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Autore: _Mikan_    11/11/2014    1 recensioni
Capelli neri come la pece ed occhi azzurri come il ghiaccio. Questo caratterizza Margaret, oltre ad una passione smisurata per la natura. Ed è proprio in mezzo al verde che questa drammatica storia si apre, ricordando i bei momenti passati col padre defunto, accanto al proprio cane Calzino.
*Dal testo*
Mamma si avvicinò alla scura scrivania "da lavoro" o così la definivo io.
Era ancora in disordine con mille fogli sparsi un po' dappertutto.
Delicatamente sfiorò dei disegni con le dita.
Si soffermò su uno in particolare: raffigurava una donna seduta su una grande pietra.
Lo sfondo era un meraviglioso giardino con rose di ogni tipo. C'era perfino una fontana.
Ma le vere protagoniste erano delle ali bianche con piume candide e morbide.
Mamma prese il foglio e lo avvicinò per osservarlo meglio.
Ciò che più la ammutolì furono dei bellissimi capelli lunghi, lisci come la seta e di un nero come il carbone.
Si portò la mano alla bocca.
"Non è possibile."-Disse perplessa-"Non può averlo scoperto."
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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||Angolino di Mikan||

~Ciao! Prima di tutto ci tengo a ringraziare i lettori che mi seguono ancora adesso e che hanno recensito i miei capitoli.
I vostri consigli sono molto graditi e di grande aiuto e in più date la forza alla mia fantasia che deve esprimersi continuamente 
per scrivere qualcosa di buono per i capitoli settimanali. A proposito di questo ... mi scuso *si inginocchia penosamente* per i miei
continui ritardi. A volte ritardo di uno, due, tre giorni, altre volte di due settimane. E so che è anche fastidioso perché dopo questo
lungo periodo bisogna rileggere il capitolo precedente per ricordarsi la storia. Chiedo venia. *Si inginocchia nuovamente*.
Detto questo, spero di aver ricontrollato bene e di non aver fatto errori di battitura e/o grammatica. 
Inoltre credo proprio che ci saranno altri ||Angolini di Mikan|| in futuro, speriamo non per constatare quanto io sia in ritardo. 
Buona lettura! :)~


Erano arrivate delle guardie a gestire la rivolta.
Guardavo allibita.
Non era pericoloso per Luv? Se i cittadini l'avessero vista, lei non ne sarebbe sicuramente uscita indenne.
Infatti non fui l'unica a pensarlo: la folla avanzò avendola riconosciuta.
"Andiamo"-Disse e iniziò a correre tenendo il mio polso stretto. Faceva male.
"Ecco la carrozza!"-Gridai e ci avviammo il più veloce possibile verso il cocchiere che capì subito
la situazione. Mantenne i nervi saldi e, dopo esser salite, in un batter d'occhio i cavalli iniziarono a correre
come dei piloti di formula uno verso il palazzo. 
"L'abbiamo scampata per un pelo."-Dissi con il fiatone pesante.
"Già."-Annuì Luv, anche lei stanca.

Scampato il pericolo, la carrozza riprese gradualmente un'andatura normale. 
Il mal di pancia per il sentiero pieno di sassi iniziò a martellarmi, ma avevo troppi pensieri nella testa per lamentarmi.
Se non era per gli zoccoli dei cavalli, il silenzio avrebbe totalmente inghiottito quella scatola di legno con le ruote.

Ripensai all'aspetto fisico della dea che Luv mi descrisse. Era proprio come me! (Salvo per la lunghezza dei capelli).
"Dopotutto sono stata "rapita" da Luv, no? Un motivo ci sarà."-Pensai.
"Ma cosa penso! E' impossibile. Non sono io la dea!"-Gridai, per sbaglio. 
Sua altezza si limitò a spostare lo sguardo dal finestrino a me, per poi abbassare la testa in silenzio. 
Forse riusciva a cogliere il significato di ogni mia espressione e a capire i miei pensieri.
Era comprensibile, penso.


La carrozza si fermò di colpo. Guardai dal vetro appannato e notai che non eravamo arrivate a destinazione.
Luv chiese spiegazioni al cocchiere che intanto venne ad aprirci.
"Cos'è successo?"-Chiese la principessa con fermezza.
"C'è una bambina in mezzo alla strada che piange disperata. Cosa devo fare altezza?"-Rispose il ragazzo.
Cosa deve fare? Ma è ovvio no? Non c'è nemmeno bisogno di chiedere!

Luv ci pensò a lungo e prima che potesse aprir bocca, io stavo già consolando quella bambina.
Era adorabile: i suoi capelli erano color biondo cenere, leggermente mossi alla spalla. Aveva due magnifici occhioni verdi e
portava un grazioso vestitino bianco. Il viso era come quello di un angioletto, ma purtroppo nascosto da un'espressione triste
e da goccioloni che le scendevano nelle guance arrossate.
Piegai leggermente le gambe e misi le mani sopra le cosce per poter parlare alla sua altezza.
"Ehi, piccola che succede? Ti sei persa?"-Le chiesi.
Non mi rispose, ma il suo pianto sembrava star passando. 
"Come ti chiami?"-Chiesi nuovamente, ma in modo più dolce.
"Eli.."-Disse con voce sottile.
"Non ho capito, puoi ripetere?"
"E-elisa"-Rispose la bambina balbettando. 
"Bene Elisa, sai dirmi come sei finita qui? Dove sono i tuoi genitori?"-Domandai con voce dolce e sensibile.
In questi casi bisogna essere delicati. 
Elisa non piangeva più, ma faticava ancora a parlare per i tipici singhiozzi che seguono il pianto.
"I-io non lo so"-Disse e ricominciò a piangere forte di prima. Mi si stringeva il cuore a vederla così.

