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Autore: RandomWriter    08/11/2014    8 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
Leti, un’amica d’infanzia di Erin, si presenta a casa sua e, dopo una piccola discussione, le due si salutano con la consapevolezza che quell’amicizia un po’ sbiadita potrà tornare ad essere più salda di prima. Sophia scopre dell’esistenza di Nathaniel ma la gemella è costretta ad ammettere che la sua storia d’amore sia già finita, lasciandola delusa per non aver conosciuto il primo ragazzo della sorella. Il giorno prima del suo compleanno Sophia lascia Allentown, mentre Erin torna dalla zia. Mentre per la prima, staccarsi dalla sorella è più dura, l’altra ammette di essere diventata più forte e indipendente.
L’indomani Erin riceve gli attesi regali e parlando con Rosalya al telefono, le confessa che Nathaniel ricambia i suoi sentimenti per lei. La ragazza quindi interrompe la chiamata, lasciando l’amica a bocca asciutta.
Nonostante la gentilezza degli amici, Erin si sente infelice: Castiel non si è sprecato nemmeno a farle gli auguri. Passeggiando per la città, si imbatte in Violet che, indirettamente, la porta a guardare in faccia quei sentimenti che per settimane ha cercato di ignorare. La ragazza arriva quindi ad ammettere di essere sempre stata innamorata dell’amico ma abbandona la sua confessione ad una pagina strappata di un block notes. Camminando sovrappensiero, si ritrova davanti alla casa di Castiel, dove viene invitata ad entrare dal vicino, Mauro. L’uomo le consegna una busta e con l’occasione la ragazza ruba una foto del rosso dalla sua stanza, conservandola gelosamente.
Arrivata a casa, scopre la festa a sorpresa organizzata dagli amici che riescono a regalarle un po’ di allegria. Quando se ne vanno però, torna a farsi spazio in lei, il senso di solitudine e nostalgia per l’unica persona che quel giorno si è dimenticata di lei; quando suonano alla porta e va ad aprire si trova di fronte Jason. Su richiesta di Castiel, il veterinario le ha portato il regalo da parte dell’amico: una gattina dal pelo rosso che, inevitabilmente, la nuova padrona battezza con il nome di Ariel.

 
 
 


 
   
CAPITOLO 39:
UN INTELLETTUALE IN MIMETICA


 
“giuro che se non parla oggi, gliele tiro fuori io le parole!”
“eddai Erin, lo sai come è fatta Rosa… le piace fare la preziosa”
“ho capito, ma tu non sei curiosa di sapere cosa si sono detti lei e Nathaniel?” replicò la mora scendendo dall’autobus.
L’umidità che si era depositata sulla banchina rischiò di farla scivolare, così la ragazza cercò di riaggiustare la propria posizione, ondeggiando leggermente le braccia.
“ovvio” replicò la rossa, prestando attenzione a dove poggiava i piedi “però ci ha detto che ce l’avrebbe detto oggi, quindi porta pazienza e una volta tanto… tieni a freno la curiosità!” concluse, rimproverandola allegramente.
L’espressione di Iris si distingueva da quelle del resto dei presenti per la sua vivacità fuori luogo: il rientro dalle vacanze di Natale rappresentava uno dei giorni più psicologicamente devastanti per gli studenti del liceo. Il vento gelido, la neve che si accumulava a ridosso delle strade, le nocche delle mani secche al punto di rottura: ogni dettaglio scoraggiava qualsiasi essere umano dall’uscire dal tepore delle trapunte invernali.
Le due studentesse varcarono il cancello, superandone l’insegna dal nome imbarazzante e sulla quale si erano formate delle piccole stalattiti ghiacciate.
Le facce assonnate confermavano quanto i ragazzi sentissero già la nostalgia di quei giorni passati a svegliarsi ad orari più prossimi al pranzo che alla colazione. Trattenendo per l’appunto un sonoro sbadiglio, Iris domandò:
“allora, la piccola Ariel come sta?”
“oh, non me ne parlare! Stamattina è stata dura per me lasciarla a casa da sola” cominciò Erin, illuminandosi al ricordo del suo piccolo batuffolo di pelo “lo sai che già mi viene dietro quando la chiamo? E la cosa buffa è che ignora completamente mia zia”
“maddai!”
“giuro. È un concentrato di tenerezza e dolcezza, me la sarei portata a scuola… non vedo l’ora di tornare a casa per ammazzarla di coccole”
La ragazza sorrideva, rivivendo le emozioni che quella piccola bestiolina scatenava in lei. Non aveva mai avuto un feeling particolare con gli animali ma con Ariel era stato amore a prima vista; in parte per quegli occhioni così grandi e profondi e in parte perché, ogni volta che la guardava o la chiamava, Erin ripensava alla persona che gliel’aveva regalata.
Pensare alla sua gattina sortiva l’effetto di uno sciroppo lenitivo per una gola infiammata: era un rimedio passeggero, perfetto per darle un momentaneo sollievo ma non poteva curare completamente l’amarezza della sua padroncina.
Quella mattina aveva cercato di distrarre la mente parlando di Rosalya, ma in realtà la mora temeva il momento in cui, una volta entrata in classe, avrebbe visto quel banco vuoto accanto al suo.
Nei suoi primi giorni al Dolce Amoris aveva sperato più volte che, per un imprecisato motivo, Castiel Black si volatilizzasse e la lasciasse libera di seguire le lezioni.
A distanza oltre tre mesi, si rese conto di quanto la facesse sentire sola la concretizzazione di quel desiderio.
Iris fu la prima ad entrare, mentre Erin avanzava tenendo il capo chino. Allineò un piede davanti all’altro, osservando le punte degli stivaletti camosciati, inumidite dalla neve la cui umidità aveva conferito loro un gradiente di colore.
Il suo corpo urtò improvvisamente contro quello di Iris, scatenando un déjà-vu che la portò indietro di settimane, quando entrambe erano rimaste inebetite nel vedere la folla di studenti che voleva acquistare i biglietti per il concerto del liceo.
“Iris, ma che cavolo fai? Fermarti così all’improvviso” si lamentò Erin, massaggiandosi il setto nasale indolenzito. L’amica era rimasta immobile, tenendo lo sguardo fisso verso il fondo dell’aula, verso quel punto dove la mora non voleva guardare. Prima che Erin avesse il tempo di puntare lo sguardo nella stessa direzione, sentì la rossa mormorare:
“Kentin…”
L’amica si spostò di lato e notò che il posto accanto al suo, anziché essere vuoto, era occupato da un ragazzo alto, con i capelli castani. Da sotto il banco, si intravedeva un paio di pantaloni pesanti in stile militare mentre il petto era protetto da un caldo maglione di lana nera. Il nuovo arrivato le stava scrutando con un certo interesse, costringendo le due ragazze ad abbassare lo sguardo. Sentendo il nome pronunciato da Iris, Erin collegò immediatamente l’intruso al ragazzo che l’amica aveva conosciuto in biblioteca durante le vacanze ma in quell’aria un po’arrogante con cui lui le stava studiando, la mora non riuscì a intravedere quella gentilezza di cui aveva parlato Iris.
Si avvicinò al ragazzo, seguita a poco distanza dalla rossa. Trevor e Kim sembravano aver già fatto amicizia con il nuovo studente, del resto il primo aveva un carattere molto estroverso mentre la seconda legava facilmente con i maschi. I due cestisti erano voltati verso Kentin che esordì:
“spero non ti dispiaccia avermi come vicino di banco Erin. Trevor mi ha detto che questo posto resterà libero fino alla fine dell’anno scolastico”
Sorpresasi per quell’uscita così spontanea, la mora assunse poi un’espressione indecifrabile: non aveva nulla contro quel ragazzo, ma non era Castiel e tanto bastava a metterla di cattivo umore. Iris nel frattempo osservava il moro disorientata: occhiali e abbigliamento a parte, era sicuramente il Kentin della biblioteca, eppure non aveva accennato ad un saluto nella sua direzione. Evidentemente non si ricordava di lei e questo fatto, pur non cogliendola impreparata, le dispiacque parecchio.
Rispetto a Rosalya ed Erin, Iris si sentiva anonima e insignificante, ragion per la quale non poteva biasimare il ragazzo per il suo disinteresse verso di lei.
“allora Erin, il nostro vecchio capitano come sta?” esclamò Trevor, dondolandosi sulla sedia.
La ragazza si inumidì le labbra ma in quell’istante il professor Condor varcò la soglia della classe:
“buongiorno ragazzi! Ai vostri posti!”
Famoso per i modi burberi, l’uomo aveva accolto i suoi studenti nel peggiore dei modi, accentuando in essi lo sconforto e il malumore per essere tornati dietro i banchi scolastici.
I suoi occhi porcini scrutarono sbrigativamente l’aula finchè si soffermarono sul vociferato nuovo studente:
“ah eccola lì” esclamò senza troppo entusiasmo “il nuovo acquisto della 4^ C. Prego signor Affleck, si presenti alla classe”
Impartì quell’invito con una certa austerità che suggerì a Kentin di alzarsi in piedi, seppur riluttante all’idea di mettersi così in mostra.
“cosa dovrei dire oltre al nome?” borbottò perplesso.
Le labbra di Condor si assottigliarono, al punto da allungarsi in una linea retta.
Quando la preside gli aveva annunciato che Castiel Black non avrebbe concluso l’anno al Dolce Amoris, aveva pensato ad un regalo di Natale recapitato in ritardo. Tuttavia, non aveva potuto gioire di quella notizia che già aveva di fronte quello che si prospettava un degno erede.
Nella sua lunga carriera ne aveva visti anche troppi di studenti insolenti e arroganti, ma questo non contribuiva ad accentuare la sua rassegnazione, semmai soffiava sul fuoco della sua insofferenza:
“le sembra una risposta da dare questa?” lo rimproverò “dica da dove viene per esempio”
Erin, seduta accanto a lui, con le braccia intrecciate sul tavolo lo guardava di sottecchi: c’era qualcosa di strano in quel ragazzo; ad una prima occhiata le era sembrato un po’ arrogante ma ora che lo studiava con più attenzione, si rese conto che era diverso dal Castiel sbruffone che lei conosceva. Anziché associarlo al rosso infatti, Kentin le fece venire in mente il suo primo giorno in quel liceo in cui il suo nervosismo aveva tradito un comportamento che non le era naturale.
Come scoprì successivamente, in quel momento il moro era particolarmente teso e quella che Condor aveva colto come una provocazione, era in realtà una domanda ingenua. Sentiva gli occhi di tutti puntati su di lui che come nuovo studente non poteva sottrarsi al loro interesse.
Anche Iris lo fissava perplessa, confusa da quell’atteggiamento così diverso da quello del ragazzo che aveva conosciuto qualche settimana prima.
“ho p-passato gli ultimi tre anni e mezzo circa ad Harrisburg” farfugliò Kentin alla velocità della luce e si risedette pesantemente sulla sedia, nascondendo un viso che si stava colorando rovinosamente di viola. Non solo non era abituato ad essere al centro dell’attenzione, ma aveva appena scoperto quanto la cosa lo infastidisse.
 
