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Autore: DulceVoz    03/11/2014    5 recensioni
Che ne sarà di noi? Questa non è una vera e propria domanda, è piuttosto una frase vaga che si ripetono tre fratelli, da quando la loro vita è stata sconvolta da una disgrazia più grande di loro, un uragano di sofferenza che ha stravolto duramente le loro giovani esistenze. Che ne sarà di noi? Si chiede una zia amorevole, che potrebbe trovarsi costretta a vivere con loro a causa di un testamento sorprendente, il quale la vedrebbe obbligata sotto lo stesso tetto anche con il suo peggior incubo, ovvero l’uomo che si interrogherà con la medesima questione, nascondendosi dietro ad una maschera di indifferenza. Dal dolore puo’ nascere amore? E, soprattutto… l’amore puo’ aiutare a superare un dramma tale? Questo e molto altro, lo dovranno scoprire i nostri protagonisti… perché a sanare le loro profonde ferite, dovrà pensarci proprio questo potente sentimento.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Diego, Leon, Pablo, Violetta
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Conoscenze più o meno gradite. Cap.2
 
“- Papà, è inutile che continui a mentirmi, so bene che se siamo usciti da soli è perché a casa mi stanno preparando una festa megagalattica!”. Ambar, camminando mano nella mano con German, fece sbiancare l’uomo con il solo affermare quella frase che, a quel punto, davvero non sapeva più cosa dire o fare per farle cambiare idea... Quanto poteva essere astuta la sua bambina? Di certo quella caratteristica l’aveva ereditata da sua madre che riusciva a capire sempre tutto solo guardando in volto lui o i ragazzi, a differenza sua, sempre ingenuo e a volte anche troppo come in quel caso, in cui la figlioletta era quasi riuscita a fargli spifferare tutto. La piccola prese a fissarlo come se attendesse un suo passo falso, il nasino all’insù e gli occhietti attenti, per quanto il sole le infastidisse abbastanza la visuale. “- Guarda, un paguro!” Gridò quasi l’uomo, indicandole la sabbia battuta dalle onde sulla quale, proprio davanti ai loro piedi, c’era quel piccolo esemplare. “- Papà! Non mi hai risposto!” Rise la piccola, agitando la chioma rossa divertita, accovacciandosi accanto al moro per osservare meglio il crostaceo. “- Lo sapevi che i paguri cambiano la conchiglia in cui vivono quando crescono?” Le spiegò con tono pacato l’uomo, rimettendosi in piedi e tenendole di nuovo la mano per riprendere a camminare verso casa. “- Per forza! Altrimenti ci starebbero stretti! E a nessuno piace qualcosa di stretto… io, ad esempio, dovrei avere una camera più grande di quella che ho… ai miei giocattoli non piace stare stretti!” Esclamò con tono ovvio Ambar, facendo scuotere il capo a German che si fermò, fissando l’orizzonte: l’Oceano aveva preso una splendida sfumatura arancio e il sole stava a poco a poco calando, lasciando il posto ad un’altra calda sera estiva. “- Non è vero che la tua stanza è piccola! E’ identica a quella di Diego e Violetta e sono tutte e tre abbastanza grandi.” Sentenziò lui poi, indicando di fronte a sé, cambiando discorso. “- Dovremmo tornare a casa, la mamma sarà in ansia…” Aggiunse, guardandola con tenerezza: la bambina aveva abbassato gli occhi e, raccogliendo l’ennesima conchiglia, l’aveva depositata nella borsetta, ormai già stracolma e che a stento riusciva a chiudere. “- Quello in ansia di solito sei tu!” Lo canzonò la bambina, risollevando il visino verso di lui, attendendo la reazione del papà. “- Ah sì? Beh è perché mi preoccupo per voi!” Si giustificò l’uomo, arrivando in una zona dove la sabbia lasciava il posto ad una collinetta