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Autore: earlgreytea68    09/11/2014    7 recensioni
Sherlock Holmes, studente.
Sì, in pratica è tutto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Saving Sherlock Holmes

 

 

 

 

 

Per quanto ne sapeva Mycroft, le cose andavano egregiamente. 
I corsi erano come se li aspettava, parecchi soldi erano stati usati per degli investimenti sicuri, Iphigenia aveva rinunciato ai suoi diritti su Sherlock e restava silente, e nessun altro aveva sollevato problemi riguardo alla sua decisione di occuparsi di lui. 
Sherlock stesso non aveva commesso alcun crimine e appariva fiorente. Sembrava adorare la signora Hudson, cosa che Mycroft aveva dedotto dal suo silenzio. Se Sherlock avesse avuto problemi, avrebbe dato voce alle lamentele fragorosamente e con veemenza; invece era silenzioso, il che significava che doveva essere soddisfatto da come stavano le cose e Mycroft ne era contento. 
Gli piaceva pensare che fossero riusciti a superare la parte più difficile. I resoconti sia della signora Hudson che del maggiordomo erano rassicuranti. Il maggiordomo disse che Sherlock creava un’enorme quantità di problemi e che ultimamente stava studiando quanto a lungo le rane potessero vivere senza mangiare, come parte di un esperimento. La signora Hudson disse che Sherlock stava facendo una gran confusione in casa con carcasse di rane, “santo cielo.” E Mycroft pensò che forse tutto sarebbe andato bene, dopo tutto. 
Il giorno che ricevette la grossa busta che era riuscito a dimenticare di star aspettando, si chiuse nella sua stanza, prese un bel respiro e lesse il rapporto dell’autopsia di sua madre. Due volte. Poi chiamò Sherlock. 
Rispose la signora Hudson e Mycroft disse, con automatica cortesia, “Buona sera, signora Hudson. Come sta?”
“Oh, Mycroft,” disse lei, dando l’impressione di essere contenta di sentirlo. “Come stai? Le cose vanno bene?”
“Sì,” rispose vagamente, non interessato. “Sherlock è lì?”
“Certo che c’è.” La sentì chiamarlo. “Sherlock! Tuo fratello è al telefono!”
Ci fu un po’ di trambusto e poi la voce di Sherlock disse, “Cosa puoi mai volere?” 
“Sherlock!” Mycroft sentì la signora Hudson rimproverarlo. “Sii gentile.”
“E’ solo che hai interrotto un esperimento davvero importante,” gli disse Sherlock. 
“Non stavi facendo niente,” Mycroft sentì la signora Hudson dire. 
“Stavo pensando di fare qualcosa,” si difese Sherlock, indignato. “Pensando molto intensamente. Cosa vuoi?”
Mycroft si chiese perché mai stava trovando tanto difficile dirlo. “Ho ricevuto il rapporto dell’autopsia della mamma, oggi.” 
“Perché lo hai ricevuto tu?” si lamentò Sherlock. “Perché hai tu tutte le cose divertenti solo perché sei il più grande?”
“Non è divertente, Sherlock,” disse Mycroft, un po’ brusco. 
Sherlock restò in silenzio per un momento e Mycroft riuscì perfettamente a immaginarsi la sua espressione ferita. Non si scusò e Sherlock non ne sembrò sorpreso. 
“Come dice che è morta?”
“Shock anafilattico,” rispose Mycroft. 
Sherlock non parlò per un lungo momento. “Non può essere esatto. Devono aver sbagliato. Idioti. Ecco perché avresti dovuto lasciar fare a me l’autopsia.”
Mycroft si massaggiò la fronte, cercando di scacciare il principio di emicrania. “Non hanno sbagliato, Sherlock.”
“Sai cos’è lo shock anafilattico?” domandò Sherlock.
“Certo che lo so,” scattò Mycroft.
“A cosa era allergica? Non era allergica a niente!”
“L’autopsia dice che sono state le noci.”
“Noci?” ripeté Sherlock, praticamente gridando. “Noci? Dobbiamo riesumare il corpo e far ripetere l’autopsia.”
Mycroft si arrese e appoggiò pesantemente la testa sulla mano. “Noi non... Ha sviluppato un’allergia alle noci, Sherlock, ed è morta di shock anafilattico. E’ quello che è successo.”
“Ma quello... le probabilità che accada sono...” La voce di Sherlock si affievolì fino a scomparire. 
“Improbabile,” disse Mycroft, stancamente. “Non impossibile.”
“Perciò il tutto è stato che... ha mangiato delle noci.” Sherlock parlava come se non riuscisse a crederci e Mycroft sapeva cosa stava provando, ecco perché aveva letto il rapporto due volte. Non era sicuro di che ragione si aspettasse per spiegare come mai una donna in salute fosse morta improvvisamente, ma non era di certo questa qui. 
“Ha mangiato delle noci,” continuò Sherlock, lentamente, “un giorno in cui nessuno era a casa. E’ stato... è stato tutto lì.”
Mycroft sapeva che Sherlock stava ripensando a tutto quello che aveva osservato su loro madre, correndo fra i corridoi del suo palazzo mentale in un’irrequieta catalogazione, cercando di trovare un senso. 
“In nessun modo avresti potuto sapere che aveva sviluppato un’allergia alle noci, Sherlock.”
Lui restò in silenzio. 
“Sherlock?”
“Vuoi parlare di nuovo con la signora Hudson?” gli chiese Sherlock, il tono smorto. 
“Sherlock,” disse, ma fu la signora Hudson a rispondergli. 
“Mycroft? Va tutto bene? Cosa gli hai detto?”
“Dov’è?”
“Sta tornando al piano di sopra proprio adesso, ma è bianco come un lenzuolo.”
Mycroft sospirò. “Nostra madre è morta per una reazione allergica alle noci.”
La signora Hudson mormorò comprensivamente. “Poveri cari. Lo avete scoperto ora?”
“Ho appena ricevuto il rapporto dell’autopsia.” Mycroft esitò. “Signora Hudson, Sherlock ha trovato nostra madre, il giorno che è morta. Forse dovreste saperlo.”
“Oh,” disse la signora Hudson, ma quell’unica sillaba era piena di significato. Ci fu un attimo di pausa e Mycroft lasciò che capisse come questo avrebbe potuto influire sul comportamento di Sherlock nell’immediato futuro. 
“Forse dovresti inviargli il rapporto,” suggerì lei, alla fine. “Potrebbe tirarlo su di morale. Sai, la parte scientifica. Gli piacciono quelle cose.”
Mycroft provò a immaginare qualcun altro in grado di capire che Sherlock potesse essere rallegrato dal ricevere il rapporto dell’autopsia di sua madre. Si chiese, non per la prima volta, cosa avrebbero fatto se non fossero inciampati in quella gemma della signora Hudson. 
“Sì,” concordò Mycroft. “Grazie. Lo farò, signora Hudson.”