La voce monotona del professore di letteratura riempì il silenzio dell’aula, strappando ad Erin un sospiro annoiato. In cerca di una qualche distrazione, buttò l’occhio sul suo nuovo vicino, convinto di trovarlo ancora troppo spaesato per prestare attenzione alla lezione. Sbirciò quindi alla sua destra ma ciò che vide era una mano che danzava freneticamente sul foglio, graficando parole ad una velocità inconcepibile per l’occhio umano: Kentin appuntava ogni spiegazione del professor Condor, schematizzava i concetti collegandoli con frecce che fungevano da ponte tra i punti lontani del foglio. Nell’insieme il tutto risultava alquanto caotico, ma il ragazzo sembrava non curarsene; annuiva di tanto in tanto, come a dare un tacito assenso non richiesto.
L’interesse e la concentrazione con cui Kentin seguiva il discorso di Condor erano inconcepibili per la sua vicina di banco: sin dal suo primo giorno di scuola, aveva rinunciato a prestare attenzione a quell’insegnante così apatico e cattedratico nel modo di esprimersi e preferiva passare quelle ore a farsi dei riassunti dal libro. Il suo impegno di rendere meno infruttuose le ore di letteratura tuttavia, veniva messo a dura prova da Castiel che aveva l’irritante tendenza a distrarla per ogni sciocchezza: una volta la esortava a osservare un bisticcio in corso tra passeri, un’altra volta le faceva scivolare sul banco il testo di una nuova canzone per chiederle un parere, un’altra ancora erano i suoi pacchiani tentativi di falsa adulazione per ottenere i suoi appunti.
Quelle stupidaggini la infastidivano ma al contempo la facevano sorridere: l’amico le ricordava un bambino vivace e iperattivo, disabituato a stare seduto composto e dalla mente troppo artistica per restare concentrato in silenzio ad ascoltare una singola persona per lungo tempo.
 
Erano passati dieci minuti e Kentin non dava segni di cedimento. Aveva già riempito due pagine di appunti, scrivendo fitto fitto, tantochè la mora nutriva serie perplessità nel credere che quei fogli potessero rappresentare un materiale di studio. Per tutto quel lasso di tempo, il ragazzo non aveva spiccicato un commento e lei cominciò a sentirsi in colpa per la freddezza con cui si era approcciata a lui; in fondo non era colpa sua se non aveva i capelli innaturalmente rossi e uno stile da rockettaro. Kentin era completamente diverso da Castiel e questo, fu costretta ad ammetterlo, era un bene dal momento che l’avrebbe aiutata a non pensare a lui più di quanto già non facesse.
“ma come fai ad ascoltarlo?” gli sussurrò ad un tratto, inclinando la testa di lato verso il professor Condor.
Senza staccare gli occhi dal foglio e perpetuando la corsa della penna sulla carta, Kentin replicò:
“starà anche una testa di cazzo, ma ha una preparazione incredibile. Non sono abituato a questo genere di lezioni”
Quel risolino sardonico con cui aveva pronunciato l’ultima frase colpì Erin, che percepì una sorta di eccitazione nelle sue parole.
“io non capisco un tubo di quello che dice” ammise dopo un po’; era molto rammaricata per il modo spiegare di quell’insegnante: prima di trasferirsi al Dolce Amoris, letteratura era una delle sue materie preferite, anche se in particolare, il suo amore era rivolto alla scrittura.
Sin da piccola, Erin amava riempire pagine e pagine di diario con i suoi pensieri, mentre Sophia preferiva di gran lunga esprimersi con i disegni. Quel vecchio burbero e arcigno era riuscito a sopire in lei la sua passione per la narrativa, oltre che a guadagnarsi l’antipatia di ogni suo studente.
“esprime dei concetti un po’ difficili in effetti e a dire la verità, neanche tanto bene, ma mi pare di capire abbastanza quello che intende” sorrise il ragazzo, tracciando l’ennesima freccia alla parte alta del testo.
Condor aggiunse un commento che lasciò Kentin per un attimo interdetto, sostando indeciso con la penna davanti alla parola che aveva appena scritto. Disegnò infine un punto di domanda mentre Erin sogghignava:
“forse hai parlato troppo presto”
Il ragazzo sorrise a sua volta, guardandola finalmente negli occhi. Incastonato in quel viso dai tratti affilati e mascolini, c’erano due iridi color verde oliva, macchiate intorno alla pupilla, da dei raggi color nocciola. Le guance della mora si imporporarono, ammaliata da quello sguardo, ravvisando in esso la dolcezza di cui le aveva parlato l’amica un paio di settimane prima. Mentre lei cercava di recuperare un colorito più naturale, il ragazzo aveva ripreso a prendere appunti, incurante dell’effetto che aveva sortito.
“Sophia come sta?” chiese d’un tratto.
“EH?!” squittì Erin a voce talmente alta da farlo saltare dalla sedia. Anche il resto dei compagni, per la metà assopiti e distratti, sobbalzarono per quel verso imprevisto. Condor allargò le narici come un toro pronto alla rincorsa e sbraitò:
“Travis! Ho sopportato finché c’era Black ma non pensi di fare combriccola anche con Affleck!”
“mi scusi” mormorò la ragazza i cui occhi esprimevano tutto tranne rammarico. Non capiva come il ragazzo potesse conoscere la sorella dal momento che, in quella stanza, solo Iris era a conoscenza di Sophia.
“colpa mia prof” s’intromise Kentin, grattandosi la sommità del capo con la penna. Sembrava sinceramente dispiaciuto per aver messo in difficoltà Erin ma nonostante questo, sosteneva lo sguardo del professore senza tradire alcun insicurezza o senso di pentimento.
“mi pareva di essere stato chiaro all’inizio della lezione: voglio silenzio. Se per lei la mia spiegazione è così noiosa da concedersi il lusso di distrarsi, devo supporre che sappia già tutto”
“no affatto, la stavo ascoltando” replicò Kentin con una sicurezza talmente spiazzante, che solo una coscienza tranquilla poteva giustificare. Condor tuttavia, per la seconda volta in poco tempo, equivocò le intenzioni del suo studente e lo sfidò:
“ottimo! Allora mi riassuma quella che stavo dicendo”
Kentin abbassò lo sguardo, mentre in classe alcuni cominciarono a sogghignare mentre altri provavano pena per l’ennesima vittima del caratteraccio di Condor.
Il silenzio del nuovo arrivato cominciò a pesare nell’aula ma il professore sembrava intenzionato a godersi ancora un po’ quella piccola vittoria sull’ennesimo studente arrogante con cui aveva a che fare. Kentin continuava a tenere lo sguardo basso ma sbirciandolo di traverso, Erin notò come gli occhi del ragazzo si muovessero freneticamente da un capo all’altro degli appunti che il ragazzo aveva abbozzato.
Condor stava per schioccare la lingua soddisfatto, quando Kentin finalmente rialzò il capo:
“negli ultimi dieci minuti ha illustrato il Naturalismo francese, contrapponendolo ad un movimento letterario nato in Italia con il nome di Verismo, precisando però che non ci soffermeremo sulla letteratura europea. Ha quindi menzionato i principali esponenti del Naturalismo che sono Flaubert e Balzac. Quest’ultimo è l’autore di Commedia umana, un fedele ritratto della società francese nell’età della Restaurazione. Balzac analizza, con la precisione di uno scienziato, la natura umana, considerandone anche le eccezioni patologiche. Tuttavia, nonostante il contributo fondamentale dato al movimento letterario che stiamo studiando, ci soffermeremo su Flaubert. La sua opera più famosa è Madame Bovary, una storia di grigia quotidianità provinciale, ispirata ad un comune fatto di cronaca”.
Tutti erano rimasti senza parole. Anche tra quei pochi studenti riuscivano a seguire le lezioni di Condor, nessuno avrebbe saputo esporre in modo più esaustivo e tecnico quei dieci minuti di lezione. Le parole usate da Kentin sembravano la bella copia di quelle usate dal professor Condor. Quest’ultimo era rimasto senza parole, con la bocca grinzosa leggermente socchiusa e gli occhi pietrificati dallo spiazzamento.
Iris aveva tenuto lo sguardo puntato sul ragazzo e riuscì a distoglierlo solo quando i suoi occhi caddero incidentalmente su di lei, che tornò  voltarsi verso la cattedra. Sentiva delle strane palpitazioni in petto, proprio lei che odiava i libri e tutto ciò che riguardasse la narrativa. Eppure, mentre Kentin parlava, nonostante il linguaggio difficile, lei ne era rimasta rapita: finalmente aveva riconosciuto il ragazzo dall’aria intellettuale e gentile che aveva incontrato in biblioteca.
Tutto il resto della 4^ C era ancora concentrato sulla nuova stella della letteratura, la quale però non gradiva particolarmente tutta quell’attenzione. Più passavano i secondi, e più si sentiva nervoso:
“e che cazzo ho detto?” pensò tra sé e sé, ingenuamente stupito e confuso dallo stupore generale.
“ha g-già letto il libro per caso?”
Lo sforzo di deglutire del professore fu fin troppo evidente, come l’incertezza che gli aveva incrinato la voce. Inossidabile scontrosità che contraddistingueva Anthony Condor sembrava essere stata accantonata.
Lo studente annuì in silenzio e la domanda successiva uscì ancora più incerta:
“e-e cosa ne pensa del personaggio di Emma?”
Kentin storse il labbro cercando di raccogliere le idee. Incrociò le braccia al petto e fissò un punto a caso verso l’alto, per poi tornare a fissare l’adulto dall’altro lato della stanza:
“beh” borbottò “onestamente mi fa pena… cioè… è l’esponente della società piccolo-borghese di provincia, insofferente al vuoto e al grigiore della sua esistenza e per questo cerca rifugio nella letteratura sognando su romanzi sentimentali di discutibile livello. In un certo senso trovo piuttosto spietata la visione che Flaubert dà di lei, perché il suo personaggio sembra quasi…” e qui Kentin tentennò nell’indecisione di usare una determinata parola che però alla fine si rassegnò a pronunciare “stupido”. 
Poiché i suoi compagni erano sempre più spiazzati, il ragazzo non osò aggiungere altro e pregò che tutta quella soffocante attenzione si distogliesse da lui. Avrebbe voluto aggiungere molto altro, ma ormai la sua carnagione doveva aver raggiunto un colore talmente ridicolo da farlo rassomigliare ad Elmo.
Anche Erin non riusciva a smettere di fissarlo, tanto era sbigottita da quell’insospettabile sensibilità letteraria che si celava dietro quel nuovo ragazzo.
Anthony Condor non poteva dirsi una perla di sensibilità, ma nella sua lunga carriera scolastica, aveva incontrato raramente studenti con Kentin Affleck.
Liquidò quell’elettrizzante situazione senza esprimere alcun commento e invitò gli studenti a tornare a prestargli attenzione, voltandosi verso di lui. Dentro di sé però, l’uomo lottava tenacemente per nascondere un’incredibile soddisfazione che gli aveva riempito un cuore ormai demotivato e rassegnato: quel giorno, non solo era iniziato senza uno dei suoi peggiori studenti, ma aveva segnato l’ingresso di un ragazzo che ogni insegnante sogna di incontrare almeno una volta nella vita.
 