scoscesa, poco lontana da dove avevano lasciato l’auto. “- Lo sappiamo, papà! Lo dici sempre!” Lo rincuorò la bambina ridacchiando, cominciando a correre verso la macchina che aveva subito notato da lontano. “- Vai piano, Ambar! Attenta alle buche potresti farti male e non ho la cassetta del pronto soccorso, qui!” La rimproverò German, venendo totalmente ignorato dalla piccola che era già arrivata alla meta e se ne stava comodamente appoggiata alla portiera con il fiatone ma aria soddisfatta. “- Prima arriviamo e prima avrò i miei regali e la mia festa!” Esclamò convinta, quando il padre finalmente, si avvicinò all’auto e aprì lo sportello dopo aver armeggiato per circa un minuto con un folto mazzo di chiavi. “- Sei così sicura che a casa ti aspetti tutto ciò che pensi?” Disse con aria misteriosa, aggirando la vettura e andando al posto di guida, mettendo in moto per partire alla volta di casa, sperando che Esmeralda avesse tutto sotto controllo e che la piccola non rimanesse delusa dalle sue alte aspettative riguardo quel party. “- Credo… di sì. Beh, almeno lo spero!” Sorrise Ambar, osservandosi nello specchietto retrovisore: dal finestrino si poteva scorgere ancora l’Oceano ma, quando iniziarono ad apparirle davanti alcune villette a schiera, capì che ormai mancava poco e che ben presto avrebbe visto anche la loro. German deviò prontamente nel vialetto che portava al garage e fermò la macchina velocemente, notando il bel lavoro di addobbi fatto per tutto lo steccato e i tavoli imbanditi di ogni leccornia, adibiti sotto al portico, mentre altri, circa sei più piccoli, erano disposti per tutto l’ampio prato davanti alla casa, per far accomodare gli ospiti. “- Wow!” La bambina si incantò, fissando soprattutto il tavolino pieno zeppo di pacchetti regalo più o meno voluminosi sistematole all’ingresso dalla sorella maggiore, immaginando già il contenuto di quelle scatole con aria sognante. “- SORPRESA!” La porta di ingresso si aprì a quel grido e quello a sobbalzare fu German, mentre, la bambina che se lo aspettava da settimane, felice, subito corse verso la madre, abbracciandola forte, per poi venire stretta da Violetta, dal fratello, dalla zia e dal resto degli invitati, tra cui una quindicina di bambini scalmanati i quali cominciarono subito a giocare allegramente dopo averle fatto gli auguri. La festa cominciò e tutti si fiondarono sul buffet, Matias in primis che venne ripetutamente rimproverato per la sua ingordigia dalla moglie e dai due figli, mentre Esmeralda fissava di tanto in tanto una nervosa e insofferente Angie aggirarsi per il giardino con aria inquieta. “- Ehi…” La rossa le poggiò una mano sulla spalla quando l’altra era assorta a fissare oltre lo steccato, facendola però sobbalzare di colpo. “- I tuoi Cup Cakes sono un successone!” Esclamò allegramente la maggiore, osservando l’espressione nervosa della sorella, la quale abbozzò un veloce quanto forzato sorriso verso di lei e riprese a studiare la via di fronte a sé. “- Aspetti qualcuno?” La prese in giro Esmeralda sapendo perfettamente chi attendesse di vedere comparire da un momento all’altro, dandole una piccola gomitata rischiando di farla cadere di lato. “- Scema!” La canzonò l’altra, facendole la linguaccia come quando erano bambine. “- Pablo è sempre in ritardo, ormai dovresti saperlo! Era il testimone di German al nostro matrimonio ed è riuscito a presentarsi più tardi di me che ero la sposa! Un record!” Rise la donna, arricciandosi una ciocca ramata intorno ad un dito, persa nei ricordi di quel giorno, uno dei più belli della sua vita insieme a quelli riguardanti la nascita dei suoi tre figli. “- Lo so, ti