 

 

***

 

 

Sherlock Holmes aveva trovato sua madre morta nel giorno che tutti quanti nella casa conoscevano come il Giorno Libero, quando cioè nessun membro dello staff era di turno. 
Lei diceva sempre che era più facile ricordare un solo giorno senza domestici che dover tenere a mente una tabella di turni. Perciò Sherlock non si era aspettato di essere accolto all’entrata, quando l’autista lo aveva accompagnato a casa dopo la scuola. Era entrato da solo come faceva sempre e poi si era immediatamente fermato nell’atrio. Perché lo aveva capito.
Nonostante in seguito avesse cercato tante volte di individuare cosa esattamente lo avesse spinto a sapere che sua madre era morta subito dopo aver varcato la porta d’ingresso, non era stato in grado di giungere a una conclusione soddisfacente. 
Semplicemente, in qualche modo, aveva sentito che il suo prossimo passo gli avrebbe cambiato irrevocabilmente la vita. 
Le cose che ricordava sulla scoperta del corpo di sua madre erano diligentemente annotate in un taccuino, fra i suoi altri dati scientifici; solo una pagina in più da sfogliare. 

 

Posizione supina
Testa approssimativamente a 7 mt. dalla porta
Braccio sinistro piegato, mano sinistra appoggiata al collo
Braccio destro completamente steso verso il telefono sul tavolino da caffè, mano destra serrata
Occhi leggermente gonfi
Livido sulla tempia destra
Pelle dal colorito bluastro - fredda al tocco - principio di rigor mortis - morta da tre ore?
Oggetti sul pavimento: 
_ Pezzi degli scacchi sparpagliati - torre bianca, 2 pedoni bianchi, 3 pedoni neri, cavallo nero, alfiere nero
_ Piattino da dessert
_ Fetta di torta di carote lasciata a metà

 

 

