Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Il Pavone e la Piantana    12/11/2014    4 recensioni
Junior e Willow sono i figli di una nuova Panem, nata sulle ceneri dei caduti e sulle cicatrici di una libertà pagata con il sangue. Sono i figli della rinascita e del dolore, della promessa di un nuovo futuro e dei fantasmi del passato, spesso talmente oscuri da adombrare perfino il giallo brillante della speranza.
«Credevo fosse normale...» Dico, in un sussurro. Mi sembra brutto dirlo a voce troppo alta, come se lo rendesse più reale.
«Ma è normale. Esattamente come te». Risponde, fredda, con un'espressione seria sul viso. Perché io sono come lei, sono il figlio di eroi di guerra che portano sulle loro spalle i dolori del passato, rendendo le nostre vite più difficili di quelle di chiunque altro.
[…]
Mi allungo nell'erba, strofinando lente le braccia lungo i fianchi, fingendo di essere di nuovo una bambina che disegna con il proprio calore una ghiandaia nella neve fresca. Ma non c'è neve da raccogliere, qui. Solo cocci, gusci vuoti di conchiglie e un listello di legno che ormai suona solo note stonate.

{Fa parte della serie Colors. || Fanfiction fortemente psicologica che tratta in modo esplicito alcune patologie psichiche}
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Bimbo Cresta-Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Colors.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




XII.




La cena scorre in un'inusuale calma piatta.
È l'immagine più bella che potessi immaginare.
La luce pallida della luna si specchia sui suoi capelli, sulla sabbia, sulla sua nuca e sull'acqua increspata in modo così perfetto da non poter essere riportato su tela neanche dalla più abile delle mani.
Se dovessi scegliere un'unica visione da contemplare per l'intero resto della mia esistenza, sceglierei esattamente questo istante.
Si sovrappone, in un fragile gioco di specchi, con l'immagine di grandioso, indissolubile amore che la mia immaginazione aveva dipinto e non ho cuore neanche di respirare, per paura di spezzare l'incantesimo.
C'è un'altra donna, in questa vita, che è amata di quella stessa forma d'amore, più forte della marea e della morte.
La marea torna sempre.
Quell'amore che piaga le mani, svuota la mente e riempie l'esistenza, come un'onda cancella lo spazio vuoto tra la sabbia e il suo mare.
Maneggia frammenti diversi come stelle identiche, perché credo abbia capito quanto alcune cose vadano osservate da vicino, per coglierne l'unicità.
Io vedo te.
Poi si volta, cercando un'altra gemma dimenticata dal mare, e l'incanto si rompe.
Mi guarda.
Qualcosa gli sfugge dalle dita, rotolando sulla riva.
Affondo nella sabbia argentata, trascinata da zavorre di piombo.
Continua a osservarmi, le mani sospese a mezz'aria.
Sanguinano. Piccole gocce scarlatte tingono il bagnasciuga.
E il mio cuore precipita, polverizzato, senza la forza di ritornare a scalciarmi in gola.
Non ne hai il diritto.
Una donna bionda sfoggerà un monile macchiato di sangue e sale, senza capire l'indelebile promessa intrecciata al suo filo.
«Tua madre era preoccupata.» Le parole mi impastano i denti, velenose. «E anche Johanna.»
Abbassa la testa, guardandosi le mani.
Annuisce piano, spostando lo sguardo verso il boccheggiare lento delle onde.
Aspetto che la marea cancelli la stretta di cemento che mi trascina nella sabbia, riconducendomi al mio posto fra le onde.
Non accade.
Non succede assolutamente niente, se non qualche occhiata furtiva e il rumore del vento e dell'acqua.
Si vergogna tanto della sua oca da non avere il coraggio di guardarmi?
Ti voglio bene lo stesso.
«Riferirò che stai bene.» Mi giro sui tacchi, chiudendo le palpebre sul ricordo della luce d'argento sulle sue ciocche, prima che iniziasse a bruciare come un coltello rigirato in ogni arto.