Al termine dell’ora, quasi tutta la classe si affollò attorno al banco di Kentin. Erin però, nonostante la curiosità di conoscere meglio il suo nuovo vicino, fremeva dalla voglia di rivedere Rosalya. La sua eccitazione era tale da farle dimenticare che il ragazzo conosceva Sophia, così lo abbandonò proprio quando Charlotte si stava facendo strada tra la folla e afferrò Iris per un braccio:
“andiamo da Rosa?” le propose trepidante.
L’amica tuttavia teneva gli occhi puntati su Kentin che si stava alzando dal suo posto, grattandosi imbarazzato la guancia.
“sei un genio tu” aveva miagolato Charlotte con voce suadente.
Il ragazzo aveva sorriso in difficoltà e, alzando lo sguardo, aveva finito per incrociare quello di Iris, scoprendo che lei lo stava fissando.
“Iris, andiamo?” la strattonò Erin, che non si era minimamente accorta di quella dinamica di occhiate fugaci.
La rossa si voltò verso l’amica e la seguì, alla volta della 4^ A.
 
“ma tu non dovevi consegnare quei documenti per Castiel?”
“si ma mi hanno detto che vanno consegnati a Melody, ora che Nathaniel non c’è e quindi mi toccherà passare questo pomeriggio, durante le attività dei club, così almeno sono sicura di beccarla” spiegò sbrigativamente Erin.
Gli studenti cominciavano ad uscire dai corridoi per godere dei dieci minuti di pausa tra una lezione e l’altra. Passarono davanti ai gemelli che salutarono sbrigativamente, lasciandoli alquanto sorpresi.
Le due ragazze fecero finalmente capolino in 4^ A e trovarono la loro amica impegnata a disegnare su un foglio. Non si sorpresero nel vederla così isolata dal resto della classe ma questo non impedì loro di dispiacersene. Non c’era verso per l’aspirante stilista di mostrarsi socievole con ragazze che non fossero loro due o Violet. Quando videro Erin Travis, divenuta ormai nota grazie all’articolo pubblicato sul giornale qualche mese prima, alcuni cominciarono a mormorare ma la mora non prestò attenzione all’interesse che aveva calamitato su di sé.
“ehi Rosa” la salutò Erin allegramente “se hai finito di tenerci sulle spine, sputa il rospo”
La ragazza sorrise melliflua e, dopo aver cancellato un tratto indesiderato, commentò:
“che nostalgia, quanto è passato dall’ultima volta che ti ho sentito usare quest’espressione. Chi l’avrebbe mai detto poi che con Ambra avresti deposto l’ascia di guerra”
“non cambiare argomento furbetta” la rimproverò Erin mentre lei ridacchiava alzandosi dal suo posto.
“forza, allora, andiamo in bagno” le esortò, reclinando il capo.
Iris, che nel corso di quello scambio di battute non aveva aperto bocca, si limitò a seguire le due ragazze, ma il suo silenzio non era destinato a perdurare a lungo:
“che hai Iris?” indagò Rosalya, disorientando Erin che non aveva notato nulla di strano nell’amica.
La rossa scosse il capo leggermente, sorridendo gentile:
“nulla” mentì “forza sbrighiamoci che voglio sapere cosa è successo con Nathaniel”
 
Una volta in bagno, Rosalya si assicurò di non essere ascoltata da altre studentesse e cominciò:
“dunque, sabato, dopo la nostra telefonata” chiarì, rivolgendo un cenno d’intesa ad Erin “mi sono precipitata a villa Daniels”
 
Rosalya schiacciò l’indice contro il pulsante dorato del campanello. Saltellava nervosamente sul posto sperando che la sua tempistica non fosse così pessima da non riuscire a parlare con Nathaniel. Non conosceva esattamente l’orario di partenza per cui sperò che la corsa impazzita che aveva fatto per raggiungere villa Daniels potesse bastare a compensare i tre anni di ritardo.
Faticava ancora a capacitarsi delle parole che le aveva detto l’amica al telefono poco prima:
 
“insomma! Sei così occupata a cancellare i tuoi sentimenti per lui, da non accorgerti di quelli che lui prova per te”
 
Riconobbe subito il viso tondo e paffuto di Molly, quando quest’ultima venne ad aprirle. La donna sorrise stupita nel rivedere quella ragazza che mesi prima era solita frequentare la casa.
“Rosalya! Come stai?”
“una favola. E tu Molly? Nathaniel è già partito?” la martellò la ragazza, troppo in ansia per intrattenersi con i convenevoli.
“no, però è già pronto. Partirà per l’aeroporto tra mezz’ora”
“devo parlargli”
“c-certo cara” annuì Molly, sorpresa per quella determinazione. Fece accomodare la ragazza e la guidò fino al salotto principale.
Quando la governante aprì la porta, Rosalya lo vide: disteso sul divano, con le gambe svogliatamente sopra i cuscini, era spaparanzato Nathaniel.
L’ospite sorrise divertita: in più occasioni in passato lo aveva sorpreso in situazioni lontane dall’indole educata e posata che trasmetteva a chi non conosceva. In fondo lui e Castiel erano come fratelli e uno degli aspetti che più il rosso apprezzava nell’amico era proprio la dualità dei suoi comportamenti.
Appena si accorse dell’ospite, il ragazzo si sistemò in fretta e furia mentre le guance gli si arrossarono leggermente.
“Natty, hai visite” squittì Molly, facendo segno alla ragazza di accomodarsi.
“grazie Molly, puoi andare” mormorò il ragazzo, cercando di apparire meno confuso.
Mentre la governante lasciava la stanza, Rosalya avanzò, portandosi accanto all’ampia finestra. Mirò la vista del giardino della villa, talmente intricato e coperto di neve, da ricordarle la fiabesca Narnia.
“come mai da queste parti Rose?” le chiese il biondo.
Era l’unico a chiamarla così ma proprio per questo era particolarmente affezionata a quel nomignolo: lui era l’unico che poteva rivolgersi a lei in quel modo, perché era l’unico che riusciva a farle sorridere il cuore con quel semplice bisillabo.
“è così difficile da indovinare? Stai partendo no? Volevo salutarti”
“mi fa piacere che tu ci abbia pensato”
“mi stupisce invece che tu non mi abbia anticipato. Potevi venire a fare un saluto ai tuoi vecchi amici no? Sei più simile a quell’idiota del tuo amico di quanto sembri” commentò, mentre sul viso di Nathaniel si disegnava un sorriso complice, sentendo nominare indirettamente Castiel.
“c’entra Erin con questa decisione di partire?” gli domandò, trascinando l’indice contro la superficie marmorea del davanzale che risultò prevedibilmente estranea alla polvere.
“no affatto. Avevo fatto la domanda per questo progetto ancora prima di conoscerla”
“quindi parti solo perché pensi che frequentare tre mesi in California, studiando per il liceo e frequentando al contempo qualche corso universitario, ti aiuterà davvero per la tua carriera professionale?” domandò Rosalya con sarcasmo.
“è un’iniziativa più utile di quello che sembra Rose, mi chiedo perché devi essere sempre così disfattista e cinica” commentò il biondo con una punta di rimprovero.
La ragazza mise il broncio e tornò a guardare fuori dalla finestra, perdendosi la vista del sorriso che aveva illuminato il volto di Nathaniel:
“… del resto è anche per questo che mi sono innamorato di te”
La ragazza sentì un brivido percorrerle la schiena: si era precipitata da lui proprio con la speranza di udire quella confessione, ma questo non aveva impedito al suo cuore di sussultare per l’emozione:
“e ho davvero dovuto aspettare anni prima di sentirtelo dire?”
Preso in contropiede, il biondo non sapeva come replicare, se non con:
“tu lo sapevi già?”
“me l’ha detto Erin, un quarto d’ora fa” ammise la ragazza, con gli occhi felini che risplendevano dalla gioia.
Nathaniel sorrise scuotendo la testa:
“è più forte di lei farsi gli affari degli altri”
“è uno scoiattolino impiccione”
 
“ehi!” protestò Erin offesa “se non fosse per me non si sarebbe mai tenuto questo dialogo”
“esatto, ed è per questo che ti sono grata Cip” le sorrise Rosalya conciliante, che tornò a raccontare:
 
