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Autore: Vitya    10/11/2014    8 recensioni
Quando Sasuke aprì gli occhi capì subito di essere in ospedale. Era circondato dalle persone a lui più care: sua madre, suo padre e suo fratello. Ma c'era anche la sua nuova, inseparabile compagna di vita: la sedia a rotelle.
-Tu ti nascondi sempre dietro la tua solita indifferenza. Ho capito perché lo fai e ho capito anche che cosa provi. Smettila di nasconderti, con me non lo puoi fare, ormai ti conosco. Anche se so che non lo vuoi ammettere, tu con me sei quello che sei veramente.
Spero di avervi incuriosito almeno un po' :) SasuNaru (ovviamente XD) altre coppie: ItachixNagato, che spero di farvi amare, poi KonanxYahiko e le altre si aggiungeranno via via :D
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Questo capitolo è la prova che siamo agli sgoccioli ç.ç
Buon pomeriggio miei adorati, l'autrice è ancora viva e (chi se lo sarebbe mai aspettato O.O) eccovi il 50esimo capitolo! Ed io avevo iniziato questa storia pensando che non avrebbe mai superato i venti, giusto per farvi capire quanto io sia sorpresa. La cosa che un po' mi "dispiace" è che la trama continuerà ancora un pochino, mi sarebbe piaciuto finire con un cinquanta tondo tondo, invece ho ancora delle cose da dirvi e spero che questo non vi dispiaccia :)
Sono ripetitiva ormai, però non smetterò di ringraziarvi per le vostre recensioni (infatti ho pensato ad una piccola sorpresina speciale per voi, a voi storia conclusa ;)). 
Per quanto riguarda lo spin-off dietro le quinte, a cui sto iniziando a pensare, vorrei sapere se avete delle domande in particolare per i personaggi, altrimenti me le inventerò io di sana pianta, nessun problema ^^
Un bacione a tutti :*
 
Cap 50: Determinazione

Nagato sentì le gambe stranamente “ballerine” mentre il suo fidanzato inseriva le chiavi nella serratura della porta d’ingresso. Si sentiva dannatamente inadeguato ma cercò di trattenere la sua ansia stringendo morbosamente una mano dentro l’altra dietro la schiena, rigirando le dita.
-Avanti Nagato, hai quasi venticinque anni, comportati da uomo e non tremare – si impose, non riuscendo però a sollevare lo sguardo da terra.
-Andrai benissimo – gli sussurrò all’orecchio il moro, regalandogli un lieve sorriso mentre spingeva delicatamente la porta.
Il rosso fu un po’ rassicurato da quel sorriso appena accennato: era raro vedere Itachi sollevare gli angoli della bocca, però quando lo faceva mostrava due piccole fossette che all’Uzumaki erano sempre piaciute. Subito da dietro l’entrata, un sicuro riparo di legno, apparve una donna dai lunghi capelli scuri ad accoglierli. Il giovane ospite rimase molto sorpreso quando la vide: quella chioma blu notte, quei grandi occhi neri e quei lineamenti affilati gli ricordarono subito Sasuke, con la differenza che il ragazzo aveva una pelle ancora più chiara e, ovviamente, non aveva quelle piccole rughe che l’età stava iniziando a segnare sul viso della signora.
-È identica a suo figlio – pensò immediatamente, inghiottendo un’abbondante dose di saliva.
-Nagato, ti presento mia madre, Mikoto – esordì Itachi, facendo le dovute presentazioni.
-Così finalmente ci incontriamo – lo salutò lei, regalandogli un sorriso gentile.
-È un piacere conoscerla, signora Uch-
-Oh, dammi del “tu” – lo fermò subito – Mi fai sentire più vecchia di quello che sono. –
IL’Uzumaki rimase completamente spiazzato da quell’informalità; considerando il carattere del suo fidanzato, pensava che anche i suoi genitori non fossero troppo espansivi. Sua madre, invece, sembrava essere tutto il contrario.
-Ero totalmente fuori strada – dovette ammettere, entrando nell’ingresso.
