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Autore: DulceVoz    10/11/2014    7 recensioni
Che ne sarà di noi? Questa non è una vera e propria domanda, è piuttosto una frase vaga che si ripetono tre fratelli, da quando la loro vita è stata sconvolta da una disgrazia più grande di loro, un uragano di sofferenza che ha stravolto duramente le loro giovani esistenze. Che ne sarà di noi? Si chiede una zia amorevole, che potrebbe trovarsi costretta a vivere con loro a causa di un testamento sorprendente, il quale la vedrebbe obbligata sotto lo stesso tetto anche con il suo peggior incubo, ovvero l’uomo che si interrogherà con la medesima questione, nascondendosi dietro ad una maschera di indifferenza. Dal dolore puo’ nascere amore? E, soprattutto… l’amore puo’ aiutare a superare un dramma tale? Questo e molto altro, lo dovranno scoprire i nostri protagonisti… perché a sanare le loro profonde ferite, dovrà pensarci proprio questo potente sentimento.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Diego, Leon, Pablo, Violetta
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Come un uragano. Cap.3
 
 
“- I numeri utili sono tutti scritti e attaccati al frigo: il mio cellulare, quello di tua sorella, il pronto intervento, la polizia, i pompieri…” “- La marina militare e l’esercito Argentino, non li hai segnati?” Angie era in cucina, appena arrivata a casa Castillo e osservava German correre da una parte all’altra della casa come un’anima in pena: l’uomo non amava dover lasciare i figli con altri, ma quella era un’occasione speciale e poi si fidava cecamente della cognata, quindi, nonostante la sua solita e perenne ansia, cercò di sciogliersi in un sorriso alla battuta della sorella di sua moglie. “- Amore, lasciala in pace, non ha 6 anni! E nemmeno i ragazzi sono più dei bambini, accettalo una volta per tutte!” Esmeralda apparve sotto la porta che divideva il salone dalla cucina, intenta ad indossare degli orecchini di perla: avrebbe potuto farlo in camera sua, ma conosceva bene suo marito e sapeva quanto potesse essere esasperante nelle sue raccomandazioni, così aveva deciso di seguirlo di corsa per evitare che facesse impazzire Angie. “- Andrà tutto bene e poi saremo sicuramente qui non troppo tardi…” Sentenziò la donna, beccandosi un’occhiataccia da German per il fatto che l’avesse rimproverato e un sorriso dalla sorella. “- Mi troverete dormiente sul divano, allora!” Esclamò con decisione la bionda, avvicinandosi alla sorella per chiuderle un braccialetto con il quale aveva preso ad armeggiare freneticamente. “- Ecco qui… ah, ma siete uno splendore!” Sorrise poi euforica, facendo passare lo sguardo dall’una all’altro che, imbarazzati prima si fissarono e poi abbassarono il volto, ognuno sulle proprie scarpe. “- Ma che meraviglia questi sposini!” Diego, apparendo alle spalle della madre, seguito da Violetta e da una saltellante Ambar, sorrise ai genitori compiaciuto: era bello vederli così uniti dopo tanti anni insieme e le difficoltà che si erano presentate durante il loro matrimonio, per fortuna tutte superate con successo, a partire dai problemi lavorativi di suo padre sino a quando la madre si era licenziata dal suo ruolo di maestra per stare con i figli e avevano vissuto un periodo non proprio roseo a livello economico… tuttavia, nonostante gli intoppi, erano sempre rimasti una famiglia molto compatta, si amavano ed era quello ciò che contava. “- Ragazzi mi raccomando non fate impazzire zia Angie… soprattutto tu, signorinella! Niente capricci!” La rossa si rivolse alla più piccola di casa che annuì con entusiasmo, sorridendo alla sorella della madre che per tutta risposta le accarezzò la morbida chioma scarlatta. “- Sarò un angioletto!” La rassicurò la piccola, mentre Violetta assunse un’espressione divertita a quella promessa della sorellina. “- Tu non sei mai un angioletto… forse solo mentre dormi!” La corresse infatti la maggiore, ottenendo per tutta risposta una linguaccia dalla bambina. “- Come volevasi dimostrare!” Ghignò Diego, facendo scoppiare in una fragorosa risata anche gli altri membri della famiglia. German guardò distrattamente