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Autore: Lily Liddell    07/11/2014    1 recensioni
Post-Mockingjay | Hayffie | Effie's POV {+Evelark}
~
Sequel di Rain.
{Potranno comunque essere lette separatamente.}
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Sono passati due mesi da quando Haymitch, Katniss e Peeta sono tornati al Distretto 12. Effie non se la passa bene, Plutarch le dà una mano ma il suo appartamento è stato distrutto durante i bombardamenti; è ancora psicologicamente sconvolta dall’esperienza in prigione e spera che il tempo guarisca le ferite.
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Capitolo 1:
Io non so più chi o che cosa sono. Al 13 ero una capitolina, alla Capitale sono una ribelle… Fortunatamente, fra le quattro mura di questo appartamento, sono solo Effie.
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Capitolo 18:
Dal momento che Peeta e Katniss hanno deciso di sposarsi pochi giorni prima del compleanno della ragazza, a lui tocca il compito di preparare non una, ma due torte.
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Capitolo 38:
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
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2x07 A volte ritornano
  
Due anni e mezzo prima
 
Ti va se questo pomeriggio andiamo a fare shopping? Ho visto un completo turchese in centro che mi starebbe benissimo, potremmo vedere qualcosa anche per te!
 
È il messaggio che lampeggia davanti ai miei occhi; Flavius me l’ha mandato diverse ore fa, ma l’ho letto solo ora dal momento che fino a un quarto d’ora fa dormivo.
I sonniferi che mi ha consigliato Plutarch funzionano meglio di tutti gli altri che ho provato e per la prima volta dopo settimane sono riuscita a dormire per una notte intera, senza incubi. Senza nemmeno sogni a dire il vero, un sonno privo di ogni cosa.
Non mi sento molto riposata, però.
Fisso ancora per qualche secondo lo schermo del telefono, ormai non ricordo nemmeno più quand’è stata l’ultima volta che sono uscita di casa e la voglia di farlo è completamente assente.
Prendo la mia decisione e invio la risposta.

 
"Mi dispiace veramente molto ma sono troppo stanca per uscire. Sono sicura che Octavia sarà felicissima di accompagnarti."
 
Appena il messaggio viene inviato, poggio il telefono sul comodino accanto al letto e apro il flacone di pillole che ho nell’altra mano. Ne faccio cadere un paio sul palmo che ora è libero dal telefono e poi le porto alle labbra.
Ingoio le pillole con l’aiuto di un po’ d’acqua e mi infilo nuovamente sotto le coperte. Finalmente ho trovato il modo di dormire senza il terrore di svegliarmi urlando, se prima non avevo nessuna voglia di uscire, ora non ho voglia nemmeno di lasciare questo letto.

