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Autore: DianYronwood    10/11/2014    0 recensioni
Prendete parte a una storia che trasuda di avventura e mistero, in cui i principi sono la forza, l'onore, il rispetto, la gloria, la volontà, la libertà... Nessuno farà inginocchiare Astrid, lei è Libera. Ma in costante pericolo, un pericolo di cui non rammenta l'esistenza, ma che la sta seguendo e che cercherà di ucciderla. Perché non si ricorda della sua vera natura? Cosa succederà quando scoprirà che il suo passato è solo un'ammasso di menzogne? Ma sopratutto, cosa farà a coloro che minacciano la sua libertà?
Dal testo: "Non ti devi fidare di me, Astrid." Mi sussurrò all'orecchio, con voce dolce, apprensiva. "Ti stavi lasciando andare. Non devi. Non ora." Disse ancora, preoccupato. "Non fidarti di nessuno. Ti stanno cercando."
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Sigurd stava lì, a fissarmi dall'alto in basso, con i suoi occhi azzurri e aguzzi, traboccanti malvagità, e quell'orribile pupilla grigia che mi faceva venire i brividi ogni volta che incontravo il suo sguardo.
 
La parte sinistra del volto, rispettivamente quella dell'occhio cieco, era stata mutilata da un incidente di caccia, o almeno così diceva lui, e assicurava che il Lupo che gli aveva tagliato a metà il volto era morto, e in quella parte di storia mi fissava sempre truce, e io rabbrividivo da capo a piedi.
 
"Cosa ci fai qui?" Mi chiese con la sua voce gutturale, rabbiosa e baritona, mista allo sguardo che ormai rivolgeva solo a me.
 
"Tu, piuttosto, cosa ci fai qui?" Mi alzai e scossi la polvere dall'abito, restituendogli indietro uno sguardo di rimprovero.
 
"Astrid, non sono più tuo sottoposto." Fece un passo avanti e nelle iridi chiare scorsi un lampo di dolcezza quando il suo volto venne alla luce delle candele, la pelle sfigurata scomparse nell'ombra proiettata dalla fiamma sul candelabro e rivelò la sua bellezza, coperta dalla sua espressione rabbiosa, vennero portati in risalto gli zigomi alti e la mascella possente, i capelli biondi chiusi in trecce e anelli di metalli di nemici sconfitti mandarono lampi dorati come la sua barba tenuta corta, ma sempre virile.
 
Poggiò le dita della fredda mano sul mio volto, aspettandosi forse una mia risposta, ma io mi scostai facendo un passo indietro, come ogni volta in cui lui tentava di dimostrarmi dell'affetto.
 
"Ma non ancora mio marito, Sigurd." Apostrofai, con uno scatto in avanti lui mise una mano dietro la mia schiena, prese il mento tra le dita dell'altra e avvicinò le sue labbra alle mie.
 
"Hai detto bene, non ancora." Sussurrò a fior di labbra e un brivido mi corse lungo la schiena, un brivido di terrore, non di piacere.
 
'Io? Sposarmi?' Pensai. 'Mai. Non apparterrò mai a nessuno.'
"Odino ha troppa considerazione di me per lasciare che ti sposi." Lo attaccai a denti stretti, egli fece un ringhio sommesso e io mi svincolai cercando di superarlo, questo estrasse il pugnale, mi voltai prima che me lo piantasse nella schiena e scaraventai il mio sguardo impaurito e sorpreso nei suoi occhi. Senza nemmeno che me ne rendessi conto lui si bloccò e si riversò a terra mugugnando e chiedendo, implorando, supplicando perdono.
 
Non lo vedevo, ma i miei occhi erano un pozzo d'ametista puro e luminoso, sembravano pure avere una luce propria, che penetrarono nella mente di Sigurd e la corrosero fino a che non cedette.
 
