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Autore: Lily Liddell    13/11/2014    1 recensioni
Post-Mockingjay | Hayffie | Effie's POV {+Evelark}
~
Sequel di Rain.
{Potranno comunque essere lette separatamente.}
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Sono passati due mesi da quando Haymitch, Katniss e Peeta sono tornati al Distretto 12. Effie non se la passa bene, Plutarch le dà una mano ma il suo appartamento è stato distrutto durante i bombardamenti; è ancora psicologicamente sconvolta dall’esperienza in prigione e spera che il tempo guarisca le ferite.
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Capitolo 1:
Io non so più chi o che cosa sono. Al 13 ero una capitolina, alla Capitale sono una ribelle… Fortunatamente, fra le quattro mura di questo appartamento, sono solo Effie.
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Capitolo 18:
Dal momento che Peeta e Katniss hanno deciso di sposarsi pochi giorni prima del compleanno della ragazza, a lui tocca il compito di preparare non una, ma due torte.
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Capitolo 38:
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
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3x02 Come una madre
 
L’inverno è finito, anche se non da molto.
L’inizio della primavera al Distretto 4 lo immaginavo diverso, più caldo, invece l’aria è ancora incredibilmente umida.
È ancora mattina presto quando esco in terrazza, ma Annie, Finn e Johanna sono già seduti al tavolo della colazione.
I miei nipoti e mia sorella si sono trasferiti da tre settimane ormai.
Allie e Johanna erano assolutamente incompatibili, dopo l’incidente di capodanno, Allie non le ha dato più pace.
Prima che Johanna potesse arrivare alle mani, ho suggerito che forse sarebbe stato meglio trovare un’altra sistemazione.
Non so se ho fatto bene a restare qui, ma non sono troppo lontani. Non hanno nemmeno lasciato il Villaggio della Vittoria.
Il piccolo Finn sta saltellando da seduto sulle gambe della mamma, mentre Johanna beve da una grossa tazza.
Appena mi siedo, Finn si distrae e volta lo sguardo verso di me, facendomi un gran sorriso. « Zia Effie, in braccio! »
Ricambiando il sorriso, sollevo lo sguardo su Annie, in una richiesta muta mentre lei fa scendere il piccolo che comincia subito ad arrampicarsi sulle mie gambe.
Allungo una mano per prendere una tazza di tè caldo e comincio a bere a piccoli sorsi quando Annie si alza e solo in quel momento mi rendo conto che è già vestita e pronta per uscire.
È insolito, ma non chiedo niente per non essere inopportuna.
« Perché sei già pronta? » Per fortuna c’è Johanna…
Annie sposta una ciocca di capelli castani dietro l’orecchio, mentre una risatina un po’ nervosa le scappa dalle labbra. « La mia dottoressa ha detto di dover spostare l’appuntamento settimanale; non è un problema per voi sorvegliare Finn per qualche ora, vero? »
Poggiò la tazza sul tavolo e scuoto la testa, sorridendo contenta. Mi fa veramente piacere aiutarla, finalmente posso rendermi un po’ utile. « Assolutamente. Ci divertiremo, vero? » Mi rivolgo al piccolo Finn, accarezzandogli la testolina bionda e lui annuisce sorridente.
« Tantissimo. » Aggiunge sarcasticamente Johanna, ma alza le mani in segno di resa quando gli rifilo un’occhiata obliqua.
Annie ci ringrazia, poi si avvicina a me chinandosi su Finn per potergli poggiare un bacio sulla fronte e si allontana, lasciando solo noi tre in terrazza.
Johanna non sarà molto d’aiuto, lo so bene. Ci tiene molto a Finn, ma preferisce dimostrarlo in modi meno convenzionali, io però ho dovuto imparare a leggere fra le righe e riesco a vederlo.
Restiamo ancora un po’ seduti tutti e tre al tavolo, con il bambino che prende a giocare con gli avanzi della colazione, nonostante io abbia provato in tutti i modi a spiegargli che non si deve giocare con il cibo.
Come previsto, Johanna non mi sostiene, continuando a passargli molliche di pane che lui poi a turno lancia in aria o infila in bocca.
Dopo mezz’ora, ho la testa piena di briciole e il terrazzo è un disastro; quando cominciano ad avvicinarsi dei gabbiani, Finn si eccita e comincia a saltellare e ad indicare gli uccelli, che allarmati dai suoi gridolini, cominciano ad agitarsi.
