con circospezione la città. La grande cattedrale sbucava dai tetti delle case imponente, dominatrice assoluta del panorama. Gli ulivi in lontananza si scorgevano a malapena in mezzo a quel fitto agglomerato di edifici, tutti rigogliosamente bianchi cangianti con i tetti rosso fuoco. Sembrava quasi –se non fosse stato per il colore dei tetti-di stare ancora nell’Arca.

“Bene, da dove iniziamo?” domandò Allen, rivolto ad uno dei Finders.

“Stando a quanto raccolto degli altri ricercatori di questa zona, la cattedrale risulta inaccessibile da circa un mese.”

“E perché?” chiese Lenalee, squadrando l’immensa struttura a pochi isolati da loro.

“Sembra che non appena qualcuno tenti di avvicinarsi, questa prenda vita.”

“Vita?” sbuffò Allen, soffocando una risata all’idea di una cattedrale che si muoveva per conto suo in una città.

“Gli abitanti del luogo –e i finders che hanno raccolto informazioni- hanno raccontato che, solo al mettere piede sul sagrato, si possano udire le trombe romane suonare.”

Miranda puntò un dito in alto, verso uno degli spuntoni dell’immenso edificio.

“Questa città era un avamposto difensivo romano. A quanto pare, un’innocence qui attorno sta reagendo, cercando di proteggere dagli estranei il cuore della città.” Terminò Miranda, sbalordendo sia esorcisti che finders, “Ho solo letto il fascicolo!”, li rassicuro, preoccupata per le loro espressioni vacue.

“Chiunque si sia avvicinato al portone d’entrata della cattedrale”, continuò uno dei finders, quello meglio piazzato, “si è ritrovato solo contro un esercito armato fino ai denti.”

Allen annuì, portando una mano dietro il capo, “Ok, sembra quasi la stessa situazione della tua città natale, vero Miranda?”

La donna sorrise, per metà contenta della somiglianza e per metà un po’ preoccupata perché ancora ricordava cosa era successo la notte che, finalmente, era riuscita ad attivare la sua innocence.

“Sì. Credo sia proprio questo il motivo per cui il signor Komui mi ha fatta venire con voi due!”

Lenalee sorrise, rassicurata. Avevano affrontato tante situazioni difficili, ma in tre contro un fenomeno che sapeva tanto di dejà-vu rendeva tutto più semplice del previsto. “Bene, vogliamo andare allora?”

 


Una nube di fumo li travolse, oscurando loro la vista.

“Attente!”

Il Crown Clown le avvolse, stringendole in un abbraccio rassicurante.

Qualcosa esplose, mandando Allen riverso a terra, lontano da Lenalee e Miranda. Non accennava a volersi alzare e una larga chiazza di sangue si faceva strada sotto di lui.

“Allen-kun!”

La giovane scattò in piedi, attorno a lei solo immagini confuse e tinte di rosso, la rabbia spiccava su volti che non ricordava d’aver mai visto. Sentì Miranda urlare qualcosa dietro di lei, ma non capì una sola parola di quello che pareva un avvertimento.

“Allen-kun!”

Qualcosa la colpì ad un fianco, sbalzandola verso il corpo inerte del ragazzo.

Alzò una mano che, in quel momento notò, era sporca di sangue. Si toccò la testa e la ritrasse che era ancora più rossa. Le si annebbiò la vista e cadde pesantemente al suolo, battendo la testa.

 

Lenalee si alzò di scatto, il sudore freddo che le imperlava il volto.

Strinse la mancina sulla coperta, e cercò di respirare in modo regolare. Aveva il fiatone, come se avesse corso per ore.

Si voltò di scatto alla sua destra, sorpresa e felice di trovar lì accanto la solita chioma candida. Sorrise un po’, portandosi una mano al petto ed espirando, con gli occhi chiusi.

“Allen-kun…”

Scosse la spalla del ragazzo, piano ma con decisione.

“Allen-kun, svegliati…”

Il ragazzo al suo fianco si mosse, bisbigliando qualche parola incomprensibile. Alzò la testa lentamente, osservando con sdegno la fioca luce che filtrava fra le tende della finestra davanti al letto.

“Che ore sono?”

“Non lo so, però il sole è già sorto.”

“Questo lo vedo…”

Si fece strada fra le coperte, trascinandosi di malavoglia verso il bagno.