Devo andare a largo, così a largo che nessuno potrà prendermi la mano e sarò sola, perché se gli permetti di toccarti ti strappano i polsi e il cuore per tenerli con sé e a te non resta niente.
Sei solo un guscio vuoto, in attesa che qualcuno ti raccolga e, se non finisci in mani troppo distratte per riuscire a bucarti senza romperti, potrai ambire, nella migliore delle prospettive, a finire intorno al collo di una donna che ti tratterà come uno stupido pezzo di mollusco morto, che neanche il mare vuole più.
«Will...»
Il vento mi porta la sua voce.
Ora mi volterò, e mi dirà che sono solo la sua cuginetta mocciosa. Mi dirà che non posso pretendere che le cose vadano sempre come voglio, per quanto prepotentemente batta i piedi sulla sabbia.
Mi volterò e avrò perso anche quest'ultima immagine di bellezza, corrotta e putrefatta dal nome di un'altra.
Mi volto.
E lo trovo in piedi, vicino, ad un passo da me.
Mi volto e ha un'aria così triste e sconfitta che vorrei comunque abbracciarlo, per dargli la possibilità di ridere di me e della mia mania degli abbracci.
«Io...» esita, prendendo fiato «Era per te, Will. Lo stavo facendo per te.»
Tutto l'ossigeno del mondo viene risucchiato con un rumore terribile.
Il boato precede il nulla.
Silenzio.
Non sento niente oltre alle mie orecchie che ronzano, furibonde.
Hanno premuto il tasto muto/pausa e il telecomando della mia vita è rimasto inceppato.
«Ne vorrei una anch'io...»
E la bobina si sblocca, srotolandosi in uno schiocco che fa male. È il mio cuore che si ferma e riparte e si inceppa e si blocca e riparte ancora. E il sangue mi ribolle nelle vene e nelle tempie e mi uccide e mi consuma e vorrei solo sparire, confondendomi con la spuma che sbatte sugli scogli.
«Non puoi.» La voce mi graffia il palato. Lo spintono, premendo i pugni sul suo petto. «Non puoi fare una cosa del genere solo perché ho messo il broncio. Perché io ti amo da quando avevo cinque anni.» Parole e lacrime sgomitano per riaffiorare in superficie, incontrollate, mentre lo colpisco sempre più piano. Non cede di un millimetro. I suoi occhi sono profondi e tristi come la luce invernale riflessa sul lago, ma non mi basta. La marea si è alzata e non può essere arrestata, in nessun caso. «Ti ho sentito ridere e la tua risata era il mare. E poi mi hai insegnato a volare e a scalare e a non piangere e a dormire da sola. E non ci posso fare niente se sono una mocciosa, perché ti amo lo stesso.»
L'ho detto.
La consapevolezza mi abbaglia per un istante, rischiarando il colore delle sue iridi oltre la coltre di lacrime che vela le mie.
Lascio ricadere i pugni, sconfitta.
L'ho detto.
Junior ha di nuovo quell'espressione intensa, profonda. Mi fissa le labbra come se non le avesse mai viste.
Poi gli occhi.
E di nuovo le labbra.
Le sue mani si chiudono sulle mie spalle.
È così vicino che mi sembra di poterlo toccare davvero, per la prima volta.
Il velo sui suoi occhi si strappa e il mondo sanguina.
Io vedo te.
È il suo cuore: verde, esposto, limpido come acqua.
Ti amo lo stesso. Ti amerei in ogni caso.
Trattiene il fiato, trattengo il fiato.
Mi guarda le labbra, un'ultima volta, prima chinarsi, così lentamente che potrei contare i secondi, se ricordassi come si fa, socchiudendo gli occhi.
E mi bacia.
Le sue labbra si posano sulle mie, delicate. Sanno di mare e di sabbia e di vaniglia e di menta e non avrei mai potuto immaginare che fossero così morbide, così dolci e perfette.
