Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Irish_Superman    08/11/2014    3 recensioni
Tutti vorrebbero diventare qualche persona importante stimata per chissà quale talento inesistente. Tutti vorrebbero possedere quella fama tanto bramata. Tutti tranne Charlotte Cooper
Charlotte Cooper, 22 anni, vorrebbe solo essere felice e realizzare i suoi sogni per non seguire le orme della madre con cui non ha un rapporto rose e fiori.
Vorrebbe girare il mondo, conoscere nuovi luoghi, nuove culture e tradizioni, fare amicizie con gli abitanti locali.
Inconsapevolmente è in cerca di un amore tanto desiderato, ma mai trovato.
La vita è stata crudele con Charlotte, ma ora lei vorrebbe recuperare tutto quello che ha perso durante la sua faticosa adolescenza. Il primo passo è andare via da quella cittadina, così grande eppure così piccola da cui sentirsi soffocati, oppressi, prigionieri.
Charlotte troverà mai quello che cerca? Riuscirà nella realizzazione dei suoi sogni?
Il destino ha tanti bei progetti per lei, basta solo aspettare il momento giusto.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

LookAfterYou







Erano passati circa due mesi e mezzo da quando mi ero trasferita a casa di Louis, e circa due mesi da quando avevo iniziato a lavorare nel ‘Ciao Sorrento’: il migliore ristorante italiano presente a Manchester, o in tutto il Regno Unito.

In realtà il mio commento era un po’ di parte dato che io in quel ristorante ci lavoravo e anche perché non avevo mai mangiato italiano se non lì. Spesso mia mamma aveva provato a cucinare qualche prelibata pietanza italiana ma ovviamente con risultati molto meno che scarsi.

Sappiamo tutti quanto si mangia bene in Italia!

La mia prima impressione non era stata per niente sbagliata. Il personale era sempre stato disponibile nei miei confronti, erano sempre di buon umore e mi fidavo ciecamente di loro; specialmente di Laura ed Hazel.

Hazel aveva circa venticinque anni, capelli neri, occhi azzurri, lineamenti molto delicati, fisico asciutto, sembrava quasi una modella e assomigliava molto vagamente  a Katy Perry. Era la persona più solare che io avessi mai potuto conoscere. In tutto il tempo che avevo lavorato lì, non l’avevo mai vista triste, nonostante tutti i problemi che incombevano minacciosi su di lei. Aveva una bellissima bambina di tre anni, che a volte veniva a farci compagnia nel ristorante quando la mamma di Hazel non poteva tenerla con sé. Si chiamava Anna e assomigliava pochissimo alla sua mamma. Lei aveva i capelli chiari, ma, proprio come la mamma, aveva gli occhi azzurri. Era una bambina davvero molto intelligente per la sua età. Sapeva usare il mio cellulare molto meglio di quanto lo sapessi fare io e scandiva le parole perfettamente e sapeva perfino contare fino a 15. Era adorabile.

Hazel era l’unica amica, mia coetanea, che avevo a Manchester. Parlavamo davvero di tutto, mi aveva aiutato in varie occasioni, e poi, diciamoci la verità, avevo realmente bisogno di un’amica del mio stesso sesso. Non potevo parlare con Louis di assorbenti, cerette e vestiti per tutto il tempo. Mi avrebbe ammazzato appena dopo aver pronunciato la parola assorbenti. Già non mi sopportava quando era quel periodo critico del mese, ma l’unica cosa positiva è che mi andava a comprare gli assorbenti, nonostante fosse timido e molto imbarazzante.

Quel lunedì era una tipica giornata inglese con un bel cielo nuvoloso che minacciava di piovere da un momento all’altro, c’era vento e faceva abbastanza freddo.

Era circa mezzogiorno e il locale era quasi vuoto se non per i soliti clienti abitudinali o quelli occasionali che avevano saltato la scuola o il lavoro, o semplicemente qualcuno che voleva ripararsi dal freddo di quella buffa giornata di un agosto così strano e diverso dagli altri.

Mi avvicinai ad un tavolo di ragazzi, non inglesi, forse tedeschi o francesi, che su per giù avevano la mia età. Presi il blocchetto dalla tasca posteriore dei miei pantaloni neri e li salutai cordiale mentre loro facevano commenti che a malapena capivo e dei sorrisetti fin troppo languidi.

