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Autore: darknesraven    12/11/2014    1 recensioni
Mi chiamo Shane Haner Sullivan (e no, questa non è una Jimmy x Brian) e sono nella merda fino al collo
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Occhi negli occhi. Azzurro nell’azzurro. Distolgo il mio sguardo e lo osservo. Porta dei pantaloni neri e la sua giacca di pelle sul torso nudo. In bella vista c’è il tatuaggio Fiction. Il suo tatuaggio. Non ho il coraggio di guardarlo in faccia. Lui si accovaccia davanti a me e mi prende il mento tra due dita.

«Shane, tu non vuoi veramente morire.» io abbasso lo sguardo.

«Shane..» tende le braccia e le avvolge attorno a me stringendomi al suo petto. Io scoppio ancora a piangere. E stringo la giacca tra le dita. Lui mi accarezza i capelli e mi sorride sulla fronte.

«Shane, hai ancora tanto tempo da vivere.» io scuoto il capo e mi stacco da lui con forza. Dopotutto io lo odio. Mi ha abbandonato. Lo guardo con rabbia e spingo via il braccio che tende verso di me. Mi asciugo con stizza le lacrime e mi allontano.

«Shane..» io mi volto di scatto.

«Shane un cazzo! Tu hai preferito andartene che vivere accanto a me e crescermi. Hai preferito morire piuttosto che stare con tuo figlio. Tu non sai quello che ho passato. La mia vita fa schifo. Ho passato 16 anni a sentirmi dire di non essere abbastanza. Ho passato 16 anni a sentirmi dire di non essere abbastanza per te, per il tuo fottutissimo fantasma. Ho passato la vita a sentirmi dare del fallito quando quello che volevo era solo un fottutissimo abbraccio. Ho passato la mia vita a sentirmi dire di essere un peso, di essere inutile. Tu non sai cosa vuol dire non avere nessuno a cui confidare ciò che provi, tu non sai cosa vuol dire essere solo. Non sai cosa vuol dire perdere il proprio migliore amico tra le tue braccia, le uniche persone che lo sanno mi ritengono un pazzo.» si avvicina a me e tenta di abbracciarmi ancora ma io mi allontano.

«Shane, so come ti senti.» io scoppio a ridere.

«Tu non sai un cazzo.» lui abbassa il capo.

«Fammelo vedere. Fammi vedere la tua vita. Fammi capire quello che senti.» io scuoto il capo.

«Se sapessi come fare, ti assicuro lo farei.» lui si avvicina ancora.

«Cosa desideravi nel profondo prima di arrivare qui?» alzo un sopracciglio.

«Morire?» lui scuote il capo.

«Non sto scherzando.» mi riprende.

«Nemmeno io.» la mia risposta lo sorprende.

«Non puoi dire sul serio, Shane.» io sorrido tristemente.

«Io non scherzo mai.» lui abbassa il capo.

«Ecco perché sei qui.» io sogghigno, ed apro le braccia.

«Qui dove? Non c’è nulla, tutto è bianco.» lui mi poggia una mano sulla spalla.

«Sei nel limbo.» io lo guardo basito.

«Sono morto?» lui scuote il capo.

«Non sei ne morto ne vivo. Sei nel mezzo. Non hai il coraggio di vivere, ma ti impedisci di morire.» scuoto il capo e sospiro.

«Tu sei morto, non fai parte del limbo. Che ci fai qui?» lui mi stringe una spalla.

«Devo farti accettare il passato per farti tornare a vivere.» alzo un sopracciglio.

«Non ci sono riusciti psichiatri super pagati, credi di riuscirci tu?» lui annuisce.

«Io ho un metodo particolare.» mi prende la spalla e tutto intorno a noi si fa colorato. Siamo nel giardino di un asilo, sta piovendo e tutti i bambini sono al caldo nelle loro aule. Sto per chiedere a James dove siamo quando una porta si apre ed una donna bionda esce trascinando un bambino sotto la pioggia. Tira uno schiaffo al piccolo e comincia ad urlargli contro.

«Ti ho detto un milione di volte di non piangere quando sei con il preside. Ti ho detto un milione di volte che tu non hai il diritto di fare niente in questo posto. Sei solo un bambino cattivo, ed i bambini cattivi devono stare col preside.» mi avvicino al bambino e con orrore mi riconosco nel suo viso rigato di lacrime. La donna bionda tira al piccolo me un altro schiaffo.