Presente
 
Questi flashback tornano di continuo quando scrivo lettere alla mia terapista.
Ormai sono diventate mensili, il mio umore continua a migliorare giorno dopo giorno; se penso allo stato in cui mi trovavo quasi tre anni fa, faccio fatica a riconoscermi.
Non sono nemmeno la stessa persona che ero prima, questo è evidente. È come se fossi una terza persona, completamente nuova, non ancora del tutto stabile, ma sono sulla strada giusta.
Le lettere continuano a susseguirsi davanti ai miei occhi, mentre metto nero su bianco tutto quello che mi passa per la testa; metto a nudo i miei sentimenti, e allo stesso tempo racconto momenti di vita vissuta qui al Distretto 12.
Gli ultimi giorni di aprile stanno per passare e l’aria è decisamente più calda. Il Distretto è rifiorito; i lavori alla vecchia casa di Peeta sono stati completati una settimana fa, ma non ci siamo ancora tornati.
Non credo lo faremo, non per ora.
Mentre questo pensiero si forma nella mia mente, due mani si poggiano sulle mie spalle, stringendo appena, in una stretta confortevole.
Senza darmi nemmeno il tempo di voltarmi, Haymitch mi solleva quasi di peso dalla sedia su cui sono seduta per poggiarmi sul bordo del tavolo. Gli allaccio automaticamente le braccia al collo, ricambiando immediatamente il suo bacio che non tarda ad arrivare, mentre cerco di sopprimere una risatina.
Ultimamente è stranamente di buonumore, forse anche perché da un paio di settimane a questa parte, non ha più sempre i miei nipoti in giro per casa…
Con l’arrivo della primavera, i lavori alla scuola sono cominciati ma nel frattempo, sono stati messi a disposizione diversi locali inutilizzati e non pericolosi, per permettere ai ragazzi di avere un luogo di incontro dove studiare.
Per quanto mi faccia piacere ricevere questo tipo di attenzioni, non credo che il tavolo in salotto sia il luogo più adatto, ma mentre provo a farlo notare ad Haymitch, un rumore sordo proveniente da dietro le mie spalle mi ferma.
Haymitch non sembra averlo nemmeno notato, troppo impegnato a sbottonare i bottoni della camicetta turchese che indosso in questo momento.
« Hai sentito? » Sono costretta a sollevargli il viso portandogli la mano sotto il mento, divincolandomi quanto basta per potermi voltare e guardare attraverso la finestra.
Con una mano ferma sulla mia coscia, mi tiene ferma. « Non era niente, probabilmente il tuo gatto ha fatto cadere qualcosa. »
Cerca di baciarmi di nuovo, ma questa volta sposto il viso, costringendolo a spostarsi per potermi far scendere. « Non veniva da dentro casa! »
Mi avvicino alla finestra e sposto lentamente le nuove tende a quadri, che ho costretto a fargli mettere, osservando quello che succede fuori.
Dopo un attimo avverto la presenza di Haymitch al mio fianco, anche lui in attesa, pronto a provare la sua ragione.
Non succede nulla per qualche momento, poi, c’è un movimento in direzione della casa di Katniss e Peeta. La porta principale si spalanca e la ragazza marcia fuori, in fretta e a testa bassa; mi aspetto che esca anche Peeta, e invece non succede nulla, la porta resta aperta mentre lei si allontana.
Io e Haymitch ci scambiamo uno sguardo confuso, preoccupato. Entrambi ci aspettiamo che Katniss vada direttamente verso il bosco, e invece, con nostra sorpresa, vediamo che si dirige verso il nostro portico.
Ci basta un’altra occhiata e tutti e due ci stacchiamo dalla finestra contemporaneamente, dirigendoci poi con passo svelto alla porta. La apro prima ancora che Katniss possa bussare, col risultato di farla trasalire dalla sorpresa.
« Stavate uscendo? » Chiede, con il respiro leggermente accelerato. Ha una strana espressione sul volto, non spaventata ma sofferente; sta cercando di non piangere.
« No. » Mi affretto subito a dire, facendomi da parte in modo che possa entrare. La guido poggiandole le mani sulle spalle, non so per quale ragione ma sono terribilmente preoccupata. « Eravamo alla finestra e ti abbiamo vista uscire. Che succede? »
Haymitch non ha ancora detto una parola, sta studiando Katniss con uno sguardo intenso. Resta indietro a chiudere la porta, ma ci raggiunge subito in salotto, quando la faccio sedere.
Katniss inizialmente non risponde, resta in silenzio a guardarsi attorno. « Che è successo alla casa? »