È decisamente il momento di tornare dentro, ma non posso lasciare tutto in disordine, quindi affido Finn a Johanna, che lo porta in braccio verso la sua stanza e io torno dentro, per munirmi di aspirapolvere.
Aspetto pazientemente che i gabbiani se ne siano andati, prima di andare a finire il compito iniziato da loro, per evitare un’invasione. Non voglio che Annie debba stancarsi troppo, le sedute con la sua psicoterapeuta sono utili, ma ogni volta che torna a casa è sempre molto provata.
Mentre sistemo il tavolo, la voce di Johanna arriva dalle mie spalle. « Mai nella vita avrei pensato di assistere a una scena del genere. » Dal tono che sta usando, riesco a percepire il sorriso sornione che le incurva le labbra. Con la coda dell’occhio la vedo appoggiata alla porta, sulla soglia. « Effie Trinket, che fa le faccende di casa. Il mondo va a rotoli… »
Sospirando e lasciando perdere le bottiglie di succo d’arancia, porto entrambe le mani sui fianchi, cercando di non perdere la calma. Perché quella donna deve sempre cercare di infastidirmi?
« Si chiama dare una mano. In genere è una pratica comune fra gli amici. »
Adesso mi aspetto una frecciatina sul fatto che né lei, né Annie sono mie amiche. È quello che è successo l’ultima volta che ho pronunciato questa parola di fronte a lei, ma io ero in ospedale e Johanna in astinenza. Era stato un brutto momento, chiarito diverse settimane più tardi, ma il ricordo fa ancora male e improvvisamente temo che possa succedere di nuovo.
I mio sguardo deve tradirmi, perché portando gli occhi al cielo in un’espressione scocciata, Johanna oltrepassa del tutto la porta e mi raggiunge al tavolo; recupera le ultime cose che ho lasciato lì, e poi mi punta un dito contro il viso. « Non una parola con Annie, o giuro che il tuo gatto finisce in fondo all’oceano. » Le sue minacce sono solo fumo, nemmeno lei ci crede mentre parla.
Tornate in casa portiamo tutto in cucina, e quando mi assicuro che tutto è in ordine, mi rivolgo nuovamente a lei. « Dov’è Finn? »
« L’ho lasciato in camera. » Risponde subito lei, dirigendosi verso il corridoio.
La seguo verso il salotto, dove le impedisco di entrare. « Non puoi lasciare solo un bambino di nemmeno tre anni! Può farsi male, può uscire e cadere dalle scale, ma cosa ti passa per il cervello? »
Johanna mi guarda come se fossi una pazza, poi allunga un braccio per indicare la scalinata che porta al piano inferiore. « C’è quel maledettissimo cancello che blocca le scale, come pretendi che lo apra? A volte anche io faccio fatica! »
« Oh, questo la dice lunga sul tuo quoziente intellettivo. »
L’occhiata che mi rifila, è un mix di sorpresa e rabbia, ma prima che possa ribattere, un rumore sordo e il pianto di Finn ci fa distrarre entrambe.
Con un tuffo al cuore, ignoro completamente la donna di fronte a me e mi precipito a vedere cos’è successo nella stanza del piccolo.
Finn è seduto in mezzo a diversi giochi sparsi sul pavimento, il viso è rosso per lo sforzo del pianto, dagli occhi continuano a cadergli incessantemente dei lacrimoni.
Lo prendo immediatamente in braccio, cullandolo e cercando di farlo calmare, ma non c’è verso di farlo smettere di piangere.
Johanna ci raggiunge, guardandosi intorno. « Lo avevo messo sul letto. »
« Era per terra. » Le rispondo, continuando a cullarlo, senza guardarla nemmeno in faccia, con il cuore che mi martella nella gabbia toracica, cercando di combattere il desiderio di piangere assieme a lui.
« Dev’essere caduto, fammi vedere. » Johanna si avvicina a me, ma stringo al petto Finn, dandole le spalle. È colpa sua, se non lo avesse lasciato solo, non sarebbe successo. « Effie. » Il suo tono è talmente risoluto da costringermi a voltarmi.
Sul viso ha un’espressione preoccupata, sta protendendo le braccia verso di me; quando parla, il tono di voce non cambia. « Fammi vedere. » Ripete, e questa volta le permetto di avvicinarsi.