l’orologio e si accorse che fossero già le otto. “- Tesoro, dobbiamo andare… fate i bravi, mi raccomando!” Esclamò allegramente l’uomo fingendo un’espressione minacciosa, pregustando già la serata romantica che non aveva da tempo con sua moglie, schioccando poi un bacio sulla guancia alle due figlie e una pacca sulla spalla al maggiore dei tre. “- …E divertitevi!” Aggiunse Esmeralda, stringendo forte Diego per poi passare a salutare le ragazze e la sorella. “- Noi? Voi piuttosto! Passate una bella serata!” Esclamò la bionda, con un luminoso sorriso rivolto ai due che lo ricambiarono di rimando voltandosi verso di lei. La donna, insieme con i ragazzi, seguì i coniugi Castillo fino alla porta d’ingresso e poi in giardino, rimanendo ferma con i loro figli sotto al portico, osservando marito e moglie che si avvicinavano sempre di più all’auto, voltandosi di tanto in tanto a salutare i quattro con la mano sino a quando, dopo essere entrati in macchina e aver fatto retromarcia nel vialetto, dalla casa li videro allontanarsi, mentre continuavano a sbracciarsi allegramente. “- Ragazzi, che ne dite se ci ordiniamo una bella pizza?” Angie, quando German e Esmeralda furono un puntino lontano sulla strada, si avviò di nuovo verso l’interno della villetta, mentre Ambar, ultima a rientrare, richiuse la porta con un tonfo. “- Ottima idea!” Esclamò Violetta, andando subito a cercare, in cucina, la rubrica con i numeri di telefono. “- E se ci vedessimo anche un bel film?” Propose Diego, incamminandosi con la sorellina più piccola e la zia verso la tv, piazzata in salotto proprio di fronte al divano e ad un piccolo tavolinetto basso di cristallo. “- Voglio sceglierlo io!” Cominciò a piagnucolare la bambina, sotto lo sguardo rassegnato del bruno. “- Non fare i capricci! Cos’ha detto la mamma?” Le ricordò Angie, osservando distrattamente una pila interminabile di cofanetti di DVD disposti ordinatamente in una piccola libreria posizionata appena al lato della televisione. “- Non cominciare a lamentarti, Ambar! Sceglieremo tutti insieme!” Sentenziò Violetta dando man forte alla zia, ritornando con il cordless e un’agenda verde sotto braccio, avendo seguito comunque tutta la conversazione anche dall’altra stanza. “- D’accordo…” Sbuffò la rossa, sedendosi con un balzo sul sofà, con le braccia al petto, un po’ offesa. “- Niente roba strappalacrime, vi supplico!” Le pregò Diego, quando vide che la secondogenita avesse afferrato “I Passi Dell’Amore” e lo stesse mostrando alla Saramego, forse tentando di convincerla. “- Allora neppure thriller o horror! Che poi Ambar non dorme…” Sbottò Violetta, dandogli un piccolo pugno sul braccio scherzosamente. “Ambar o tu?” La schernì il fratello ridendo e facendo annuire la piccola di casa. “- Ok, così non decideremo mai…” Constatò Angie, passando ancora in rassegna tutti quei titoli così differenti. “- Sorteggeremo.” Esclamò poi improvvisamente, facendo interessare anche la bambina che scattò di nuovo in piedi e si avvicinò a loro. “- Scrivete su un foglietto un paio di nomi di film e metteteli in questo centrotavola...” Spiegò semplicemente la donna, indicando un soprammobile sul tavolinetto. “- Quello estratto, vince.” Concluse, prendendo il telefono e la rubrica dalle mani di Violetta per andare ad ordinare le pizze, dirigendosi verso la stanza accanto, mentre loro cominciavano a creare i foglietti per l’estrazione. “- Per me una margherita!” Urlò Diego, beccandosi un’occhiataccia dalla piccola. “- Sta’ zitto o prenderà la margherita per tutti a causa tua!” Borbottò, facendogli la linguaccia. “- Io quella con prosciutto e funghi!” Rise Violetta, cercando di far sentire la sua voce superando il tono dei due fratelli che presero a battibeccare, soprattutto Ambar. “- Zitti un secondo!” Angie, esasperata, tornò indietro con aria meno pacata del solito… per fortuna non aveva ancora chiamato e stava solo cercando il numero in quella marea che erano scritti nell’agenda. “- Vediamo se ricordo bene…” Iniziò con un sorriso, indicando prima il maggiore dei nipoti: “- Margherita!” Esclamò, facendolo annuire divertito, “- Prosciutto e funghi senza