La ragazza si avvicinò al corpo del ragazzo e mormorò:
“è dalla prima superiore che sono innamorata di te scemo, ma tu mi hai spinto tra le braccia di Leigh: quanto puoi essere idiota?”
Il biondo ridacchiò ma non era intenzionato a prendersi tutte le colpe:
“eri imperscrutabile Rose! Non mi era neanche passato per l’anticamera del cervello di piacerti. Un giorno Leigh mi ha preso in disparte e mi ha chiesto di aiutarlo con te. Voi due eravate molto affiatati, così ho pensato che ricambiassi i suoi sentimenti per lui e che io avrei finito per dimenticare quelli che provavo per te”
La ragazza sollevò gli occhi al cielo, mimando una finta frustrazione:
“oh mio Dio, ma quanta pazienza dobbiamo portare con voi uomini!”
Nathaniel sorrise e si avvicinò ancora di più a lei.
“non che voi ragazze siate proprio un libro aperto”
“da te mi lascerei leggere senza opporre alcuna resistenza”
 
“ma senti che frasette smielate tira fuori la nostra Rosetta quando è innamorata” la punzecchiò Iris divertita. Il racconto dell’amica le aveva permesso di accantonare quei pensieri che le avevano avvelenato l’animo quella mattina.
“dovrebbe fare la scrittrice di romanzi rosa” la canzonò Erin mentre la narratrice si offendeva:
“la smettete di prendermi per il culo? Non vi racconto nulla!”
“eh no cara mia. Quando vi ho parlato del ragazzo della biblioteca sei andata avanti a prendermi in giro per giorni!” protestò la rossa.
“a proposito Rosa, sap-” cominciò Erin ma Iris l’anticipò:
“lasciamola finire Erin. Tra poco dobbiamo tornare in classe”
 
“non credi che per ora dovrei lasciare questo libro sul comodino?”
Quelle parole lasciarono di stucco Rosalya, raffreddando l’ambiente all’istante.
Di fronte al suo disorientamento, il ragazzo si scostò da lei di pochi centimetri, ma le circostanze sembravano sottolineare una distanza di metri interi. In evidente difficoltà, il biondo spiegò:
“mi sono lasciato da poco con Erin, ho ancora un gran casino in testa Rosa e soprattutto, tra pochi minuti parto per la California. Non posso pretendere che per tre mesi tu mi aspetti”
“ti ho aspettato per tre anni, cosa vuoi che siano tre mesi” mormorò la ragazza, confusa e disorientata.
A quelle parole, Nathaniel si riavvicinò a lei, sostando a pochi centimetri dalle sue labbra:
“l’unico motivo per cui non voglio baciarti ora Rose è che poi salutarti sarebbe ancora più difficile”
“questa vale come la promessa di un bacio Nath” mormorò lei.
 
“e?” incalzò Erin.
“e basta. Non c’era altro da dire” concluse Rosalya soddisfatta, scrollando le spalle.
“tu ci stai prendendo in giro!” sbuffò Iris contrariata.
“affatto! Quando tornerà riprenderemo il discorso e finalmente potremo stare insieme” squittì la ragazza.
“ma che senso ha Rose? Perché non vi siete già messi insieme?” insistette Erin. Non riusciva a capacitarsi della decisione dell’amica: Nathaniel aveva ammesso di amarla, lei pure, di conseguenza l’ufficializzazione del loro rapporto le sembrava la cosa più naturale.
In cuor suo cominciò a montarle un po’ di rabbia per l’occasione che la ragazza si era lasciata sfuggire: se si fosse trovata in una situazione analoga con Castiel, non avrebbe esitato un secondo a lanciargli le braccia al collo; purtroppo solo nella sua fantasia più irreale, il rosso poteva confessarle un amore spassionato per lei.
“ok, ammetto che anche io all’inizio ci sono rimasta un po’ così nel vederlo così reticente… però poi ci ho pensato…” farfugliò la stilista “in quel momento non era il caso… voglio dire… sarebbe partito da lì a pochi minuti… quando tornerà affronteremo l’argomento come si deve”
Iris ed Erin si guardarono poco convinte. Quei temporeggiamenti non erano tipici dell’amica che avevano imparato a conoscere negli ultimi mesi. Era come se, nell’approcciarsi al biondo, Rosalya manifestasse una fragilità e insicurezza che altrimenti erano estranee alla sua vera natura.
“tutto qui quindi?” concluse la rossa, un po’ delusa.
“e che vi aspettavate? Che mi sbattesse contro il muro e facessimo sesso in salotto?” sbottò l’altra cominciando ad irritarsi.
“aspetta Rosa” patteggiò Erin, mettendo le mani in segno di conciliazione “non scaldarti. Capisco che sia un grosso passo in avanti dopo tre anni a far finta di essere amici ma da una persona decisa come te mi aspettavo che avresti voluto mettere in chiaro la questione”
L’amica puntò lo sguardo su un angolo del bagno, mordicchiandosi il labbro inferiore e non replicò in alcun modo a quell’obiezione finché non fu l’intuizione di Iris a smuoverla:
“lo fai per Leigh?”
Erin strabuzzò gli occhi, sentendo nominare un’opzione della cui esistenza si era completamente dimenticata. Del resto, Rosalya non le aveva ancora raccontato di cosa aveva detto al suo ex quando si erano lasciati mentre Iris ne era stata informata durante le vacanze; il moro in sintesi aveva intuito che fosse proprio Nathaniel la causa della loro separazione, sentendosi ferito ancora di più.
“ci siamo lasciati due settimane fa… se venisse a sapere che sto già con Nathaniel gli darei l’ennesima batosta” mormorò mestamente la ragazza “cercate di capirmi… per me in fondo è come se io e lui stessimo già insieme è solo che aspettiamo il suo ritorno per ufficializzare la cosa… e nel frattempo spero che Leigh riesca a dimenticarmi”
La campanella suonò, salvando la ragazza dal perpetuarsi di quegli sguardi dispiaciuti delle amiche: fu la prima ad uscire dal bagno, seguita in silenzio da Erin ed Iris che si scambiavano occhiate solidali.
 
