« quindi picche. Io non
ascoltavo granché, quindi volevo la
conferma».
«sì e no. Alla
fine abbiamo ridato buona parte delle vincite
al vecchiardo che abbiamo pelato. Non il primo, il secondo, quello con
la moglie
incinta».
«beh Mintà, il
primo non è che aveva granché da darci
eh».
«effettivamente
no».
«ma comunque ecco, al
secondo vecchio, che tra l’altro da
quel che ho capito dovrebbe essere il padre del tizio che non mi piace,
giusto?...» il “tizio”, ossia Kevin
«visto che sua moglie è incinta ed ha
insistito tanto e menate varie ci siamo tenute solo il cottage ed il
terreno
che va da lì fino alle sorgenti termali
…incluse!» disse Deathstar ad Hammy,
con un largo sorriso «anche se credo che Elsa non fosse
contenta».
« non era contenta no,
visto che il marito ha perso pure le
mutande contro voialtre» obiettò Stylequeen. Era
ammirabile come anche su quel
terreno riuscisse a camminare così bene su stiletti di
quindici centimetri. Pur
essendo ben curata infatti la tenuta dei Mask non aveva la perfezione
di quella
dei Lancaster, dove i fili d’erba erano tutti alla stessa
altezza, il terreno
aveva ovunque la stessa consistenza, e non si sarebbe trovato un sasso
su cui
inciampare nemmeno a pagarlo oro.
«Elsa avrebbe dovuto
ringraziarci per esserci tenute solo
questo!» ribatté Deathstar «fosse stato
per me non avrei ridato niente a
nessuno, cioè, una volta che una cosa l’ho vinta
l’ho vinta, punto».
«guardate che non si chiama
Elsa, si chiama Alya Figlia del Sorcio
Psicotico Kalinina» le fece notare Hammy.
«lo dici perché
non hai capito la citazione del film “Frozen:
il regno dei ghiacci”…» giustamente
Deathstar e Mintaka fino a poco tempo prima
non avevano idea di come si facesse una doccia, ma se si trattava di
film e
simili amenità sapevano abbastanza; i primi tempi in cui
loro e il resto del
gruppo erano arrivati sulla Terra, nella dimensione da dove
provenivano, non
avevano fatto altro che guardarseli, un po’anche per capire
come si
comportavano gli esseri umani. Solo che come per molte altre cose
tendevano a
ricordare solo le cose più cazzare, invece che quelle che
potevano servire, o
ricordare cose giuste applicandole nel contesto sbagliato.
«pff…che poi
come regina dei ghiacci sta bene» commentò
Stylequeen sollevando un sopracciglio. La sua collega dottoressa
infatti non le
era particolarmente simpatica, indipendentemente dal fatto che le sue
-sempre
indiscutibilmente educate- rimostranze fossero state
giustificabilissime e
Stylequeen stessa in precedenza avesse detto alle sue compagne di
restituire
tutto.
Forse era colpa dei caratteri e degli
atteggiamenti
diametralmente opposti, o anche del fatto che non si fossero incontrate
in un
buon momento, ma stava di fatto che grazie ad un’alzata di
ingegno di Deathstar
per le tre deviate del Deviant Team Alya Nikolaevna Kalinina era
diventata
“Elsa”… senza possibilità di
scampo.
«forse è un filo
eccessivo» obiettò Emerald, per poi passare
subito ad altro «sì però dai, adesso
che non ci sente nessuno ammettetelo…»
disse, col borsone verde smeraldo che le sbatteva contro un fianco.
«che?» le
domandò Mintaka.
«che baravate! Dai, una
cosa in quel modo non è possibile,
qualunque combinazione avessero Robin Mask, Kevin o il porcello voi
avevate le
carte per batterla! Non è certo la prima volta che vedo
gente giocare a carte,
ma non ho mai visto una cosa del genere…» lei
stessa a volte era abbastanza
fortunata quando giocava, ma una cosa ai livelli di quella che aveva
visto era
impossibile.
«perché tu non
viaggi con queste due da quanto ci viaggio
io» evitò di dire che erano precisamente nove
milioni di anni «personalmente ho
smesso di sorprendermi da un pezzo. E ti ribadisco che non hanno
bisogno di
barare».
«e comunque le botte di
culo sono sue, a me arrivano di
riflesso» specificò Mintaka. Anche lei, come tutte
le altre, aveva un borsone.