“Siete pronti?” dissi con tono professionale senza far mancare un sorriso piuttosto naturale.

“Oui, Oui!” disse uno di loro guardandomi fin troppo e li incitai a parlare con uno sguardo.

“Tre gnocchi alla sorrentina e due carbonara!” dissero in un misto tra italiano, inglese e francese.

“Da bere?” chiesi cordiale.

“Mmmm coca cola e acqua.”

“Frizzante?” chiesi e loro annuirono alla mia domanda.

Mi allontanai per portare la comanda a Luca, lo chef del locale, nonché figlio secondogenito di Laura. Lui, rispetto la madre, era molto più riservato, timido e anche misterioso, ma se preso nel verso giusto sapeva essere la persona più stupida e simpatica del mondo.

“Mi raccomando, una cosa veloce, che già non li sopporto più!” dissi sommessamente per non farmi sentire.

“E meno male che sono appena arrivati..” disse sogghignando, poi prese la comanda dal bancone ed entrò nei meandri dell’enorme cucina per preparare quelle prelibatezze.

Nel frattempo portai la coca cola e l’acqua al tavolo, dove quei maniaci mi guardavano come se non avessero mai visto una ragazza nella loro vita. Erano odiosi. 

“Que belle fille!” disse uno di loro mentre poggiavo le bottiglie sul tavolo mentre guardava di sottecchi un amico.

“Avete bisogno d’altro?” chiesi ignorandoli e sfoggiando il mio miglior sorriso senza però perdere la mia professionalità.

“Ouui, j’ai besoin de toi!”* disse uno dei cinque ridacchiando un pochino troppo per i miei gusti.

“Alors, je crois que tu restes déçu!”** dissi nel mio non perfetto francese, ma sempre con il mio amabile sorriso mentre loro mi guardavano un misto tra stupiti e delusi e tornai dietro al bancone, al mio posto.

Uno strano rumore proveniente dal mio giubbino appeso all’attaccapanni proprio dietro di me attirò la mia attenzione. Estrassi il cellulare giusto in tempo per rispondere alla chiamata di Niall. Sorrisi all’istante leggendo il suo nome lampeggiare sullo schermo.

‘Ehi piccola’ gracchiò il mio ragazzo dall’altro capo del telefono.

“Ciao amoree!” dissi io sorridendo come una babbea e proprio in quel momento Hazel entrò nel ristorante, avvolta nella sua amata sciarpa grigia, infreddolita, e con Anna in braccio che non appena mi vide sorrise, scendendo dalle braccia della mamma.

“Zia Charlieee!” mi corse incontro e mi abbracciò ed io, ricambiai quel così dolce abbraccio con tanto entusiasmo, strapazzando la bambina di baci.

“Con chi parli zia Charlie?” chiese curiosa Anna mentre cercava di togliersi il giubbino e il cappello.

“Con Niall, piccola!” risposi mentre osservavo attentamente i suoi movimenti.

“Posso parlarci?” le porsi il cellulare che lei prese e subito posizionò vicino l’orecchio.

“Ciao puzzone!” disse ridendo.

“No, tu puzzi!” urlò di nuovo Anna a qualche probabile offesa scherzosa di Niall dall’altro capo del telefono.

“Anna non devi urlare!” intervenne Hazel sgridando quell’angioletto di bambina che ci ritrovavamo.

“Vieni un po’ a giocare con me dopo?” chiese la bambina con un tono più pacato.

“Va bene, non dico niente a zia Charlie..” quasi lo sussurrò per non farsi sentire da me, mentre io mi allontanavo da lei per portare i piatti a quel tavolo di imbecilli.

“Grazie!” risposero tutti, uno alla volta mentre gli porgevo i piatti fumanti.

“Zia Charlie tieni il cellulare… Niall ha detto che doveva andare, ma dopo ti richiama!” mi disse quasi dispiaciuta, io le sorrisi e la ringraziai.
 

*****
 

Io, Anna ed Hazel eravamo sedute al tavolo vicino alla cassa, quello che nessuno prende in considerazione perché si sentirebbero troppo in soggezione così vicino al personale del locale.

Hazel era di spalle alla cassa ma aveva sotto controllo tutto il resto del locale, invece io ero rivolta di spalle alla cassa ma in modo da poter tenere d’occhio la cassa, mentre la piccola Anna, con il suo sguardo vispo e vigile teneva sotto controllo tutto il locale dalla sua posizione tra me e la madre.