mozzarella…” Sentenziò poi facendo passare il suo sguardo su Violetta che accennò un applauso. “- E per la più piccola… wurstel e patatine!” Disse in ultimo, facendo saltellare contenta la rossa. “- Avrei detto una capricciosa…” La canzonò Diego, beccandosi la seconda occhiataccia e linguaccia della serata dalla terzogenita. “- Visto? Io mi ricordo tutto!” Concluse con tono ovvio la donna, ricominciando a sfogliare l’agendina freneticamente. “- Trovato!” Sorrise tra sé, notando il numero scritto con un elegante calligrafia in fondo ad una paginetta stracolma di cifre. “- Se solo vostro padre si fosse preoccupato di attaccare questo al frigo avremmo fatto molto prima!” Aggiunse poi, ruotando gli occhi al cielo divertita. “- Vado a telefonare, voi fate i bravi e cercate di trovare un accordo per il DVD… ok?” Sentenziò con tono serio lei, vedendoli annuire e avvicinarsi tutti e tre insieme ai vari cofanetti dei film. Angie, soddisfatta, si avviò verso la cucina… sarebbe stata una lunga serata, ma era sicura che alla fine i tre si sarebbero comportati bene, come al solito.
 
 
“- Papà, io esco!” Leon, vestito di tutto punto, apparve in cucina, facendo accigliare Matias, intento a organizzarsi per la cena: dei toast al prosciutto che aveva già bruciato due volte in forno e che stava preparando per la terza di fila. “- Non ci pensare neanche!” Borbottò l’uomo, riemergendo con la testa da una nuvola di fumo nero, tossendo fastidiosamente. “- Che cosa?!” Il giovane era convinto di aver sentito male… cosa diamine voleva ora suo padre? Di solito aveva piena libertà di uscita, certo con dei limiti d’orario che puntualmente infrangeva… ma ce l’aveva. Come mai ora gli vietava così categoricamente di andare a quella megafesta per cui aveva ricevuto l’invito da Seba? Già Diego aveva dato forfait per l’anniversario dei genitori: doveva restare a casa e non creare problemi alla famiglia… adesso ci si metteva anche lui ad intralciargli la strada? “- Non vai da nessuna parte, bello! Resti qui con me e papino!” Francesca, scendendo le scale per raggiungere la cucina dove i due si trovavano, aveva ascoltato tutto ed entrò nella stanza esclamando quella frase, ghignando allegramente. “- Ma si puo’ sapere almeno il perché?” Domandò Leon, sconvolto, appoggiandosi con la schiena allo stipite della porta, mentre la sorella corse in soccorso di Matias quando la nube di fumo nero si stava espandendo nella camera, cominciando a puzzare decisamente troppo. “- Perché tua madre è in centrale, ha il turno di notte, purtroppo… e io la responsabilità di farti uscire non me la prendo!” Sentenziò categoricamente il biondo, andando ad aprire la finestra mentre la figlia continuava attenta la preparazione dei tramezzini. “- E cosa c’entra, scusami?! Chiamala e dille che esco, no?!” Provò ad insistere il giovane, mentre il padre scuoteva già il capo in segno di dissenso. “- Sapete che vostra madre non vuole essere disturbata al lavoro, men che meno per futili motivi come questo!” Esclamò categorico La Fontaine senior, prendendo un pezzo di formaggio e masticandolo velocemente, sperando che Francesca non se ne accorgesse. La ragazza finse di non vedere e continuò come se nulla fosse, pregustandosi già la serata: avrebbe cenato con il padre e il fratello, il quale di sicuro non l’avrebbe spuntata in quella discussione, e poi si sarebbe fiondata alla sua finestra con il telescopio… sempre che quei nuvoloni estivi che coprivano il cielo da tutto il pomeriggio si fossero almeno un po’ diradati… cosa che, in quel momento, non sembrava affatto che sarebbe potuta accadere. “- Ma papino…” “- Leon, ho detto di no.” Concluse Matias, facendolo sbuffare sonoramente, stizzito. “- La mamma non se ne accorgerebbe nemmeno se uscissi… tanto tornerà domattina, no?” Continuò il ragazzo, piccato. “- Se la mamma dovesse scoprire che sei uscito e che avessimo tentato di tenerla all’oscuro di tutto mi ammazzerebbe: ha il porto d’armi… e io non voglio rischiare.” Commentò Matias serissimo, appoggiandosi pigramente al lavello, osservando la mora destreggiarsi abilmente tra i fornelli. “- Che ingiustizia, però!” Urlò