Spostò lo sguardo sul viso del giovane al suo fianco, riscontrando qualche somiglianza con quello della donna: anche Itachi aveva gli stessi occhi di Mikoto, e pure il suo stesso naso. Tuttavia il suo colorito era più scuro e i lineamenti troppo marcati per paragonarli a quelli della madre, doveva sicuramente averli presi da…
-Buonasera – lo salutò una voce in fondo al corridoio, suscitandogli un brivido gelido lungo la schiena.
Tutta la sicurezza che aveva appena acquistato, scivolò via in meno di un secondo quando sentì addosso due profondi pozzi scuri che lo squadravano dalla testa ai piedi, mentre gli si congelava il sangue nelle vene. Il padre di Itachi era circondato da un alone di superiorità che metteva in soggezione chiunque avesse vicino, il che gli ricordava molto il comportamento dei suoi figli. L’uomo aveva la pelle più scura di quella color latte della moglie, e anche in questo il suo primogenito aveva preso da lui, oltre che per il viso squadrato e dai tratti decisi. Era incredibile come quegli occhi, un po’ piccoli ma ugualmente severi, non mostrassero alcuna espressione eccetto una fredda indifferenza. Anche in questo, dovette riconoscere una grande somiglianza con la sua progenie.
-Buonasera … - mormorò imbarazzato, cercando di intuire i pensieri che l’indifferenza celava dietro quel viso austero.
-Non restiamo a parlare in piedi – esordì la donna, sorridendo anche per il marito – Voi andate pure in sala da pranzo, la cena è quasi pronta. –
-Se vuole posso aiutarla – propose Nagato, cercando in tutti i modi di non paralizzarsi sotto lo sguardo del padrone di casa.
-Assolutamente no – lo fermò un’altra volta – Sei l’ospite, non posso farti cucinare. –
Quelle parole piene di gentilezza avevano un tono che non ammetteva repliche; il che, nonostante fosse molto strano, a Nagato sembrò un semplice istinto di sopravvivenza quando realizzò che quella donna, apparentemente innocua, viveva con tre Uchiha in casa. Appena se ne rese conto, iniziò a non aver più tanto timore di Fugaku ma di sua moglie.
 
***
 
-Sei pronto? – chiese Suigetsu, fissando dritto negli occhi il suo migliore amico.
Sasuke annuì, sentendo la presa delle dita del ragazzo stringersi sui suoi fianchi, rafforzando a sua volta quella delle proprie mani sulle sue spalle. Facendo forza sulle ginocchia, il ragazzo si caricò addosso il peso del suo corpo, facendo sì che le gambe di Sasuke si ritrovassero dritte. Finalmente, il moro era in piedi dopo tre anni di sedia a rotelle. L’albino lo vide prendere respiri profondi mentre nei suoi occhi poteva scorgere una mal celata paura, la stessa che provava anche lui. “Che succederà?”, era questo ciò che si chiedevano.
Questo timore era però dolcemente accompagnato da un cambio di prospettiva che l’Uchiha non aveva da tempo: erano passati tanti di quei mesi dall’ultima volta che aveva visto le cose da così in alto, gli sembrava di troneggiare su tutto ciò che lo circondava e che ora non gli appariva più così lontano. Aveva dimenticato quanto fosse bello stare sulle proprie gambe e adesso tutto era pronto; doveva solo lasciare la presa e forzare i muscoli per restare in piedi. Niente di difficile, era riuscito a farlo quando era poco più che un neonato, quindi perché non poteva riprovarci ora che era maggiorenne?
 Ignorò la parte del suo cervello che gli ricordava che non c’era più contatto nervoso fra il suo midollo spinale e i nervi delle gambe e prese l’ennesimo respiro profondo.
-Posso farcela – si incitò – Questa volta andrà bene. –
-Lasciami – disse, sollevando delicatamente le dita dalle spalle di Suigetsu.