Perfette, come questo bacio. Come le sue mani fra i miei capelli e sulla pelle del collo e sui miei fianchi e sulla schiena, come il calore che divampa dalla sua pelle a contatto con la mia.
È perfetto. Tutto perfetto.
Tu sei perfetto.
Ha il sapore di tutti gli abbracci negati, dei baci del buongiorno non ricambiati, dell'abbagliante illusione della solitudine, camuffata da libertà.
Il bacio diventa più profondo e riempie ogni fessura, ogni mancanza, ogni assenza.
Come sabbia, come acqua, riempie ogni spazio, ogni vuoto, ogni no.
Mi alzo sulle punte più che posso, per fargli scivolare le braccia dietro il collo, ma le mie gambe sono melma e sabbia troppo umida.
Cadrei, se le sue braccia, la sua mano stretta intorno al mio fianco e l'altra intorno alle spalle, non mi sorreggessero.
E mi aggrappo troppo forte, perché non sono incompleta se lui mi stringe e mi bacia e intreccia per me corone di fiori e collane di conchiglie che sanno di lacrime e promesse, e non sono sola con le sue dita strette alle mie.
Cadiamo inginocchiati nella sabbia umida, ma non smetto di baciarlo, anche se mi gira la testa e il cuore mi esplode e il corpo va a fuoco e non ricordo più come fare e respirare, perché è quello che voglio fare.
Baciare Junior per il resto della vita.
Mi sembra un piano perfetto.
«Voglio baciarti per il resto della vita.» Lo mugugno a labbra serrate, coperte dalle sue, cercando di riprendere fiato.
Lui si stacca dalla mia bocca per ridere e mi stringe più forte.
E mi bacia ancora.
E ancora.
E ogni bacio è infinito e troppo breve, e sono così felice che potrei volare, volare davvero, sfiorando il sole con le mie ali da gabbiano.
E mi esplode dentro, il desiderio di farlo davvero, tanto che ho bisogno, un bisogno viscerale di dirglielo.
«Voliamo.»
E lui annuisce piano, facendo scorrere le dita fra i miei capelli, sulla mia schiena, sui miei fianchi.
E io lo accarezzo, scivolando su ogni efelide, su ogni cicatrice, implorando ognuna di tenermi ancorata fra le sue braccia, impedendomi di volare via.
Il mio vestito bianco si confonde fra le conchiglie, allacciato alla sua maglietta.
Junior mi sorride, baciandomi le palpebre e poi di nuovo le labbra, e mi guida nell'oceano tenendomi per mano, come quando ero bambina.
Nessuno di noi ne ha più bisogno da tempo, ma ora lo sceglie.
Sceglie di avere bisogno di me, come io scelgo di avere bisogno di lui.
Mi stai lasciando entrare.
L'acqua tiepida ci lambisce le gambe. Siamo le divinità di questo mare, sole e luna, creature che hanno sconfitto la notte per il privilegio di sfiorare le stelle senza lasciarsi la mano.
E sono tutte qui, identiche e diverse, incastonate nell'acqua scura come la volta celeste.
Mi sento invincibile, quando Junior mi solleva fra le braccia, traghettandomi fra le minuscole onde premuta contro il suo petto.
«È perché sei una mocciosa lenta a nuotare, Will.» Borbotta, in risposta alle mie sopracciglia aggrottate.
Alzo gli occhi al cielo, baciandogli piano l'angolo della bocca, dove una goccia di mare scivola per perdersi fra le sue clavicole.
Mi lascio cullare dal suo abbraccio, sfiorando il pelo dell'acqua con le dita, accarezzandone le increspature.
Il sapore dei suoi baci è ancora più dolce, in tutto questo sale, come se le sue labbra fossero fatte solo per questo.
Voglio baciarti per sempre.
La nostra vela è lontana dalla riva e ci fermiamo così tante volte per baciarci ancora che sbircio al di sopra della sua spalla, di tanto in tanto, controllando che l'alba non sorga prima che riusciamo ad arrivarci.