Erin si accomodò al suo posto, mentre Kentin la fissava con un certo interesse. Da quando era arrivato, non la smetteva di squadrarla in quel modo, con quella smorfia appena accennata di beffa e curiosità.
Solo allora si ricordò della domanda che le aveva posto e che tanto l’aveva sconvolta:
“tu conosci mia sorella?” gli chiese mentre la Fraun cercava di fare un riassunto dell’ultima lezione che risaliva a prima delle vacanze.
“ah-ah” sussurrò Kentin che si era già attivato in modalità amanuense.
“e come fai a conoscerla?” insistette la ragazza.
“Travis! Non è possibile! Prima con Black e ora anche con il nuovo arrivato! Non riesci a stare zitta a lezione?” velenò la donna con acidità, ricalcando il rimprovero che la studentessa aveva ricevuto un’ora prima da Condor.
Dal momento che recuperare il rispetto di quell’insegnante era un’impresa impossibile, la studentessa le rispose con un’occhiataccia e nessuna parola di scuse uscì dalla sua bocca.
L’unico motivo per cui non tornò a martellare di domande Kentin era l’impegno che il ragazzo metteva nel seguire la lezione e non voleva certo essere lei la sua fonte di distrazione. Ricacciò giù, come un boccone troppo grosso, la curiosità di sapere come potesse conoscere la gemella, e finse di ascoltare la spiegazione.
Arrivò il cambio dell’ora e finalmente potè chiacchierare con lui in santa pace. Vide Iris voltarsi e le fece cenno di raggiungerla, ma la ragazza scosse il capo con un sorriso gentile e annunciò che doveva ripassare biologia.
La mora rimase alquanto sorpresa perchè si era ormai convinta che l’amica avesse una sorta di allergia allo studio. Nonostante l’aria da studentessa modello, educata e diligente, Iris faticava a concentrarsi sui libri e, per certi versi, le ricordava Castiel:
“senti cervello” pensò tra sé e sé “già e abbastanza penoso che abbia capito dopo tre mesi di essere innamorata di quella cipolla rossa, ma potresti evitare di tirarlo fuori in ogni confronto? Non è mica un’unità di misura
Abbandonò quella conversazione tanto assurda quanto unidirezionale con il suo inconscio e tornò a concentrarsi su Iris: non capiva perché la rossa non si avvicinasse a Kentin, dal momento che si erano già incontrati una volta. Era la sua occasione per rinfrescargli la memoria e conoscersi come si deve.
Stava allora per rivolgersi al ragazzo quando notò la figura di Melody alla sua destra.
“sei il nuovo studente?” chiese la nuova segretaria delegata, guardandolo dall’alto in basso. Senza lasciargli il tempo di confermare la sua identità, la mora si presentò “sono Melody. Questa mattina non sei venuto in segreteria così non ho potuto illustrarti il regolamento scolastico”
Il ragazzo la guardò con curiosità, inclinando la testa di lato, come se avesse di fronte uno stravagante esemplare di uccello del paradiso e borbottò:
“pensavo bastasse presentarsi a lezione”
“no” puntualizzò la mora, mentre il sopracciglio sinistro si innalzava irritato “ci sono delle regole e il mio ruolo mi impone di spiegartele”
“non hai una specie di foglio? Così me lo leggo e ti risparmi il disturbo”
Erin dovette trattenersi dal ridere nel vedere l’espressione indignata di Melody. Pian piano cominciava a conoscere quel ragazzo e il suo modo di fare: Kentin era la quintessenza dell’innocenza e dell’ingenuità. Esprimeva i suoi pensieri senza malizia eppure finiva spesso per essere equivocato. Non intendeva allontanare la segretaria, voleva solo risparmiarle del tempo per qualcosa che poteva fare benissimo da solo.
“questa è la lista dei club” attestò a denti stretti la ragazza, sottoponendogli un foglio in cui era disegnata una tabella “poichè l’anno è già iniziato, ti ho segnato solo quelli che sono rimasti disponibili”
Kentin notò per l’appunto che alcune righe erano evidenziate e concluse:
“quindi questi sottolineati in giallo sono le mie opzioni”
“no” lo smentì Melody, sempre più spazientita “ quelli sono i club che hanno già anche troppi iscritti”
“non è molto intuitivo così. Potevi cancellarli con una linea orizzontale, anziché metterli in evidenza”
Erin stava facendo l’impossibile per non scoppiare a ridere: era vero che l’antipatia reciproca tra lei e Melody era andata aumentando, ma scoppiare a riderle in faccia sarebbe stato troppo.
“se sei tanto bravo, fallo tu il segretario allora” sbottò la ragazza, girando i tacchi.
“ma che le è preso?” commentò lui confuso, guardando verso Erin che sghignazzava.
“lasciala perdere. Allora vediamo, che club ti sono rimasti?” chiese, allungandosi verso di lui.
Iris si voltò e osservò la sua amica che aveva sporto il busto verso il ragazzo, sbirciando il contenuto del foglio che lui teneva tra le mani. Si era persa la scena con Melody, tanto era concentrata a far finta di studiare e avvertì una punta di invidia e fastidio nell’essere esclusa da quella complicità. D’altronde, non era colpa di Erin se lei era una banalissima ragazza, insignificante e insicura.
“giornalismo, basket, giardinaggio, atletica” recitò il ragazzo “siete pieni di attività qui”
“sei fortunato. Quando sono arrivata qui avevo la metà delle opzioni che hai tu”
“è da tanto che ti sei trasferita?”
“tre mesi”
“il club di giornalismo com’è?”
“ci lavora una sanguisuga di nome Peggy. Se vuoi posso portarti il numero di dicembre così ti rendi conto della spazzatura che pubblicano” raccontò la mora, sorvolando sui contenuti del numero di Novembre, che l’aveva vista come protagonista.
“se mi dici che parliamo di giornalismo scadente allora non fa per me”
“tu saresti stato perfetto per il club di letteratura” commentò Trevor, voltandosi verso i due compagni di classe. Girò la sedia e si mise a cavalcioni su essa e poi disturbò la sua compagna di banco:
“eddai Kim! Che cazzo ti metti a ripassare adesso? Tanto non ti entra nulla in testa, specie se parliamo di scienze”
“ha parlato Einstein” lo rimbeccò sarcastica la velocista, girandosi rassegnata verso i due ragazzi seduti dietro di lei; rivolgendosi a Kentin, esclamò “allora genio, quale club sceglierai?”
In cuor suo, la cestista sperava che il posto del club di atletica rimanesse vacante ancora per un altro mese.
“beh sicuramente non basket. Non sono granchè negli sport di squadra” confessò il nuovo studente.
“peccato, stai parlando con tre dei migliori giocatori della squadra del liceo” si pavoneggiò Trevor.
“parla per te” mormorò mestamente Erin, amaramente consapevole di essere l’elemento più debole del team.
“ah, quindi fai parte della squadra Travis?” le chiese evidentemente sorpreso Kentin. La ragazza, un po’ indispettita per essere stata chiamata per cognome, stava per replicare, quando Kim soggiunse con una leggera apprensione:
“e il club di atletica?”
 “naa… ne ho piene le scatole di fare attività fisica” si lamentò il ragazzo, senza spiegare cosa intendesse di preciso mentre Trevor incalzava impaziente:
“allora, cosa hai deciso?”
“boh, ci devo pensare. Dove la trovo quella ragazza? Com’è che si chiama? Sinfony?”
“no, Doremì” ridacchiò Erin “ si chiama Melody. La trovi nell’ufficio accanto alla segreteria prima delle otto e durante le attività dei club del pomeriggio”
“non sarà molto felice di vedermi” previde il ragazzo, grattandosi la nuca.
Miss Joplin varcò la soglia dell’aula e gli studenti, Trevor e Kim compresi, tornarono a sedersi compostamente. Diversamente dal professor Condor, salutò i ragazzi con allegria e si concentrò sul nuovo arrivato:
“sono contenta di avere un nuovo studente. Una testa in più fa sempre comodo all’interno di un gruppo di menti” commentò la donna compiaciuta.
Erin, eccitata alla vista della sua insegnante preferita, si preparò a prendere appunti: si portò su una nuova pagina del suo block notes, scrisse la data e ordinò la cancelleria sul banco.
Miss Joplin, dopo un breve riepilogo finalizzato a rinfrescare la memoria dei suoi studenti, cominciò ad esporre il nuovo argomento: la fotosintesi clorofilliana. A quelle parole, la ragazza udì uno sbuffo infastidito e si voltò sorpresa verso lo studente modello seduto accanto a lei:
“ma che palle di argomento!” si lagnava Kentin.
Cogliendo l’occhiata perplessa della compagna di classe, esternò:
“odio imparare le cose a memoria. Sai che due palle imparare tutti i nomi di questi composti?”
“ben detto” sussurrò Kim, nota per il suo odio per la biologia.
“non è poi così male” mormorò Erin insicura, sentendosi una pecora nera in un gregge di bianchi pecoroni. Per lei che amava scoprire il meccanismo biologico che animava la natura, era inconcepibile il disprezzo che traspariva dalle parole del vicino di banco.
“che cacchio c’è da dire delle piante poi? Buttavano fuori ossigeno e basta. Non c’è altro che vale la pena sapere” continuò il ragazzo, senza accorgersi che la sua irritazione lo portava ad aumentare inesorabilmente il volume della voce.
“vuoi parlare piano? Guarda che ti sente!” lo zittì Erin.
La loro sarebbe stata una convivenza interessante: quando lei avrebbe voluto ascoltare la lezione, lui si sarebbe distratto tutto il tempo, viceversa, durante le materie umanistiche, Kentin non le avrebbe consentito di disturbarlo un secondo.
 
La lezione della Joplin trascorse quindi tra i commenti annoiati di Kentin e i rimproveri sempre più spazientiti di Erin: aveva accanto un ragazzo completamente diverso da quello che aveva seguito le prime due ore e la cosa la infastidì non poco dal momento che per colpa sua, si stava distraendo dalla sua materia preferita.
Al cambio dell’ora, Charlotte tornò a importunare il vicino, così Erin si alzò e raggiunse Iris. Si era rassegnata al fatto che avrebbe dovuto aspettare il pranzo prima di parlargli con tranquillità di Sophia e inoltre, doveva assolutamente chiarire con Iris il perché del suo strano comportamento.
Le due si diressero verso il bagno ma si fermarono prima a scambiare due parole con Ambra. Tornata al liceo la bionda aveva scoperto che la sua ex amica Charlotte aveva scambiato il suo posto con un’altra ragazza e la cosa non le dispiaceva affatto. Le due ragazze le chiesero di Nathaniel e delle vacanze, mentre Ambra ricambiava l’interesse domandando di Sophia.
 
Una volta alla toilette, Erin affrontò Iris:
“insomma, si può sapere che ti prende? Perché non vieni a parlare con Kentin?”
“ma non hai visto che non mi ha neanche riconosciuto?” articolò sconsolata  “mi ha ignorato completamente. Non ho nessuna intenzione di andare da lui per dirgli ehi ciao, ti ricordi di me? Sono quell’idiota che era convinta che Tolstoj fosse tedesco”
Erin sospirò pazientemente, non cogliendo a pieno il malessere dell’amica:
“basterebbe dirgli che vi eravate incontrati in biblioteca… che senso ha mettere il coltello nella piaga?”
“per te è facile parlare Erin. Sei una ragazza che non si dimentica. Io sono una persona anonima e insignificante. La classica studentessa gentile che va d’accordo con tutti ma che non ha un briciolo di personalità”
La mora rimase senza parole, poi protestò:
“ma che stai dicendo Iris? Cos’è questa storia?”
La campanella suonò e fornì alla rossa il pretesto per interrompere una conversazione portata ad un piano a cui non voleva arrivare. Tornò quindi in classe, seguita dall’amica, che continuava a lanciarle occhiate confuse.
 
Sedutasi al suo posto, Erin trovò Kentin intento a studiare la lista dei club che gli aveva fornito Melody.
“ma, questa Iris Levine è per caso quella ragazza?” chiese indicando la rossa seduta in seconda fila. Il nome della ragazza era segnato sotto la voce “presidenti” ed era associato al club di giardinaggio.
“sì esatto” confermò la vicina, anche se, a causa dello strano comportamento dell’amica, non sapeva se menzionare la fatto che già si fossero conosciuti.
Kentin non replicò, ripiegò con cura il foglio e sollevò leggermente il sedere per riporre il foglio nella tasca posteriore dei pantaloni.
 
Prima di andare in mensa con i suoi amici, Erin e Kentin si recarono da Melody: la prima doveva consegnarle i documenti da parte di Castiel, il secondo comunicarle la scelta del club, che rimaneva ancora un mistero per la mora.
I due entrarono nella stanza, trovando la segretaria intenta a consumare il suo pranzo. Quella vista interì Erin, che per una volta provò compassione per la ragazza. Riflettè sul fatto che non l’aveva mai vista in compagnia di una persona che non fosse Nathaniel. Ora che il biondo era lontano, Melody era ancora più sola.
In fondo quando l’aveva conosciuta, la ragazza le aveva dato un’ottima impressione di sé: era stata gentile e premurosa finchè non aveva colto la simpatia reciproca tra lei e il biondo.
“Melody, sono venuta a portarti dei documenti da parte di Castiel” annunciò, allungandole il pacco.
“c’è tutto?” domandò, deglutendo un boccone e alzandosi in piedi.
“non ne ho idea. Non so neanche cosa ci sia dentro”
La segretaria annuì e prese in consegna la busta gialla. Erin allora si congedò, assicurando a Kentin che gli avrebbe tenuto un posto in mensa.
 