Sconfortata e spaventata da me stessa, mi strinsi il libro della 'Decima Valchiria' al petto e sgattaiolai via da lì in un silenzio tombale.
 
Camminai velocemente verso le porte della mia stanza, nascondendomi tra le ombre delle torce semi-spente, che brillavano come unica fonte di luce nella notte, che si stava sempre di più facendo profonda.
 
In quell'istante ogni mio desiderio convergeva nell'entrare nella mia camera, serrare la porta e rannicchiarmi sotto le coperte in cerca di riposo.
 
Aprì in fretta la porta e mi infilai dentro, dove le braci dentro un piatto di bronzeo metallo battuto, rialzato da quattro gambe eleganti e snelle, rilasciavano un rilassante torpore accompagnato da piccoli scoppiettii del legno mangiato dal fuoco.
 
Mi lasciai alle spalle le scarpe e camminai a passi piccoli e leggeri verso il letto, sul bordo del quale mi sedetti a fissare il libro che in quel momento incarnava il mistero di cui a mano a mano mi rendevo conto di fare parte, passai le mani sulla fodera rovinata in cerca di qualche dettaglio che mi era sfuggito o qualche strano aggeggio nascosto, ma nulla, l'unica cosa che lo rendeva strano era la sua totale mancanza del contenuto, o meglio, un contenuto lo aveva, ma non era di certo quello che ci si aspetta da un libro.
 
Ormai la palpebra mi cadeva sull'occhio, il fiatone se ne era andato e con un po' di impegno sarei riuscita a rilassarmi e addormentarmi, dunque appoggiai il libro e il suo strano contenuto nascosto sul comodino di legno, mi infilai una leggera vestaglia da notte che arrivava fino alle ginocchia e mi infilai sotto le coperte ancora fredde.
 
In un attimo presi sonno e in altrettanto tempo iniziai a sognare, all'inizio tutto era confuso e scuro, ombre che deformavano quella che sembrava una foresta alquanto inquietante ricoperta di neve scura, con un sentiero tracciato da orme di lupo insanguinate, e, senza sapere perché, io stavo correndo seguendo quelle ombre, e mi sembrò di correre all'infinito prima di capire che c'era qualcosa di strano nei miei passi, erano veloci, proiettati in avanti e vedevo tutto da una prospettiva più bassa, come se fossi un... lupo.
 
No, c'era qualcosa che non andava. Io non ero un lupo, non avevo zampe o zanne o cose simili, nulla.
 
In quegli istanti di confusione tutto finì sottosopra, in momenti ero il lupo, in altri lo vedevo dall'alto, come se avessi le ali o fossi un uccello, o un corvo...
 
Le immagini presto si sostituirono e un branco coperto di sangue stava ululando alla luna un istante e in quello dopo combatteva contro un nemico invisibile e cadeva colpo dopo colpo. Mi misi a gridare, presa dalla disperazione e da un dolore straziante che si allargava a macchia d'olio nel mio petto, straziante e insopportabile, continuai a gridare finché non sentii la gola ribellarsi e fare uscire solo dei mugolii rochi e straziati, per poi lasciarmi andare in un pianto straziato, mosso da frequenti singhiozzi e strozzato dalle sue stesse lacrime.
 
L'unica cosa chiara in quell'ostante fu una mano gelida che si appoggiava sul mio braccio da dietro e un'altra che mi accarezzava i capelli con aria rassicurante, lentamente mi rilassai e sospirai a lungo, presa da quel contatto inaspettato.
 
Sapevo benissimo chi era, quel tocco freddo e preciso, delicato al tempo stesso, apparteneva solo a una persona, di cui però non mi capacitavo la presenza accanto a me nella mia stanza.
 
Avevo serrato la porta, come aveva fatto ad entrare? Sicuramente con una delle sue magie.
 