È chiaro che sta temporeggiando, sto per parlare quando Haymitch si intromette.
Le afferra cautamente il braccio sinistro e Katniss sussulta. « Effie ha deciso che le vecchie tende non facevano più il loro dovere. Che è successo al tuo braccio, invece? »
La ragazza si muove sul cuscino, a disagio. Lascio cadere gli occhi sul braccio che Haymitch ha ancora fermo in una mano e mi accorgo che il tessuto è strappato e insanguinato, appena sotto il gomito.
Cercando di restare calma, allungo una mano verso la ferita, ma le dita si fermano prima che possa raggiungere il suo braccio, ho paura di farle male.
« Vado a prendere del disinfettante. » Con questo, mi alzo senza guardare in faccia né Haymitch, né Katniss e mi dirigo spedita verso il bagno.
Ho il sospetto di sapere cosa sia successo, ma preferisco non saltare a conclusioni affrettate. Recupero del disinfettante e un po’ di garza, quindi torno in salotto.
Sono stata via solo pochi minuti, giusto il tempo di prendere quello che mi serviva, ma Haymitch non è più sul divano.
Mentre raggiungo Katniss mi guardo intorno, per vedere se è nei paraggi, ma non riesco a vederlo.
« È andato da Peeta. » Mi informa con un filo di voce Katniss, e io annuisco in silenzio; ha lo sguardo un po’ troppo perso nel vuoto per i miei gusti e il viso ha decisamente perso colore.
« Stenditi, non ci vorrà molto. »
La aiuto a mettersi comoda e per evitare che svenga, le poggio un cuscino sotto i piedi. « Sto bene, Effie. » Cerda di rassicurarmi, ma non mi inganna… ho visto quell’espressione cento altre volte.
« Va bene, però adesso sta giù. » La costringo a non muoversi mentre tiro su la manica rovinata, per esaminare il taglio. « Non è nulla di grave, solo un graffio. »
Comincio a pulirlo, per assicurarmi che sia veramente solo un graffio, ma fortunatamente la mia ipotesi iniziale era corretta. « Non avrai nemmeno bisogno di punti. »
Cerco di sorriderle, ma Katniss non mi sta nemmeno guardando. Annuisce debolmente, con lo sguardo rivolto al soffitto.
Quando finisco di medicarle il braccio, la aiuto a sedersi e non posso non notare che il viso ha finalmente ripreso un colore salutare. Probabilmente si era solo presa un brutto spavento.
Allungo lo sguardo verso la finestra per cercare di vedere che cosa sta succedendo dall’altro lato della strada, ma le tende sono tirate.
Non vorrei fare alcun tipo di pressione su Katniss, ma sono preoccupata, quindi mi trovo costretta a chiederle cosa sia successo; se non vorrà rispondere, non insisterò.
La ragazza si prende un attimo per pensarci su, poi si decide e solleva i piedi, portando le ginocchia al petto.
Dio solo sa dove sono state quelle scarpe, sicuramente saranno piene di terra che adesso sarà tutta sul mio divano, ma tengo la lingua a freno e chiudo gli occhi per un momento, inspirando lentamente. Non è il momento di pensare all’arredamento… disinfetterò tutto più tardi.
« Stava cucinando quando ha avuto una crisi. Ho provato a calmarlo ma non mi ero accorta del coltello. »
Come sospettavo, le poggio una mano sulla spalla e gliela stringo; quando si sporge di lato per appoggiarsi a me, mi coglie alla sprovvista, ma dopo un attimo di incertezza le avvolgo le spalle in un abbraccio.
Questi gesti sono rari da parte sua, immagino che la giornata anche prima dell’incidente non fosse stata delle più facili.
Katniss non aggiunge altro; l’unico motivo per cui è qui e non con Peeta è che probabilmente è stato lui stesso a convincerla ad allontanarsi. Non lo avrebbe mai lasciato da solo dopo una crisi.
Immagino che anche lui sia emotivamente molto provato in questo momento, l’idea che ci sia Haymitch con lui, però, mi rassicura almeno in parte.
« Dove sono i tuoi nipoti? » Mi sento chiedere, mentre resta ferma, con la testa poggiata alla mia spalla.
Automaticamente comincio ad accarezzare i capelli, per cercare di tranquillizzarla. « Sono a scuola, non torneranno prima di un paio d’ore. Prenditi tutto il tempo che ti serve. »
Sia lei che Peeta ne hanno passate tante, stanno andando avanti così bene, è normale avere alti e bassi. Io stessa ne ho avuti diversi…
Hanno solo bisogno di tempo, non sarà mai tutto perfetto, ma sono sicura che un giorno anche loro troveranno il modo di stare tranquilli.