Il ragazzo camminò per i corridoi con un sorrisetto soddisfatto e, dopo aver chiesto informazioni ad un gruppo di ragazzi, riuscì a raggiungere la mensa. Si trovò di fronte una fila infinita di studenti, costretti a mangiare al chiuso a causa del clima gelido. Tuttavia, i ragazzi erano incolonnati secondo un ordine relativo e i vassoi scivolavano veloci sulla griglia del self service. Sbirciò l’aspetto dei piatti e constatò che era decisamente migliore rispetto alla vista a cui era abituato nella vecchia scuola.
Una volta procacciatosi il pranzo, cercò Erin tra la folla di ragazzi che avevano già occupato il loro posto ma il suo sguardo cadde su una testa di capelli rossi: sorrise riconoscendo Iris, accanto alla quale individuò la sua vicina di banco.
“ragazzi, vi presento Kentin” annunciò Erin, mentre il ragazzo trovava posto tra lei e Rosalya.
In quel momento la conversazione era tenuta in piedi da Alexy, che raccontava allegramente dell’avventura sulla neve con il fratello. Appena vide il nuovo ragazzo, le parole gli morirono in gola e sgranò gli occhi, arrossendo leggermente. Rosalya, seduta davanti a lui ridacchiò, scrutandolo con i suoi occhi felini che cominciarono a brillare per l’eccitazione. Lysandre allora esordì con un accogliente:
“benvenuto al Dolce Amoris”
“grazie… ho una domanda” affermò il nuovo arrivato, cogliendolo alla sprovvista “ma questa scuola ha davvero un nome ufficiale così patetico, oppure ne ha uno più serio?”
I presenti rimasero un po’ perplessi, mentre Erin, ormai abituata ai modi spontanei del ragazzo, replicò placidamente:
“non mi risulta”
“e invece sì Cip” la corresse Rosalya “questa è la Atlantic High School”
“è un nome quasi più idiota dell’altro. Perché chiamarla Atlantic? Distiamo più di trenta miglia dall’oceano!”
“forse perché chi l’ha pensata non aveva tanta voglia di rompersi le palle a pensare ad un nome più originale” ipotizzò Armin divertito “per la cronaca, io sono Armin… Irina, sei proprio pessima con le presentazioni” la rimproverò “non ci hai presentato”
“hai la lingua, usala!” protestò lei. Il ragazzo allora, in risposta, le fece una linguaccia dispettosa mentre Lysandre interveniva:
“io sono Lysandre, lei è mia sorella Rosalya” disse, indicando la ragazza seduta all’altra estremità della comitiva “poi c’è Alexy e lei è Violet. Immagino che Iris tu già la conosca”
Kentin spostò lo sguardo verso la ragazza seduta esattamente davanti a lui. Appena intercettò quell'occhiata, la ragazza arrossì timidamente e in preda all'imbarazzo, farfugliò:
“b-beh non so se lui si ricorda di me”
“ma non siete in classe insieme?” la interrogò Lysandre dubbioso, temendo per un attimo che la sua pessima memoria gli avesse giocato l’ennesimo tiro mancino.
“ah, sì… giusto… è così” borbottò la rossa ancora più a disagio. Teneva lo sguardo basso, a fissare con un interesse spropositato un pasticcio di carne dall’aria poco invitante.
“allora Kentin, che club hai scelto?” s’intromise Rosalya “Erin ci ha detto che sei stato da Melody”
“beh… l’unico che era rimasto disponibile”
“ma come? Se stamattina erano quattro!” protestò Erin.
“mi ha detto che ha sbagliato. Ne era rimasto solo uno”
Armin sghignazzò mentre Lysandre tratteneva a stento un sorriso ironico.
“questo mi ricorda quando quei due beoti si sono ritrovati nel club di cucito” esclamò goliardico Armin.
“che scena” commentò Lysandre con un’espressione nostalgica.
“i due beoti chi sono?” s’incuriosì Kentin, masticando la più buona bistecca servita in una mensa che avesse mai assaggiato.
“due nostri amici. Uno si chiama Nathaniel e adesso è in California, era il delegato del liceo… mentre l’altro, Castiel è in Germania” spiegò Armin.
“per caso lavora con i Tenia?”
“e tu come lo sai?” sbottò Erin sorpresa, mentre la voce le saliva più acuta del normale. Le bastava davvero poco per scattare o più precisamente, qualsiasi riferimento al rosso, sortiva in lei l’effetto della puntura di un ago.
“qualche giorno fa sono stato al negozio di CD di Madison Street”
“allora eri vicino a casa di Castiel” lo interruppe Armin mentre Erin lo zittiva infastidita, in modo che Kentin potesse continuare a spiegare:
“ho sentito il titolare che parlava di un liceale che era stato preso a lavorare con loro in Germania. Sono una band esordiente a quanto ho capito”
“le voci girano” commentò Lysandre compiaciuto. Anche se non gli era difficile rispettare il silenzio dell’amico, sperava che prima o poi si facesse vivo, se non altro per condividere con lui le emozioni che scaturivano da quell’incredibile esperienza.
“sarei curioso di conoscerlo. Ne parlavano proprio bene di questo Castiel” confessò Kentin.
“beh, uno dei pochi ambienti dove Castiel dà il meglio di sé è quello musicale.. e poi in quel negozio di dischi ci è praticamente cresciuto” illustrò il poeta, ripensando a tutte le volte che aveva cercato di trascinarlo fuori, dopo intere ore passate in quel locale.
“praticamente si mangiava tutti i soldi che gli passava il padre comprando cd” commentò Armin “ti credo che il titolare lo ami”
“infatti non capisco perché quello scemo non scarichi la musica da internet come tutte le persone normali” s’intromise Rosalya, che per Castiel aveva sempre una parola gentile.
Erin sorrise tra sé, ripensando alla conversazione avuta a casa del ragazzo settimane prima; non voleva condividere con gli altri la spiegazione del perché per l’amico fosse così importante collezionare CD: avrebbe dovuto rivelare un lato sensibile di lui che preferiva custodire per sé.
“comunque, questo è Castiel” intervenne Armin, esibendo sotto gli occhi di Kentin, una foto dal cellulare.
Erin si allungò verso lo schermo, invidiando a morte il moro per quel prezioso monile. Si sentiva un po’ idiota per quella sensazione, ma ogni immagine di Castiel era ormai diventata preziosa.
Kentin studiò con curiosità l’aspetto del ragazzo e, restituendo lo smartphone al moro, domandò:
“perché indossa una parrucca?”
Rosalya ed Armin si piegarono in due dal ridere, mentre anche tutti gli altri sfuggì un sorriso ironico.
“AHAHHAHAA, mi fai morire, giuro” esclamò Armin con una risata grassa, sbattendo il pugno sul tavolo e reclinando la testa all’indietro.
In quel momento passarono dietro di lui Ambra e Lin e il moro rimase in quella strana posizione, guardando la bionda dal basso verso l’alto.
“stai facendo un casino Armin che ti si sente dall’altra parte delle mensa” lo rimproverò mentre riportava il vassoio al nastro trasportatore.
“riconosceresti la mia voce ovunque eh?” la punzecchiò il ragazzo con allegria, mentre lei gli lanciava un’occhiataccia e tirò dritto, per non palesare l’espressione divertita che lui riusciva sempre a strapparle.
Mentre le due si allontanavano, Erin tornò a spiegare:
“sono i suoi capelli veri. Ma non chiederci perché si ostina a portare questo colore assurdo”
“beh, parliamo del taglio?” intervenne Rosalya.
“ragazzi, non sta bene parlare di chi non c’è” intervenne Lysandre.
“ma tanto glielo diciamo anche in faccia” si difese la sorella.
“non stavamo parlando dei club?” intervenne Violet, decidendosi finalmente a far sentire la sua voce.
Kentin si guardò attorno atterrito.
“che hai?” gli chiese Armin.
“ma non l’avete sentita anche noi? Una vocina sussurrata e bassa?”
I ragazzi scoppiarono nuovamente a ridere, di fronte all’espressione terrorizzata del nuovo arrivato mentre Violet si schiariva la voce e alzandone un po’ il volume, ripetè:
“sono io che ho parlato”
Sporgendosi alla sua sinistra, guardando oltre Erin, finalmente il ragazzo individuò l’artista, della cui presenza si era completamente dimenticato. Sollevato che non ci fosse nessuna natura paranormale dietro quel fenomeno, le rispose:
“sono iscritto al club di giardinaggio”
Armin, nonostante la bocca piena, scoppiò in una risata fragorosa, sputacchiando del cibo alla malcapitata Erin seduta davanti a lui. La ragazza lo guardò con odio, manifestando tutto il suo disgusto mentre tutti gli altri ridevano divertiti. Era davvero un flash back a quattro anni prima, quando Castiel e Nathaniel, in circostanze analoghe, si erano ritrovati nel club di cucito.
L’unica a non ridere era Iris: il suo volto era l’espressione più lampante dello sbigottimento: le sue labbra di era dischiuse, la gola le si era seccata all’improvviso e le sopracciglia si erano incurvate nel descrivere un arco morbido sopra quelle iridi così chiare.
“non ci posso credere!” lo canzonò Erin dopo essersi ripulita la faccia “è tutto il giorno che ti lamenti di quanto ti facciano schifo le piante e ti sei ritrovato nel club di giardinaggio?”
Kentin scrollò le spalle, come se la cosa non gli pesasse quanto poteva immaginare la ragazza, mentre Violet e Lysandre lo scrutarono con vivo interesse.
“ehi Alexy, ti sei mangiato la lingua?” intervenne il fratello, lanciandogli una patatina. Il gesto fu particolarmente sgradito dal gemello che gli restituì un’occhiataccia. Rosalya sorrideva complice così cercò di liberare l’amico dall’imbarazzo e dall’attenzione generale che si era focalizzata su di lui.
“quindi Kentin, che scuola hai frequentato?”
A quella domanda, il moro migliorò la postura, distendendo leggermente il collo e allargando impercettibilmente le spalle.
“sono andato all’accademia militare di Harrisburg” annunciò con un certo orgoglio. Pronunciò quella frase osservando di sottecchi la reazione di Iris e rise sotto i baffi nel vedere la forchetta della ragazza scivolarle nel piatto. Tuttavia la reazione più esagerata fu quella di Erin che, sorseggiando della Coca-Cola finì per annaffiare Armin, restituendogli l’esperienza provata poco prima.
“t-tu non sarai mica il Ken che era in classe con Sophia in prima liceo?” esclamò sconvolta.
“finalmente ci sei arrivata Travis” commentò con un sorriso sardonico il ragazzo. Da un lato era soddisfatto dell’effetto sorpresa che aveva sortito in Erin, mentre dall’altro era lusingato al pensiero di ciò che potevano pensare di lui le persone sedute a quel tavolo. Del resto, un militare, anche se solo adolescente, ha pur sempre il suo fascino.
“lo conoscevi già? E te ne sei accorta solo ora?” la derise Rosalya.
“ovvio che non l’ho riconosciuto subito!” si difese l’amica “era quel ragazzo di cui vi ho fatto vedere la foto in gita”
“il ragazzo con gli occhiali?” tentò Iris, parlando per la prima volta da quando Kentin si era seduto davanti a lei.
 