A giudicare dal fatto che si stavano dirigendo verso la sorgente
termale
l’intenzione delle quattro ragazze era quella di farsi un
bagno, e tutto
sommato era il minimo essendo volate a Londra giusto per dare
un’occhiata alla
nuova proprietà.
Per Emerald, che a casa sua aveva ben
di meglio -anche se
non altrettanto naturale!- a dire il vero si trattava più
che altro di
divertirsi alle spalle dell’odiato Robin Mask, ma erano
dettagli.
«è quella la
sorgente?!...sì!!! la vedo! Pistaaaaaaaaaaa!!!»
urlò Deathstar correndo verso le calde acque termali, che
sembravano immerse
nella nebbia per il gran vapore.
«perdiamoci
nella
dimensione della nebbia!!!» gridò a sua
volta Mintaka andandole dietro,
distanziando Emerald e Stylequeen di vari metri.
«quindi dici che anche a me
arriverebbe un po’di fortuna di
riflesso, stando vicino a voi?» indagò Hammy,
sempre abbastanza scettica.
«teoricamente è
così. Tutto il nostro team solitamente è
abbastanza fortunato, ma i colpi di fortuna di Mintaka -che sta sempre
appiccicata a Deathstar- si avvicinano quasi a quelli di Deathstar
stessa» le
spiegò la dottoressa.
«eppure a me è
parso che quelle due finiscano spesso in
mezzo a situazioni strambe di vario genere e disastri non meglio
definiti» obiettò
Emerald «ti ho detto dello stadio? O del luna park?»
«mi hai sentita dire che
non si mettono nei casini? Certo
che lo fanno! Però né loro né chi
è con loro si fa male. Di solito».
«un po’di botta
di culo sai a chi servirebbe? Al porcello».
«eeeh, quanto la fai lunga
con questo porcello…aspetta! Sei
cotta persa di lui!!!»
esultò Stylequeen, ormai sulla riva della sorgente
«ho capito tutto!»
«m-ma che…non è vero!
Non è vero niente!» ribatté seccata
«è un porco antipatico che non si spiccica,
e basta!»
«mh! Sì
sì! Crediamoci!» continuarono a parlare ignorando
i
“tuffi”, gli schizzi e le urla belluine delle altre
due «però lui dietro ti
ci sta…» era abitudine di Stylequeen
vedere cuoricini dappertutto, anche dove non ce n’erano.
O “non ce
n’erano”.
«io so solo che come lo
sfioro un po’più svestita il suo
fratellino si sveglia e non torna a nanna».
«“fratellino”?
Parli del suo organo riproduttore?»
«eggià
‘Queen, a proposito, da quant’è che non
ne vedi uno?»
i discorsi potenzialmente sconci avevano attirato
l’attenzione di Deathstar,
che ora sguazzava pigramente nell’acqua, mentre Mintaka
cercava di capire da un
punto di vista scientifico il motivo per cui quell’acqua
fosse calda e con un
odore strano quando invece tutte le altre pozze d’acqua
simili erano sempre
fredde, odore strano o meno.
«da poco, e se non mi fossi
trovata qui per colpa vostra…»
«ma non è colpa
nostra!!!» esclamarono in coro le due.
«…avrei avuto
l’occasione di iniziare a frequentarmi
stabilmente col mio dottore. È così pieno di stile…»
“ma questa con lo stile
c’è proprio fissata neh”
pensò
Emerald, mettendosi in costume ed entrando in acqua facendo un sospiro
di
sollievo avvertendo il calore rilassarle le membra. «non
è la piscina termale
con l’idromassaggio di casa mia, ma ha il suo
perché».
«hai una piscina con
l’idromassaggio e non hai detto
niente?!» trillò Stylequeen «meglio
quella, piuttosto che questa pozza
fangosa!...qualcuno ha un elastico? Non vorrei che
quell’acqua mi rovinasse i
capelli» nell’altra forma non li aveva, ma
trovandoli belli non voleva
sciuparli «io amo questi
capelli…grazie, Emerald» disse quando questa le
passò il proprio elastico, decidendo che a lei non serviva.
«di niente».
Una volta tutte dentro
chiacchierarono a lungo, così Emerald
venne a sapere che le altre si erano conosciute tutte quante a quella
che
avevano chiamato “la scuola base”, che erano
partite per una specie di anno
sabbatico, che Stylequeen avrebbe potuto diventare una stella della
danza
mentre invece era una dottoressa “autodidatta”, che
a Mintaka c’era mancato
tanto così dal finire a lavorare con un eminente scienziato
delle loro parti, e
che Deathstar o avrebbe lavorato nell’azienda del padre o
-più probabilmente-
avrebbe condotto una vita bohémienne tra musica, pitture
strampalate ed ozio.