Questi diminuì la presa sui suoi fianchi finché non li abbandonò del tutto. Finalmente, l’Uchiha restò in piedi senza l’appoggio di nessuno. Si meravigliò quando se ne rese conto; poteva guardare l’altro dritto in volto, osservare alla stessa altezza i poster appesi alle pareti e vedere cosa c’era sopra le mensole alle sue spalle. Aprì leggermente la bocca per parlare ma, prima ancora di esprimere il suo stupore, tutto iniziò a precipitare davanti a lui. Le sue ginocchia avevano ceduto e, per quanto lo avesse desiderato, i polpacci e le cosce non riuscirono ad opporre alcuna resistenza e crollarono come le fondamenta di un castello di carte. Due braccia lo cinsero appena prima che finisse col viso sul pavimento e non poté non aggrapparsi al suo amico che, premuroso, si era inginocchiato per sostenerlo.
-Stai bene? – gli chiese, scrutandolo con le vivaci pupille viola per vedere se si fosse ferito.
-Si, non preoccuparti … - mormorò come se niente fosse accaduto, alzando il capo – Riproviamoci. –
 
***
 
Tsunade posò le buste della spesa sul tavolo della cucina, sentendo le mani incredibilmente leggere ora che non avevano più tutto quel peso da sostenere. Aveva sempre avuto una forza fuori dal normale per essere una donna: da piccola aveva più volte rovesciato i mobili ai quali si aggrappava per stare in piedi, spesso senza nemmeno rendersene conto. Ora che aveva passato i cinquanta sentiva le energie venire meno, ma era felice di vedere che riusciva ancora a cavarsela da sola per le faccende più faticose, quelle che venivano comunemente definite “cose da uomini”. Tutt’ora quell’etichetta la faceva ridere; aveva visto uomini lamentarsi di fare un po’ di strada a piedi, imprecare perché avevano sbattuto contro qualcosa o smettere di ragionare per un banale mal di testa. Ogni giorno invece centinaia di donne, giovani e non, macinavano chilometri con i tacchi alti, a volte portando anche la spesa e non si facevano fermare da nulla, neanche dalla piaga delle mestruazioni che ogni mese si faceva sentire forte e terribile. Si domandava spesso quanti maschi sarebbero riusciti a vivere un mese da donne senza avere un esaurimento nervoso e ogni volta si rispondeva con un cifra sempre più vicina allo zero. Non capiva se fosse troppo pessimista oppure troppo realista; si limitava però ad alzare le spalle e ad andare avanti.
“Sei femminista fino ai capelli” le ripeteva Jiraya e, in fin dei conti, non poteva negare che avesse ragione. Era comunque contenta di esserlo; che ne sapevano gli uomini di quanto fosse difficile la vita per una lei?
-Quell’idiota non ha alcuna considerazione del sesso femminile – commentò fra sé, infastidita dal comportamento del suo migliore amico.
Non sopportava gli uomini che ridicolizzavano le donne solo per la loro sensibilità, dicendo che erano stupide, isteriche e che esageravano tutto. Purtroppo ne aveva incontrate tante di persone così, tante che ormai non aveva più nemmeno la forza di discutere contro i loro preconcetti.
“ -Agli uomini piace prendersela con le donne, così le sminuiscono e pensano di essere al loro livello. –
-Sul serio credi che sia così? –
-Certo. Come uomo, non credo che sarei in grado di vivere come fate voi.- “
Un triste sorriso le comparve sulle labbra colorate dal rossetto al ricordo delle parole di Dan, forse l’unico che condividesse le sue idee a riguardo. Era sempre stato un tipo fuori dal normale e l’aveva subito trovato interessante proprio per questo, anche se poi i loro giorni felici erano finiti nel peggiore dei modi. Sentì una calda scia umida farsi strada sulla guancia mentre scuoteva il capo cercando di non pensare a quel viso sporco di sangue che di recente era venuto spesso a trovarla nei suoi incubi, tenendola sveglia anche notti intere. Quegli orribili ricordi erano diventati molto frequenti da quando aveva aiutato suo nipote a soccorrere quel giovane investito e non riusciva a far nulla per fermarli. Quando arrivavano, si rendeva conto di quanto fosse sola senza più suo fratello minore e l’uomo che amava.