Leon, sedendosi al tavolo e cominciando ad armeggiare con il cellulare… tanto valeva avvisare l’amico che non ci sarebbe stato. “- Dai, fratellino, guarda il lato positivo: non ci va nemmeno Diego e poi… e poi potremmo restare insieme a casa tutta la sera… non è fantastico?!” Il gemello non capì se la bruna lo stesse prendendo in giro o se dicesse sul serio… a casa? Era impazzita o cosa? “- Piuttosto me ne vado a letto…” Borbottò tra i denti, mentre Francesca sistemava la loro cena in dei piatti e iniziava a servire i due uomini di casa che avevano preso già posto. “- Che melodrammatico!” Lo schernì la ragazza, andando verso il frigorifero per estrarne una bottiglia di Coca Cola. Leon era fatto così: amava la vita sociale, stare al centro del mondo, essere sempre il cuore delle feste… era lo stesso nel vecchio quartiere e voleva che fosse uguale anche ora, seppure fossero arrivati da poco lì. Lei invece era sempre più riservata: odiava essere sotto esame, al centro dell’attenzione… preferiva decisamente immergersi nella lettura, in un angolo appartato senza farsi notare troppo. Aveva sempre avuto pochi amici, faticava un sacco a farsene… ma con Violetta era stato diverso: era stata la Castillo ad avvicinarla sin dal primo giorno, si sentiva accettata con lei, sé stessa senza doversi nascondere… e quando aveva conosciuto anche Camilla era stato… strano. Persino la Torres, tanto diversa da lei la considerava un’ amica e ci aveva messo un po’ ad abituarsi all’idea, considerato che di norma, di certo non stringeva tanti legami con altri coetanei. “- Papà, ma la mamma non aveva lasciato la cena in forno?” D’un tratto, la bruna, interrogò l’uomo che sussultò dalla sedia a quella frase, divorando voracemente il suo secondo toast al formaggio. “- Non saprei…”. Si tenne sul vago Matias, versandosi distrattamente da bere, rischiando di far debordare il bicchiere. “- A me stamane ha detto che avrebbe preparato delle cotolette e patatine fritte per la serata, visto che non ci sarebbe stata… e la mamma non mente. Mai.” Leon, con quella frase categorica, studiò attentamente l’espressione furtiva di suo padre che si alzò di colpo per portare il suo piatto nel lavello. “- Le ha mangiate! Ha spazzolato tutto da solo!!!” Francesca, intuendo di colpo cosa fosse accaduto, esclamò quella frase fissandolo di sbieco e facendo annuire il fratello con decisione. “- Lo fa sempre, è la terza volta che capita questo mese!” Le diede man forte Leon, incrociando le braccia al petto mentre l’uomo si voltò, fissandoli con una buffa espressione di rammarico. “- Avevo fame… è accaduto nel pomeriggio. Le tre fettine panate mi hanno tentato troppo… sono mortificato.” Concluse con aria afflitta, avviandosi poi come se nulla fosse verso il salotto, pronto a sbracarsi sul divano per guardare chissà quale partita di calcio. “- Che faccia tosta!” Sentenziò Francesca, portandosi le mani ai fianchi con stizza ma divertita… sempre il solito suo padre! E pensare che avesse un supermercato in zona che gestiva lì da quando si erano trasferiti… chissà quanto cibo finisse nei carrelli dei clienti e quanto nel suo stomaco!
“- E noi? Che facciamo?” Chiese Leon, alzandosi per aiutare la gemella a sparecchiare. “- Intanto laviamo i piatti…” Spiegò la bruna, cominciando a riempire l’acqua per iniziare il lavoro. “- Preferisco… meglio che sentirti straparlare su qualche autore di scuola…” La prese in giro il ragazzo, avvicinandosi a lei e beccandosi una gomitata che lo fece barcollare di lato e sorridere allo stesso tempo, alludendo alla voglia di studiare della giovane. “- Tanto posso comunque fare le due cose insieme, fratellino… e poi un po’ di cultura puo’ solo farti bene! Se vuoi lascio a te la scelta della materia!” Lo riprese Francesca, cominciando a strofinare la spugnetta sul primo piatto, osservando fuori dalla finestra proprio davanti a sé il cielo: era sempre più grigio e, in lontananza, alcuni bagliori, dei lampi improvvisi, cominciarono a risplendere nel buio della sera. L’idea di passare la notte a guardare le stelle della giovane, per quella volta, sfumò sul rombo dell’ennesimo potente tuono.