“Allora com’è andata ieri sera?” mi rivolsi ad Hazel mentre entrambe osservavamo la piccola che disegnava disegni astratti per noi. Hazel mi rivolse uno sguardo abbastanza afflitto per poi tornare a guardare la piccola che disegnava serena ed indisturbata.

“Oh.. un vero e proprio meraviglioso disastro!” sorrise mesta.

“Perché?” alzai lo sguardo per guardare Hazel che chiuse gli occhi, fece un profondo respiro e quando li riaprì notai che erano rossi e lucidi, stava trattenendo le lacrime.

Ma non per evitare di sembrare debole davanti a me, ma per non far preoccupare la piccola Anna, che proprio in quel momento terminò orgogliosa il suo disegno e corse da Luca che la distrasse per un bel po’ mentre io ‘aiutavo’ Hazel.

“Non ce la faccio Charlie… -prese un respiro- non ce la faccio proprio ad andare avanti!” le sue parole erano quasi un sussurro ma io le riuscii a sentire; ma per me sembravano urla di chi disperatamente cerca aiuto che nessuno era in grado di darle. Le conoscevo benissimo quelle parole sussurrate, mi erano appartenute per fin troppo tempo, ma come io ero riuscita in qualche modo ad andare avanti, anche Hazel, la ragazza forte e solare che avevo conosciuto poco più di due settimane fa, ci sarebbe riuscita, ed io l’avrei aiutata.

L’abbracciai. Senza dire nulla, l’abbracciai.

 In momenti come quelli gli abbracci erano l’unica cosa in grado di aiutarti.. di salvarti. Riuscivano ad arrivare in luoghi sconosciuti dove nemmeno le parole o addirittura gli sguardi potevano arrivare. Era vero che gli abbracci salvano le persone. Io ero stata salvata da un abbraccio.

“Cos’è successo in particolare?” chiesi cauta mentre Hazel scioglieva l’abbraccio.

“Niente di particolare, è stata una serata piuttosto piacevole, abbiamo parlato davvero tanto, di lui, di me, di Anna –disse rivolgendo uno sguardo felice alla piccola- di ciò che ci piace fare, di tutto, davvero.. è anche un bel ragazzo… ”

“Ma..?” la incitai a continuare facendola uscire dai ricordi della sera precedente.

“Ma… quando mi ha riaccompagnata a casa, prima che scendessi dall’auto, mi ha baciata.. lì per lì ho fatto finta di niente, ma quando sono scesa dall’auto, oltre a maledirmi, ho iniziato a piangere… non so il motivo preciso, davvero, ma mi sentivo terribilmente in colpa.. non voglio ferirlo o illuderlo.. non lo merita.. è così dolce con me e lo è anche con Anna… ma non me la sento… sai, da quando il padre di Anna ha saputo di lei e mi ha lasciata non ho avuto più nessun ragazzo. Gli sono sempre stata fedele nonostante lui mi abbia abbandonato e non abbia mai fatto niente per la figlia.” Finì il suo discorso asciugandosi gli occhi pieni di lacrime e sorrise amaramente per tutto ciò che aveva detto.

“Credo che dovresti essere chiara con lui.. caso mai, lo chiami oppure vi vedete, forse è meglio, gli dici che ci hai provato, che è difficile e soprattutto che non vuoi fargli del male e che non vuoi illuderlo… sono certa che accetterà la tua sincerità e capirà!” dissi con calma.

“Si, hai ragione.. lo  farò anche se sarà abbastanza complicato!” rise ed io risi con lei, ma smisi appena due grandi e profumate mani mi coprirono gli occhi.

“Chi sono?” esclamò una voce da checca, ma alquanto familiare. Portai le mie mani sulle sue, le accarezzai dolcemente fino ai polsi dove riconobbi alcuni braccialetti.

“Scommetto che sei un irlandese biondo che fa impazzire il mondo!” dissi ridendo.

“Un qualunque irlandese biondo?!” ancora la voce da checca per poi scoppiare a ridere, ma la sua risata lo ingannò.

“No, il mio irlandese!” tolse le mani, mi alzai e mi fiondai sulle sue labbra. Quelle labbra che non assaporavo da così poco tempo ma che mi mancavano da morire.

Niall fu sorpreso dalla mia reazione, ma senza pensarci due volte ricambiò il bacio. Caspita se mi era mancato.