-A cinquant’anni, la mia vita è solo una lunga serie di drammi e delusioni .-
Non solo non aveva più qualcuno da amare ma aveva perso anche la medicina, la sua grande passione. Si era illusa credendo che avrebbe trovato qualcosa in grado di sostituirla e ne aveva avuto l’ennesima conferma quando aveva prestato il primo soccorso a quel giovane dai capelli scuri. C’era ancora qualcosa di positivo in tutta la sua esistenza? Anche cercando, non trovava una risposta. Scosse il capo con decisione, si era già amareggiata abbastanza. Iniziò ad aprire le buste sul tavolo e a sistemare la spesa, sforzandosi di non ricadere in quelle cupe riflessioni. Sentì il telefono squillare ma non andò a rispondere, aveva già troppi problemi per ascoltare quelli degli altri. La segreteria telefonica partì mentre lei posava le verdure in frigo, riempiendo il cassetto quasi vuoto.
-Ehi Tsunade, come va? È da un po’ che non ti fai sentire e sto iniziando a preoccuparmi. Anche Orochimaru lo è, anche se è troppo stronzo per alzare il telefono. Richiamami, non ho niente da fare e non dispiacerebbe cenare insieme una di queste sere. –
Subito tutta la malinconia si alleggerì fino a svanire nel nulla: la voce allegra di Jiraya aveva riempito tutta la cosa scacciando ogni negatività. Quell’idiota troppo materialista si preoccupava per lei, questa era davvero strana. Sorrise rincuorata da quelle parole, dandosi della stupida: aveva degli amici sinceri, il che era incredibilmente raro e più che sufficiente definire “bella” la sua vita.
 
***
 
-Posso andare? – domandò Suigetsu, senza staccare i suoi occhi da quelli dell’Uchiha.
-Sì, lasciami – acconsentì quello, cercando di riacquistare l’equilibrio.
Inutile, era tutto inutile. Per l’ennesima volta, le gambe del ragazzo cedettero facendolo cadere a terra e si ritrovò stretto fra le braccia dell’amico, costretto ad inginocchiarsi a terra non riuscendo a sostenerlo ancora a lungo. Quanti tentativi avevano fatto? Cinque? Dieci? Non li aveva contati, anche se gli erano sembrati tantissimi, nient’altro che una lunga serie di fallimenti.
-Rifacciamo? – gli domandò l’albino, non capendo il senso di quell’ostinazione. Capiva però che era qualcosa di molto delicato e da maneggiare con cura, altrimenti avrebbe rischiato di far molto male al ragazzo di fronte a sé. Era già pronto a rimettersi in piedi  quando il moro scosse leggermente il capo, fermando ogni sua iniziativa.
-No – mormorò senza alzare lo sguardo dal pavimento – Lasciamo stare. –
Su quel viso mezzo nascosto dai capelli blu vide una piccola luce brillare, per poi cadere infrangendosi sul pavimento. Rimase a bocca aperta: Sasuke stava piangendo. Il suo stupore continuò a crescere quando, nonostante cercasse di controllarsi, il petto del ragazzo iniziò ad essere scosso dai singhiozzi.
-Che diavolo gli prende? – si chiese, non sapendo cosa fare per tranquillizzarlo. Era strano vederlo in quello stato: sembrava quasi un’altra persona, debole, triste, sembrava umano. Coloro solitamente indifferenti a tutto ciò che li circonda manifestano i propri sentimenti solo quando non sono più in grado di trattenerli, mostrando tutta la loro fragilità, e Sasuke non faceva eccezione.
-Ehi, Sasu, non ti preoccupare – riuscì a dire.  
-Non ci riesco – balbettò il moro fra i singhiozzi, appoggiando il capo alla spalla di Suigetsu – Non ci riesco – ripeté chiudendo gli occhi gonfi, spingendo due grosse lacrime che caddero sul pantalone del ragazzo che lo sosteneva – Non ci riesco, Sui, perché non ci riesco? – chiese mentre sentiva un braccio circondargli la schiena – Perché cado sempre? Perché non ce la faccio a stare in piedi? –
L’albino preferì non rispondere a quella domanda, non avrebbe fatto altro che dirgli quello che già sapeva. Purtroppo, per quanto fosse forte la sua volontà, non poteva far niente con un problema nervoso. Si fermò qualche secondo a cercare le parole giuste: la situazione era già abbastanza difficile senza che lui rigirasse il dito nella piaga.
-Perché hai voluto provare? – esordì dopo qualche istante di incertezza.