«ma è andato
tutto a puttane. In patria, quando siamo
partite, c’era già una situazione abbastanza
tesa» spiegò Mintaka «abbiamo
evitato il disastro appena in tempo, la guerra civile è
scoppiata senza di noi,
ma nessuno del gruppo ha più potuto tornare a casa, anche
perché di case in cui
tornare non ce ne sono più. Quanto alle nostre
famiglie…parte della mia attuale
ed unica famiglia la vedi qui con me» indicò
Deathstar e Stylequeen «non so se
gli altri due siano anche loro da queste parti o no».
Emerald avrebbe voluto approfondire,
ma da come aveva
interpretato quelle poche frasi di Mintaka aveva anche capito che non
era il
caso di girare il coltello nella piaga. Anche se da come si
comportavano non
avrebbe mai detto che provenissero da una nazione in guerra, piuttosto
il
contrario. Ma d’altra parte non sarebbe stata la prima volta
in cui le
apparenze l’avevano ingannata.
«capisco».
«e tu che
combini?»
«prima ero una dj a tempo
perso. Ora sono una chojin…sempre
a tempo perso. Sono andata a fare l’addestramento solo
perché non volevo che
una mia amica finisce trinciata, per darle una mano, in
pratica».
«caruccia,
s’è fatta un mazzo così per aiutare
l’amica!»
rise Deathstar battendo le mani.
«eh, mentre invece
voialtri, Pkangu incluso…» ossia l’unico
maschio del gruppo «non vi sudate nemmeno a venire a
liberarmi quando mi
rapiscono!» sbottò Stylequeen.
«e a che serve? Tanto ti
restituiscono sempre dopo massimo
due giorni! Sarebbe fatica sprecata».
«ehm…parlate
come se il suo rapimento fosse una cosa
normale» intervenne Emerald, un po’perplessa.
«esatto!»
risposero contemporaneamente Deathstar e Mintaka.
«sì, beh,
diciamo che più o meno lo è» aggiunse
quest’ultima.
«tienilo a mente, cocca,
rapiscono sempre la
bellona!»
«quarantadue volte»
concluse tetra Stylequeen.
«…ma mi prendete
per il culo?»
«no!»
“ma con che gente
giro…?” pensò Hammy.
[…]
«allora Robbie, ho sentito
che hai perso diverse tue
proprietà giocando a poker, sbaglio?»
Contrariamente alle quattro ragazze,
in un altro punto della
tenuta c’era chi non si stava divertendo per niente.
Né Robin Mask,
costantemente nervoso da dopo quella fatidica sera, né sua
moglie, per la quale
Howard H.R.J. Lancaster era come fumo negli occhi.
Non le faceva granché
piacere vederlo come suo paziente,
figurarsi ritrovarselo in casa, anche senza
“esercito”. Se poi si considerava
la pessima influenza che esercitava su Robin la cosa diventava ancora
più
pesante, ed aveva volentieri lasciato la stanza dopo i saluti
contemplati dal
galateo, traendone giovamento nonostante fosse andata in una stanza
abbastanza
vicina da far giungere fino a lei le voci molto ovattate dei due uomini.
L’ultima cosa di cui aveva
voglia era vedere Howard
Lancaster, Alya era ancora abbastanza irritata sia per come il marito
aveva
perso una parte piuttosto consistente della tenuta, che per il modo in
cui le
loro due nuove “coinquiline” si erano comportate
quando aveva chiesto loro
quanto più cortesemente possibile di restituire tutto.
D’accordo, alla fine
avevano reso a Robin l’intera villa, i
vari terreni perduti e il novanta per cento dei soldi che si era
giocato, ed
era già molto. Ma, primo: Alya si era resa benissimo conto
che la moretta con i
capelli a caschetto, tale Deathstar, non lo aveva fatto
perché in realtà era la
cosa giusta da fare, quanto piuttosto su insistenza
dell’allenatore di Kid
Muscle e per gli sbuffi della ragazza più rosa che avesse
mai visto.
E questo passi, perché
alla fine quel che contava era
riavere quel che Robin aveva perso.
Secondo: nel trattare con Deathstar e
la ragazza in rosa
-l’altra, Mintaka, non aveva detto praticamente niente- si
era sentita presa in
giro e stressata come poche volte nella vita, perché se non
avesse ottenuto
quello che voleva a lei Robin sarebbe rimasto poco e niente, se non i
rispettivi stipendi.