Sherlock sedette sul letto e rilesse gli appunti per la diciassettesima volta in tre giorni. 
Lesse, come aveva già fatto, torta di carote lasciata a metà, e si chiese come aveva potuto non cogliere l’ovvietà di quell’indizio. Aveva pensato che forse si era strozzata: la sua morte gli era sembrata coerente con il soffocamento. E lui era arrivato tre ore troppo tardi per esserle di qualunque aiuto. 
Lo aveva saputo subito, dopo averla trovata. Perciò non aveva chiamato il pronto intervento. A cosa sarebbe servito? Aveva telefonato a Mycroft. E poi, dopo avergli fatto capire che no, non stava scherzando, aveva rimesso al loro posto i pezzi degli scacchi ed era salito al piano di sopra per mettere nero su bianco queste scrupolose note. 
Non sapeva a cosa gli erano servite: non aveva previsto la causa della morte che Mycroft gli aveva detto. Era stato un idiota a non averlo capito. 
La signora Hudson bussò alla porta. Be’, qualcuno bussò alla porta, ma doveva essere la signora Hudson perché lei era l’unica a farlo. Gli altri membri dello staff lo evitavano quanto più era possibile. 
Sherlock chiuse il suo taccuino, lo fece cadere con noncuranza sul pavimento, dall’altro lato del letto, e poi disse, “Cosa?”
La signora Hudson entrò, agitando una busta. “Tuo fratello ha mandato il rapporto dell’autopsia, Sherlock. Ho pensato avrebbe potuto farti piacere dargli un’occhiata.” 
Gli sorrise luminosamente. 
Sherlock guardò corrucciato la busta. Al tempo stesso voleva e non voleva dare un’occhiata. Quello che voleva davvero era un nuovo rompicapo. Qualcosa di diverso. Qualcosa di cui lui non aveva colpa. 
Prese la busta, la fece cadere dall’altro lato del letto assieme al taccuino e guardò la signora Hudson. “Vostro marito non è morto.”
Lei sembrò leggermente allarmata. “Cosa?”
“Ha mentito a riguardo, quel giorno. In qualche modo. Ma non è una bugia semplice. C’è qualcosa di strano nell’intera situazione che non sono riuscito a capire. Mi dica cos’è.”
Lei esitò. Poi, però, sedette ai piedi del letto e lo guardò. 
La signora Hudson, Sherlock aveva imparato, raramente gli negava qualcosa che aveva chiesto direttamente. “Lui è... quasi morto. Non ancora morto.”
Sherlock la studiò. “Malato?” provò, ma non gli sembrò corretto, non era coerente con ciò che sapeva. 
Lei scosse la testa. “Lui è...”
“Aspetti,” disse Sherlock, lo sguardo sottile, pensando. “Non me lo dica. Mi lasci pensare. Florida. Lui è in Florida. Non è tornato qui con lei. Florida e quasi morto, ma non malato. In attesa della morte - è nel braccio della morte? Vostro marito è un assassino?” 
Sherlock sapeva che non avrebbe dovuto esserne contento. Normalmente non gli importava di che cosa avrebbe o non avrebbe dovuto rallegrarlo, ma era diverso quando si trattava della signora Hudson. Non voleva offenderla. 
“Scusi,” si corresse velocemente. “Mi dispiace. Vostro marito è un assassino?” Lo chiese molto sobriamente, cercando di imitare il tono comprensivo che Mycroft usava in situazioni del genere. 
La signora Hudson rise. “Tu davvero, davvero non dovresti entusiasmarti per cose come questa, Sherlock. Le persone penseranno cose terribili di te.”
“A chi interessa cosa pensano le persone?”