ricordo che c’ero anch’io quel giorno, ero la tua di testimone!” Ribatté Angie piccata, senza staccare gli occhi dalla strada oltre la staccionata, con tono stizzito. Conosceva Pablo Galindo, di solito alle grandi feste dei Castillo era sempre presente, incollato a suo cognato e si limitava a studiarla con fare ammiccante e altamente irritante da lontano, ma il limite massimo l’aveva superato quel mese prima, quando ci aveva avuto strettamente a che fare durante quell’appuntamento organizzatole da Esmeralda e German… era un caso così disperato in fatto d’amore? Aveva bisogno di consulenti che le organizzassero le uscite? Evidentemente, sì, considerate le sue ultime avventure sentimentali... “- Smettila di stare in allerta! Sembra che tu stia di vedetta! Se vuoi sali anche sulla casetta sull’albero dei ragazzi, così scruterai meglio l’orizzonte!” La prese in giro Esmeralda, indicandole la quercia sul retro della casa dove German aveva costruito un piccolo rifugio in legno, con tanto di scaletta in corda, per Diego, quando era ancora un bambino. “- In effetti potrei…” Ironizzò la bionda, dandole un buffetto sulla spalla per sdrammatizzare. “- Buonasera a tutti!” Una voce, quella voce. Angie credé di svenire: si era distratta un secondo, uno solo a chiacchierare con la sorella di un argomento che non riguardasse la sua vita sentimentale ma alcune pietanze della serata e quel saluto la fece letteralmente sobbalzare. Pablo era entrato dal cancelletto principale e già stava abbracciando suo cognato, il quale non la smetteva di parlare con lui di chissà quale sciocchezza. Quando i due uomini già ebbero preso a ridere da lontano, Esmeralda le lanciò un’ occhiata per vedere se stesse bene e notò che Angie fissasse nella direzione del marito e del suo amico con un cipiglio nervoso. “- Cerca di stare tranquilla, te l’ho detto… è un po’… pazzerello… ma non è cattivo, ci metterei la mano sul fuoco.” La rincuorò la rossa, per poi allontanarsi nel vedere che Galindo l’avesse puntata anche mentre faceva gli auguri ad Ambar che lo salutò distrattamente ma che fissava incantata un grande pacco regalo che l’uomo tentava di nascondere dietro la schiena. “- Dove vai, Esme?! Vieni subito qui!” Sussurrò Angie cercando di richiamare la sorella che, invece, aveva già preso a chiacchierare con Marcela e altre donne del quartiere, da come fissavano le decorazioni, probabilmente dell’abilità di Violetta nell’averle disposte.
“- Guarda un po’ chi si rivede… la bellissima sorellina Saramego! E’ un piacere rincontrarti…” Distrattasi a fissare Esmeralda, la bionda non aveva neppure notato che Pablo le fosse arrivato di fronte così velocemente e si voltò di colpo spaventata, rendendosi conto di aver fatto un mezzo balzo all’indietro, finendo quasi con la schiena nella staccionata laterale che separava casa Castillo da quella dei La Fontaine. “- Per me non lo è nemmeno un po’.” Ribatté seccamente Angie, fissando gli occhi neri dell’uomo che la scrutavano sin troppo per i suoi gusti… “- Mi dispiace per com’è finita quell’uscita, insomma… non credevo ci rimanessi così male… avevo un’amica malata quella sera e dovevo correre da lei… a consolarla.” Quell’ultima parola fece assumere una buffa espressione alla Saramego che alzò un sopracciglio, piccata. “- Certo, come no! E pretendi ancora che io ti creda? Patetico!” Sbraitò, rendendosi poi conto di aver alzato troppo la voce e di sentirsi già fin troppo accaldata per la rabbia… probabilmente doveva aver assunto la tonalità di un pomodoro perché Pablo ghignò e la cosa la infuriò ancora di più. “- Non so se mi credi o no… in ogni caso volevo scusarmi con te.” Disse