-Perché ti sei fatto questo? – pensò, senza trovare la forza per chiederlo.
-Perché sono stanco – rispose il giovane, cercando di fermare i singhiozzi – Io non ce la faccio più a stare sulla sedia a rotelle; io voglio camminare. Voglio guidare, voglio correre, voglio salire e scendere le scale, voglio, voglio giocare una partita di basket con quell’idiota e – si bloccò, non riuscendo più a continuare.
Suigetsu gli sollevò gentilmente il volto, appoggiando la fronte contro la sua. Per quanto si comportasse da stupido, conosceva l’Uchiha come le sue tasche e quell’ultimo desiderio gli aveva fatto capire la causa scatenante di quella crisi. Sasuke ci aveva messo anni ad abituarsi alla sua nuova vita, accettando con fatica il bisogno della sedia a rotelle e sfogando tutta la sua frustrazione nella musica, ma l’Uzumaki l’aveva risvegliato da quella passività senza nemmeno rendersene conto. Sarebbe stato ingiusto rimproverarlo per aver mostrato al giovane quanto potesse essere bella la sua esistenza aldilà di ogni difficoltà, però aveva innescato in lui una reazione devastante.
-È stato Naruto, vero? – chiese conferma l’albino.
Il giovane annuì piantando i suoi occhi pece in quelli viola del suo amico, consapevole di non poter avere segreti per lui: si conoscevano troppo bene ormai.
-Ci siamo baciati – esordì l’Uchiha, imponendosi di non arrossire davanti lo stupore dell’altro, che però scoppiò una sonora risata.
-Ti avevo detto che eri frocio – commentò quello, facendo ridere anche lui.
 
***
 
Da circa dieci minuti Hidan guardava perplesso il suo collega, resosi conto che questi era in preda ad una strana euforia. Se non avesse dovuto fare avanti e indietro per tutta la sala, sarebbe rimasto fermo a fissarlo per più di mezz’ora per capire cosa avesse; nonostante Nagato fosse una persona che vedeva sempre il lato positivo in ogni situazione, era fin troppo di buon umore. Anche se quello del sabato pomeriggio era il turno peggiore, non aveva smesso di sorridere per un attimo e, cosa ancora più strana, quando per sbaglio aveva rotto un bicchiere pieno di aperitivo si era limitato ad alzare le spalle, per poi prendere straccio e paletta e pulire. Il che fece dedurre al giovane dai capelli grigi che l’Uzumaki avesse iniziato ad usare sostanze stupefacenti, e anche in dosi piuttosto considerevoli per essere così allegro.
-Ti sei dato alla marijuana? – gli chiese posando il vassoio vuoto sul lavello, iniziando a prendere altri bicchieri puliti.
-Perché? – domandò lui, confuso – C’è qualcosa di strano? –
Hidan lo fissò con un sopracciglio alzato, sempre più convinto della sua ipotesi. Anzi, per fare domande tanto stupide forse aveva preso qualcosa di più forte di un semplice spinello, anche se lo conosceva abbastanza bene da non crederlo possibile. Insomma, se si fosse trattato di Deidara non sarebbe stato troppo sorpreso, però non un’anima pia come l’Uzumaki.
-No, Nagato, non c’è proprio niente di strano oltre l’unicorno rosa parcheggiato qui fuori e la nuvola di zucchero filato da cui sei sceso stamattina – rispose accarezzandogli la guancia con la mano, come se fosse stato un psicopatico bisognoso di rassicurazioni.
-Hidan che stai dicendo? – esordì il rosso, aggrottando le sopracciglia cremisi.
-Che diavolo stai dicendo tu, prima ti comporti come se il mondo fosse improvvisamente diventato un luogo d’amore e di pace e poi mi fai domande idiote – ribatté il giovane, voltandosi per prendere da un ripiano una bottiglia di liquore – Mi spieghi perché oggi sei così tanto fra le nuvole? –
Il collega scosse il capo mentre continuava a pulire i piattini sporchi, pensando che i pazzi andavano sempre assecondati per evitare discussioni perse in partenza.
-Sono solo di buon umore, tutto qui – si giustificò.