 
 
Il bagliore della televisione accesa era l’unica luce che si irradiava nel salotto, tralasciando quella delle saette che avevano iniziato una folle danza fuori dalla finestra. La voce di Anna ed Elsa, protagoniste di ‘Frozen’ che cantavano una canzone era l’unico suono nella stanza, seguito dal russare di Diego, seduto sul divano tra le due sorelle, e qualche tuono improvviso che, per fortuna di Angie, non era riuscito a svegliare i tre fratelli Castillo. La bionda, invece, a parte essersi assopita per metà film, era stata svegliata di soprassalto da uno di quei rombi e, ferma davanti alla finestra, osservava preoccupata la pioggia venire giù a catinelle, senza dare l’impressione di voler smettere neppure per un istante. La sua mente volò a quella serata: si era divertita un sacco con i suoi nipotini… le pizze erano state un successone, alla fine era stato estratto un dvd sicuramente inserito nel sorteggio da Ambar, ovvero una pellicola della Disney, ed ora i tre diavoletti dormivano, l’uno accanto all’altra. Secondo gli ordini di German avrebbe dovuto mettere a letto la piccola di casa entro le dieci, massimo dieci e mezza… ma perché muoverla da lì se dormiva così bene? In effetti però non poteva lasciare che rimanesse sul sofà per quanto comodo fosse, o al ritorno del cognato sarebbero stati guai e, lentamente, l’avvicinò per poi inginocchiarsi all’altezza del divano. “- Piccola, ehi!” Ambar aprì un occhio a quel dolce sussurro e prese a strofinarseli entrambi cominciando a guardarsi intorno per capire dove si trovasse, leggermente spaesata. “- Devi andare a dormire, su! Nel tuo lettino, forza!” Le ordinò la bionda, indicandole le scale. “- Ma ora Anna si scongela!” Si lamentò la bambina, lanciando una mezza occhiata allo schermo del televisore e individuando il punto esatto in cui il DVD si trovasse. “- Sì, ma tanto già sai come finisce… quindi a nanna, dai!” Sorrise teneramente la donna, vedendola alzarsi pigramente per raggiungere i gradini che portavano al piano superiore, dove si trovavano le camere da letto. “- Lavati i denti, metti il pigiamino e poi sotto le coperte, subito… va bene? Altrimenti chi li sente poi i tuoi genitori!” Esclamò Angie, seguendola sino in fondo alla scalinata. “- Va bene… buonanotte, zia.” Salutò la bimba, schioccandole un bacio sulla guancia. “- Buonanotte, piccolina… vuoi che ti accompagni?” Ricambiò la Saramego, accarezzandole lievemente il capo, osservandola salire piano tenendosi al corrimano. “- No, me la caverò…” Ribatté Ambar, facendo annuire l’altra, soddisfatta. In fondo per quanto inesperta fosse con i bambini non se l’era cavata poi così male… ma comunque non è che avesse dovuto fare un granché: Diego e Violetta erano grandi e la minore dei tre era in gamba… quindi badare a loro non era mai un compito troppo difficile. I tuoni sembravano essere cessati ma comunque il maltempo non si attenuava: e pensare che era ancora estate! Fino a quella mattina il caldo era stato torrido, opprimente… ed ora sembrava inverno inoltrato con quella tempesta, se non fosse che la calura nell’aria era rimasta comunque. Si andò a sedere sulla poltrona poco distante dal sofà e prese a fissare i titoli di coda scorrere in tv, per poi spegnere il dvd con il telecomando di fianco a Violetta, sul bracciolo del divano. Chissà se Esmeralda e German fossero ancora al ristorante… si voltò a guardare l’orologio e notò che fosse già mezzanotte… quanto era durato quel film? Sentiva di aver perso la cognizione del tempo e, tra un ragionamento e l’altro, finì per ritrovarsi a pensare a quel Pablo. Non sapeva dire come né perché ma quell’uomo la irritava, in tutto ciò che faceva. Aveva un atteggiamento irritante, una voce irritante, un ego di proporzioni irritanti… insomma, lo detestava. Si chiedeva, ora che lo aveva conosciuto meglio, come gli altri membri della famiglia