semplicemente lui, scrollando le spalle con noncuranza, facendo per allontanarsi. Perché diamine si scusava, adesso? Possibile che German gli avesse chiesto come fosse andato quell’appuntamento e lui, in qualche modo, voleva chiarire le cose con lei? Assurdo! Se pensava che quel perdono così striminzito bastasse per sistemare la vicenda per quel giorno poteva andar bene, ma la questione che non volesse più nemmeno vederlo in fotografia restava, esattamente come aveva deciso quella notte dopo quell’orribile uscita. Fotografia… quella parola era perfetta per lui, il fotografo di “Top”, la rivista mensile più venduta di Buenos Aires e provincia… era bravo, su quello non c’erano dubbi, ma quando il cognato mostrava fiero gli articoli o le interviste con tanto di immagini immortalate dal suo migliore amico, oppure le faceva vedere gli inserti di moda con le sue foto del magazine, lei assumeva sempre un’espressione saccente e vi trovava sempre qualche difetto. “- Non roviniamo la festa ad Ambar, ma tu dopo sparisci dalla mia vista per sempre, o almeno fino a quando German, mio malgrado, non ti inviterà di nuovo a qualche compleanno e saremmo costretti ad incrociarci ancora, chiaro il concetto?” La Saramego sibilò quella frase con tono glaciale e lui sorrise soddisfatto, soprattutto del fatto che l’avesse preso per il polso prima di parlare e se lo fosse trascinato con le spalle al muro del laterale della villetta, bloccandolo lì con entrambe le braccia tese vicino alla parete. “- Sapevo che fossi aggressiva ma non credevo arrivassi a tanto…” Mormorò con voce calda il moro, sfiorandole il mento con un dito  e beccandosi di rimando un pestone al piede. Con un tacco 12. Una fitta lo fece ghignare sofferente ma non le diede la soddisfazione di sentirlo gridare dal dolore, per quanto esso fosse lancinante. “- Bada bene a come parli con me… e a quello che fai…” sibilò ancora la bionda, sentendo che ormai fosse furiosa. “- E se volessi rischiare?” La provocò Galindo, con aria maliziosa e sguardo che saltava dal volto della donna alle sue curve perfette. “- Io al posto tuo non lo farei…” Ribatté la sorella di Esmeralda, indicandogli un pugno chiuso con lo sguardo. “- Ok, farò il bravo ma… permetti?” Senza che Angie riuscisse ad accorgersene, Pablo afferrò la macchina fotografica che aveva appesa al collo e la immortalò a tradimento: la mano stretta e minacciosa e l’espressione corrucciata in un impeto di rabbia… l’unica cosa certa era che non poteva essere venuta mossa perché se ne era rimasta pietrificata, sotto shock alla vista di quel flash. “- Sei tu che hai detto di non volermi più vedere nemmeno in foto, piccola! Non io!” Rise Galindo, aggirandola facilmente e allontanandosi per ritornare alla festa come se nulla fosse. La Saramego aveva gli occhi sgranati e si sentiva impossibilitata dal fare qualsiasi cosa… come diavolo poteva sopportare quel rompiscatole depravato del migliore amico di suo cognato? Strinse anche l’altro pugno tentando di mantenere la calma, appoggiandosi con la schiena al muro e prendendo a respirare con nervosismo: lo aveva promesso a sua sorella, a sé stessa… poteva farcela. Solo qualche ora, poi avrebbe sicuramente rivisto quel brutto grugno direttamente alla prossima festa… tentò di ricordare quale fosse il prossimo compleanno in ordine di tempo… Esmeralda? Sì, prima lei, poi il cognato due mesi dopo… ma ci voleva ancora un po’ di tempo, per fortuna, pensò tra sé e sé, sperando di essere ritornata al suo normale colorito prima di potersi recare di nuovo sul davanti della casa per stare in mezzo alla sua famiglia ma ben lontana da quel tizio fastidioso e antipatico.