-Questo l’avevo notato – ribatté l’altro, continuando a riempire i bicchieri – Posso sapere anche perché? -.
-L’altra sera Itachi mi ha presentato i suoi genitori – iniziò a raccontare, sorridendo – ed è andato tutto bene, sono due persone gentilissime, anche se suo padre guarda gli altri in un modo da far paura – ammise, chiudendo l’acqua del rubinetto.
-Solo questo? Sei così felice solo perché ti ha fatto conoscere i suoi? –
-Beh, sì. Poi dopo la cena siamo usciti e … e ha dormito da me – concluse asciugandosi le mani sul grembiule, facendo accendere gli occhi maliziosi dell’amico.
-Ah, ora capisco – mormorò Hidan, voltandosi verso di lui – E da quanto tempo non “dormivate” insieme? –
-Da quando abbiamo litigato. –
-Ma è stato un’eternità fa! – sbottò il giovane, evitando per miracolo di rompere un altro bicchiere – Ci credo che oggi sei tanto euforico. –
Il rosso annuì in risposta, spostando lo sguardo verso la porta quando sentì lo scacciapensieri appeso al soffitto tintinnare. Sorrise vedendo che, invece del solito gruppi di amici che andava a prendersi l’aperitivo per poi restare al tavolo per mezz’ora, era entrato viso noto e sempre ben accetto.
-Ciao ragazzi – li salutò Naruto, sedendosi sullo sgabello più vicino a loro, posando per terra il suo borsone.
-Ciao Naru – ricambiò Nagato mentre Hidan l’accoglieva con un cenno del capo, insultandolo perché era passato più di una settimana dalla sua ultima visita -Cosa ti preparo? –
-Un cappuccino. –
-Dove devi andare? – gli chiese l’altro cameriere, notando la borsa da palestra che il biondo aveva posato per terra.
-Ho una partita di basket fra un quarto d’ora – rispose lui, sorridendo – Ci alleniamo anche di sabato dato che ormai il torneo è iniziato. –
-E dopo che fai? – gli domandò il cugino, prendendo una tazzina pulita.
-Stasera mamma e papà sono fuori, quindi ho chiesto a Sasu di cenare da me –mormorò entusiasta.
L’Uzumaki più grande lo fulminò con lo sguardo, posando il cappuccino ancora fumante davanti a lui.
-Attento a quello che fai, quel ragazzo è più delicato di quanto immagini – l’ammonì.
-Questo lo so benissimo, stanne certo – ammise, abbassando lo sguardo – Io … ho paura che inizi a farsi mille problemi, sai come sono gli Uchiha, e non voglio che lui abbia dei dubbi o dei ripensamenti. –
Il rosso non poté fermare un sorriso, orgoglioso del comportamento di suo cugino. Gli scompigliò dolcemente i morbidi capelli come se fosse un bambino, ridendo della sua obiezione a quel trattamento: quell’idiota era davvero innamorato.
 
***

Naruto uscì dalla doccia pulito e profumato, allungando un braccio per prendere un asciugamano e avvolgerlo attorno ai fianchi. Si guardò allo specchio, sentendo che tutta la stanchezza era scivolata via sotto il getto d’acqua calda: era sempre bello giocare a basket ma dopo una partita era impresentabile. Per questo motivo aveva cercato di arrivare a casa il prima possibile; doveva darsi una sistemata, stava per arrivare Sasuke e non poteva farsi trovare in quello stato. Si era quindi fatto una doccia e lavato due volte i capelli, che adesso stava frizionando con un asciugamano pulito. Dopo essersi asciugato e riempito di deodorante si diresse in camera sua, approfittando della totale assenza dei suoi genitori per girare per casa mezzo nudo. Spalancò le ante del suo armadio cercando qualcosa di carino da mettersi e, nonostante si fosse interrogato per circa venti minuti su quale maglietta indossare, non trovò una risposta soddisfacente a quel dilemma esistenziale. Quando suonarono al campanello, era ancora fermo di fronte ai vestiti e con addosso solo le mutande. Guardò di sfuggita la sveglia sul comodino, accorgendosi di quanto fosse tardi, e imprecò a gran voce infilandosi il primo paio di jeans che gli capitarono sotto mano. Si precipitò ad aprire, fermandosi però prima in bagno per spruzzarsi un altro po’ di deodorante.