Era stato snervante trattare con una
tizia che si ostinava
di proposito a sbagliare il suo nome, a domandarle se aveva una sorella
di nome
Anna, a chiederle di continuo “come sta Anna”, a
dirle di vergognarsi per aver
disconosciuto sua sorella quando Alya aveva risposto negativamente alla
prima
domanda, e a chiederle se avesse sposato Robin perché sapeva
che vecchio
com’era sarebbe morto presto col dire “ti capirei,
lascia un pacco di
quattrini, non c’è bisogno che lo neghi, non
c’è di che vergognarsi!”…e
così
via discorrendo. Il tutto mentre la tizia rosa ed in rosa sbuffava
risate e non,
faceva commenti non sempre graditi e dava risposte più o
meno pungenti. Alya
aveva capito di non esserle simpatica, forse per aver rovinato lo
spassoso
gioco delle sue amichette?...ma quell’antipatia era
ricambiata, di quello si
poteva star sicuri.
Le cose non erano migliorate quando
pure Warsman -nudo
eccetto che per una sciarpa attorno alle parti intime- aveva tentato di
intromettersi, non sopportando che rompessero le scatole a sua figlia
incinta.
Costume adamitico o meno avrebbe
anche potuto fare il suo
effetto, invero, se Emerald Lancaster non avesse sciolto il nodo che
teneva su
la sciarpa facendogli fare una figura anche peggiore della precedente,
tutto
per “allentare la tensione”, e rendendo le
trattative ancora più difficili
visto che sia Deathstar, che Mintaka e anche tutti gli altri -eccetto
Meat,
Warsman stesso, Kevin, e Robin che era furioso e debole per il
precedente
svenimento- non la smettevano più di ridere.
«primo, tutto quello che ti
vedi intorno è ancora mio e
quindi non è vero niente, secondo, in ogni caso non sono
affari che ti
riguardano, terzo, vattene di qui…ora!»
concluse con un ruggito.
«lo sai, quando fai
così mi ricordi il leone che non hai mai
preso» sorrise sottilmente il marchese «quanto al
resto, sono costretto a
contraddirti. Da quello che so, il cottage e la sorgente termale in cui
sei quasi annegato circa diciotto
anni
fa…»
«silenzio!!!»
sbottò Robin, con le vene sulle tempie che pulsavano
pericolosamente ma che
nessuno poteva vedere «non è vero che stavo
annegando! Sono solo inciampato
perché ero ubriaco fradicio, indovina per colpa di
CHI!»
«…erano e sono
rimasti persi» lo ignorò Howard «e da
quel
che dice mia figlia le ragazze che ti hanno vinto anche le mutande si
sono
anche accontentate di poco. Ad ulteriore prova che la tua signora,
nella gestione
di simili situazioni, si dimostri più abile di te».
Suonava come un complimento, in fin
dei conti Howard aveva
avuto modo di riconoscere che Alya sapeva il fatto suo, al di
là dell’essere
una semi bestia per discendenza paterna…dettaglio questo
che, pur non dandolo a
vedere, il marchese tendeva a non dimenticare, e che tra le altre cose
lo
rendeva completamente impassibile di fronte all’avvenenza
della dottoressa.
Per bello che possa essere, un
animale è sempre un animale. Come
le tigri albine, per esempio, se ne riconosceva la bellezza ma non per
questo
una persona normale si sarebbe mai sentita sessualmente attratta da
loro. Non
gli importava del fatto che fosse una Deva del pianeta Amazon, non
aveva
pregiudizi verso le razze aliene, ma solo verso le bestie che si
fregiavano
pure del titolo di “lord”.
«dimmi che diavolo vuoi da
me e poi vattene! Se non l’avessi
capito, non sei il benvenuto in casa mia» chiarì
Robin, come se ce ne fosse
stato bisogno.
«sinceramente? Volevo farmi
due risate riguardo la tua ira
verso quelle ragazze, che tuttora perdura!» si perfino una
breve risata «e dire
che una volta il poker non ti riusciva poi così male, avevi
spesso delle belle
carte in mano…»
«BARAVANO!!! Non sono
riuscito a dimostrarlo, ma baravano,
perché…perché non
c’è altra spiegazione»
borbottò «ed ora, te lo ripeto per
l’ennesima volta, vai-fuori-di-qui!
E
guai a te se torni a seccarmi!!!»