«Ora tu rimarrai qui fuori, fino a questo pomeriggio. Così imparerai a comportarti decentemente.» un altro schiaffo raggiunge la guancia del bambino che poi viene portato in mezzo al giardino, sotto la pioggia.

«Ora tu rimarrai qui, senza muoverti. Io ti controllo dalla finestra e se ti muovi andrai ancora dal preside.» il piccolo me non dice nulla e guarda il vuoto. La donna torna nell’asilo e chiude la porta sbattendola. Il piccolo me si asciuga gli occhi con stizza poi si mette le mani sotto le ascelle per scaldarsi e rimane immobile, come se fosse abituato a quella punizione. Mi avvicino al me del passato e mi accuccio davanti a lui. Avevo rimosso quelle punizioni. Avevo rimosso le punizioni col preside. Mio padre si avvicina e mi poggia una mano sulla spalla.

«Ti ricordi?» annuisco.

«I momenti peggiori erano quelli che passavo col preside.» Abbasso il capo. «Poi la gente si domanda perché odio le persone anziane.» lui mi stringe la spalla.

«Ricordi quello che faceva?» annuisco.

«Non credo tu voglia saperlo.» lui annuisce e sospira.

«Non voglio ma devo. Tu devi parlarne, altrimenti non le supererai mai.» io sospiro e chiudo gli occhi.

«Ogni giovedì il preside arrivava alla nostra scuola. La bionda di prima mi portava nel suo ufficio e lui ci chiudeva dentro. Lui mi faceva sedere sulle sue ginocchia e mi toccava. Se mi ribellavo mi picchiava e poi beh, faceva quello che doveva fare con le mie mani.» scuoto il capo e vedo il piccolo me strofinarsi le mani sotto la pioggia. «Quello che non ho mai capito è perché lo facesse solo con me in questo asilo.» mio padre mi poggia anche l’altra mano sulla spalla.

«Guardati. Riccioli biondi ed occhi di un azzurro indefinito. Avevi il fascino dell’angioletto.» un colpo ci fa sobbalzare ed il piccolo me punta gli occhi sul cancello sfondato. Dei poliziotti entrano nell’asilo ed uno di loro si avvicina a noi. Ha una coperta tra le mani e sorride. L’avvolge attorno alle spalle del piccolo me e lo porta verso la volante. Io lo seguo e vedo uscire dall’edificio il preside e la mia maestra in manette. Sorrido.

«Quindi li hanno arrestati.» James annuisce.

«Condannati all’ergastolo entrambi. Nessuno dei due ha più visto un bambino. Tra l’altro il preside è dovuto andare in isolamento, mai toccare un bambino. I pedofili sono spacciati in prigione.» io sorrido.

«Ben gli sta.» lui annuisce e mi sorride. Gli altri bambini erano usciti per vedere cosa fosse successo. Uno di loro si avvicina al piccolo me e lo spinge.

«La maestra ha detto che tu sei cattivo ed adesso la maestra va via. È colpa tua, sei cattivo, va via!» tutti gli altri bambini si fanno a cerchio contro il piccolo me e gli urlano contro. Avevo rimosso anche questo. Ora capisco perché odio i miei coetanei.

«Non me lo ricordavo.» James annuisce.

«I bambini sono crudeli a volte. Non pensano al fatto che quello che dicono possa ferire l’altro. Non hanno tatto e dicono quello che pensano.» io annuisco.

«Lo so, James. Ma allora è stato traumatico. Quell’asilo è sempre stato un posto di merda. Lasciatelo dire.» James annuisce.

«Questa è New York, Shane. Tra l’altro tua madre poteva scegliere un posto migliore dove scappare. Ha dovuto fare un viaggio immane per tornare a casa per trovare a chi affidarti.» io annuisco. Do un ultimo sguardo al piccolo me e seguo mio padre lasciando il dolore di quei tempi con il mio piccolo passato. Il paesaggio si sconvolge attorno a noi ed il sole torna a splendere . Siamo tornati ad Huntington Beach ed una donna con un bambino stanno giocando sulla spiaggia. In lontananza un gruppo di ragazzi li osserva sorpreso.  

n.d.a.
siccomo non so cosa ne pensate continuerò a postare questa storia, ormai è già tutta scritta, quindi aggiorneò più di frequente mettendo fine a questo esperimento. spero che comunque  vi piaccia e ringrazio moltissio chi sta leggendo. 
grazie infinite e al prossimo capitolo.
Darkness Raven

  
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