“allora Iris il tuo uomo ideale come dovrebbe essere?” le chiese gentilmente Rosalya per distoglierla dai suoi pensieri “abbiamo capito che non vuoi un militare” scherzò subito dopo, sdrammatizzando la situazione.
“ragazzo?” chiese Iris interrogativa.
“porca miseria Iris! Sei asessuata per caso?” sbottò Rosalya di fronte alla perplessità della ragazza “ce l’avrai pure un modello standard di riferimento del genere maschile!”
Rosalya improvvisamente tacque, come se un pensiero sconcertante le avesse attraversato la mente. Di fronte al suo silenzio repentino, le due amiche non seppero se preoccuparsi o incuriosirsi. Dopo un paio di secondi la ragazza affermò:
“Iris… non è che sei lesbica?”
“ma che vai a pensare scema!” le saltò su Iris mettendosi in piedi.
Avvampò all’istante, rendendosi conto di aver attirato su di sé l’attenzione della sala per poi ricomporsi lanciando un’occhiataccia a Rosalya, mentre Erin ridacchiava.
“allora non hai un ragazzo ideale in mente?” concluse Erin, cercando di riportare la conversazione sull’argomento iniziale.
Iris sbuffò, ancora innervosita dal commento di Rosalya e spiegò:
“invece ce l’ho. Ma è solo una figura utopica che non esiste”
“si chiama ragazzo ideale proprio per questo” puntualizzò Rosalya “ti assicuro che i ragazzi non hanno nulla di ideale quando cominci ad uscirci” spiegò con aria da donna navigata.
“un po’ amaro come commento per una che è fidanzata” osservò Erin.
“ovviamente Leigh è un’eccezione” chiarì l’altra, ritrattando in parte la sua affermazione “allora sentiamo Iris: come è questo uomo?”
“beh, innanzitutto deve essere un ragazzo sensibile, intelligente… anche un po’ timido magari. Avete presente quell’aria un po’ intellettuale e imbranata?”
“ti piacciono quelli con gli occhiali?” chiese Rosalya con un’espressione dubbiosa e sconcertata.
“mica tutti quegli con gli occhiali sono così” obiettò Iris “e comunque se anche ce li avesse non sarebbe un problema”
Mentre Rosalya, il cui ideale di uomo non combaciava affatto con quello disegnato da Iris, cercava di capirne i gusti, Erin si frugò nelle tasche e afferrò lo smartphone. Cercò nella galleria e selezionò una foto che mostrò alle amiche:
“ti piacciono i tipi come lui?”
La foto ritraeva Kentin detto Ken, un ragazzo che frequentava la sua vecchia scuola. Occhiali a girella e capelli a scodella era il suo infamante binomio identificativo. Il ragazzo inoltre era penalizzato anche dall’altezza, non superiore al metro e sessantatré.
Aveva cambiato scuola quando Erin era in prima e da allora erano passati tre anni senza avere sue notizie.
Alla vista di quell’ impietosa rappresentanza dell’universo maschile, Rosalya scoppiò a ridere e Iris difese le sue convinzioni:
“non prendermi in giro!”
 
(tratto dal capitolo 20 – Pioggia)
 
 
Kentin Affleck era incarnazione di tutto ciò che Iris amava e al contempo odiava: era un ragazzo intelligente  e con una sensibilità raramente riscontrabile nell’universo maschile che lo portava ad apprezzare i grandi classici della letteratura, cosa che a lei risultava alquanto ostica. D’altro canto però, aveva appena ammesso, e con una certa boria, di aver ricevuto la peggiore educazione a suo avviso possibile: quella militare.
“voglio vederla anche io questa foto!” aveva cominciato a protestare Armin.
Erin stava per recuperare il cellulare, quando Kentin le bloccò il braccio con veemenza.
“fa vedere in giro quella foto ancora una volta Travis, e ti giuro che sarà la volta buona che picchio una donna”
La ragazza rimase sconvolta: non aveva nulla del Ken che ricordava lei, mentre il resto della comitiva, scoppiava in una risata.
Iris però non rideva. Anche se si trattava di una battuta, la rossa vide in quelle parole la concretizzazione dei modi grezzi e bruschi con cui talvolta si esprimeva suo padre. Le era bastato un niente per veder crollare tutti i suoi castelli in aria.
“quindi hai davanti la tua futura capa” commentò Rosalya, riferendosi ad Iris.
Kentin spostò finalmente lo sguardo verso la rossa, la cui espressione era imperscrutabile. Non era più imbarazzata o in difficoltà. Dal suo viso non traspariva alcuna emozione chiara e definibile.
“è-è da molto che sei a capo del club?” chiese il ragazzo, riabbassando subito gli occhi.
Quel gesto la fece vacillare, chiedendosi come la sicurezza manifestata poco prima fosse già evaporata. Prima di formulare quella domanda, le labbra del ragazzo sembravano aver tremato un po’, ma solo lei ed Alexy se ne erano accorti.
“da quest’anno. Però è dal primo anno che faccio parte di questo club, non ho mai voluto cambiare” spiegò la ragazza.
“e come mai?” indagò Kentin, allungando il braccio per prendere l’olio.
“beh mi piacciono i fiori” borbottò Iris a disagio.
La sua risposta non brillava di originalità e si sentiva alquanto stupida per questo. Le capitava spesso, quando era al centro dell’attenzione, di non riuscire a pensare a nulla di interessante da dire. Il suo cervello si bloccava e le risposte migliori le uscivano quando ormai non c’era più nessuno disposto ad ascoltarle.
Era anche questo ad acuire il suo senso di inferiorità rispetto ad Erin e Rosalya, che risultavano molto più a loro agio tra i ragazzi.
“non fa una piega” riconobbe Kentin, anch’esso incapace di rendere più accattivante la discussione.
“perché Iris non gli spieghi cosa dovrete fare oggi?” le venne in aiuto Erin “non avete quei bulbi di piantare?”
“beh, glielo spiegherò dopo”
“no no, voglio sapere” protestò Kentin.
Un po’ perplessa, Iris proseguì:
“beh vedi, c’è un cane che si intrufola ogni tanto in questa scuola e manda all’aria alcune delle piante”
“un cane? E non vi sembra strano che venga apposta in questo liceo per cagare?”
Iris non apprezzò lo scivolone gergale del ragazzo e lo rimbeccò:
“complimenti per la finezza”
Non voleva risultare così acida, ma era stato più forte di lei: a uno come lui, con una padronanza linguistica invidiabile, non poteva perdonare un gergo così scurrile.
“scusa…” mormorò Kenti a disagio, mettendo lei ancora più in difficoltà “cioè, volevo solo dire che non è un comportamento normale nemmeno per un cane quello di entrar-“
“non devi essere così nervoso Kentin” lo schernì Armin, alquanto divertito da quell’impacciato scambio di battute.
“ma non sono nervoso!” sbottò il ragazzo avvampando, che per tutto il tempo aveva tenuto il capo chino come un bambino e aveva masticato le parole.
“allora perché ti stai versando l’olio nel bicchiere con la Coca-Cola?” chiese Violet con sincero interesse.
Kentin alzò lo sguardo e si accorse di aver mosso il braccio inconsapevolmente, centrando per giunta il bersaglio sbagliato.
Tutti scoppiarono a ridere, tranne Iris e Alexy che risposero con un’espressione molto simile, quasi di tenerezza verso quel ragazzo all’apparenza tanto sicuro di sé, eppure così imbranato.
 