Alya sperò che stavolta se
ne andasse sul serio, perché si
era bell’e scocciata di sentire il marito urlare e ringhiare,
come se in quei
giorni non l’avesse fatto già abbastanza, e di
un’idiozia per la quale poteva
prendersela solo con se stesso.
«o
beh…vorrà dire che raggiungerò Emerald
nella tua sorgente
termale… oh che sbadato! Volevo dire nella sorgente delle
sue amiche.
Dovrebbero essere dentro in questo preciso istante».
Sotto la maschera Robin era diventato
di mille colori.
Quella sorgente era il posto in cui lui ed Alya avevano concepito la
figlia che
stava per arrivare, lo riteneva un luogo
“simbolico” in un certo senso, e non
gli piaceva l’idea che altri ci sguazzassero dentro.
«non ti azzardare,
carogna, e che quelle non si illudano che lascerò loro il
luogo in cui io e mia
moglie…!» si interruppe bruscamente, come sempre
quando ormai la frittata era
fatta.
E nonostante per le donne di Amazon
come Alya il sesso non
fosse un argomento tabù, non significava neppure che potendo
scegliere sarebbe
andata a raccontare di quel momento con Robin proprio a Mr. Lancaster.
«oh. Sei riuscito a
smorzare un po’la voglia di un bagno
caldo, ma tant’è…» gli occhi
dell’uomo ebbero un luccichio che a Robin non
piacque «così facendo andremmo quasi in
pari!»
«che…aspetta un
attimo, che vorrebbe dire?!»
«arrivederci,
Robbie».
«eh no!...adesso tu mi dici
che vuol dire!»
«spiacente, sono stato
più volte da te congedato, è bene che
vada».
«no maledizione!
Spiegati!»
«qualcuno ha detto
qualcosa?...sento come un ronzio…»
Quanto ad Alya, non era sicura di
voler sapere cosa
intendesse. Perché poi avrebbe dovuto interessarsene?
Improvvise urla femminili simil
barbariche interruppero i
suoi pensieri.
«MOSCAAAAAAA!!!
L’ALIENO DEL PIANETA MOSCA!!!»
Alle grida seguirono rumori di colpi
e di cose che venivano
distrutte in mille pezzi, il tutto mentre Robin e la servitù
urlavano.
Più velocemente che
poteva, Alya si affacciò nel corridoio.
Che diamine stava succedendo?!
Howard Lancaster doveva ammettere di
essere quasi attonito.
Non era cosa di tutti i giorni vedere
quattro ragazze, tra
le quali la sua principessa, sfondare il portone principale della villa
dei
Mask.
E specialmente farlo in quel modo,
con Emerald ed una mora
con un trikini blu, grigio e nero che trasportavano su
una carriola un’altra mora ancora col trikini
nero, rosso e bianco
e la ragazza più rosa che avesse mai visto, entrambe in
piedi, che cercavano
apparentemente di uccidere un’innocua
mosca con una vanga ed un rastrello.
«mosca!!!
Mosca!!!»
strillava Emerald cercando disperatamente di non scoppiare a ridere.
«’Queen,
schiaccia quel diavlo
di alieno!!!»
«non è colpa mia
se non sta ferma, e poi sei tu quella che
ha una…quella cosa che non so come si chiama!»
ossia la vanga «che sembra
meglio di questo arnese!!!»
«uccidetela prima che
deponga le uova dentro qualcuno!!! Non
dobbiamo permettergli di invadere la Terra!!!»
E nel tentativo di colpire la mosca
sfracellavano vasi,
finestre, quadri, arazzi, e tutto quello che capitava loro davanti.
Perfino la
povera Santiago, che era stata la balia di Kevin Mask, si
beccò una bella vangata
in testa -ovviamente data per errore!- mentre Robin Mask se ne prese
tre -date
un po’meno “per errore”-. Howard si era
allontanato a sufficienza da ripararsi,
mentre Alya era indecisa se chiamare la polizia o cercare direttamente
dei
calmanti belli forti.
«Emerald!
Si può
sapere cosa sta succedendo?»
Sentendo inaspettatamente la voce del
padre la ragazza si
voltò e corse da lui abbandonando la carriola, dalla quale
dunque Deathstar e
Stylequeen furono costrette a smontare visto che Mintaka non ce la
faceva a
muoverla da sola con loro due sopra, continuando l’opera di
devastazione in
tre.
«eeeh…ciao
papà. Diamo la caccia all’alieno del Pianeta
Mosca».
«“l’alieno
del Pianeta Mosca”» ripeté lentamente
l’uomo.