Appena Anna si accorse della presenza di Niall nel ristorante, abbandonò Luca, ignorando completamente i suoi richiami e corse dal biondo saltandogli in braccio.

“Zio Niall!” esclamò la piccola contenta.

“Ciao Puzzetta!” rispose Niall scherzando.

“Adesso porti via zia Charlie?” chiese la piccola. Io guardai l’orologio, erano solo le due del pomeriggio ed il mio turno sarebbe finito non prima di un’ora e mezza. Niall mi guardò con quel sorriso di chi la sa lunga.

“Vieni con me?” chiese ad Anna.

“Dovee?” chiese lei curiosa.

“Vieni si o no?  Quante domandeee!” rise Niall.

“Si vengo!” e li vidi allontanarsi verso il piccolo ‘ufficio’ di Laura, entrarono chiudendo la porta alle loro spalle. Mi avvicinai e cautamente poggiai l’orecchio vicino la porta cercando di origliare ma senza alcun risultato, parlavano troppo piano. Così mi allontanai dalla porta giusto in tempo per non essere scoperta.

“Dai preparati andiamo a casaa! Disse il biondo sconvolgendo tutti.

“Ma come faccio? Non posso lasciare Hazel da sola..” mi lamentai quasi. Non volevo lasciarla da sola.

“Non ti preoccupare puoi andare. Me la caverò da sola, in fin dei conti, il mio turno è quasi finito e il locale è vuoto.” Mi rispose. Lei finiva circa un’oretta prima di me, sia perché spesso Anna era con noi, sia  perché io mi trattenevo per aiutare a pulire, ma credo che quel pomeriggio Laura e Luca se la sarebbero cavati benissimo da soli.

 

*****

 

Salii nella macchina di Niall e appena lui la mise in moto, io accesi il riscaldamento al massimo. Era agosto, ma si congelava neanche fosse dicembre.

“Dove andiamo?” chiesi curiosa strofinandomi le mani.

“A casa!” rispose semplicemente Niall.

"Dai, davveroo!” mi lagnai proprio come una bambina.

“Sono serio!” esclamò con il tono più serio del mondo mentre osservava attento la strada davanti a noi.

“E che facciamo a casa?” chiesi ancora. A volte Anna era meno curiosa di me.

“Tu cosa vorresti fare?” mi guardò velocemente con quello sguardo che diceva tutto sorridendo maliziosamente.

"Mmm.. non saprei..” gli sussurrai all’orecchio, cercando di tenere un tono abbastanza provocante senza scoppiare a ridere, ma Niall fu impassibile a quella mia piccola prova. Dopo poco notai che eravamo arrivati a casa sua.

Salimmo nel suo appartamento dove si era trasferito da così poco tempo che c’erano ancora in giro un sacco di scatoloni stracolmi di cose. La casa non era molto grande, ma in compenso era molto luminosa. Si trovava all’ottavo ed ultimo piano di un edificio storico non molto lontano dal centro di Manchester.

Quei pochi mobili presenti al suo interno non stonavano per niente con lo stile della casa, anzi, era tutto davvero molto coordinato, ma l’unica parte che poteva discordare era il salotto dove Niall aveva messo una parete attrezzata dove poi aveva sistemato un enorme televisore al plasma con una grossa quantità di play station e console varie, con i rispettivi videogiochi, ovviamente tutti in ordine e ben curati. Nemmeno fossero persone o animali.

“Ti va di guardare un film?” mi chiese mentre si toglieva la felpa.

“Mmmh, si, che film hai?” gli risposi imitandolo.

“Vedi sulla seconda mensola a destra, dovrebbero essere lì tutti i film!” urlò da non so quale parte dell’appartamento.

Mi avvicinai alla tv e iniziai a leggere i titoli scritti sui dvd.

Paranormal activity, Io sono leggenda, Annabelle, tutta la saga di Saw, The Ring, Resident Evil, The Exorcism, 1408, Silent Hill…

“Ma che roba è questa?” chiesi retorica e un po’ disgustata da tutti quei film di generi così diversi dai miei standard.

“Tutti i miei film preferiti!” rispose Niall con nonchalance dietro di me, mentre mi prendeva i fianchi attirandomi a sé e strofinando delicatamente il suo naso sulla parte più sensibile del mio collo, proprio dietro l’orecchio.

