Mi manca il mio paese, quì l'aria è completamente diversa. A Bradford era tutto diverso da questo posto.
Sembra strano che io lo dica, ma mi manca pure mio padre.
Fino a qualche mese fa eravamo una famiglia al completo: Io, mia madre, mio padre e mia sorella.
Eravamo felici, almeno fino a quando mio padre non fece la cosa che spinse me e mia madre ad odiarlo.
Diceva che aveva tanto lavoro da fare, stava via notte e giorno. Avendo 18 anni mi sembrava strano che mio padre stesse SEMPRE fuori per lavoro, a dirla tutta non ci credevo per niente.
Ma comunque non volevo creare problemi, non volevo mettere in allarme mia madre, perchè se gli avessi confessato il mio sospetto, il fumo gli sarebbe uscito pure dalle orecchie.
Un giorno, papà tornò a casa ubriaco. Io e mia sorella eravamo in cucina, osservando lo strano comportamento di papà cercando di farlo tornare in se.
Gli ubriachi dicono sempre la verità, giusto?
Mamma vide che papà poggiò il suo portafoglio sul tavolo, mentre da li cadevano banconote, carte di credito e scontrini.
Però, qualcosa che cadde da lì incuriosì mia madre.
C'era un biglietto, con scritto 'Amore mio' e un numero di telefono. Lei andò in preda al panico, cercai di tranquillizzarla 'Mamma tranquilla, il numero sarà il tuo' non lo avevamo controllato, a queste mie parole i nostri occhi si puntarono su quel numero.
Effettivamente non era di mia madre, non conoscevo quel numero. Provò a fare una chiamata.
'Pronto?' una voce femminile rispose dall'altra parte del telefono 'Yaser, sei tu?' Yaser era mio padre, e a sentire il suo nome da quella voce le lacrime di mia madre di moltiplicarono.
Sapevo che in quella stanza stesse per succedere la fine del mondo, quindi portai mia sorella in camera, non volevo che assistesse a quella scena, e conoscendola avrebbe pianto. Non mi piace vedere mia sorella piangere.
Mia madre, esasperata, con le lacrime agli occhi, distrutta, continuava a chiedere chi fosse quella donna.
'Quella ragazza? Anna, è un bomba' rispose mio padre, ancora ubriaco.
In quel momento, sentire quelle parole dalla sua bocca mi faceva stare male, ma mai come mia madre.
Continuando a piangere, prese una valigia e ci buttò tutta la roba di mio padre 'Dimenticati di me, di questa casa, vattene!' urlava come non aveva mai fatto.
Lui se ne andò, e dopo qualche giorno tornò e la verità è che non avevo nessuna voglia,ma proprio nessuna voglia di vederlo.
Era tornando a chiedere 'perdono' ma non a mia madre. Implorava me e Doniya di perdonarlo.
Io non ne ho voluto sapere, non volevo un padre così, proprio no. Doniya lo perdonò diciamo, ancora oggi si sentono via telefono, ogni tanto, quando lui si ricorda di avere dei figli, o meglio, una figlia.
Per questo mi sono trasferita quì a Londra, mamma voleva cambiare aria, ma io no.
Non mi piace stare quà, almeno credo.
Ripensavo ad Abbie, e a quanto le era successo.
Da un lato provavo tenerezza per lei, è cresciuta praticamente senza i suoi genitori, ed ha solo diciassette anni, adesso. All'ora ne aveva undici, per come mi ha raccontato, non dev'essere
stato per nulla facile.
Sembra una ragazza forte, pronta a tutto, ma guardandola negli occhi ho capito fin da subito che non era così, per niente.
Abbie's point of view