 
 
“- Che grande noia mortale!” Leon era seduto sotto alla quercia sul retro della casa e accanto a lui, Diego, scrutava l’orizzonte con aria preoccupata, sperando che Francesca, la sorella del suo amico, tenesse a bada quella banda di mocciosi che correvano per ogni dove: stavano giocando a ruba bandiera o qualcosa del genere e la ragazza stava provando, insieme a Violetta, a controllare che tutto andasse bene e che nessuno di loro si facesse male. “- Poverine, le nostre sorelline sono costrette anche a fare da animatrici! Almeno noi possiamo starcene qui a rilassarci…” esclamò Castillo pigramente, appoggiandosi con la testa al tronco dell’albero e aspettando la reazione dell’altro che non tardò ad arrivare. “- Rilassarci? Con queste urla nelle orecchie? Ah, beh! Hai un bel modo di rilassarti!” Rispose il castano, storcendo il naso e scattando poi in piedi di colpo. “- Eh no! FRAN! Attenta al moccioso paffuto con le lentiggini che ha barato! L’ho visto io fin qui!” Strillò d’un tratto, facendo accigliare la sorella e scoppiare in una fragorosa risata il bruno, mentre Violetta si voltò e si perse per un secondo a fissarlo, stupita da quel grido… quanto era bello il fratello della sua amica?! Alto, muscoloso, occhi verdi che sembravano dei fari accesi nella notte, di un intenso smeraldo che le faceva mancare il fiato ogni qualvolta che li incrociava… e poi… e poi c’era la voce. Nella band non rendeva perché i musicisti non erano ancora al top e la loro coordinazione era poco ritmica ma immaginava sempre di sentir cantare Leon da solo, magari a cappella, magari in duetto con lei… pensava che senza quella fastidiosa base creata da Diego e Seba, sarebbe sicuramente stata eccezionale. “- Non è vero, fatti gli affari tuoi!” L’amichetto di Ambar accusato di barare prese a correre verso Leon che ghignò e lo sfidava con lo sguardo, attendendolo con le mani sui fianchi e battendo un piede a terra ma il bambino, per raggiungerlo, diede uno spintone che, a causa della sua velocità e della distrazione della giovane, ebbe come risultato il far cadere rovinosamente Violetta al suolo, sull’erba. “- Vilu!” Sia Francesca che Diego corsero verso di lei, e la stessa Ambar si avvicinò alla sorella preoccupata, piagnucolando per lo spavento che la maggiore si fosse fatta troppo male. “- Sto bene, tranquilli… ho solo un po’ di dolore al polso ma va tutto bene…” Li rassicurò lei, scattando in posizione seduta, e osservando il ragazzo per cui aveva una clamorosa cotta continuare a litigare con il bimbo, evidentemente nemmeno accortosi che lei fosse caduta o, probabilmente, non dando troppo peso alla cosa. La giovane si rattristò e prese a fissarsi la parte lesa nel tonfo, mentre si rimetteva in piedi, aiutata da Francesca e dal fratello, osservando finalmente il faccino di Ambar risollevarsi e ritornare sereno. Leon le piaceva, e tanto. passava ore a scrivere di lui sul suo diario, a osservarlo mentre passava il tagliaerba in giardino, o semplicemente a sentirlo parlare di sotto con il fratello, adorando il fatto che lui e Diego chiacchierassero proprio sotto alla sua finestra, appoggiati pigramente allo steccato che li divideva. Peccato che lui non la considerasse minimamente, o meglio che evidentemente la reputasse una ragazzina, la sorellina piccola del suo amico e null’altro… per lo meno così lei aveva sempre inteso. “- Sei sicura di voler continuare? Se vuoi aiuto io Francesca a gestire i monelli!” Le sussurrò Diego, tirandosela un po’ in disparte e studiando il polso ferito, sperando che non le facesse troppo male, mentre i piccoli avevano ripreso a giocare con la bruna. “- No, non ti preoccupare… sto bene, però vado a riposarmi un po’… comunque Fran se la sa cavare bene con i bambini, lo sai… è qui solo da pochi mesi ma è già la babysitter preferita da Ambar! Non dovrai fare troppa fatica al suo fianco!” Sorrise Violetta, dandogli una pacca sulla spalla e vedendo l’espressione del giovane preoccuparsi: ecco fatto. Alla fine quello che temeva era successo… odiava da morire dover sottoporsi a giochi da bambini per volere della sorella più piccola e, alla