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Autore: flyingangel    24/10/2008    1 recensioni
"Amarti, il mio incubo. Che cosa nascondi dietro ai tuoi occhi?"
Chey è una ragazza come tante, ma qualcosa dietro l'angolo sconvolgerà la sua vita, e le farà vivere l'esperienza più eccitante, dolorosa, e pericolosa che abbia mai immaginato.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- UNDICESIMO CAPITOLO -

*

Quando raggiunsi casa mia, il cancelletto era già aperto. Entrai.
“Mamma, zia?”
Mia madre venne in cucina. “Tesoro, mangia che è ancora in caldo”.
Anne ci raggiunse di lì a poco.
“Devo tornare al collegio” mi disse Lilian, sistemando l’insalata sul tavolo.
“Così presto?” bofonchiai, alzando le sopracciglia.
Lilian mi lanciò un’occhiata. “Tornerò appena posso, promesso” mi diede un bacio in fronte.
“Mi ero già abituata” alzai le spalle, amareggiata.
“Eppure non sono rimasta molto” mi lanciò un sorriso, sistemandosi a tavola.
“Mi mancherai” ammisi.
Lei mi fissò un secondo, i suoi occhi brillarono nei miei. “Anche tu, Chey, davvero. Dirò agli altri bambini
che mia figlia è cresciuta in un modo stupendo, e dirò che se fanno i bravi anche loro potranno diventare come te”.
Sussultai. “Grazie. È davvero carino come insegnamento”.
“Già, non tradire la loro fiducia”.
Scossi la testa. “Rimango così” biascicai, cominciando a mangiare.
Anne mi lanciò un’occhiata e poi guardò Lilian. “Ti aspettiamo per dicembre?”
Lilian le rispose all’occhiata e annuì. “A questo punto, credo di sì”.
La salutai, che erano appena le sei del pomeriggio. Mi sarebbe mancata, e non era una bugia.
Mi aveva fatto compagnia nei giorni in cui era rimasta, e pensare di non rivederla per mesi, mi riportava alla
mente tutto il periodo di assenza che avevo già provato. Senza di lei.
La sera passò più o meno in fretta, telefonai a Jen.
“Pronto?” fece lei.
“Pronto” risposi.
“Hai studiato?” continuò.
“Cosa?”
“Chey?” si spazientì, la sentii sbuffare.
“Sì, sto studiando, davvero. Guarda, proprio qui sotto di me, ho un quaderno e un libro aperti” presi velocemente
un libro e un quaderno e li aprii.
“Mmm… d’accordo. Domani vediamo come andrai all’interrogazione”.
“Dai, non mettermi fretta” aggiunsi, richiudendo il libro e il quaderno.
“Però guardaci nei miei appunti” bofonchiò, la sentii accendere la televisione.
“Certo, me li leggo tutti d’un fiato”.
Sbuffò e sentii che sgranocchiava qualcosa. “Sei sempre la sciolita” biascicò.
Sorrisi. “Allora, ci vediamo domani?”
“Aspetta. L’hai più visto Loud e compagnia bella?”
“Compagnia bella?” Alzai un sopracciglio, pensando a quella definizione.
“No, a parte per stamattina alla mensa”.
“Ah, l’hai visto alla mensa?”
“Sì, solo Loud. Era strano, felice più del solito” pensai a lui, che mi diceva che stava bene.
“Ah” sembrava sorpresa. “E Antoine?” mi chiese.
“Antoine, no, non l’ho più visto dal giorno prima”.
“Ma possiamo andare sempre a trovarli, no?”
Sgranai gli occhi. “Certo, almeno penso” bofonchiai, alzando le spalle.
“D’accordo” la sua voce si fece più lieve, dall’altra parte dell’apparecchio. “Allora adesso mi guardo la tivù,
ci sentiamo domani” bofonchiò, chiudendo la chiamata.
Feci un cenno d’assenso e riposi il telefono.
Mi guardai in giro, la stanza sembrava come sospesa in quell’atmosfera che si creava di sera, dove non
c’era nulla pressoché da fare.
Sbuffai. Non sapevo perché, avessi una terribile voglia di vederlo. Di stringere Loud più forte che potevo.
Eppure avrei giurato di non provare ancora nulla di forte per lui.
O forse era qualcosa che mi ingannava, che mi faceva pensare a quello.
Ma non lo sapevo. Non sapevo perché anche quella stessa notte lo sognai e mi apparve in sogno come un angelo,