-Sono un figo da paura – si convinse, sistemandosi una ciocca di capelli che gli ricadeva sulla fronte.
Andò ad aprire fiero di sé, portandosi dietro una scia di profumo  e con ancora i piedi impigliati nella stoffa dei pantaloni. Controllò dallo spioncino che dietro la porta ci fosse solo il moro, evitando così di fare brutte figure se ci fosse stato qualcun altro. Sorrise vedendolo solo, spalancando la porta al suo ospite.
-Ciao – lo salutò, regalandogli uno dei suoi sorrisi migliori.
-Ciao … - mormorò quello, spostando lo sguardo dal suo viso al suo petto e ai suoi pantaloni ancora attorcigliati attorno le caviglie.
-Hai suonato mentre mi stavo cambiando … - spiegò Naruto, intuendo i suoi pensieri.
-Si, me ne sono accorto. –
 
 
-Ti piace il film? -  gli chiese il biondo, voltandosi verso di lui.
-Sì, non è male – rispose, non trovando il coraggio di ricambiare quello sguardo.
Si sentiva dannatamente in imbarazzo. C’era una strana tensione nell’aria e sapeva bene anche da cosa fosse causata. Era ovvio che l’Uzumaki cercasse di avvicinarsi a lui ma, nonostante Sasuke volesse essere più espansivo, non riusciva a trovare un modo per ricambiare quelle attenzioni. Non era bravo in queste cose e non aveva alcun tipo di esperienza a riguardo, per questo si sentiva così a disagio anche se, ovviamente, cercava di nasconderlo al meglio. Peccato che il giovane avesse ormai imparato a leggere fra le righe di quel comportamento sempre freddo e distaccato, capendo che il moro non avrebbe mai preso l’iniziativa. Fece scivolare silenziosamente la sua mano su quella dell’ospite, vedendo una traccia di sorpresa nel suo sguardo pece. L’Uchiha si limitò a distanziare le dita, permettendo a quelle del biondo di infilarsi fra le proprie, senza staccare gli occhi dal televisore.
-Sasu – lo chiamò con dolcezza – Guardami. –
Vi lasciò un semplice bacio, staccandosi quasi subito da lui. Fu l’altro, incoraggiato da quel tenero contatto, a ricercare la sua bocca, cosa che lo soddisfò parecchio; finalmente la preoccupazione di Sasuke stava svanendo. Ne ebbe ulteriore conferma quando sciolse l’intreccio delle loro dita per posare la mano fra i suoi capelli, lasciando l’altra sulla sua spalla. I baci divennero più accesi e le carezze più audaci prima che se accorgessero: per loro era semplicemente un continuo rincorrersi, senza mai esagerare, finché la lingua del moro decise di invadere la bocca dell’altro. Naruto, piacevolmente sorpreso, si slanciò in avanti per stringerlo meglio sé, sbilanciandosi e facendolo cadere con la schiena sulla superficie del morbido divano. Continuò quel gioco sentendo il sangue ribollirgli nelle vene, sempre più eccitato, e quando furono costretti a fermarsi per riprendere fiato i suoi pozzi celesti si incontrarono per l’ennesima volta in quelli liquidi dell’Uchiha, trovandovi un forte desiderio misto ad una nota di preoccupazione. Era spaventato proprio come lo sarebbe stato chiunque altro al suo posto.
“Attento a quello che fai, quel ragazzo è più delicato di quanto immagini.”
Nagato aveva ragione e lui lo sapeva bene, per questo si era ripromesso di non forzarlo. Avrebbe fatto di tutto per farlo sentire a suo agio e, cosa più importante, voleva che provasse il suo stesso inebriante piacere.
-Mi prenderò cura di te – pensò, specchiandosi nei suoi occhi color della pece.