«loro tre»
indicò le tre deviate che stavano fracassando
mobili a non finire senza che nessuno riuscisse a fermarle
«dicono che si
tratta di pericolosi alieni simili ad una mosca antropomorfa che
invadono gli
altri pianeti assumendo forme che sembrano innocue e deponendo uova
dentro gli
indigeni. Dicono di averci avuto a che fare, e che non è
stata una bella
esperienza…per cui, in quanto chojin mi sono detta che non
potevo certo
permettere all’alieno di infettare un mio ex istruttore, o
sua moglie!»
aggiunse, sorridendo al padre con aria complice.
Non serviva altro per intendersi.
«ed in quanto ex
appartenente alla Muscle League io stesso
non posso esimermi dal contribuire a fermare una potenziale invasione,
ne
andrebbe nel mio onore. A me una mazza
chiodata!» esclamò il marchese,
raccogliendo da terra quella di una delle
armature medievali che le tre deviate avevano divelto. Inutile dire che
come
Emerald ovviamente Howard non credeva ad una parola riguardo gli alieni
del
Pianeta Mosca, ma ogni scusa era buona per distruggere la villa di
Robin!
«posa quella
mazza!!!» urlò Robin, vedendolo assestare colpi
al mobilio e alle pareti con gran gusto, ovunque si fermasse la mosca.
«altro che posarla,
prendine una anche tu Robin, o ci
troveremo a fronteggiare un’invasione aliena!»
«ma che vai
blaterand-»
«poche
discussioni» Howard gli appioppò un candelabro
«vai e
colpisci».
Ma la mosca intanto si era
allontanata, sempre con le tre
deviate ed Emerald dietro, ed il rumore di un’ennesima
distruzione rimbombò nel
corridoio mentre un allarme assordante iniziava a risuonare e tutti
quanti
venivano infradiciati dal sistema antincendi. Evidentemente le ragazze
avevano
colpito il pannello di controllo.
«m-ma si può
sapere che cosa succede?!» avendo sentito il
rumore allontanarsi Alya si era decisa ad uscire dalla stanza.
«siamo a rischio di una
potenziale invasione, mia signora»
la informò serissimo Howard Lancaster «stiamo
tutti quanti agendo di
conseguenza!»
«a me sembra che stiate
solo facendo un disastro!...e tu perché
hai quello in mano?»
Alya si riferiva
al candelabro di Robin. Passi Howard con una mazza chiodata
-pericolosissimo-
ma che Robin sembrasse aver preso sul serio quella storia assurda
dell’invasione
aliena non era possibile.
«io…uh…volevo
darlo in testa a lui!» rispose Robin,
indicando l’ex amico.
«non ce l’avresti
fatta nemmeno provandoci mille volte…»
Un improvviso strillo di Emerald lo
richiamò all’azione, perché
sembrava essere spaventato davvero. Sia Alya che Robin poterono
assistere ad
una “trasformazione” che rese i duri i lineamenti
del marchese, e di una freddezza
inumana il suo sguardo.
«devo andare».
Corse via in direzione del grido, e
Robin guardò Alya.
«chiuditi in camera, che qui c’è davvero
qualcosa che non va».
«sicuro che-»
«ci penso io. Per favore,
vai!» le disse un’ultima volta per
poi fiondarsi dietro ad Howard.
Quel che vide quando
arrivò lasciò Robin senza parole
perché
a quanto pareva Howard Lancaster ed Emerald, ripresasi immediatamente
dopo lo
spavento iniziale, se la stavano vedendo veramente contro una mosca
antropomorfa -per fortuna di dimensioni accettabili- che sembrava
menare colpi
alla cieca e non sentire minimamente quelli della mazza chiodata e del
cric che
Emerald doveva aver trovato nel largo sgabuzzino in cui si stava
svolgendo il
combattimento. Lo scaffale caduto a terra durante la lotta costituiva
solo un
ulteriore impiccio.
«cos’è
quell’affare?!!»
«LO AVEVAMO DETTO!!! Lo
avevamo detto che c’era l’alieno!!!»
strillò Stylequeen, rincantucciata in
un angolo insieme a Deathstar e Mintaka.
Avevano avviato
quell’inseguimento vedendo la mosca
svolazzare sopra la sorgente, col dire “Meat diceva che le
mosche sono solo
mosche qui, ma se si sbagliasse?”, tanto convinte da aver
rubato carriola e
attrezzi al giardiniere vedendo che la mosca tentava di volare
più in alto, e a
quanto sembrava quella volta avevano avuto ragione.
