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Autore: Red Wind    09/11/2014    2 recensioni
Nell'Antico Egitto le divinità erano parte integrante della vita quotidiana: a loro si offriva tutto ciò che serve alle persone comuni. Ma gli dei non sono persone comuni, così come i protagonisti di questa storia.
Una ragazza insicura che ancora deve scoprire le sue potenzialità.
Un dio generato dall'odio e dal desiderio di vendetta apposta per uccidere.
Una rivoltosa dal passato travagliato.
Un ragazzo in grado di leggere nel cuore delle persone.
Amicizia, dolore, amore, paura, guerra e magia.
“Secondo la leggenda, l'Egitto era governato in origine da Osiride e da Iside, sua sorella e sposa. Il fratello Seth, geloso dei due, uccise Osiride, fece a pezzi il cadavere e ne occultò le membra in luoghi diversi. Iside, trasformatasi in nibbio, raccolse e ricompose le membra del marito e gli reinfuse la vita. Osiride divenne Signore dell'oltretomba ed ebbe un figlio: Horo, il dio dalla testa di falco. Quest'ultimo, dopo aver combattuto a lungo contro Seth, riuscì a sconfiggerlo e a diventare re dell'Egitto.”
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Aegyptus'
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Di rivoltosi e antidoti

"Sinuhe?!" esclamò sorpreso il ragazzo "Che cosa è successo?"
"È una storia lunga. Abbiamo bisogno di un posto sicuro dove passare la notte. Ci stanno cercando" rispose la ragazza, ancora con il fiatone.
Semnut si scostò dalla porta invitandoli ad entrare. Sinuhe esitò.
"Se ci trovano qui sarai nei guai..."
"O questo o niente. E poi io sono già nei guai, anch'io sono ricercato, ricordi?"
Sinuhe si convinse in fretta, non avevano tempo per discussioni inutili. Entrò e appoggiò delicatamente Anem per terra. La schiena le faceva male e avrebbe voluto stendersi anche lei e riposarsi, ma non poteva, non era ancora finita, la vita dei suoi amici era ancora in pericolo.
"Questo ragazzo sembra stare molto male, non sembra che si tratti solo di una ferita" disse Semnut mentre Sinuhe invitava Jamila a riposarsi su uno dei semplici giacigli che erano presenti nella casa.
"Si, infatti qualche tempo fa è stato ferito da un pugnale avvelenato. Un dottore gli ha dato un rimedio temporaneo, perché non era in grado di trovare l'antidoto. Ora, però, la medicina è finita. Ci serve subito un medico, è in questo stato da molte ore, non so se..."
Sinuhe non riuscì a finire la frase, stava perdendo la calma, proprio quello che si era ripromessa di non fare.
"Chiamiamo Nofret"
"Lei è qui?" chiese Sinuhe incredula.
Nofret era l'esperta di veleni che lavorava per i rivoltosi, anche se non erano mai andate molto d'accordo, Sinuhe doveva ammettere che era la migliore nel suo campo.
"Sì, si è trasferita qui da poco" rispose Semnut.
Sinuhe tirò un sospiro di sollievo e ritrovò la calma.
"Finalmente un po' di fortuna" commentò.
"Vado a chiamarla"
Sinuhe rimase sola con Anem e Jamila. Notò che anche la ragazza si era addormentata. Aveva fatto troppo in fretta, doveva essere esausta, Sinuhe era certa che la permanenza in prigione l'avesse indebolita molto. Decise di occuparsi prima di Anem, che era più grave. Prese bende, teli, e acqua puliti. Per prima cosa tolse la benda frettolosa con cui gli aveva coperto la ferita alla coscia, che ormai era fradicia. Pulì la ferita e poi la bendo di nuovo, con più attenzione. Non aveva neanche finito che sul bianco della benda risaltavano macchie rosse, ma non sapeva che altro fare. Pulì e bendò anche tutte le altre ferite, più o meno lievi, poi spostò Anem sul giaciglio più comodo a disposizione. Alla fine lo guardò: aveva già un altro aspetto senza il sangue secco addosso, ma era così pallido e immobile che a Sinuhe venne il dubbio che fosse morto. Appoggiò la mano sul suo petto e per interminabili attimi non sentì niente. Fu presa da uno sconforto insormontabile, poi finalmente lo sentì. Il suo cuore batteva ancora, timidamente, ma in modo abbastanza regolare. Respirò a fondo come per calmarsi: non poteva mollare adesso, le loro vite erano nelle sue mani. Decise di occuparsi di Jamila. Prese altra acqua e lavò le sue ferite. Quelle dei polsi e delle caviglie erano molto profonde e infettate, ma non sanguinavano più perché erano lì già da un po'. Sinuhe dovette sforzarsi per continuare, le sembrava quasi di poter sentire il dolore di quelle ferite. Passò a medicare i segni delle frustate che deturpavano la schiena della ragazza. In quel mentre tornò Semnut, con lui c'era anche Nofret.