-Ascolta Sas’ke – mormorò, sollevandosi per lasciargli un po’ di respiro – Non dobbiamo farlo per forza; ti ho detto che avrei aspettato e se …-
-No – l’interruppe l’altro, abbassando lo sguardo per l’imbarazzo – Io … lo voglio fare - risollevò il viso in preda all’indecisione, sapendo che stava per dire una cosa molto importante – Voglio che sia tu il primo. –
Il cuore dell’Uzumaki smise di battere quando quelle parole raggiunsero le sue orecchie, per poi riprendere a muoversi come se avesse la tachicardia. Si sentì invadere dalla gioia, dall’eccitazione e dalla preoccupazione nello stesso istante: non avrebbe mai pensato che l’altro gli confessasse una cosa del genere e il solo pensiero lo portava al settimo cielo, facendolo sorridere mentre gli andavano a fuoco le guance e gli occhi si facevano umidi. Subito dopo ritornò in sé, deciso a dimostrargli che non aveva sbagliato a concedergli una cosa tanto importante. Non l’avrebbe fatto pentire della sua scelta. Gli accarezzò il volto con entrambe le mani, scendendo a riappropriarsi della sua bocca, fermandosi appena prima di sfiorargli le labbra.
-Sono dannatamente felice – gli sussurrò, baciandolo come se fosse stata la prima volta che assaggiava quel dolcissimo sapore.
 -Qui siamo scomodi – commentò, alzandosi dal divano – Andiamo in camera mia – continuò, prendendolo in braccio come se fosse senza peso.
-Ehi – protestò il moro, stringendosi a lui per non finire sul pavimento – Non siamo una coppia di sposini! –
L’Uzumaki ignorò le sue parole e spalancò la porta della sua stanza con un calcio, posando il corpo del giovane sul materasso. Si sfilò la maglietta e ritornò a dedicargli tutte le sue attenzioni. Non voleva fare le cose di fretta, così decise di lasciargli il tempo di familiarizzare con la sua pelle prima di iniziare a spogliarlo e rimase molto sorpreso da come fosse naturale per entrambi cercare il contatto con l’altro, spinti dallo stesso desiderio di donarsi e di ricevere quel piacere che aspettavano da tanto. Quando furono nudi, il biondo rimase a bocca aperta: il corpo di Sasuke era dello stesso colore del latte, profumato e morbido al tatto, ma terribilmente sproporzionato. Non aveva mai visto le sue gambe e solo in quel momento si rese conto di quanto fossero magre, troppo magre rispetto al busto e alle braccia.
-Non riuscirebbero mai a reggerlo in piedi – pensò, sentendole deboli sotto i suoi polpastrelli.
-Dopo tanto che non li muovi, i muscoli perdono tono – spiegò l’Uchiha, risvegliandolo dal suo stupore.
Naruto scosse il capo, decidendo di non soffermarsi su quella spiacevole discussione. Riprese a baciarlo, lasciandogli tenere carezze sul petto e sui fianchi mentre i loro respiri si facevano più affannosi. Spostò i suoi tocchi verso il basso sfiorandogli le cosce, facendo scendere le labbra su polpacci e le dita attorno alle caviglie.
-Smettila – sbottò Sasuke – Io lì non sento niente, è inutile che mi tocchi.-
Il biondo risalì fino al suo viso arrossato, baciandogli per l’ennesima volta le belle labbra gonfie, per poi avvicinarsi al suo orecchio.
-Io voglio tutto di te, Sasu – gli sussurrò, leccandogli il lobo – Anche le tue gambe. –
Il moro sentì due lacrime affacciarsi dagli occhi mentre la bocca del suo amante scendeva sul suo collo, soffermandosi sul pomo d’Adamo, e di nuovo  sul suo corpo; anche se l’Uzumaki gli stava dedicando tutte quelle carezze, non se rendeva conto se non con la vista. Percepiva il suo tocco gentile sui fianchi ma non si accorgeva del contatto fra le sue gambe e le proprie, né sentiva i suoi piedi attorno alle caviglie. Quei pensieri così tristi, che spinsero due lacrime a rigargli il viso, furono sostituiti da un inaspettato piacere, accompagnato da gemiti e sospiri che non erano mai usciti dalla sua bocca prima di allora, qualcosa di sempre più acuto e in certi momenti quasi doloroso, finché poi sentì l’altro stringersi a sé in un abbraccio, entrambi esausti e innamorati. 
  
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