Il PDBDC di Deathstar aveva voluto
che quando l’alieno del
Pianeta Mosca aveva assunto una forma antropomorfa seppure non gigante
Emerald
fosse riuscita a spingerlo contro uno scaffale facendoglielo cadere
addosso, e
che l’alieno fosse stato accecato da una tanica di solvente
che si era aperta
durante l’urto. Meglio così, visto che
quell’essere sembrava invulnerabile anche
ai colpi di pistola congiunti che i due Lancaster avevano iniziato a
sparare
vedendo le brutte.
«una mano no, eh Robbie?...
dobbiamo almeno far cadere questa
cosa a terra! Se solo avessi il fucile…»
«non funziona,
pa’, non funziona!»
«e se voi continuate a
sparare io come faccio ad avvicinarmi
per colpirlo?!» sbottò Robin.
«colpirlo
non serve!...non
avrei potuto avere un istruttore più imbec-»
«Hammy,
linguaggio».
«scusa».
«DATEGLI
FUOCO!!!» urlò Mintaka «dovete dargli
fuoco!»
«complicato da farsi visto
che l’antincendio continua ad
inzupparci!» replicò Howard.
Emerald sgranò gli occhi.
Fuoco…
«ce
l’ho!!! Avevo la
soluzione in tasca!» contrariamente alle altre tre lei
uscendo dall’acqua si
era rimessa almeno i pantaloncini, nei quali aveva tre di quelle che
sembravano
innocenti gomme da masticare, ma che in verità erano un
regalo del suo caro
amico albino psicopatico.
«togliamoci di
qui!!!» strillò Deathstar, preda di quel
“non
sapeva cosa” che ogni tanto la induceva a compiere azioni che
puntualmente le
salvavano la vita, afferrando le mani delle sue compagne ed
abbandonando l’angolo
appena prima che Emerald lanciasse le “gomme da
masticare” contro l’invasore
del Pianeta Mosca. Tutti quanti, Robin incluso trascinato via per un
polso da
Howard, uscirono dalla stanza giusto l’istante che precedette
l’esplosione
incendiaria chiudendosi la porta tagliafuoco alle spalle.
Sentirono distintamente i versi di
stridula sofferenza dall’alieno
morente, ma il peggio intanto era passato.
«credo che d’ora
innanzi tutti quanti guarderemo le mosche
con occhi diversi» fu Mr. Lancaster a spezzare il silenzio.
«credevo fosse tutto per
distruggere la mia villa! E invece…»
“in effetti lo era, fino a
quando non ho scoperto che quelle
ragazze avevano ragione!” «a questo punto sei in
grado di vedertela da solo. Emerald,
andiamocene via. E anche voi!»
L’intero gruppo se ne
andò via di corsa, lasciandosi alle
spalle quell’immane devastazione compiuta “per una
buona causa”, raggiungendo
dapprima la sorgente termale per recuperare le poche cose che le
ragazze si
erano portate dietro per poi fuggire quanto più velocemente
possibile nella
limousine che avrebbe portato tutti nella tenuta dei Lancaster; Howard
era
arrivato in auto perché nonostante fossero “vicini
di casa” gli ingressi delle
due ville risultavano ben lontani tra loro, e comunque quello a piedi
era un
arrivo ben poco nobile. Vedendo i tacchi di Stylequeen si
offrì
cavallerescamente di portarla in braccio durante la corsa, e lei
chiaramente
ebbe il buonsenso di non rifiutare.
«Jordan, portaci tutti a
casa».
«sissignore».
«uuuh…che
lusso» commentò Deathstar. Inutile dire che le tre
deviate si erano già del tutto riprese, perché
per loro quella era normale
amministrazione «il posto dove andiamo è lontano?
Già, a proposito, ma lei, chi
diavlo è?»
Giustamente, prima entravano in auto
di un estraneo e solo
dopo gli chiedevano chi
fosse!
«è mio
padre!» rispose Emerald.
«ah, allora ok».
«complimenti, signore, la
sua vettura è meravigliosa» si
congratulò Stylequeen.
«grazie. Tengo molto al
fatto che le mie automobili siano
perfettamente tenute…piuttosto, devo complimentarmi con voi
sia per le vostre
capacità di ripresa che per aver quasi mandato in rovina il
caro Robin Mask
qualche giorno fa! E potete tranquillamente darmi del tu, in fin dei
conti
siete amiche di mia figlia».
“e avete distrutto la villa
di Robin mentre fermavate un’invasione
aliena, il che è encomiabile” aggiunse mentalmente.