Mi lasciai cullare tra le sue braccia e mi rannicchiai con le gambe contro il petto, dondolando avanti e indietro in un fiume di lacrime. Solitamente odiavo essere debole, beh, non solitamente, sempre, non riuscivo nemmeno a sopportare l'idea che qualcuno mi vedesse in difficoltà e mi aiutasse, che avesse pietà o compassione.
 
Continuai a versare lacrime incessantemente, lasciandomi andare a un'inspiegabile dolore che si propagava e sentivo rompermi tutte le ossa e divorare la mia pelle.
 
Non avevo mai provato una sofferenza simile, ne per la morte di mio padre e nemmeno per quella di mia madre, era una cosa tanto forte e profonda che pareva un veleno che mi divorava dall'interno.
 
La notte passò in preda ai singhiozzi strozzati che non riuscivo a controllare, cercando di soffocare qualsiasi rumore, e Loki rimaneva lì, paziente, a rassicurarmi dolcemente con delle carezze sul mio capo.
Quando fu quasi mattina, io ormai ero esausta e stavo sonnecchiando leggermente, Loki si alzò in silenzio per non svegliarmi e mi guardò con un misto di dolcezza e compassione, alzò una coperta turchese sulle mie spalle, chiuse le tende che davano sul giardino con innata tranquillità, ravvivò il fuoco per non lasciarmi al freddo e si fermò a fissare il libro che era rimasto sul comodino dove la sera prima lo avevo lasciato.
 
Un lampo di preoccupazione illuminò il suo sguardo e spalancò gli occhi, sapeva che lo avevo trovato io, si stava preoccupando che io volessi continuare a indagare e capissi tutto prima del momento in cui io sarei potuta essere protetta.
 
Un soffio di un fresco e profumato venticello smosse le tende e i raggi caldi del sole entrarono nella stanza, si riflessero contro lo specchio e scaldarono la pelle candida delle mie braccia, che uscivano dalla protezione dalla coperte.
 
Lentamente allungai gli arti verso l'alto, accompagnando il mio risveglio con un lungo sbadiglio, rotolai al bordo del letto e mi misi a sedere.
 
Ravvivai i capelli con una mano e con l'altra mi massaggiai gli occhi, sbadigliai di nuovo e feci dondolare i piedi nel vuoto prima di scendere dal letto e trotterellare verso l'armadio nella vestaglia color panna.
 
Aprii i cassetti e infilai i pantaloni di pelle scura, che ormai avevano preso la forma delle mie gambe e le fasciavano alla perfezione, la camicia candida e profumata, fresca di bucato, e la giacca di cuoio morbido di mio padre.
 
Passai le dita sopra la pietra di luna al mio collo e mi rabbuiai pensando alla lettera.
 
- Astrid -
 
Citava così, chiaro e coinciso, come la grafia sicura e pulita che definiva il tratto del mio nome.
 
Guardai il mio riflesso nello specchio davanti a me, iniziai a intrecciare i miei capelli e il mio occhio scappò sul comodino.
 
C'era qualcosa di strano, davvero strano.
 
Dopo parecchi minuti mi resi conto che il libro era scomparso, non vi era più nulla, nessuna traccia, sparito.
 
Mi girai in fretta e furia e corsi al comodino.
 
Setacciai piena di puro furore tutta la stanza da cima a fondo, ringhiando rabbiosa parole insensate, misi sottosopra ogni cosa. Spostai, ribaltai, girai.
 
Nulla.
 
"Loki."
 
Il suo nome si formò sulle mie labbra con tutta la rabbia possibile immaginabile. Una forza che nemmeno io pensavo di poter provare s'impadronì di me, ero certa che appena l'avessi trovato, l'avrei strangolato.
 
Era lui il colpevole.
 
Lui e la sua voglia di preoccuparsi per me e di proteggermi.
 
E gliel'avrei fatta pagare cara.

NdA: Questo terzo capitolo è più corto dei successivi, ma spero che sia comunque di vostro gradimento.
Lasciate una recensione, non fa mai male ;)

DianY
   
 
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