Mi issa sulle rocce sollevandomi per i fianchi. Lo scoglio è freddo, senza il riflesso del sole sull'acqua, e più liscio di quanto ricordassi.
Junior fa leva sulle braccia, ai lati delle mie gambe, sollevandosi dall'acqua con il torso fra le mie ginocchia.
Sembra una splendida creatura marina, metà uomo metà oceano, che solo io e le onde abbiamo il privilegio di toccare.
Le mie gambe abbracciano la sua vita e le mie mani giocano con i suoi capelli, scuriti dall'acqua. Mi bacia ancora, a lungo, e ogni bacio è più lungo e profondo ed esigente, e allaccio più strette le mie caviglie e le mie braccia intorno alla sua vita sottile, alla nuca abbronzata, per rivivere la stessa sensazione di sconfinatezza provata sulla riva, dimenticando per sempre quali braccia, gambe, ossa, pelle, occhi e labbra appartengano a ognuno di noi.
«Non dovremmo tuffarci?» Chiedo, con il fiato corto, quando, senza smettere di baciarmi, emerge completamente dall'acqua, facendomi reclinare la schiena sulla roccia fredda.
È il re del mare.
Gocce d'acqua brillano sul suo torace come perle e mi guarda in modo così intenso da farmi dimenticare il nome di ogni cosa che non sia lui.
Mi sono sempre sbagliata sul fuoco: non è rosso, né arancio.
È verde, dello stesso esatto verde dei suoi occhi.
«Si sta meglio qui.» Sussurra, sfiorandomi il collo con le labbra e il naso.
La sua voce è roca e affannata.
Irresistibile.
Poggia i gomiti ai lati della mia testa, spostando i miei capelli bagnati, incollati alla roccia. I nostri corpi si sfiorano appena.
È sospeso su di me, evanescente come il confine tra l'ultima immagine di un sogno e la veglia, e dovrei sentirmi in trappola, fra i suoi avambracci e le sue ginocchia e il sapore dei suoi baci e le stille l'acqua che scivolano dai suoi capelli, ma mi sento così libera e leggera e felice, di nuovo, che so di non appartenere a nessun altro e a nessun altro luogo, in nessun altro tempo.
«Sei il mio mare.» Seguo i contorni del suo viso con i polpastrelli e le mie labbra li imitano in una scia di piccoli baci.
Trema, quando lo abbraccio, facendo aderire i nostri corpi. Mi sento sospesa fra due mondi, premuta tra il freddo della vela e il calore di Junior.
La biancheria bagnata mi si attacca alla pelle e ridiamo come bambini nervosi mentre prova a sfilarmela una, due, tre volte.
Le sue mani tremano tanto che devo stringerle forte tra le mie, per farle fermare.
Conosco le sue mani. Ogni lentiggine, segno, solco, venatura e callo. La forma esatta delle cuticole, il modo in cui si ripiegano sulle unghie, come l'ostrica sulla sua perla. Ne conosco il tocco, la dimensione, l'odore e il colore. Il modo in cui hanno stretto le mie braccia di bambina per traghettarmi fino alla vela, la loro impronta sulla tela sulla testiera del mio letto, il modo maldestro di scolpire castelli di sabbia, la delicatezza nell'intrecciare fiori senza sgualcirne un petalo.
Sfiorano la mia pelle con la stessa cura, giocando con le mie spalle, con le labbra, con i capelli. E le labbra, gonfie di baci, le seguono, mordicchiando ogni goccia d'oceano che mi bagna.
La luna disegna ombre di stelle marine e petali di cristallo sulle sue spalle. I disegni mutano ad ogni movimento della sua schiena, onde dipinte dal vento, diventando più chiari e più confusi ad ogni contatto fra i nostri corpi.
Esita ancora un istante, incatenando gli occhi ai miei.