“A me interessa.”
“Ecco perché non dite a nessuno che vostro marito è nel braccio della morte.”
“Non è il tipo di cosa che va detta in giro, Sherlock.”
Sherlock la ignorò. Quello che stava davvero pensando era che la cosa era meravigliosa. Un intero magnifico rompicapo, solo per lui. “E’ stato accusato ingiustamente?” chiese, eccitato, sedendosi meglio. “Vuole che provi la sua innocenza e che gli salvi la vita per lei?”
La signora Hudson lo guardò. Sembrava più seria di quanto Sherlock l’avesse mai vista. Si chiese cosa avesse detto di sbagliato. 
“Potrei, lo sa,” insistette, pensando che forse lei non era sicura delle sue capacità. 
“Oh, non ho dubbi che potresti,” disse, lentamente. “Ma è un uomo terribile, Sherlock. Un... è un uomo terribile.”
“E’ colpevole,” realizzò Sherlock.
“Del crimine di cui è stato accusato. Di molto altro. E’... terribile.”
Sherlock osservò le mani della signora Hudson, strette saldamente in grembo, e la guardò di nuovo, accigliato. “Siete spaventata.”
“Forse un pochino,” disse lei con un piccolo sorriso tremante. 
“Di cosa? Di lui? E’ nel braccio della morte.”
“Ma se... Esistono così tante possibilità di ricorsi in appello, Sherlock. Così tante tecnicità. Il sistema legale americano...”
Questo, pensò Sherlock, era inaccettabile. La signora Hudson non avrebbe dovuto essere spaventata. Mai. Di niente. Non quando c’era lui. 
“Non glielo permetterò,” decise Sherlock.
“Permettere cosa?”
“Farla franca. Uscirne. Sfruttare le tecnicità. Mi assicurerò che resti dov’è, che sia giustiziato e che non le faccia mai più del male.” 
Guidato dall’impulso poggiò le mani su quelle nervose della signora Hudson, perché aveva visto persone farlo e supponeva fosse confortante. E in qualche modo lo era. Le strinse. 
“Non deve essere spaventata,” promise. “La terrò al sicuro.”
La signora Hudson sembrò non avere parole. Sherlock si domandò se per caso stesse per piangere. “Tu non... non è compito tuo tenere me al sicuro.”
“Gli Holmes sono bravi a tenere le persone al sicuro, sa.” Pensò un attimo a sua madre e si corresse, “Di solito. E’ molto meglio averci come alleati che come nemici.”
Sapeva che almeno l’ultima parte era vera, perché sia la mamma che Mycroft lo dicevano frequentemente. 
“Sei molto più dolce di quanto lasci vedere a tutti gli altri,” commentò la signora Hudson, stringendogli a sua volta le mani. 
Il che significava, pensò Sherlock, che aveva acconsentito. Si accomodò soddisfatto contro la testiera del letto e disse, “Dovrò vedere tutti i documenti che ha pertinenti al caso di suo marito.”

 

 

 

 

 

§

 

 

 

E con questo capitolo chiudiamo la prima parte della storia. 
Dal prossimo ci spostiamo nel 1992, a Eton (la più famosa e prestigiosa scuola privata del Regno Unito) - ovvio che Sherlock ci vada, no?
Finalmente arriverà John. Sì, credo lo steste aspettando tutti impazientemente, non è così? E Lestrade. Oh, sì, anche quel cucciolo di Greg. 
Grazie ancora per l’immenso supporto che mi state dando, 
alla prossima, 
Sara

 

P.s. il prossimo capitolo sarà, se non erro, di più di 10 pagine.
        Tutto per John, insomma ;)












 

   
 
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