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Autore: La_Sakura    13/11/2014    7 recensioni
“Cosa sarebbe successo se…?” Quante volte, nella vita ci poniamo questa domanda. Tsubasa non l’ha mai fatto, ha sempre compiuto scelte consapevoli, è sempre stato convinto al 100% delle sue azioni. Fino al suo ritorno in Giappone per il World Youth. Uno sguardo, e tutto viene rimesso in discussione. Da lei.
“Le scelte che compiamo e le loro conseguenze tracciano la storia, disegnano la realtà così come la conosciamo. Costruiscono il mondo che ci circonda. Ma cosa sarebbe successo se una scelta fosse stata diversa?” Liberamente ispirata dalla fanfiction di Melanto “The Bug”, scritta col consenso dell’autrice.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
 
La cena le era sembrata infinita, aveva sorriso e chiacchierato amabilmente ma dentro si sentiva morire: non aveva nessuna intenzione di sposare Koshi, e in quel momento le sembrava più chiaro che mai… come aveva potuto accettare una cosa del genere? E soprattutto, come faceva a non ricordarsi di averlo accettato?
Si rigirò nel letto per l’ennesima volta, conscia che la maggior parte dei crucci veniva da ciò che aveva immaginato lì al parco con Tsubasa. Ma lo aveva immaginato, o era vero? Era successo in qualche realtà diversa dalla loro? Una realtà in cui non c’era Kanda?
Puntò lo sguardo sul soffitto e ripensò all’immagine della fermata dell’autobus: erano lei e Tsubasa, indubbiamente. Più grandi di quando lui era partito per seguire Hongo, ma più piccoli rispetto ora. Provò a ripercorrere tutta la scena per notare qualche particolare, ma immancabilmente finiva per fossilizzarsi su quel bacio, così delicato, così pieno d’amore e di sentimento.
«Possibile…» mormorò. Possibile che lei e Tsubasa…
Chiuse gli occhi per scivolare tra le braccia di Morfeo, e sognò di un altro campionato nazionale giovanile in cui Nankatsu e Toho condividevano la vittoria, e Tsubasa e Hyuga issavano lo stendardo insieme…
 