Con delicatezza, sposta i capelli di Finn dalla fronte, mostrando un taglietto insanguinato.
Lo stomaco mi si contorce dolorosamente, spezzandomi il fiato. « Oh santo cielo! Dobbiamo portarlo in ospedale! »
Johanna scuote la testa, passando appena il pollice sulla ferita. « No, è solo un graffio, ha già smesso di sanguinare. » Sembra sollevata, ma io non lo sono per niente.
« Ha battuto la testa, dobbiamo portarlo in ospedale! » Quando Annie lo verrà a sapere, non solo non si fiderà più di me, ma dubito che mi permetterà di prendere in braccio Finn, e non avrà tutti i torti.
Chiudendo gli occhi e respirando rumorosamente, Johanna annuisce. « E va bene, basta che la smetti di agitarti così. »
Finalmente si decide a darmi ragione e dopo essermi messa la prima cosa che mi è capitata sottomano, lasciamo in fretta la casa. Mentre Johanna va a prendere il furgone di Annie, io aspetto pazientemente con Finn in braccio, che sembra essersi calmato.
La voce di mia sorella mi fa trasalire. « Che succede? » Chiede preoccupata, solo in quel momento mi rendo conto che sto tremando e che ho il viso bagnato di lacrime.
Stando attenta a Finn fra le mie braccia, le asciugo rapidamente e le sorrido. « Nulla. Niente, tranquilla. Stiamo per andare a fare una passeggiata. »
Allie, appoggiandosi all’unica stampella che ancora le serviva per aiutarsi a camminare, allunga uno sguardo verso casa.
Probabilmente ha appena accompagnato i bambini a scuola. « Effie, quello è il tuo sorriso da lavoro. Vuoi dirmi cosa è successo? »
Il mio “sorriso da lavoro” sono sorpresa di saperlo ancora indossare come una maschera, a piacimento. Evidentemente sono cose che non si dimenticano.
« Finn è caduto e ha battuto la testa, si è graffiato la fronte e ora lo stiamo per portare in ospedale. » Anche la mia voce trema, e temo di star per cominciare di nuovo a piangere quando una delle manine di Finn mi copre la bocca. Istintivamente gli stringo la mano nella mia, guardando in basso verso di lui, per assicurarmi che stia bene.
Allie si avvicina e esamina di persona il graffio. « Ti fa tanto male? » Gli chiede con fare materno, ma Finn risponde di no.
Un po’ mi rassicura, quindi lei mi stringe appena una spalla. « Effie, è un bambino di tre anni, è normale che cada e si faccia male. Portalo all’ospedale se vuoi essere più sicura, ma è solo un graffietto. »
Quando arriva Johanna con il furgone, il volto di Allie s’indurisce immediatamente; mi saluta con due baci sulle guance e si allontana lentamente, tornando verso casa.
Nel giro di venti minuti siamo già in una saletta colorata, aspettando che venga qualcuno a visitare Finn.
La mia sorpresa è immensa quando mi rendo conto di conoscere la dottoressa che entra dalla porta, per la prima volta mi pento di essere voluta venire qui.
È la madre di Katniss e io non avevo idea che fosse al Distretto 4. I nostri sguardi s’incrociano per un istante, la sorpresa è reciproca. Johanna s’intromette, salutando a sua volta la donna, con un sorriso ed un veloce abbraccio.
Io porto nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e dopo essermi assicurata che Finn è a suo agio, mi scuso e lascio la stanza, mettendomi ad aspettare in corridoio.
Ho avuto abbastanza emozioni per oggi.
Ho ricordi confusi della mia permanenza in ospedale, però ricordo che lei era uno dei medici che ronzava continuamente attorno ai vari pazienti.
Non ci siamo mai rivolte la parola durante tutto il mio periodo di convalescenza, non credo che si sia nemmeno mai avvicinata abbastanza, mi evitava volontariamente e se devo essere onesta, gliene ero grata.
Credo ci siano cose che non si possono dimenticare, o perdonare.
Mentre cerco di allontanare la valanga di pensieri e ricordi negativi che combattono nella mia testa per tornare a galla ed affondarmi, decido che l’unica cosa da fare per distrarsi e telefonare ad Annie.
Affrontarla ora, per evitare di farlo dopo… probabilmente è ancora in piena seduta, e non vorrei disturbarla, ma la mia testa sta per scoppiare e devo fare qualcosa per alleviare il peso che sento.