si trovassero abbastanza bene con lui eppure, per quanto la riguardava, avrebbe seriamente potuto fare a meno della sua inutile presenza, in ogni occasione. German era figlio unico, aveva perso i genitori da ragazzo e la sua ancora di salvezza era stato quel tizio scalmanato che lui considerava il fratello minore che non aveva mai avuto. Avevano praticamente condiviso la loro giovinezza… e anche quando suo cognato aveva conosciuto sua sorella, Galindo era comunque il suo migliore amico a cui teneva tantissimo, quanto alla sua fidanzata. Per lui Pablo era uno di famiglia e, per quanto diverso caratterialmente da lui fosse, si trovavano sempre in perfetta sintonia. Le palpebre cominciarono a farsi pesanti… in fondo se i padroni di casa l’avessero trovata addormentata lì non si sarebbero poi arrabbiati più di tanto, pensò… o meglio, il sonno ebbe il sopravvento e non ebbe neppure il tempo di rendersi conto che fosse presto caduta tra le braccia di Morfeo, accoccolata su sé stessa e appoggiata alla morbida spalliera della poltroncina.
Improvvisamente, qualcosa la svegliò di colpo. Non si rese conto subito da dove provenisse quel suono e ci mise circa due minuti abbondanti prima di razionalizzare: il campanello suonava ininterrottamente e, pigramente, si alzò per trascinarsi sino alla porta, mentre sia Diego che Violetta cominciarono a muoversi sul divano e a risvegliarsi a loro volta per tutto quel trambusto. German aveva dimenticato le chiavi? Impossibile, le teneva legate a quelle dell’auto quindi non poteva essere così… mentre attraversava la sala per raggiungere l’ingresso un milione di ipotesi le passarono per la testa e, prima di aprire, guardò l’orologio sul suo polso: l’una di notte… dov’erano finiti sua sorella e suo cognato?
“- Angie, vieni con me, subito. Dobbiamo andare in ospedale…” Tutto trafelato e bagnato dalla pioggia, segno evidente che non avesse neppure avuto il tempo di prendere l’ombrello, Matias La Fontaine il vicino dei Castillo, aveva un’espressione così tesa che la fece spaventare subito, portandola di fatti ad ipotizzare il peggio. Lo aveva visto si o no un paio di volte, era un uomo simpatico, divertente… e vedere che avesse quella faccia nervosa le trasmise in meno di un secondo il panico più totale. “- Cosa è…?” Tentò di dire la donna, sentendo il fiato mancare per la paura, mentre lui scosse il capo, agitando i suoi capelli dorati zuppi d’acqua piovana. “- Non c’è tempo, ti spiego strada facendo… un incidente… loro… loro…” Balbettava. Matias aveva le lacrime agli occhi, non erano gocce di pioggia ma Angie ci mise un po’ ad accorgersene, sentendo il sangue raggelarsi nelle vene a quelle parole dell’uomo. “ospedale”, “incidente”, “loro”… stava cominciando a riunire tutti i pezzi di quelle frasi sconclusionate e il terrore che fosse accaduto qualcosa di gravissimo le fece tremare la terra sotto ai piedi, tanto che dovette appoggiarsi con una mano allo stipite della porta d’ingresso per sorreggersi. “- Cosa è successo?” Diego, scattato in piedi per quella confusione, si avvicinò alla zia insieme a Violetta che già si sentì scuotere anche le ossa per la paura e per la sensazione che fosse successo qualcosa di orribile ai suoi genitori. “- Mi ha chiamato Marcela, dobbiamo andare… sbrighiamoci!” La Saramego, senza nemmeno rientrare in casa, si precipitò dietro all’uomo, seguita da i ragazzi che fecero lo stesso. “- AMBAR!” Si ricordò improvvisamente, già sul vialetto di casa, mentre la pioggia continuava a battere impietosa sulla strada, su di loro, sui loro profili, mischiandosi alle lacrime che già avevano preso a correre sui loro volti. “- Non ti preoccupare, Francesca si occuperà di lei…” La rincuorò l’uomo, avviandosi verso il suo garage per prendere la macchina: quella della donna era piccola e mal ridotta, non potevano rischiare di rimanere in mezzo alla