Erin entrò in palestra, trepidante all’idea di rivedere tutta la squadra.
Tutta non era certo l’aggettivo più adatto, ma non poteva passare i successivi mesi ad angosciarsi per la mancanza di Castiel. Era una frase che si ripeteva di continuo, con la speranza che, insieme al cervello, anche il suo cuore di rassegnasse a quell’amara realtà.
I giocatori la salutarono con affetto, senza interrompere ciò che stavano facendo: c’era chi si esercitava nei tiri liberi, chi palleggiava svogliatamente e altri, come Kim, Trevor, Dajan e Liam che chiacchieravano.
Fu proprio da questo quartetto che la ragazza si diresse.
“almeno studia tu un po’ di francese!” stava dicendo l’unica cestista donna del gruppo.
“perché dovrebbe studiare francese?” s’intromise Erin.
“Trevor si è trovato una ragazza” spiegò Liam con un sorrisetto sardonico “il problema è che si esprime solo francese e non capisce un tubo di quando lui parla e viceversa”
“non è che non capisce un tubo” la difese il cestista “diciamo che non afferra esattamente tutto quello che le dico… e poi credimi amico… con una come lei, ci si capisce al volo per certe cose” spiattellò senza pudore, lanciando ai due maschi presenti un’occhiata eloquente che le due ragazze biasimarono.
“come si chiama questa tua nuova perla?” chiese Erin.
“Brigitte” sospirò il ragazzo, con gli occhi dai quali salivano mille cuoricini innamorati.
“e dove l’avresti conosciuta?”
“in Quebec, mentre ero in vacanza con i miei”
Il confronto tra le abitudini vacanziere della sua famiglia e quelle di alcuni degli studenti del Dolce Amoris era stridente: fin da quando lei e sua sorella erano piccole, Peter e Amanda, le portavano in escursione in qualche parco naturalistico delle vicinanze ma non potevano permettersi viaggi così costosi che implicassero l’uscita dai confini nazionali. Trevor invece era solo uno dei tanti studenti del liceo che aveva trascorso delle vacanze da favola, in posti lontani ed interessanti. D’altronde, nonostante la pateticità del nome, il Dolce Amoris godeva di un certo prestigio e l’ampia e variegata offerta formativa era alla base del successo della scuola; per poter sostenere tutte le spese, la retta scolastica era un po’ più alta rispetto agli altri istituti privati ed Erin ancora non si capacitava del come la sua famiglia potesse permettersi di mantenerla a Morristown.
“ragazzi, c’è una cosa di cui dobbiamo parlare” annunciò Boris, varcando la soglia della palestra.
Per un tipo rumoroso ed esibizionista come lui, quell’ingresso così tetro e sbrigativo, non lasciava presagire nulla di buono. I cestisti si allinearono davanti a lui, aspettando di sentire le ultime novità:
“come sapete, tra un mese esatto, inizierà il torneo e tutti e undici parteciperete, chi come riserva chi come titolare… tuttavia la partenza di Castiel ha lasciato un posto vacante”
Erin si irrigidì. Temeva quale sarebbe stata la continuazione di quel discorso.
“io sono dell’idea di trovare un sostituto anche se so perfettamente che tutti i giocatori di basket più forti della scuola sono qui. Ma non ha nessun senso presentarsi senza aver a disposizione il numero massimo di giocatori: le partite sono molto ravvicinate e se riusciamo a guadagnare una vittoria dopo l’altra, il vostro fisico ne risentirà; più giocatori ho per le mani, e più potrò darvi il cambio, diminuendo il vostro affaticamento. In particolare, l’idea sarebbe quella trovare una terza ragazza”
“è impossibile Boris! È stato un miracolo trovare Kim!” protestò Steve.
“qualcosa dobbiamo inventarci” lo liquidò Boris “opterei proprio per le file del club di atletica, almeno sceglieremo una ragazza che sia in forma fisica… Kim, ti viene in mente qualcuna delle tue ex compagne che potrebbe unirsi alla squadra?”
Mentre la mora rifletteva, Erin esclamò:
“aspetta Boris! Non è giusto rimpiazzare Castiel”
Dodici teste si voltarono sorprese mentre lei si sentiva percorsa da brividi. Non potevano sostituirlo:
“so che non potrà partecipare fisicamente al torneo, però rimane un membro della squadra. Anche se sarà solo una formalità, non sarebbe giusto da parte nostra iscriverlo comunque?”
“che senso ha Erin? Giusto oggi a pranzo sono stati recapitati i documenti che ufficializzano la sua assenza da scuola fino a giugno” le raccontò Boris, svelando il contenuto della carte che lei stessa aveva consegnato un’ora prima “da allenatore che punta alla vittoria, per me la tua obiezione non ha nessun senso”
All’inizio Erin rimase spiazzata dal modo in cui Boris si rivolgeva a lei, freddo e spazientito, ma poi capì: anche lui era rimasto scottato dalla partenza del giocatore più promettente della squadra. L’uomo non sapeva quanto il sogno di Castiel fosse importante per lui e il suo animo semplice, non riusciva a non palesare la delusione di partecipare ad un torneo del genere senza un simile elemento.
Si sentiva stupida perché, al di là dell’amarezza dell’allenatore, in fondo il ragionamento di quest’ultimo non faceva una piega: il regolamento della competizione prevedeva che almeno una ragazza fosse schierata durante ogni partita e presentarsi solo in due, era un rischio troppo grande.
Tuttavia, come le accadeva fin troppo spesso, il cuore non voleva dare retta al suo cervello: tenere il posto in squadra di Castiel, per lei equivaleva a dirgli “non importa se non ci sei, per me è come se fossi qui”.
“sono d’accordo con Erin”
La mora si voltò verso chi era appena intervenuto: a parlare era stato colui che aveva ricevuto da Castiel il titolo di capitano: Dajan.
“non è una questione di buon senso Boris, chiamiamolo piuttosto senso di lealtà: è stato soprattutto grazie alle vittorie dell’anno scorso che la squadra si è qualificata per il torneo e la nostra impennata c’è stata soprattutto da quando Castiel è diventato capitano. Se non fosse per lui, probabilmente non ci saremo mai qualificati. Era la sua voglia di vincere che ci ha portato al livello attuale, quindi come Erin, anch’io voglio che il suo nome compaia nell’elenco dei dodici iscritti… anche se non giocherà”
Boris studiò l’espressione determinata dei suoi giocatori: ciò che l’aveva colpito sin da subito era il cameratismo tra quei ragazzi, apparentemente immaturi e scapestrati. In fondo, nonostante le sue motivazioni, nemmeno lui era convinto a voler rimpiazzare il numero 11 e toccare con mano quella solidarietà tra compagni di squadra, l’aveva profondamente colpito.
“e sia” asserì infine, strappando un sospiro di sollievo alla giocatrice più bassa di tutti “comunque ragazzi, la preside mi ha comunicato che, in vista del torneo, questo mese dovrete rinunciare a due ore alla settimana di lezione alla mattina per allenarvi”
Inutile dire che quella comunicazione destò l’esuberanza generale mentre il coach continuava:
“ho consultato i vostri orari e i giorni papabili sono il martedì e il giovedì, le ultime due ore”
“facciamo martedì!” propose Erin mentre Kim, che non riusciva a ricordare mai l’orario, le chiese:
“che abbiamo martedì?”
“saltiamo le ultime due ore della Fraun!” si entusiasmò la ragazza.
“col cavolo! Sono le mie ore di pennichella quelle!” protestò Trevor “facciamo giovedì!”
“non voglio saltare le due ore di biologia!” toccò ad Erin impuntarsi.
“saltare la Joplin? Dio benedica il basket!” commentò Kim, la cui gioia era tale da farla risultare alquanto buffa, strappando un sorriso generale.
“frenate un attimo!” li richiamò Boris “dal momento che non intendo inimicarmi le mie colleghe, faremo una settimana il martedì e quella dopo il giovedì e così via”
“se vuoi Boris io vengo tutti i martedì” si propose Erin, ma il coach replicò:
“te l’ho detto Erin, non voglio problemi con Melinda”
“e chi è?” chiese Liam.
“Melinda non è il nome della Fraun?” incalzò Dajan.
Gli undici giocatori guardarono il loro allenatore con un sorrisetto canzonatorio:
“ti piace quella vecchia babbiona Boris?” lo canzonò Trevor.
“vecchia? Guarda che ha la mia età!” protestò l’omone, arrossendo.
“nessuno qui ha mai detto che sei giovane” sbottò Kim, sommersa dalle risate goliardiche del resto della squadra.
 
Nonostante fosse nato e cresciuto in un paese gelido come la Svezia, Nathaniel non poteva considerarsi un amante del freddo. Era atterrato a San Francisco e subito si era reso conto di aver sottovalutato la mitezza del clima della costa occidentale. La temperatura non scendeva sotto i dieci gradi quando invece a Morristown la neve ancora imbiancava le strade.
Era partito con una settimana di anticipo rispetto alla data di inizio del progetto che aveva vinto. La decisione era motivata dalla voglia di allontanarsi dalla sua famiglia e, in principio, anche da Rosalya.
Quando però la ragazza si era presentata in casa sua, aveva dovuto cambiare completamente prospettiva: lei lo avrebbe aspettato e di questo fatto ancora faticava a capacitarsene.
Camminò per le strade affollate, cercando di non farsi investire da ciclisti particolarmente lanciati e skater spericolati. San Francisco era un concentrato di caos e rumore, ben lontana dalla tranquilla Morristown in cui aveva trascorso la tarda infanzia e adolescenza.
Stava per svoltare l’angolo, quando venne distratto da un “EHI!”; si voltò di scatto senza capire però da chi provenisse quell’esclamazione; scrollò le spalle e tornò a guardare dritto davanti a sé, appena in tempo per udire un:
“PISTAAAAAA!”
Il ragazzo non riuscì a schivare il proiettile umano che l’aveva appena scaraventato a terra, facendolo atterrare con il sedere. Per sua fortuna, i suoi riflessi da ex calciatore gli avevano fatto portare le mani all’indietro, attutendo la caduta.
“eppure avevo detto pista” brontolò la voce femminile della roller, finita anch’essa con il sedere contro il suolo.
Ancora disorientato per l’imprevisto, Nathaniel non replicò ma si limitò a guardare davanti a sé, e ciò che vide contribuì a enfatizzare la sua perplessità:
“uff, ti pare che devo ancora cadere come una bimba di cinque anni” farfugliava indispettita la ragazza.
Aveva un viso terribilmente familiare, talmente tanto che al biondo uscì spontaneo un solo nome:
“Erin…”
La roller si zittì e lo guardò sorpresa. Aveva dei bellissimi occhi verdi, del colore dei pini di montagna, forse un po’ più scuri di quanto il ragazzo ricordasse.
Tuttavia non poteva essere Erin: la sua ex si trovava a più di 2800 miglia di distanza, a Morristown. E poi non aveva i capelli corti e rossi. Eppure non poteva confondere il suo viso con quello di un’altra ragazza. Quello era il viso di cui credeva di essersi innamorato.
Non poteva quindi che essere lei. L’unica persona che poteva sembrare Erin senza esserlo per davvero.
“Sophia”
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
 
Allora, prometto che questa volta sarò breve e procederò schematicamente (come mi succede un po’ troppo spesso, sono uscita molto provata da questo capitolo):
-È entrato in scena Kentin: visto che ormai avete capito che mi diverto di più a modificare la personalità dei protagonisti del gioco, ecco a voi la mia versione di questo ragazzo (ah, ho il Lov’o metro al massimo con lui, ma non è che di questa cosa vado granché fiera -.-‘). Visto che sono troppo stanca per parlare di lui, spero nelle vostre recensioni per commentarlo insieme :).
-Poi abbiamo Iris: per me è sempre stata un personaggio anonimo ma questo solo perché aspettavo di arrivare qui nella storia per presentarvela in modo più completo. Mi diede molto da pensare una recensione passata dove una ragazza mi disse che non apprezzava particolarmente il personaggio della rossa… il problema era che nemmeno a me in quel momento piaceva, perché non le prestavo attenzione XD…. Ora che finalmente mi sono decisa a tirare fuori anche lei, spero che comincerà a piacere (spero che cominci a piacere anche a me -.^).
-Scusatemi se metto di continuo dei riferimenti ai vecchi capitoli :(… è che la storia è talmente lunga che temo che pretendere che vi ricordiate ogni dettaglio e dialogo è davvero troppo XD… ma nel caso vi diano fastidio, ditemelo che in futuro cercherò di limitarli allo stretto necessario ;)
È tutto! Grazie per aver letto :3… alla prossima!
 
P.S. penso che ormai avrete riconosciuto lo stile di _nuvola rossa 95_ nel primo disegno sotto il riassunto ;) quanto al secondo invece, è opera di caionesabrina ^^…. Un grazie ad entrambe :)
 
  
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