Con mia grande sorpresa, dopo un attimo di preoccupazione, la donna mi dice di non preoccuparmi. A quanto pare non è la prima volta che succede, Finn sta cominciando a voler esplorare ogni angolo della casa e ogni tanto perde l’equilibrio su quelle gambette, soprattutto quando tenta di scendere dal suo lettino.
Immensamente sollevata, mi scuso per aver interrotto la seduta e la saluto, tornando a fissare la porta dove la visita del piccolo deve ormai essere quasi giunta al termine.
Dopo poco, infatti, la signora Everdeen esce dalla saletta, rivolgendomi un debole sorriso di saluto. « Non è nulla di cui preoccuparsi, solo un graffio. L’ho disinfettato e gli ho messo un cerotto, per precauzione, ma in un paio di giorni la ferita sarà completamente risanata. »
Finalmente il nodo che mi stringeva lo stomaco si scioglie completamente e la ringrazio dal profondo del cuore. Ci salutiamo e prima di allontanarsi mi dice che dovremo firmare un paio di carte prima di potercene andare.
Quando raggiungo Johanna, sta reggendo Finn in braccio, che ride sereno. Mi avvicino per assicurarmi che sia tutto okay e lui vuole tornare in braccio a me. Lo prendo con cautela, e lui ci tiene moltissimo a farmi vedere il suo cerotto a forma di delfino.
Gli rispondo che appena sua madre tornerà, glielo faremo vedere anche a lei e lui ne sembra estremamente contento.
Informo Johanna della telefonata con Annie e lei mi rinfaccia il fatto che mi aveva avvisata.
« Lo sapevi? » Le chiedo, poi, mentre sto aggiustando i vestiti del piccolo, per prepararlo ad uscire.
Non devo nemmeno spiegarle che mi riferisco alla madre di Katniss, perché Johanna incrocia le braccia al petto e si appoggia con la schiena contro la parete. « Forse. »
« Avresti dovuto dirmelo. »
« In un ospedale intero le possibilità erano poche… »
La buona sorte raramente è stata dalla mia parte, ma questo me lo tengo per me, mentre annuisco accondiscendente.
Pochi momenti dopo, la porta si apre di nuovo e un giovane infermiere entra nella saletta, reggendo una cartellina con dei moduli.
Ci chiede di compilarli e firmarli e a turno, prima Johanna, poi io ci passiamo i fogli.
Quando siamo pronte, riconsegno all’infermiere il tutto, lasciando che sia lei a reggere Finn.
« Complimenti. » Mi dice lui quando riprende la cartellina. « Avete un bellissimo bambino. »
Colpita dall’affermazione, rimango ferma, con la mano ancora tesa verso di lui. A distogliermi da quello stato di confusione è la sonora risata che proviene da Johanna, alle mie spalle.
« Veramente- » Comincio, ma non c’è bisogno di continuare, perché l’infermiere deve comprendere la sua gaffe e arrossisce, cominciando a balbettare scusa.
« Oh, perdonatemi. Non intendevo- non l’avevo riconosciuta per via di- » Comincia ad indicarsi il viso e in effetti mi rendo conto di non essere andata molto in giro senza trucco e parrucca, non all’infuori del Distretto 12, e della Capitale, comunque.
Prima che possa ribattere, Johanna mi afferra per un braccio. « È stato un piacere, arrivederci. » Dice, cercando di controllare un’altra ondata di risate.
Evidentemente per lei la situazione deve essere molto divertente, la cosa un po’ mi irrita. Ma mai quanto la pacca sul sedere che mi arriva quando mi fa passare davanti a lei per uscire dalla stanza.


A/N: Salve :3
A velocità incredibile, un altro capitolo! Spero che la qualità non ne risenta. XD
Comunque, prima o poi Effie dovrà tornare al Distretto 12 e non so come farò a farla stare lontana da Johanna! ç_ç Mi consolerò con Haymitch…
Volevo avvisarvi di un paio di cose.
La prima è che ho aperto una pagina su Facebook che riguarda solo le mie storie che scrivo qui su EFP. Si chiama Lily in Wonderland EFP e la potete trovare qui.
La seconda cosa è che, forse, se seguite sia il fandom di Supernatural oltre ad Hunger Games, potreste avere a breve una sorpresa. Dipende da come si mette con la mia creatività… non vi anticipo altro. U.U
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, a presto!
 

x Lily
 
   
 
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