«ok» Mintaka tese
la mano «Mintaka».
«Deathstar!»
disse l’altra imitandola.
«Stylequeen. Piacere di
fare la tua conoscenza!» disse con
un sorriso smagliante, tendendo a sua volta la mano. Howard strinse la
mano a
tutte, nell’ordine in cui le avevano tese.
«piacere mio. Dunque,
immagino che proveniate da piuttosto
lontano se siete riuscite a riconoscere un invasore alieno di cui io
non
conoscevo neppure l’esistenza…»
«dicono di venire da un
pianeta che sta in un’altra galassia
e-» avviò a dire Hammy, venendo rapidamente
interrotta.
«ma noi veramente abbiamo
fatto tutto a caso, cioè, non
sapevamo mica se quella era una mosca normale o un alieno, ma a quanto
pare lo
era, stavolta! E Meat diceva “ma non esistono gli alieni del
Pianeta Mosca,
pwah pwah pwah”! Sssseh! L’ho visto,
com’è che non esistono!»
«l’importante
è essere riusciti a fermarlo» Howard si
ripromise di spargere in ogni dove l’ordine di dare fuoco a
qualunque mosca non
si riuscisse ad uccidere normalmente.
Arrivarono a destinazione pochi
istanti dopo, e scesero
tutti quanti dall’auto.
«dai che ora vi porto
nell’idromassaggio di sotto» disse
Emerald.
«un momento!» il
marchese tirò fuori dalla tasca interna
della giacca il libretto degli assegni realizzato in uno strano
materiale
repellente all’acqua ed ignifugo, brevettato Lancaster Tech
«eccovi il
ringraziamento per aver dato per prime l’allerta
invasione…nonché la
distruzione della villa di Robin Mask, d’accordo, devo
dirlo».
«quel vecchiaccio non mi
piace!» esclamò Deathstar mentre
Stylequeen prendeva l’assegno.
«ti ringraziamo tutte
quante».
«giusto!
Grazie!!!»
E lì Deathstar e Mintaka
fecero qualcosa di assolutamente
inaspettato, che avevano visto fare in qualche film degli umani da
delle
ragazze: baciare sulle labbra “per ringraziamento”.
E così Howard Lancaster,
attonito come mai, si trovò improvvisamente le labbra
aggredite da tutte e due
le ragazze contemporaneamente!
«m-ma non c’era
bis-»
«Howard
Hogan Robert
John Lancaster, tu sei un traditore!!!»
Lo strillo isterico di Janice gli
diede una stretta gelida
allo stomaco.
«Janice!...non è
come pensi, aspetta, posso spiegare!»
«TRADITORE!!!» la
minuta donna bionda afferrò un vaso di
fiori scagliandolo rabbiosamente contro il marito, mancandolo
clamorosamente.
«mamma, non è
come pensi t-»
«oh, e tu stai zitta, che
lo copriresti anche dinnanzi all’evidenza!!!»
guardò truce Howard, che tentava ancora di mettere due
parole in fila per
spiegarle che lui non aveva fatto nulla di male «non ti
voglio più vedere!»
concluse Janice, scappando via in lacrime con tutto l’intento
di chiudersi in
camera e bandire definitivamente il marito dal talamo coniugale. A
mente più
fredda gli avrebbe dato modo di spiegare la faccenda, ma essendo
gelosissima
del marito una reazione così impulsiva ed esagerata non era
sorprendente.
Janice solitamente era una donna molto tranquilla, dolce e
pacata…ma in quelle
occasioni tirava fuori un temperamento completamente inaspettato per i
più.
«Janice…Janice,
torna qui!...cielo, che razza di testarda…»
borbottò, correndole dietro «Janice, ti giuro che
hanno fatto tutto da sole! Sono
amiche di nostra figlia, che posso volere da loro?! Janice!!!»
«complimenti, avete fatto
un bel danno! Adesso mia madre non
lo farà entrare in camera per almeno una
settimana!» sbottò Hammy, piuttosto
irritata.
«ma lo abbiamo solo
ringraziato. Non si fa così tra gli
umani? L’abbiamo visto in alcuni film…»
disse perplessa Mintaka.
«ma io quanto volte ve
l’ho detto che non tutto quel che si
vedeva in quei film era vero?!» le rimproverò
Stylequeen «dove andate fate
danno!»
«a beh…spero che
le cose si risolvano, noi mica abbiamo
fatto apposta!»
Niente da fare. La Premiata Ditta
‘Star&’Taka portava
problemi ovunque…e a chiunque!