fine, era successo comunque. “- LEON!” Il moro richiamò a gran voce l’amico, mentre, dal davanti della casa, arrivarono anche Seba e Camilla, abbracciati ma che si preoccuparono subito nel notare che la giovane amica si tenesse il braccio e che non fosse più con Francesca ad intrattenere i piccoli invitati. “- Vilu, stai bene?” Chiese la Torres, sgranando gli occhi preoccupata, quando, finalmente, anche il figlio di La Fontaine si decise a smettere di litigare con il bambino lentigginoso su chi avesse torto o ragione tra i due, e si avvicinò al gruppo. “- Sì, sul serio… continuate voi con Francesca se vi va… io vado a sedermi un po’…” Sentenziò lei, rendendosi però conto che si fosse persa decisamente troppo a guardare Leon, distogliendo infatti lo sguardo, imbarazzata. “- Dai, ci pensiamo noi… tu va’ a metterti del ghiaccio e aspettaci di là, così ti riposi…” Le sorrise dolcemente Camilla, vedendola annuire e fuggire via. Mentre camminava a passo svelto sentiva il cuore batterle all’impazzata… era stata a pochi metri da Leon e si sentiva così tesa, così emozionata… improvvisamente si ricordò della caduta e della figuraccia fatta solo qualche istante prima e si bloccò di colpo, fermandosi sotto al portico e avvicinandosi ad uno dei grandi tavoli imbanditi, afferrando un bicchiere per versarsi dell’aranciata. Il dolore al braccio era quasi sparito ma sentiva di essere diventata paonazza per la vergogna… vergogna, poi! Considerato che Leon non fosse subito corso da lei evidentemente si era perso anche la caduta… e in effetti quello non era di certo un male! Le voci festose provenienti dal retro della villa significavano che il gruppo avesse ripreso a giocare con tutti i ragazzi più grandi e si immaginava già la sfida tra suo fratello e il suo amico, nonché colui che sognava essere il suo fidanzato… si riscosse dai suoi stessi pensieri scuotendo il capo di colpo, mentre Angie le si avvicinò distrattamente, quasi camminando al ritroso come se non volesse perdere di vista qualcuno. “- Zia, va tutto bene?” Le chiese, osservandola annuire di fretta, facendo sì che i suoi boccoli dorati ondeggiassero rapidamente. “- Ho una gran sete, oggi fa molto caldo…” Si mantenne sul vago la donna, versandosi della Coca Cola e iniziando a sorseggiarla piano, sempre con lo sguardo fisso di fronte a sé, ancora con le gote rosse, quasi quanto quelle di Violetta. “- Sei accaldata… non è che hai qualche linea di febbre?” Chiese poi alla nipote, che sgranò gli occhi immaginando quanto dovesse essere rossa in viso. “- No, sono caduta, mi sono fatta male… c’è stato un po’ di trambusto sul retro ma sto benone!” Sorrise, osservando l’aria preoccupata della bionda che le mise comunque una mano sulla fronte come per controllarle la temperatura. “- Ti sei fatta male?! Caspita allora ci servirà del ghiaccio! Presto, corriamo in casa!” Sentenziò di colpo, quasi non aspettasse altro che fuggire verso l’interno della villa e volesse usarla come pretesto per la sua sparizione dal party. “- Non sai nemmeno dove mi sono…” “- Non c’è tempo! Me lo dirai strada facendo!” Sentenziò Angie di colpo, facendola sogghignare. Chiaramente la zia voleva evitare quel Pablo, l’amico di suo padre… aveva sempre avuto l’impressione che i genitori li volessero insieme ma che a lei Galindo non piacesse un granché… chissà, forse in un certo senso l’aveva anche salvata con quel polso malandato!
 
 
“- Ok, con questo andrà meglio… povera la mia piccolina!” Angie, sedendosi su uno sgabello del bancone della cucina, posizionò un blocco di ghiaccio avvolto in un canovaccio sul polso della nipote che la fissava con aria interrogativa. “- Zia?” “- Sì, tesoro?” “- Posso farti una domanda un po’… strana?” A quelle parole la donna si preoccupò e alzò lo sguardo dal braccio disteso sul tavolo di Violetta al suo viso, in attesa di risposta. Non era brava in quel genere di cose, non era madre e non sapeva nulla dell’amore… quindi pregò con tutte le sue forze che si trattasse di dolci o moda, le due cose in cui era più esperta. “- Dimmi…” sussurrò quasi, togliendole il ghiaccio dal polso, sperando di apparire rilassata. “- Hai qualche problema con l’amico di papà, Pablo?”