«Ti amo.» Lo mormoro fra un bacio e l'altro, senza la necessità di chiudere gli occhi per imprigionare nelle retine la nuova immagine che contemplerei all'infinito, se dovessi sceglierne una. Il sorriso tremante di Junior, i brividi provocati dall'attrito fra i nostri corpi, mentre il suo abbraccio nasconde il mio corpo nudo agli occhi della notte e alla morsa del freddo.
Il suo sguardo mi scioglie, acqua che brucia, risalendo la corrente per ricoprire il mio corpo, fra le rocce, il mare e lunghe ombre argentate.
Mi stringe, affondando il viso nell'incavo della mia spalla, e l'ultimo confine tra le nostre esistenze si sgretola, sabbia che scompare nel vento.
E ogni bacio, ogni sospiro, è un'onda sempre più lunga, che mi trascina più lontana, fuori e dentro il mio corpo, tanto che non sono più certa di dove finisca Willow e inizi Junior, e forse non ha nessuna importanza, perché ad ogni sospiro che tocca la mia pelle io perdo un altro pezzo di me stessa, cancellato dai brividi che i suoi tocchi mi provocano, per donarlo a lui.
Fa male, ogni tanto, del dolore dolce dell'appartenenza, del mutamento, dell'acqua che incontra per la prima volta il fuoco, ma lo accolgo senza riserve, amandolo, come ho sempre fatto con ogni spigolo e crepa dell'uomo che amo.
«Io vedo te.»
E tremo e Junior trema più forte, baciandomi le guance, le labbra, la pelle sottile dove la linea del collo incontra le orecchie.
E divento acqua, fra le sue mani, sotto il suo corpo, sulla sua lingua, liquida e inarrestabile.
«Sei la mia sabbia.»
E come acqua, che cambia forma a seconda di ciò che la contiene, non riesco più ad adattarmi unicamente al mio corpo. Sono io e lui e noi, allacciati insieme, implacabili come la corrente.
Divento roccia, luna, scoglio, goccia salata che scorre lungo il dorso del suo naso, e non smetto di mutare, fluida e incontenibile, neanche quando tutto si ferma.
Junior mi guarda, trattenendo il fiato, e nei suoi occhi ci sono lacrime e delfini e fiamme, collane di conchiglie e infinità e stelle marine, ginestre e scogli e finitezza.
C'è tutto il mio mondo, in quel verde.
Divento la dea luna, che l'acqua bacia, adorante, ogni volta che la degna del suo riflesso, con le sue labbra che depositano scie di baci lungo tutto il mio corpo, dalle caviglie all'incavo dei gomiti, dai polpastrelli alle clavicole.
Ogni bacio è una conchiglia, una perla, un frammento di corallo, e io sono la spiaggia stessa, custode di segreti dimenticati in attesa che il mare torni a prenderli.
Si distende al mio fianco, puntando la testa su un gomito per continuare a inseguirmi con gli occhi, e l'altra mano cerca la mia per intrecciare le nostre dita.
Mi sento eterna, invincibile e completa, con i nostri palmi premuti l'uno sull'altro e le dita saldamente allacciate alle sue nocche.
Bacio ogni taglio, ogni fessura aperta dalle conchiglie spezzate sulla pelle ruvida delle sue mani, amandone ognuno per ciò che rappresenta.
Ti amo.
L'alba sorge sulle sue scuse, gorgogliate fra i miei capelli.
Arretro di qualche centimetro, chiedendogli di ripetere.
Devo essere diventata sorda o folle per la troppa felicità.
Oppure ho solo troppa acqua nelle orecchie.
«Mi dispiace, Will.» Bisbiglia, resistendo alla mia mano che cerca di sottrarsi alla sua presa. Non sono io ad essere impazzita, dunque. È lui. «Tutti quei discorsi sui ragazzi e gli abbracci e...» la sua voce si spegne, diventando un sussurro sottilissimo.
Credeva che non fossi...
Oh.
È questo il problema: il fatto di essere stato il primo a fare l'amore con me.
Oh.