Si svegliò con una strana angoscia addosso: si guardò intorno, la stanza senza i poster sul calcio non sembrava nemmeno la sua, ma non era quello a farlo sentire a disagio. Si voltò per cercare Daichi e l’angoscia aumentò quando notò che il suo lettino non c’era.
«No…» mormorò, schizzando fuori dal letto e scendendo le scale di corsa. In cucina, Natsuko stava preparando la colazione. Di Daichi nessuna traccia. Niente cuscino sulla sedia. Niente foto dei primi giorni di scuola. Niente foto con lui sulla spiaggia in Brasile.
«No…» mormorò di nuovo, rendendosi conto che, in una realtà dove non c’era il calcio, e di conseguenza nemmeno il suo trasferimento in Brasile, non esisteva neppure Daichi…
«Tesoro, tutto bene?» Natsuko gli carezzò una guancia.
«Perché mi hai fatto figlio unico…?»
Natsuko scoppiò a ridere e lo abbracciò.
«Adesso sta a te darmi un nipotino, altro che fratellino, Tsu-chan!»
Cercò di non piangere per non far preoccupare la madre, ma fece colazione al volo e uscì di corsa per recarsi da Sanae in caffetteria. Sperando che non sia sparita anche quella! pensò mentre, con la bicicletta, sfrecciava per le strade di Nankatsu.
Con sua somma gioia, la caffetteria dei Nakazawa era sempre lì, purtroppo sempre rosa, ma era comunque un porto sicuro. Gettò la bici davanti all’ingresso ed entrò, ansante e con gli occhi lucidi.
«Per l’amor del cielo, Tsubasa! - esclamò Sanae, andandogli incontro - Che succede?»
«Daichi non c’è più…»
La ragazza sbiancò e si appoggiò a un tavolino per sorreggersi.
«È… morto?»
Lui scosse la testa in senso di diniego.
«Non è mai esistito. Almeno, da oggi…»
Sanae si portò una mano sul petto e provò ad immaginare come si sarebbe sentita se, al risveglio, avesse scoperto che Atsushi non era mai esistito, e gli occhi le si inumidirono a tempo di record.
«E adesso?» gli domandò, sconvolta.
«Non ne ho idea… - mormorò lui, passandosi una mano tra i capelli - Non capisco cosa stia succedendo, perché stia succedendo, e soprattutto…»
«… perché siamo gli unici due a rendersene conto…» concluse lei.
«Forse dovremmo parlarne con qualcuno, tipo…»
«Misaki!» esclamò lei.
«No, non credo che Taro…»
«Non hai capito! - lo prese per un braccio e lo trascinò verso l’uscita della caffetteria - Ho appena visto passare Misaki da qui davanti! Prova ad andare a parlarci, vedi come reagisce, se ti conosce, vai!» e, dopo aver aperto la porta, lo lanciò fuori.
«Aehm… Misaki?»
Il giovane si voltò e osservò Tsubasa con aria interrogativa.
«Sono… aehm… Tsubasa. Tsubasa Ozora. Eravamo in classe insieme…»
«Tsubasa… stai bene?»
«S… sì, perché?»
Taro si avvicinò a lui e gli posò le mani sulle spalle.
«Sono anni che frequentiamo la stessa classe, Tsubasa. Da quando sono rientrato a Nankatsu con mio padre.»
Il giovane guardò l’amico con aria smarrita, poi un sorriso imbarazzato gli nacque sulle labbra.
«Eh eh eh… - ridacchiò, cercando di dissimulare - Ci sei cascato. Dai vieni, andiamo a mangiare qualcosa, ti va?»
Lo trascinò dentro alla caffeteria e lo fece sedere quasi a forza su un divanetto: Sanae li raggiunse immediatamente.
«Che vi porto?»
«Ciao Sanae, aehm… - Taro aprì il menù e lo lesse velocemente - Portami un frullato di frutta.»
Sanae annuì annotandolo sul block notes, poi si voltò verso Tsubasa.
«E per te?»
«Ah, il solito.»
Taro sgranò gli occhi.
«Solito? Mi sono perso qualcosa?»
I due si guardarono con aria smarrita, si erano completamente scordati che non sapevano assolutamente nulla di quella realtà.
«Ah… ehm… sì, è una nuova specialità! Si chiama “Solito”, l’ha creato papà, eh eh…» Sanae si allontanò lasciando i due ragazzi soli, e Tsubasa la maledì mentalmente per averlo lasciato nei guai.
«Allora tu e Nakazawa avete fatto pace?»
«Uh… ah-ha…»
«Sai… dopo quella volta…»
Tsubasa prese un tovagliolino di carta e cominciò a torturarlo.
«Beh… sì… sai… col tempo…»
«Bene, mi dispiaceva sapere che per colpa di Kanda non vi parlaste più.»
«Kanda?» la cosa si faceva interessante.
«Ma sì, quella volta che ti ha sfidato perché pensava che ci provassi con lei. Meno male che ti sei rifiutato di batterti, non oso immaginare le conseguenze…»
«Beh, mi conosci… - nicchiò Tsubasa - La violenza non è nelle mie corde…»
«Sì, poi c’è stato quel terremoto che definirlo provvidenziale è un po’ drastico, ma almeno ha smorzato le acque tra te e quel pallone gonfiato.»
Tsubasa si fece tutt’orecchie e giunse le mani davanti al viso.
«Terremoto?»
«Sì, non ricordi? - Taro lo osservò stranito - Stavate discutendo e a un certo punto la terra ha iniziato a tremare. Quando la scossa è terminata, ci siamo sparpagliati tutti e chi s’è visto s’è visto. In vita mia, mai avevo avuto a che fare con un sisma del genere, te lo assicuro.»
«Interessante…»
«Adesso ti interessi alla Sismologia? Niente più Ingegneria Navale?»
«No… beh… - arrossì non sapendo che dire - Quella è sempre stata la mia passione… lo sai… no?»
Provvidenzialmente Sanae arrivò a portare l’ordinazione, e dopo averla depositata sul tavolo, si sedette accanto a Misaki.
«Allora, di che parlavate?»
«Sì, beh… Taro-kun è felice che ci siamo riappacificati dopo la mia discussione con Kanda…»
«Quale disc… ah! Quella! - si interruppe subito, sotto lo sguardo attento del figlio del pittore - Beh… sai com’è… siamo amici da tanto…»
«Certo! È per questo che mi era dispiaciuto quando avevi dato la colpa a lui di tutto. - Taro bevve un sorso del suo frullato e continuò - In tutta onestà, sai bene come sono andate le cose. Poi ovvio che con gli occhi dell’amore difendi Kanda perché è così che deve anda…»
Il tavolino tremò.
La vetrata accanto a loro si infranse.
L’edificio scosse così forte da cigolare.
Rumori sinistri invasero la caffetteria, accompagnati dalle urla dei clienti.
I tre ragazzi si rifugiarono svelti sotto al tavolo, mentre un campanello di allarme si accese nella testa dell’ex calciatore futuro ingegnere navale.
 
Far sparire Daichi è stata la cosa più difficile che abbia dovuto fare. (beh, dopo quello che gli feci in Questa è la mia vita, questo è nulla, direte voi) Ma qui è solo un bambino ç__ç
A quanto pare, un altro punto fisso nella vita di Tsubasa è l’amicizia con Taro, che non è stata intaccata dalla non-presenza del calcio. Molto bene, direte voi. Muahahah, dico io.
Al prossimo capitolo, un capitolo a cui tengo particolarmente, per vari motivi, uno su tutti… muahahahah.
E per la gioia di Melanto… ‘mbuto
Sakura
 
 
   
 
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