Intanto non mi accorsi che la principessa si trovava alle mie spalle con un intento omicida. Che avevo fatto di male non lo so.
"Allora Erica..."-Disse Luv.
"Si chiama Elisa. Non ci senti?"-La interruppi con sguardo di sfida.
"Sì, quello che è."-Rispose lei seccata-"Allora, ELISA, dove sono i tuoi genitori?"
Certe volte mi pareva di non percepire nemmeno un singolo tocco di sensibilità nelle sue parole. 
Perché Luv si comportava sempre così?
Oltre che molto irascibile e insensibile, era sempre attenta e responsabile. Non faceva mai una pausa. Come mai? 
Forse perché la responsabilità di essere una reale comportava grande impegno. 

"Senti"-Mi rivolsi a Luv-"Posso farti una domanda?"
"Me l'hai già fatta."-Rispose. 
Penso di aver sentito questa battuta un miliardo di volte.
"Fa niente la faccio lo stesso."-Affermai, guardandola seria.
I miei occhi si appiccicarono a quelli di Luv e viceversa.
Voleva dirmi di continuare. Era raro poterle fare una domanda. Rispondeva solo se non la reputava sciocca. E quella volta,
probabilmente, capii che ero seria.
"Rispondi"-Dissi-"Tu hai i genitori?"

Continuò a fissarmi. Poi, spostò lo sguardo verso la bambina che intanto smise di piangere. 
"No. Sono morti da qualche anno."-Rispose, semplicemente. 
Mi soffermai sulla sua risposta. Sudai freddo. E quel giorno capii: mi trovavo davanti ad una principessa sedicenne senza genitori; l'energia della dea si stava velocemente affievolendo, così come il regno che stava morendo. E piano piano il suo
destino si stava sgretolando. Tutto questo per una singola persona, è orribile. Per di più così giovane.
Non potevo nemmeno avvicinarmi ai veri sentimenti di pressione, preoccupazione e responsabilità che provava Luv. 
Mi decisi: da quel momento in poi avrei aiutato la principessina a portare quell'enorme peso sulle spalle. Lo giurai!

"Che fai? Vuoi rimanere in mezzo alla strada?!"-Mi gridò Luv dalla carrozza. 
Con tutti quei pensieri poetici mi imbambolai. 
"Si vengo!"-Le gridai altrettanto, sbrigandomi ad entrare e a prender posto. Elisa sedeva davanti a me.
"Ti sei calmata?"-Le chiesi dolcemente.
"Sì!"-Mi sorrise calorosamente. Che bello, aveva proprio un viso da angioletto. 

Il viaggio fu, come sempre, orribile (solo per me a dir la verità. Gli altri sembravano ormai abituati). 
Portammo la bambina al castello con noi perché, con una serie di insensibili minacce, Luv riuscì finalmente a decifrare tutti i 
balbettii della povera bambina e capii che era figlia di una dama di corte. 
Ebbene, tutti erano indaffarati nella ricerca della sua cara mamma. 
Io non conoscevo molto bene il castello (cioè non sapevo minimamente in che muro sbattere la testa) e provai ad entrare in tutte le porte  che vedevo, infatti in molte di esse mi son beccata una sgridata o, peggio ancora, un ceffone da parte di qualche fanciulla troppo viziata. Bastava mandarmi via non troppo duramente. Che maleducazione! (Anche se ero io in torto).

Vidi una porta bianca con un pomello di legno nero; la pittura in certi punti non c'era più. Invece nella porta erano presenti
scaglie appuntite, alcune anche abbastanza grosse, molto pericolose. Rispetto a quello porta vecchia e malridotta, tutto il resto sembrava risplendere. 
Per questo quella pecora nera nel gregge bianco mi incuriosì. Cosa ci poteva mai essere dentro? 
Appoggiai il palmo della mano nel pomello scuro e con un scatto veloce lo aprii. Le cose troppo lente mettevano ancora più paura.
La luce nella stanza era poca. C'era una sola e piccola finestra, chiusa con delle assi di legno fissati con dei chiodi e ciò lasciava passare solo pochi fasci stretti di luce in cui potevi intravedere le piccole palline di polvere che svolazzavano leggere. 
C'erano ragnatele in tutti gli angoli dei muri, le due poltrone erano inutili in quanto tutte e due rotte e con il cuoio strappato. 
La libreria non aveva quasi più libri e in quelli presenti la polvere riposava su ogni singola pagina e le copertine sembravano
far la muffa. Notai un tavolino, a destra della stanza, nascosto dietro la vecchia poltrona. Sopra di esso vi era un piccolo vasino
di vetro (quello che ne rimaneva) e dentro infilata non accuratamente una candela. Mi avvicinai. 
Molte gocce di cera ricoprivano il legno  scuro del tavolino. Le toccai: erano ancora calde.
Qualcuno era entrato e aveva acceso la candela da poco, infatti sentii anche il pizzicore al naso che 
mi veniva ogni qualvolta c'era del fumo. 

"Non conosco questo castello. Non sono affari miei se qualcuno usa questa stanza."-Dissi e mi girai per ritornare alla porta, aprirla e cercare la mamma di Elisa dimenticando tutto. 

Spalancai la porta. Sentii tirarmi con forza e prepotenza: qualcuno mi bloccò e i miei tentativi di scappare furono vani.
Mi ritrovai un fazzoletto appoggiato al naso, sporco di cera.
Sapevo bene in che situazione mi cacciai infatti, dopo pochi minuti passati a cercare di liberarmi da quella presa di ferro, la vista mi si appannò e senza rendermene conto persi conoscenza.
   
 
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