"Chi si vede!" disse la donna con a sua voce suadente.
"Grazie di essere venuta. Il mio amico a bisogno di te, è stato avvelenato, tramite un pugnale, da un brigante" disse Sinuhe sforzandosi di essere gentile e, allo stesso tempo, non mostrare troppo la sua agitazione.
Nofret si avvicinò ancheggiando ad Anem ed esaminò la ferita avvelenata. Sinuhe restò a guardare, sperando che conoscesse l'antidoto. Non avrebbe mai detto che Nofret sarebbe stata la sua ultima speranza. Erano state spesso costrette a lavorare insieme e non erano mai andate d'accordo. La donna aveva alcuni anni più di lei ed era una rivoltosa da sempre, poiché già i suoi genitori facevano parte del gruppo. Non era il tipo da diventare una di quelle donne che vivono in funzione di un uomo, così aveva imparato tutti i segreti sui veleni dall'anziano esperto e quando lui era morto l'aveva sostituito. Era diventata espertissima e aveva anche imparato che il suo fisico, sensuale e attraente, era la migliore arma: le bastava uno sguardo per fare obbedire tutti gli uomini, amici e nemici. Aveva salvato la vita a molti rivoltosi feriti da armi avvelenate, ma, anche se all'apparenza non sembrava, Nofret uccideva anche più di chiunque altro: i suoi veleni, che i rivoltosi applicavano sulle armi, potevano sterminare interi eserciti. Era proprio per questo che non andava d'accordo con Sinuhe: lei era convinta che non fosse giusto uccidere i semplici soldati se non necessario, dopotutto non era colpa loro, ubbidivano solo agli ordini che gli venivano dati perché non avevano altra scelta, e i veleni le apparivano come l'arma più vigliacca. Nonostante alcuni punti di disaccordo e due caratteri molto diversi, erano accomunate dal desiderio di rendersi utili tra i rivoltosi.
Mentre Sinuhe era immersa in questi pensieri Nofret finì di visitare Anem.
"Si tratta di un veleno molto particolare..." disse l'esperta.
Iniziamo bene” pensò Sinuhe incrociando le dita.
"...attualmente non ho un antidoto per questo caso..."
Nofret fece una pausa ad effetto. Sinuhe pensò che fosse pura crudeltà, ma non disse nulla.
"Ma forse posso prepararlo in tempo per salvare il tuo amico. Nel frattempo dagli questo"
Estrasse una medicina dalla sua sacca e la porse a Sinuhe.
"Si tratta di un farmaco che rallenta l'effetto dei veleni e ne impedisce la diffusione nel sangue" continuò.
"Ha già preso una cosa simile, ma poi si è esaurita. Comunque anche con la medicina non stava molto meglio"
"È normale, il veleno non viene neutralizzato da questo tipo di medicine, ma servono a fare guadagnare tempo, cioè quello che ci serve"
Sinuhe annuì e ringraziò. Nofret si avviò verso l'uscita.
"Nofret..." la richiamò Sinuhe "Ce la farà?"
La ragazza si voltò. Non aveva il solito sorrisetto suadente, per la prima volta Sinuhe la vide seria.
"Se ti dicessi che ne sono certa, mentirei" rispose, poi si voltò e uscì.
Sinuhe restò intontita dall'idea che Anem potesse morire. Fu Semnut a riscuoterla.
"Cos'ha la ragazza?" chiese indicando Jamila.
"È stata in prigione, l'hanno torturata. Quando l'abbiamo liberata non sembrava in sé, a stento mi ha riconosciuta" rispose Sinuhe.