Sospirai, mentre la mia mente viaggiava a trecento all’ora. Niall mi attirò di più a sé, unendo ancora di più i nostri corpi.

Mi voltai verso di lui ritrovandomici più vicina di quanto immaginassi. Prese a baciarmi con vigore con una mano poggiata sulla mia guancia e l’altra che risaliva sotto la mia maglietta preferita.

“Vuoi ancora guardare un film?” mi chiese quasi come se avesse il fiatone e non ce la facesse a respirare.

“Non credo, e tu?” chiesi retorica mentre i suoi baci scendevano sul mio collo, dove, dopo aver scosso la testa, mi lasciò un bel segno rosso, come a marchiarmi, come se volesse segnare il territorio.

Ma io ero sua dal primo momento in cui mi parlò.

L’unico momento in cui si stacco dalle mie labbra fu quando dovette togliermi la maglietta, così ne approfittai e gli sfilai la sua polo nera che lo rendeva ancora più attraente di quanto non fosse in natura.

Non avevo paura, cioè, un po’, ma davvero poca. Non era la mia prima volta.
La mia prima volta era stata uno schifo, questa probabilmente avrebbe potuto rimediare a tutto.

Mentre ci avvicinavamo sempre più al divano, i suoi baci si facevano sempre più avidi ed io non mi facevo scrupoli e non avevo alcun ripensamento.

Mi sbottonò i jeans e si abbassò con la testa all’altezza del mio ventre per abbassarmeli e facilitarmi a toglierli, vi posò un lieve bacio che mi inebriò i sensi più del dovuto. Poi con un’abile mossa sfilò i suoi.

Infilò le dita appena sotto la molla dei miei slip, quasi come a chiedermi il permesso che non gli negai, così li fece scivolare giù, fino al pavimento insieme a tutto il resto dei nostri indumenti. Senza rendermene conto eravamo l’uno sull’altra, stesi sul divano, completamente nudi, pronti ad amarci per la prima volta da quando stavamo insieme.

“Sicura?” mi chiese quasi impaurito.

“Più che sicura!” risposi con più sicurezza di quanta ne mostravo.

Così, lentamente entrò in me, cercando in tutti i modi di non farmi male, ma fu quasi inevitabile, ma subito passò, trasformandosi prima in fastidio e poi, pian piano, in piacere.

Quel piacere che fa bene, che ti depura l’anima e ti fa dimenticare tutto, ogni pensiero triste ed ogni problema. Quel piacere rigenerante e rassicurante. Quel piacere che non smette mai di sorprenderti.

Niall non smetteva mai di sorprendermi.

E si, questa volta aveva rimediato su tutte le altre volte precedenti.

“Ti amo Charlie!” sussurrò Niall quasi come se non volesse farsi sentire ed io lo baciai come se fosse il primo, ma anche l’ultimo bacio di sempre, ma non mi sentivo ancora di dirgli che l’amavo. Era troppo.

Non amavo me stessa, come avrei potuto amare qualcun altro?




 

*“Ho bisogno di te!”

**“Allora credo che rimarrai deluso”




 

Ehilaaa :D 
No, non mi sono dimenticata di voi! Solo che come sapete sono stata a Parigi per ben tre lunghissime settimane.. quando sono tornata ho dovuto recuperare un sacco di cose e ancora non ho finito lol 
In ogni modo, Parigi è davvero una bella città,  fantastica,  enorme ed è meravigliosa. Ma non è per me, le grandi città non sono per me, e poi parliamoci chiaro, i francesi sono brutti e antipatici, con la puzza sotto al naso e fin troppo patriottici lol in compenso abbiamo incontrato Francisco Lachowski  e porca troiaaaaaa *O* e siamo andati anche a Disneylaaaand *----* un paradiso hahaha

Cooomunque,  eccovi il capitoloo, spero sia di vostro gradimento anche perché ho buttato il sangue :') quindi, se non vi piace vi attaccate al tram :'D e niente... mi siete mancate un sacco xx 

E per alcuni motivi ho cambiato anche il titolo della storia :')

i crediti per il banner vanno alla pagine fb: Original Graphic :)  che si è mostrata gentile e disponibile nei miei confronti ^_^


Un bacio, 

Mika e le sue avventure pt. 63920715 xx

Ps: se volete contattarmi
twitter: fifshadesoftrav
Kik: fifshadesiftrav
Vi rispondo sempre ^-^

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Irish_Superman