. La donna deglutì rumorosamente e credé di aver sentito male. “- Come?!” Chiese infatti, assumendo un’espressione enigmatica che fece sogghignare la ragazzina. “- Dai, si vede lontano due miglia che lui… beh, che secondo me gli piaci!” Spiegò con tono ovvio Violetta, facendola scattare in piedi con un balzo, quasi avesse preso la scossa, cosa che confermò ancor di più la tesi della Castillo che la seguì con lo sguardo mentre andava a posare il ghiaccio nel freezer. “- Non… non mi va di parlarne, sul serio…” Biascicò la donna, appoggiandosi con la schiena al lavello, poco lontano dal frigorifero e sfuggendo agli occhi indagatori della ragazza. “- Sbaglio o siete anche usciti insieme?” Incalzò Violetta, sistemandosi meglio a sedere per studiare ancor più da vicino la bionda che sorrise allegramente nel vedere che fosse entrato Diego, accaldato e grondante di sudore e che camminasse nella loro direzione, aprendo con foga la porta del frigo. “- Per colpa dei  mocciosi, dovrò salire a farmi una doccia!” Sbottò, cercando qualcosa che, evidentemente, non trovò. “- Tutte le bibite sono fuori e noi stiamo parlando di cose serie… vai a farti lavarti che è meglio!” Lo cacciò la sorellina, facendogli la linguaccia divertita. “- Come va il braccio?” Chiese il ragazzo, ancora con il fiatone avvicinandosi al bancone, ricordandosi del piccolo incidente della giovane. “- Nulla di grave! Se lo avesse saputo papà saremmo già tutti in gita all’ospedale!” Rise Violetta, scherzando sul fatto che German fosse sempre troppo ansioso. Una volta per un ginocchio sbucciato di Ambar stava per chiamare l’ambulanza, aveva anche digitato il numero… spesso ricordavano quell’aneddoto e ridevano tutti, facendo accigliare l’uomo che ripeteva essere: “- Solo un pochino ansioso…”.
“- Ehi gente! Esmeralda ha detto di cacciarvi da qui perché tra poco ci sarà la torta e vi vuole tutti in giardino, forza!” Pablo, fermandosi sotto l’uscio che separava la cucina dal salotto, fece sobbalzare tutti, soprattutto la Saramego che lo fissò con aria ancora stizzita, sperando almeno che bruciasse quella foto orribile che le aveva fatto poco prima. “- Cheese!” Rise poi lui improvvisamente, sollevando la sua macchina fotografica, immortalando la zia con i due nipoti che si voltarono sorridenti, sicuramente molto più di Angie che rimase serissima a studiare quel tipo così poco simpatico. “- Papà ti ha chiesto come al solito di fare foto in giro, eh?” Chiese Violetta, alzandosi per uscire seguita da Diego, mentre una nervosa Saramego rimase in coda a tutti e tre, le braccia incrociate al petto, felice di sapere che finalmente la festa volgesse al termine e non avrebbe più rivisto per parecchio tempo Pablo. L’uomo annuì alla supposizione della ragazza e, una volta giunti in veranda, riprese a scattare con la sua macchinetta all’impazzata, scatenando fastidiosi flash per tutto il giardino, in particolar modo alla torta e ad Ambar che, dietro ad essa, era tutta contenta per quel compleanno magnifico appena trascorso.
 
 
“- Devo chiederti un enorme favore!” Esmeralda, a festa finita, quando tutti erano già andati via, fermò la sorella sul vialetto d’ingresso, mentre era diretta alla sua auto per tornare a casa. “- Dimmi pure…” Sorrise lei con aria un po’ stanca e un terribile dolore ai piedi per via dei tacchi vertiginosi. “- Domani sera devi restare con i ragazzi… se non fosse un’emergenza non te lo chiederei nemmeno! So che hai il Restò Bar e tutto ma…” “- Domani è lunedì, e il lunedì per tua fortuna siamo chiusi. Dovresti saperlo, sorellona!” Sorrise Angie, pregustando già di passare del tempo con i suoi adorati nipoti: l’idea l’allettava, non ci sarebbe stato Pablo in giro a rovinarle la serata e si immaginava già sul sofà a vedere un film con i ragazzi… eppure si chiedeva come mai quella richiesta così insolita da parte di Esmeralda. “- Come mai? Siete fuori sia tu che German?” Domandò infatti curiosa, vedendo annuire l’altra con aria serena. “- Ti sembrerà insolito ma… ho saputo tramite Pablo che il mio maritino ha