Diede la medicina, che le aveva consegnato Nofret, ad Anem e poi riprese a medicare le ferite di Jamila. Chiese a Semnut se avesse delle erbe e preparò l'impacco, quello che le aveva insegnato Jamila stessa. Medicò tutte le ferite dell'amica e le fasciò, poi tornò da Anem. Medicò anche le sue ferite con l'impacco, specialmente quella più profonda, alla coscia. Quando ebbe finito si sentì più sconsolata di prima: ora non c'era più niente che potesse fare per i suoi amici, non le restava che aspettare e sperare. Nel frattempo Semnut aveva preparato del cibo e si era seduto al tavolo.
"Vieni a mangiare qualcosa, ne hai bisogno" la invitò Semnut.
Sinuhe scosse la testa. Effettivamente aveva fame, non mangiava niente dal giorno prima, ma era certa che non sarebbe riuscita a mandare giù neanche un boccone per via del nodo che le attanagliava lo stomaco. Si sedette per terra, spostando lo sguardo da Anem a Jamila e viceversa. Nel giro di poco quella sistemazione le diede sui nervi. Si alzò e cominciò a camminare avanti indietro per la stanza. Semnut stava mangiando, in silenzio. Sinuhe attraversò ancora la stanza, ma quando si voltò se lo trovò davanti, immobile davanti a lei la fissava serio. Sinuhe abbassò la sguardo. Si sentiva terribilmente stupida, sapeva che quel comportamento era inutile, ma non poteva fare altrimenti. Non riusciva a starsene seduta ad aspettare come se niente fosse, non ce la faceva. A sorpresa Semnut l'abbracciò. Sinuhe sentì la propria guancia premere sul suo petto. Subito si irrigidì, chiedendosi cosa gli faceva credere di potersi permettere simili gesti nei suoi confronti, ma poi si sentì scaldare, sentì Semnut vicino come non mai. Ora il dolore che sentiva era anche suo. Si abbandonò nelle sue braccia. Restarono così un attimo, poi Semnut si sciolse dall'abbraccio.
"Dai, vieni a mangiare" disse sorridendo.
Anche Sinuhe sorrise di rimando, un sorriso mesto, timido, ma pur sempre un sorriso. Semnut sentì di aver fatto la cosa giusta. Si sedettero e, mentre la ragazza mangiava, l'altro le raccontò le ultime novità. Per qualche mese era stato a capo di un gruppo di rivoltosi, ma in una missione si era fatto prendere la mano, aveva abbandonato i suoi uomini e aveva continuato da solo. Molti avevano perso la vita e alcuni erano stati catturati. I superiori avevano retrocesso Semnut di alcuni gradi ed ora non aveva più nessuno sotto il suo comando.
"Me la sono cercata, forse non ero pronto ad avere il comando" concluse.
Sinuhe ascoltò distrattamente. Si girava continuamente verso Anem nella speranza di vedere qualche miglioramento, ma il ragazzo restò immobile per tutto il tempo. Sinuhe finì di mangiare, poi tornò a sedersi a terra, la schiena appoggiata contro la parete. Semnut sparecchiò. Sinuhe si sentiva stanchissima, ma allo stesso tempo non dovette affatto sforzarsi per restare sveglia: era troppo tesa e preoccupata anche solo per chiudere occhio. Pensava ad Anem che rischiava la vita e a Jamila. Sarebbe mai tornata quella di una volta? Poteva quello che aveva passato in prigione averla cambiata per sempre? Da ore Sinuhe si poneva queste domande quando arrivò Nofret. La ragazza aveva recuperato il suo solito charme, entrò e per prima cosa diede un bacio, veloce, ma appassionato, a Semnut. Il ragazzo arrossì lievemente, ma non sembrò stupito. Almeno non quanto Sinuhe: la ragazza si sentì fuori posto e si chiese se quei due stessero insieme o se Nofret facesse così con tutti. I suoi pensieri furono ben presto interrotti. Nofret si stava avvicinando e con sé portava notizie.
"Ho formulato un antidoto, dallo subito al tuo amico, vedremo se funziona" disse soltanto.
Sinuhe non si fece pregare e versò immediatamente il liquido nella bocca di Anem. Si aspettava una reazione clamorosa e rimase delusa, ma sapeva che l'effetto poteva non essere immediato. Si sedette di nuovo per terra, in modo da poter vedere eventuali miglioramenti. Anche Nofret si sedette, su una sedia vicino al tavolo e sorseggiò con calma la birra che Semnut le aveva offerto.
"Io me ne vado, gli effetti dell'antidoto si vedranno domani mattina, chiamatemi e ci sono novità prima di allora" disse dopo un po', alzandosi e uscendo.