strada con quella tempesta, dovevano sbrigarsi. Mentre parlavano videro la figlia di Matias attraversare il loro cammino in direzione opposta, a passo svelto, segno che stesse andando a controllare la piccola, seguita da Leon che, anche più veloce della sorella, si dirigeva come lei verso la porta spalancata di villa Castillo, lasciata così per la fretta dalla Saramego. La Fontaine senior mise subito in moto e sfrecciò fuori in retromarcia, ritrovandosi prontamente sulla strada che portava all’ospedale centrale di Buenos Aires, il più grande della città. I ragazzi erano rimasti in silenzio sui sedili posteriori, impossibilitati anche dal semplice proferire parola: nessuno aveva la forza di dire nulla, forse perché nessuno aveva il coraggio di sapere altro. Matias superò il primo incrocio e finalmente la pioggia andò diradandosi, lasciando posto ad un’aria più fresca e ad un venticello fastidioso che entrava dai finestrini, scompigliando loro i capelli. Angie, seduta accanto al biondo, si sentì più volte mancare l’aria… cosa diamine era accaduto? Era così grave? Avrebbe dovuto portare i ragazzi? Inutile anche solo pensare il contrario, tanto si sarebbero comunque opposti a qualunque divieto… si trattava dei loro genitori, come avrebbero potuto restarsene tranquilli a casa?
“- Mi ha chiamato mia moglie, era di servizio alla centrale di polizia…” Inaspettatamente fu il conducente ad iniziare a parlare come aveva promesso, ancora con la voce insolitamente tremante. I Castillo sul retro dell’auto sobbalzarono a quelle parole, volendo sentire il più possibile sull’accaduto. “- E’ molto grave?” Diego, mentre la sorella aveva ripreso silenziosamente a singhiozzare con le mani giunte e le dita intrecciate, chiese quello che avrebbero voluto sapere sia sua zia che Violetta, se solo ne avessero avuto la forza. “- Ha detto che c’è stata una frana sulla Statale 102, e che lei ha riconosciuto subito l’auto di German… e… e poi ne ha avuto la conferma…” Balbettò tesissimo l’uomo, tenendosi ancora troppo sul vago. Il fatto che avesse cambiato discorso fece rabbrividire i passeggeri dell’auto e il giovane incalzò con quella domanda, la stessa: “- MATIAS! Dicci se è molto grave, per favore…” Ripeté per la seconda volta il ragazzo, urlando quel nome e poi parlando con una freddezza glaciale, sentendosi però gli occhi pizzicare, tanto che dovette stringerli per evitare che le lacrime fuoriuscissero: doveva essere forte, doveva essere forte per Violetta, per Angie… e per quanto fosse terrorizzato provò a mantenere la calma. “- Non voglio mentirvi…” L’uomo fissava la strada di fronte a sé senza staccarvi lo sguardo neppure per un istante: come poteva dire loro quello che sapeva? Non era stato facile nemmeno per lui quando aveva ricevuto la chiamata di sua moglie… come affrontare quel discorso, quindi? “- E ALLORA NON FARLO!” Ci provò. Diego provò a placare il suo nervosismo ma non ci riuscì e solo dopo aver gridato quelle parole e scagliato un pugno sul sediolino, si rese conto che non ne fosse stato capace. La Fontaine non disse nulla per alcuni istanti che parvero eterni ai tre, che pendevano dalle sue labbra. “- Sì.” Concluse in ultimo, facendo avere ai ragazzi e alla donna la consapevolezza che l’amara ipotesi che avevano in mente potesse essere in realtà una cruda verità.
 
 
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Prepariamo i fazzoletti, ecco qui il capitolo che da il via al dramma! :'( Con il prossimo si piange proprio, vi avverto! D’: Iniziava tutto così bene in questo tre, abbiamo visto prima la zia con i nipoti e poi un po’ di vita a casa La Fontaine e… e poi finale shock, blocco che darà la svolta a tutta la storia. Cosa sarà accaduto? Ansia! :’( Alla prossima e grazie a tutti coloro che seguono la storia… :3 ciao! :) DulceVoz. :)
  
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