prenotato una serata romantica… domani è il nostro anniversario di matrimonio ed era da tanto che speravo che si inventasse qualcosa del genere!” Esclamò con aria sognante la rossa, sotto lo sguardo disgustato di Angie, nell’aver udito quel nome in quell’affermazione. “- Quindi Galindo ti ha rovinato la sorpresa?! Ma che carino da parte sua!” Ironizzò la minore delle due, facendo ruotare gli occhi al cielo all’altra. “- Smettila! Sei sempre prevenuta nei confronti di quell’uomo! Ho capito che non hai un’ottima considerazione di lui e che la vostra uscita sia stata un fiasco ma… beh, non è cattivo! Te lo ripeto!” Sentenziò Esmeralda, tentando di placarla e spiegandole meglio come fossero andate le cose. Angie sbuffò sonoramente, ravviandosi una ciocca bionda con stizza dietro l’orecchio: a volte la pacatezza di sua sorella la innervosiva quasi quanto quel Galindo…  beh, quasi. “- German stava parlando di una sorpresa a Pablo e io, avendo sentito tutto, ho aspettato che lui andasse via per interrogare l’altro…” Ammiccò la rossa, facendo scuotere il capo alla più piccola con aria rassegnata. “- Sempre la solita! Ecco da chi ha preso Ambar! German ha detto che strada facendo gli ha fatto il terzo grado sulla presunta festa per farlo parlare! Devi chiedere alla tua vicina se in centrale hanno bisogno di una piccola spia… poi magari assumono anche te!” Rise Angie, interrompendo ancora l’altra che zittì la minore con un gesto della mano. “- Mi fai finire o no? Insomma, alla fine Pablo ha spifferato della cenetta che mi attende e sono al settimo cielo! Però è stato un bene che lo abbia saputo ora, così almeno mi organizzo con i fantastici tre!” Sorrise la moglie di Castillo, facendo annuire l’altra: “- Non ti preoccupare, io sarò muta come un pesce e mi offrirò per passare del tempo con loro senza aggiungere altro su dove andrete, ma invitandovi solo a uscire per il vostro anniversario… così potrete andare a divertirvi senza problemi!”. Era sempre stata un geniaccio, ma come al solito Angie riusciva a stupire Esmeralda, in ogni campo… beh, forse sorgeva qualche problema in quello sentimentale ma per il resto la sorellina se la cavava sempre con successo. “- Ah ti adoro! Sai che ti adoro, vero?” Di slancio, la più grande l’abbracciò euforica e l’altra si ritrovò stretta tra le sue braccia, sorridendo felice. Era così bello vederla serena, innamorata… era il suo mito fin da piccola. Per lei, la maggiore era un modello da seguire, sempre pacata, gentile, intelligente… sperava un giorno di sentirsi pienamente realizzata come era certa che si sentisse Esmeralda. “- Sì, lo so… anch’io mi adorerei!” Aggiunse con un’allegra risata: “- …E adoro te, ovviamente!” Concluse poi, soddisfatta, prendendole le mani dolcemente. “- Domattina chiamo a German e gli dico che avete la serata libera… fidati che non dirò niente di più!” Ammiccò la bionda, facendo annuire l’altra, felice come una Pasqua, già pregustando la serata che l’attendeva con il marito. Angie salì in auto e salutò ancora attraverso il finestrino la sorella, prima di mettere in moto per recarsi a casa sua… si ritrovò a pensare a quella festa, a quell’irritante di Pablo ma scosse il capo, allontanando quelle scene che le si rincorrevano nella mente: focalizzò la sua attenzione sulla strada, pensando poi al giorno dopo, a quello che sarebbe accaduto… in fondo non le sarebbe affatto pesato passare del tempo tra i ragazzi: appuntamenti previsti non ne aveva, come al solito… ed era sicura che si sarebbero anche divertiti tutti e quattro insieme.
 
 
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Pablito è comparso! Aw! :3 Più OOC non poteva essere ma lo adoro comunque… ovviamente! xD E finalmente abbiamo anche gli accenni Leonettosi, per ora solo da parte di una Vilu stracotta… :3 Ma il problema è lui però, uffa! :'( Vi avviso che dal prossimo capitolo inizierà il dramma, quello vero… e lì ci sarà da piangere tanto, prepariamo i fazzoletti… :’( Grazie a tutti per le recensioni dello scorso capitolo e alla prossima, ciao! :) DulceVoz. :)
  
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