Strattono con più decisione, liberandomi dalla sua stretta. Mi copro il seno con un braccio, tirandomi a sedere.
«Ho detto di averli abbracciati, non di essere andata a letto con tutti!» Strepito, cercando la mia biancheria della penombra rosata. «Io non sono te, Junior.» Lo dico e me ne pento. È un uomo adulto, non potevo aspettarmi che non avesse avuto altre donne. Ma non è così, per me. Non ho mai amato nessuno, a parte lui, né desiderato fare l'amore con altri. Ieri, oggi, domani; su una spiaggia, in un letto, sullo scoglio dal quale ho imparato a tuffarmi. Non fa differenza. Anzi, è stato così assolutamente perfetto che l'idea che lui se ne penta mi fa venire voglia di dargli un pugno sul naso. «Non avrei voluto nessun altro, mai.»
Mi rivesto, gli slip che si incollano alle ginocchia e alle cosce, facendo resistenza, con il suo sguardo da cane bastonato puntato fra le scapole. Mi lascio scivolare senza rumore oltre il bordo di roccia. La pietra mi graffia le gambe, ma l'acqua mi accoglie senza spruzzi.
«Aspetta, Will.» La sua voce mi segue nell'oceano. «Scusami, io non intendevo...» impreca sottovoce, tuffandosi per raggiungermi. Mi agguanta per la vita dopo un paio di bracciate. «Avrei dovuto aspettarti?» Me lo chiede, serio, facendomi voltare per incrociare i suoi occhi. Non sta scherzando. Affatto. «Sei...» stringe i denti, mordendosi la lingua «Eri una ragazzina, Will. Ti rendi conto di come mi sentissi, quando entravi nel mio letto?»
No.
Ricordo i suoi rifiuti, il modo affannato e frettoloso con cui mi ha spinta fuori dal suo letto, nascondendosi sotto le lenzuola.
L'odore della sua federa, l'alzarsi e abbassarsi del suo petto contro le mie labbra.
Ricordo come faceva sentire me, da bambina e poi da ragazzina, dormire con le sue mani fra i miei capelli, le sue braccia intorno al corpo, l'odore delle lenzuola nel naso e nella testa.
Protetta, prima. Amata, al sicuro.
Poi, quando ho iniziato a capire che se un uomo e una donna dormono insieme non è unicamente per sconfiggere la paura del buio, calda e strana. E a casa, come se i miei sogni non appartenessero a nessun luogo che non fosse il suo abbraccio.
Junior aspetta, mordendosi le labbra.
Sanguineranno come i tagli sulle dita, se non smette.
«Prova a spiegarmi.» Sospiro, arrendendomi alla stretta delle sue mani intorno alla mia vita. Mi tiene a galla, come se temesse che l'oceano e l'alba possano portarmi via da lui.
Tornerei, amore. La sabbia si sposta, ma la corrente la riporta sempre al suo posto.
Nega, piano, facendo scorrere le mie braccia intorno alla sua nuca, stringendomi nell'acqua gelata.
«Abbracciami e basta.» Lo sbuffa sul mio collo, baciandolo delicatamente.
Mi tiene stretta, facendo scorrere le dita su ogni vertebra, ogni costola, ogni lembo di pelle raffreddato dall'acqua.
Sembra che voglia memorizzare la forma e la disposizione di ogni osso e muscolo e nervo del mio corpo, quasi ogni abbraccio che mi abbia negato ne avesse lavato via un pezzo e avesse bisogno di ricordarsi che ci sono, che non lascio la sua mano.
Mi riporta a riva allacciata alle sue spalle come uno zainetto, come faceva quando ero bambina, e il mio stomaco gorgoglia e borbotta contro la base dei suoi reni.
Ride, sotto il cielo che diventa di quell'azzurro in bilico tra le sue iridi e le mie, baciando gli incavi dei miei gomiti.
«Hai fame, mocciosa?»
Ridacchio come una sciocca, dando un colpetto al suo fianco col ginocchio.