Non sembrava né triste né preoccupata. Sinuhe restò al suo posto.
Semnut dopo un po' di tempo disse "Dovresti riposarti, hai sentito cosa ha detto, domani sapremo come è andata"
"La vuoi smettere di dirmi quello che devo fare? Non riuscirei mai a dormire in questo momento e non so come tu faccia a non capirlo"
"Scusa se mi preoccupo per te" disse Semnut sarcastico.
Si sistemò in un angolo, pronto per dormire e non disse altro. Sinuhe pensò che Semnut non doveva preoccuparsi per lei poiché non avevano nessun rapporto che superasse il titolo di "colleghi", tanto meno preoccuparsi senza motivo. Si alzò e cambiò la fasciatura della ferita alla coscia di Anem, poi tornò a sedersi e attese che quella terribile giornata finisse.


Durante la notte a Sinuhe sembrò di vedere un cambiamento nel colorito di Anem: la carnagione pallidissima stava recuperando colore. Non ne era certa, temeva che si trattasse solo di una suggestione e non osò sperarci troppo. All'alba arrivò Nofret. Entrò, salutò e, quando si accorse che Semnut dormiva, lo svegliò a forza di baci. Sinuhe rimase di nuovo sorpresa e si sentì in imbarazzo. Svegliato Semnut, Nofret si diresse verso Anem e controllò il suo stato. Sinuhe restò in attesa del verdetto, tesa come una corda di violino.
"Sembra che abbia funzionato" disse Nofret.
Sinuhe si sciolse.
"Se così non fosse a quest'ora sarebbe già morto e poi sembra avere perso un po' del suo pallore" seguitò "Continua a somministrare dosi di antidoto finché non sarà del tutto guarito"
Sinuhe sorrise e fece un profondo respiro: l'agonia del dubbio era finita. Nofret si avviò verso l'uscita, quando era già fuori sentì Sinuhe dire "Grazie". Senza fermarsi, sorrise.
Semnut e Sinuhe fecero colazione, parlarono poco, ma l'atmosfera era distesa ed entrambi avevano recuperato il buon umore. Dopo Sinuhe si decise a medicare le proprie ferite, che ancora non aveva nemmeno guardato. Si chiese se Jamila stesse bene: non si era più svegliata dal giorno prima, ma decise di non disturbarla.
"Siete fidanzati?" chiese a sorpresa Sinuhe a Semnut.
Semnut arrossì.
"No, non lo so..."
"Come sarebbe che non lo sai!"
"Io la amo, lei mi ama e entrambi lo sappiamo, ma non ce lo siamo mai detti, non abbiamo mai parlato di vivere insieme. Penso che sia perché la nostra vita potrebbe essere stravolta da un giorno all'altro: potremmo essere catturati o uccisi, è tutta un'avventura, così preferiamo non impegnarci. Se ad uno dei due accadesse qualcosa l'altro potrebbe continuare la sua vita, anche se soffrirebbe, perché non abbiamo nessun legame pubblico"
Sinuhe pensò che al suo posto, sapendo che la sua vita era in costante pericolo, avrebbe pensato a sfruttare al meglio il tempo a sua disposizione invece di tenere le distanze e non impegnarsi. Non disse niente perché comunque capiva le motivazioni di Semnut e non poteva biasimarlo. Proprio mentre si chiedeva cosa avrebbe potuto rispondere al ragazzo si accorse che Jamila si stava svegliando. Si avvicinò e si sedette accanto a lei. Era curiosa di sapere se era tornata in sé, ma attese che si fosse del tutto svegliata.
"Come ti senti?" le chiese.
Jamila ci pensò un attimo.
"Meglio, ma cos'è successo? Ricordo che ero in prigione e poi più niente"
"Io e Anem, quel ragazzo lì, ti abbiamo liberata e poi siamo venuti qui, a Hebenu"
Sinuhe raccontò a Jamila tutto quello che era accaduto nei particolari, da quando si erano separate fino a quando erano arrivati a Hebenu.
Ci fu un attimo di silenzio poi Sinuhe chiese serissima "Che cosa ti hanno fatto?"
Una parte di lei avrebbe preferito non sapere gli orrori che la sua amica aveva dovuto subire, ma per perdonarsi di aver ucciso quel soldato doveva conoscere tutto il dolore che Jamila aveva provato a causa loro. Jamila abbassò gli occhi, come se fosse persa in ricordi lontani.