Lenalee rimase ferma, ad ascoltare il rumore dell’acqua che scorreva dal lavandino. Andava di rado a passare la notte da lui, a causa di suo fratello, ma ogni volta era costretta a quel risveglio. E le piaceva. Adorava vedere Allen con il volto corrucciato di chi ha dormito beatamente e non ha la minima intenzione di alzarsi. Adorava vederlo scappare in bagno per lavarsi i denti, per non fare una brutta impressione. Adorava osservarlo mentre si vestiva, mentre litigava con i bottoni della giacca e imprecava sul fatto che avrebbe detto a Jhonny di mettere più cerniere nelle prossime divise.

Quando uscì dal bagno, lo vide sedersi dinnanzi allo specchio, osservare la sua immagine riflessa dubbioso, e poi la spaventò il sorriso tirato che vide comparire sulle sue labbra.

“Allen-kun, io vado prima che mio fratello si svegli…”

Ed ecco che quel sorriso spaventoso era scomparso. Ora era di nuovo Allen.

“Cos’è quel sorriso?” Scherzò, inclinando la testa di lato.

Lo vide alzare le spalle e finire di abbottonare la camicia, ed ebbe un tuffo al cuore.

Quella situazione lei l’aveva già vissuta.

La ricordava perfettamente.

Il suo sguardo corse subito ai capelli e alla cicatrice di Allen.

Il cuore smise di battere.

I capelli stavano diventando castani.

E la cicatrice stava svanendo.

Come nel suo sogno.

“Che c’è Lenalee? Qualcosa non va?”

“I-I tuoi capelli…”

Allen sbuffò.

“Anche loro, eh…?”

Aveva immaginato anche quella risposta. Ma non disse nulla, rimase ferma, immobile nel letto.

Il ragazzo le porse i vestiti, avviandosi verso l’uscita della camera.

“Ehm, Lenalee credo che dovresti proprio vestirti, prima che ti veda il signor Komui…” aprì leggermente la porta, mettendo un piede fuori dalla stanza, “… E poi oggi dobbiamo andare in missione, non dirmi che te lo sei dimenticata.”

No. Questa volta non se ne era dimenticata. Sapeva esattamente che Allen le avrebbe detto quelle parole.

“No, mi ricordavo… A Jaèn, vero?”

“Esatto.”

Lo vide sorridere ancora, da sotto il cappuccio abbassato.

“Ti aspetto in Caffetteria, ok?”

Lo avrebbe lasciato andare in circostanze normali, ma quelle non lo erano proprio. Aveva sempre avuto sogni strani negli ultimi mesi, ma mai così vividi e veritieri. Iniziava a spaventarsi, seriamente.

Allungò una mano verso di lui, silenziosa, le lacrime agli occhi.

“Allen-kun…”

Quando la vide, Allen tornò in camera di corsa, sbattendo la porta e precipitandosi sul letto.

“Cosa c’è Lenalee? Ho sbagliato qualcosa? Vuoi che rimanga qui mentre ti vesti? Vuoi che venga in Caffetteria assieme a te…?” La abbracciò stretta, accarezzandole i capelli scompigliati dal sonno.

Lei si mise a singhiozzare sulla sua spalla. Non aveva sognato tutto lo svolgimento di quella giornata, ma ciò che aveva visto le era bastato. Le era bastato per decidersi a rimandare quella missione. Per decidere che avrebbe convinto il fratello a mandarli fra qualche giorno, quando anche Lavi e Kanda sarebbero tornati dall’Home e avrebbero potuto aiutarli.

“No. Voglio solo che oggi nessuno andasse in missione. Non a Jaèn, almeno.”

Lo sentì tremare.

“Un altro incubo?”

Lui aveva paura di quei suoi sogni. L’ultimo che aveva fatto non era stato di suo gradimento, visto che dopo pochi giorni si era ritrovato senza un braccio, con un buco nel cuore e lontano dagli amici, che lo avevano creduto morto per quasi una settimana.

Lenalee si limitò a scuotere la testa in segno si assenso. Non voleva spingersi oltre, in altre spiegazioni. Con lui quella sarebbe bastata, e sapeva che avrebbe capito.

Si sentì stringere ancora più forte, e si abbandonò in quell’abbraccio, chiudendo gli occhi e ripiombando nel sonno. Alle scuse per evitare la missione avrebbero pensato dopo.

   
 
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