«Tu che dici? Non ho cenato, per venirti a cercare!»
E Junior ride, con quella risata che contiene l'oceano, promettendomi dei pancake buoni come quelli di mia madre - ovvero orribili - o come la zuppa di pesce di zia Jo - buona solo per essere lanciata fra i capelli di Rye.
E poi arriva, mentre siamo sulla riva a ridere dei nostri vestiti bagnati e della sabbia umida che si intrufola ovunque, appiccicosa, graffiandoci la pelle, la consapevolezza di quanto siamo stati irresponsabili, troppo presi dal mare e dall'amore e dai baci e dalle carezze per ricordarci del perché sono scappata da casa delle zie con il cuore in gola.
«Johanna ci ucciderà.» Mi batto il palmo sulla fronte, cercando le mie scarpe nella sabbia.
«No.» Junior si inginocchia per infilarmele lui stesso, baciandomi le caviglie sporche di sabbia. Ogni volta che le sue labbra sfiorano la mia pelle un brivido scorre lungo le mie gambe come una scossa elettrica. Qualche granello rimane attaccato al suo mento e alla punta del suo naso.
È bello da togliere il fiato.
«Ucciderà me.» Mi accarezza le ginocchia, baciandole.
E io penso che Johanna non potrà uccidermi. Sarà lui a farlo, se non smette di baciarmi e sfiorarmi e guardarmi dal basso in quel modo.
«Mi userà per fare il filo alla sua ascia. Ha troppa paura di tuo padre per rovinare il tuo bel faccino da mocciosa.» Continua, rimettendosi in piedi. Mi prende per mano, accarezzando ogni nocca, e qualsiasi cosa dica diventa rumore di sottofondo.
Nella mia testa scorrono all'infinito le immagini del suo corpo illuminato dalla luna, dei suoi baci sulla mia pelle, dell'acqua scura punteggiata di stelle, dei tagli sulle sue mani, della sua voce sussurrata fra i miei capelli.
«Sei la mia sabbia.»




Note di fine capitolo:
Buonsalveh!
Ricordiamo che su Colors Fanfic troverete tutte le storie che appartengono a questa serie, nonché il tredicesimo capitolo in anteprima di Aquamarine.
Grazie come sempre a tutti coloro che ci seguono e ci supportano...siete cuorih ♥


Ringraziamenti:
Come per ogni nostra fanfiction, non possiamo esimerci dal ringraziare tutte le persone che ci sono state vicine nella stesura della storia, quelle persone che, in qualche modo, hanno contribuito a rendere Aqua la storia che è, quindi i nostri ringraziamenti più sentiti vanno a:
radioactive che non solo ha creato per noi questo fantastico banner – e non ci stancheremo mai di dire che è una grafica nata – ma che ci ha promptate, aiutate, ispirate e che è la persona che più ci ha aiutate e spronate a scrivere Aqua. Questa fanfiction è anche sua;
_eco che ci ha fatto immaginare un incontro tra JJ e Will;
gabryweasley che ci ha seguite sin dall’inizio, amando Aqua tanto quanto noi. Che ci chiedeva di passarle i pezzi e li leggeva dicendoci sempre cosa ne pensasse.
Se amiamo tanto Aquamarine è anche merito loro ♥ Grazie per tutto, vi amiamo! ♥


Veniteh a fare le bolleh d'Assenzioh con noi nel gruppoh Facebook gestito dalla nostra meravigliosah famiglia disfunzionale ♥ A Panda piace fare le bolle d'assenzio [EFPfanfic]
Abbiamo apertoh anche una pagina Facebook dedicatah a questa serie, doveh potreteh farci qualsiasi domanda su questa raccoltah, seguire tutti gli aggiornamentih, salutareh Finnickinoh che ballah nella p0rn Narnia e devolvere zolletteh alla sua causah ♥ Vi aspettiamoh numerosih ♥ Colors.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Il Pavone e la Piantana