"Pensavano che facessi parte dei rivoltosi. Volevano sapere qual'era il loro... il vostro obiettivo e io non sono riuscita a tacere. Ho detto loro che volete prendere il potere del faraone, ho raccontato come ci siamo conosciute, ma loro non mi hanno creduto. Sono convinti che io faccia parte dei rivoltosi da molto tempo e che a Menfi complottassi contro il faraone, sono sicura che è stato lui a raccontare delle falsità" disse Jamila, la voce rotta.
Sinuhe era pietrificata. Era tutta colpa sua se Jamila era stata torturata, se non l'avesse mai conosciuta niente di tutto quello sarebbe accaduto. Temeva anche che Jamila avesse rivelato della sua missione di uccidere il faraone: in quel caso sarebbe saltato tutto.
Jamila sorrise tristemente.
"Non ho detto della tua missione. I soldati non sapevano che tu avessi una missione particolare, non mi hanno chiesto niente e io non ne ho parlato"
Sinuhe tirò un sospiro di sollievo, ma si sentiva terribilmente in colpa: in un momento come quello lei pensava ancora alla missione. Si rese conto che Jamila aveva sofferto più di quanto non avesse fatto lei in tutta la sua vita di missioni pericolose. Pensò che lei non ce l'avrebbe fatta a sopportare la tortura, neanche per un solo giorno.
"Sei stata...forte, più di chiunque altro io conosca" disse Sinuhe non trovando parole più adatte.
Jamila sorrise stancamente.
"Ancora una volta non sarei qui senza il tuo aiuto"
Sinuhe l'abbracciò, non l'aveva mai fatto e rimasero entrambe sorprese.
"Quando starò meglio riprenderemo il viaggio verso Menfi" disse decisa Jamila, nei suoi occhi brillava una punta di odio "Lui che cosa farà?" chiese indicando Anem.
"Non ne ho idea" rispose Sinuhe.
"Ma...voi due..."
Sinuhe arrossì.
"No! Cosa ti salta in mente? Siamo solo amici" disse convinta.
Jamila rise e anche Sinuhe fu contagiata.
"Che cosa c'è? Anem è fuori pericolo ormai, cos'è che non va?" disse Jamila.
Nonostante stessero ridendo Jamila aveva notato un'ombra sul volto di Sinuhe, una preoccupazione, un pensiero triste.
"Ho ucciso un soldato" confessò dopo un po'.
"Non avevi mai..."
"No, ho sempre evitato e poi molte delle missioni che ho fatto erano di spionaggio più che combattimento"
"Non è colpa tua, se non ti fossi difesa sarebbero stati loro a ucciderti" cercò di consolarla Jamila.
"Forse sarebbe stato più giusto così, dopotutto sono io la criminale" rispose lugubre, omettendo che ad essere uccisa, in quel caso, sarebbe stata Jamila.
"Non è vero e lo sai" rispose decisa la ragazza, poi cambiò argomento "Ho perso l'amuleto che mi permetteva di comunicare con Horus"
"Poco importa, non mi piace quel tipo, con quelle cose strane"
"Si, ma hai visto anche tu quello che ho fatto. Se lui ha ragione siamo in pericolo"
"Ah, perché al solito non lo siamo?"
Jamila capì che era inutile cercare di farla ragionare in quel momento e lasciò perdere.
Sinuhe le portò del cibo e lei mangiò con appetito: in prigione era molto dimagrita. Mentre mangiava notò che Sinuhe era davvero stanca perché i suoi occhi erano profondamente cerchiati.
"Non hai dormito?" le chiese.
"No"
"Dovresti riposarti"
"Non ho sonno" mentì Sinuhe scocciata, in un'altra situazione avrebbe risposto male, ma era contenta di essere di nuovo con Jamila e così si trattenne.