Ad una settimana di distanza, tutto sembra essere tornato normale. Dopo aver passato una notte da noi, nella stanza in cui ho dormito per mesi – prima di trasferirmi definitivamente in quella di Haymitch – Katniss è tornata a casa, per risolvere la situazione con Peeta.
Non che ci fosse molto da risolvere, avevano solo entrambi bisogno di qualche ora da soli per riprendersi. Purtroppo, sono abituati a momenti del genere.
Come ormai ogni giorno, sono seduta sul portico della casa, a godere un po’ dell’aria fresca, primaverile.
Lo starnazzare delle oche è sempre presente, ma ormai ci sono abituata. Dall’altro lato della strada, Peeta sta tornando a casa dopo una giornata di lavoro; i nostri sguardi si incrociano, mi saluta con un sorriso sincero e sollevando il braccio con cui non regge i sacchi di farina.
Ricambio il saluto sventolando brevemente la mano, poi lui sparisce dietro l’uscio di casa sua e io torno a contemplare la strada del Villaggio dei Vincitori.
Dopo pochi minuti, la porta di casa si apre e la testa di Anita spunta fuori, sembra preoccupata. « Zia, ti cercano al telefono. È Plutarch Heavensbee. »
Al suono di quel nome, scatto in piedi. Non ricevo telefonate da Plutarch da mesi… ci sentiamo quasi regolarmente via mail, ma non si prendeva la briga di telefonare da poche settimane dopo l’incendio.
Mi affretto a tornare in casa e a raggiungere il telefono; quando rispondo, la sua voce è incerta.
Ascolto lentamente quello che ha da dirmi, facendo attenzione ad ogni parola e quando aggancio la cornetta, dopo aver salutato con un filo di voce, resto ferma a fissare il vuoto per non so quanto tempo.
Quando sollevo lo sguardo, mi rendo conto che ho quattro paia di occhi puntati su di me.
Sono confusa, non riesco ad individuare i sentimenti che provo in questo momento, perché sono tantissimi, troppi.
Mi volto verso Alex, ma le parole sono rivolte anche ad Anita e Lavinia. « Andate in camera vostra, vi raggiungo immediatamente. »
Devo pregarli ancora due volte, prima che decidano finalmente di ascoltarmi. Quando siamo rimasti solo io ed Haymitch, le mie gambe non mi reggono più e sono costretta a sedermi.
Sento il suo sguardo bruciare sulla pelle, so che vorrebbe chiedermi cosa è successo, invece non dice nulla, aspetta che sia io a cominciare.
Per qualche secondo osservo le mie mani contorcersi in grembo, nervosamente, poi prendo un respiro profondo e mi decido ad alzare lo sguardo su di lui.
Non so con quale coraggio, ma riesco addirittura a guardarlo negli occhi mentre parlo.
« Era Plutarch, hanno trovato Allie. » Non so come continuare, le parole vengono a mancare, troppi pensieri che si sovrappongono e aumentano la mia confusione.
« È-? »
« Viva. » Lo interrompo immediatamente, abbassando nuovamente lo sguardo, solo per un momento, per poi accorgermi che Haymitch, forse, è addirittura più confuso di me. Forse si aspettava che piangessi di felicità? È indubbiamente una notizia positiva, ma talmente inaspettata che non riesco a gioirne. « È stata in coma per molto tempo, si è svegliata diversi mesi fa ma non aveva documenti con sé quando è stata trovata e in seguito allo shock ha sofferto di una grave perdita di memoria. »
« Ora come sta? » La voce di Haymitch è terribilmente atona, ma ora non posso preoccuparmi di questo…
« Ha recuperato parte della memoria, è ancora confusa ma migliora a vista d’occhio. Non appena ha ricordato chi fosse, Plutarch è partito immediatamente, per controllare di persona… ha preferito essere certo prima di darmi false speranze. »
Restiamo in silenzio entrambi a questo punto, provo ad alzarmi ma il mio corpo non risponde, quindi decido di rimanere ferma dove sono, aspettando che succeda qualcosa.
« Mi ha detto che se voglio può mandare un hovercraft a prendermi. Ha detto che ovviamente la mia presenza lì non potrà fare una grande differenza, ma la vicinanza di sua sorella e dei suoi figli potrebbe aiutare Allie a riprendersi più in fretta. »


A/N: Dopo mesi riaggiorno… scusatemi, ma sono successe diverse cose e mi sono lasciata trasportare…
Comunque sia, non ho dimenticato Effie ed Haymitch e ho deciso che, siccome era tornata la voglia di scrivere, loro avevano la precedenza! Quindi dopo aver testato un po’ le acque con una piccola One Shot su Effie, ho subito ripreso in mano Petrichor.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, so che non succede molto, ma ha messo le basi per quello che succederà dopo!
Manca pochissimo a Mockingjay pt. 1, sono ipereccitata e spaventata allo stesso tempo, non vedo l’ora di vedere Effie al Distretto 13, anche se non è quello che succede nel libro, sono curiosa di vederla lì.
E poi il passato non condizionerà il suo futuro, quindi io continuerò a scrivere questa storia, seppur lentamente.
Lasciatemi un commento, se vi va!
Alla prossima,

x Lily
   
 
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