dalle bianche ali, e dagli occhi azzurri, e quei dannatissimi e splendidi capelli biondi… tutto mi faceva sciogliere tra
le sue braccia, ed eravamo come due statue che si baciavano e si intrecciavano in un abbraccio infinito, perso
nell’oscurità della notte e assieme illuminato da una luce magica, inspiegabile che proveniva dal nulla, o forse da noi.
Ed ero felice. In quel sogno, lo stringevo forte a me, così forte a me che mi parve di poterlo sbriciolare sotto le mie
stesse mani, sotto le mie stesse dita.
Lo abbracciavo così potentemente, da sentirlo mio con tutto il corpo.
Eppure non ero ancora innamorata di lui.
Quando il giorno dopo mi svegliai, quello strano sogno mi accompagnò fino a scuola, sentii la mancanza di mia
madre, quando feci colazione con Anne. La salutai, con un sorriso un po’ triste negli occhi. Sapevo che dovevo
impegnarmi a scuola per lei, che mi aiutava sempre, ogni giorno e per Lilian, che lo faceva indirettamente,
amandomi a distanza.
Varcai la porta della mia prima lezione e quando ne uscì incontrai il suo sguardo, in una moltitudine di altri. Ma
nonostante quegli sguardi fossero così tanti, io vedevo solo il suo.
Eppure, potrei giurare di aver sentito il mio cuore fare un sobbalzo per poi tornarmi a battere nel petto. Ma non
credo che fosse perché sentissi ancora qualcosa di così forte per lui, almeno non precisamente in quel momento.
Era strano che cosa potevano fare i pensieri, assieme a loro c’era quella forza distruttiva che si portavano con sé,
un arma a doppio taglio. Più mi convincevo di non provare nulla, più pensavo a quanto magari invece tenessi
a lui, indirettamente. Pensavo che in realtà, già provavo qualcosa per lui.
Eppure, non ero sicura di niente. Non ero sicura di nulla, mi sembrava di viaggiare alla velocità della luce su una
montagna russa, e di averlo accanto a me, a volte senza una luce a illuminargli il viso, a volte come se avesse una
luce da palcoscenico puntata addosso.
A volte lo sentivo così vicino, a volte sentendolo così vicino lo sentivo invece così lontano.
Eppure era sempre accanto a me, nei miei pensieri, come se non se ne potesse mai andare.
Lui restava lì, come se fosse immortale, dentro ai miei pensieri, lì non moriva mai.
Avevo paura per quello che stavo pensando, per quello che stavo provando. Non volevo provare qualcosa di
troppo forte, di così forte che mi faceva pensare a quelle cose.
Dovevo concentrarmi sulle prossime lezioni, sull’interrogazione imminente della terza ora, su altro, su studiare, i compiti…
eccetera… eccetera… e poi appariva lui in mezzo a quel nulla, in mezzo a quel niente
non segnato, non confinato, appariva lui, nonostante cercassi di cacciarlo. Che cosa c’entrava, ancora?
Non era quello che provavo in quel momento che ora mi spaventava. Ma il saperlo sempre lì costantemente
nei miei pensieri, qualsiasi cosa in realtà provassi per lui.
Il vederlo sempre apparire in mezzo al nulla, in mezzo a quel nulla, era più spaventevole di qualsiasi altra
cosa, perché mi appariva sempre?
Che cosa c’era che doveva succedere? Che cosa c’era che doveva accadere?
Che cosa c’era in realtà tra di noi?
Mi guardò ancora, quando finii di pensare a quei pensieri.
Mi sorrise lievemente da lontano e io feci lo stesso, ma mi diressi verso la mia prossima aula.

*
Ringraziamenti a coloro che leggono e a:
valevre eheh parlano così di licantropi, perchè nel capitolo 1, lui dice che esistono e gli spiega che ci sono i licantropi anche lì da loro... non so se sia chiaro... dimmi pure se non si capisce, magari mi è sfuggito qualcosa ;)!
e grazie mille per i complimenti... : )
  
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