Jamila lasciò perdere: sapeva che era inutile provare a convincerla se aveva già deciso. Sinuhe girò nervosamente per la stanza, poi si sedette di fianco ad Anem. Jamila si stese e in breve si appisolò perché si sentiva ancora molto debole. Sinuhe non resistette alla tentazione: cercò di svegliare Anem. Lo chiamò e scosse lievemente la sua spalla, ma lui non si mosse. Sinuhe si alzò tesa e si sedette per terra, il viso nascosto dalle mani. Cercava di convincersi che era tutto normale, che non si svegliava perché non era ancora guarito del tutto, ma non ci riusciva. La verità era che era ancora molto preoccupata. Pensò che le sarebbe bastato parlargli per un attimo per tranquillizzarsi, ma non era possibile al momento, avrebbe dovuto aspettare. Restò seduta per terra a lungo, pensò a tutti gli strani avvenimenti che erano accaduti ultimamente: l'incontro con Jamila, le strane storie di Horus... Per la prima volta da quando tutto ciò era iniziato fu sincera con sé stessa. Non negò l'evidenza dei fatti scomodi, non rimandò i problemi e prese decisioni per il futuro. Nonostante il momento non fosse dei migliori ragionò con estrema lucidità. Pensò molto alla storia di Horus, perché non aveva idea i come comportarsi. Jamila aveva ragione: nonostante sembrasse impossibile non poteva che essere vero, visto anche ciò che Horus, e in seguito anche Jamila, avevano fatto. Probabilmente se si potevano evocare fiamme e controllare gli agenti atmosferici si poteva anche essere l'incarnazione del Ba e potevano esistere misteriosi nemici dal cui guardasi. E, se Sinuhe ormai era esperta nel combattere contro i soldati, non aveva idea di come come difendersi da nemici dai poteri sconosciuti. Non c'era dubbio: anche se l'idea non le piaceva dovevano trovare il modo di rimettersi in contatto con Horus, almeno per saperne di più.
Mentre Sinuhe rifletteva su questi ed altri pensieri Jamila dormiva. Solo ogni tanto si svegliava e cercava di iniziare un dialogo con Sinuhe per distrarla dai pensieri tristi, ma lei rispondeva a monosillabi, così dopo un po' Jamila rinunciava. Sinuhe si riscosse dai suoi pensieri solo quando vide che Anem si muoveva. Si alzò di scatto e si sedette vicino al ragazzo. Lui ci mise un po' a svegliarsi del tutto e Sinuhe non pronunciò una parola. Appena Anem fu svegliò si voltò e cercò Jamila con lo sguardo, quando la vide tranquillamente addormentata tirò un sospiro di sollievo: la missione era riuscita.
"Come siamo finiti qui?" chiese.
Sinuhe raccontò di nuovo tutta la storia.
"E io che volevo aiutarti...sono stato solo un peso fin dall'inizio. Io non sono fatto per queste cose, non potrò mai combattere per i miei ideali. Il mio destino è quello di vivere una vita banale e noiosa per il resto dei miei giorni"
"Siamo noi a decidere il nostro destino. E poi non ce l'avrei fatta senza di te" ammise Sinuhe "Già appena ci siamo conosciuti mi hai salvata dai soldati e avrei fatto un sacco di stupidaggini se tu non mi avessi fermato" continuò.
"Forse hai ragione, dopotutto la missione è riuscita. A proposito, come sta la tua amica?"
"Meglio, ma non si ricorda nulla del viaggio che abbiamo fatto fin qui ed è ancora debole. E tu invece?"
"Mi fa male tutto e non riesco a muovermi, per il resto benissimo" disse sorridendo.
Sinuhe notò con piacere che aveva già recuperato il suo senso dell'umorismo.
"Devi solo riposarti un po', vedrai che dopo starai meglio" disse Sinuhe, ma Anem stava già chiudendo gli occhi.
Sinuhe si accorse che era ormai notte fonda e sentì tutta la stanchezza piombarle addosso di colpo. Si chiese perché Semnut non fosse ancora tornato, ma non fece in tempo a fare ipotesi che lui entrò.
"Ancora in piedi?" chiese "Dovresti riposarti un po', se uno di loro si sveglia ti avverto io"
Sinuhe non riuscì a rifiutare e, sistematasi in un angolo, si addormentò in fretta, la testa momentaneamente libera dalle preoccupazioni.



Il cantuccio dell'autrice
*arriva correndo*
Scusate, questa volta sono davvero in ritardissimo ^^"
Spero di farmi perdonare con questo capitolo.
Cosa credete che accadrà adesso? Fatemi sapere cosa ne pensate!
Sono contentissima di aver raggiunto il traguardo delle 50 recensioni (per molti sono poche, ma per me è un evento u.u). *abbraccia tutti* grazie a voi che mi fate sentire il vostro appoggio <3 A presto!

Red Wind
   
 
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