Buona domenica a tutte!
Ragazze, vi ringrazio molto!!! 1009 commenti!!!!!!!!!!! Data
la settimana scolasticamente orribile (credo di aver preso
l’insufficienza in
matematica e in latino LATINO!!!! Di solito ho
Fra poco sarà un giorno speciale per me, un giorno in cui
sono sempre abbastanza triste. Quindi, per scacciare la tristezza,
pubblicherò
qualcosa di speciale XD preparatevi! (venerdì)
Prossimo aggiornamento previsto per mercoledì.
PS: Hanairo, siamo a quota tre… alla 4 scatta la penale XD
(scherzo!) un bacio gigante a te e alle ragazze che hanno appena
scoperto la
mia storia! È molto bello per me sapere di scrivere per voi.
Per chi mi segue da un po’, un abbraccio gigante ed un
bacio.
PPS: Questo cap è un po' strano. non preoccupatevi per l'inizio. andate avanti a leggere e capirete. ricordate che io sn per la coppia: Edward\Bella XD Spero che vi piaccia come è piaciuto a me scriverlo XD
Ora andrò a fare… fisica o latino? Questo
è il problema…
Allora, buon pomeriggio a tutte!
Un bacio da Milano…
Cassandra!
< Emmett? Emmett? >
Chiamai sussurrando
nell’oscurità. Arrancando nel buio, inciampai nei
miei stessi piedi nudi. Avevo
lasciato le pantofole nell’ingresso per non farmi scoprire da
Edward.
Protesi le mani avanti e caddi
nell’erba. Mi sbucciai
la base dei polsi e le ginocchia contro la terra irregolare.
Fortunatamente
salvai la faccia riparandomi con i gomiti.
< Ehi? Ohi, sei viva?
> mi domandò sottovoce
Emmett prima ridacchiando e poi un po’ preoccupato, vedendo
che non mi
rialzavo, anche se, ne ero certa, non per me ma per la reazione che
avrebbe
avuto Edward scoprendo cosa stava succedendo.
< Bella? >
< Sì? > biascicai io appoggiandomi ai gomiti.
Lui si osservò intorno con fare sospetto e poi si
avvicinò a me. In un istante
mi rimise in piedi e mi trascinò dietro all’albero
dove era rimasto fino a quel
momento. Eravamo nella parte più isolata del giardino. Tutti
erano andati a
caccia ed io, insieme ad Edward, ero restata a casa con Elizabeth.
Tenendomi per le spalle, Emmett fece aderire la mia
schiena alla corteccia ruvida dell’albero. Dato che indossavo
un abito leggero,
sentii la mia pelle che si graffiava. Cercai di allontanare Emmett, le
cui mani
erano ancorate saldamente ai miei avambracci come se temesse,
lasciandomi
andare, che potessi cadere.
< Emmett, lasciami… > gli bisbigliai.
Dovevamo tenere la voce bassissima. Non potevamo farci
scoprire, altrimenti sarebbe successo chissà cosa e tutto
sarebbe andato
all’aria.
< Sicura di riuscire a restare in piedi? > Mi
chiese un po’ divertito e un po’ scettico mentre
lasciava la presa, permettendo
al mio sangue di circolare di nuovo anche nelle mie braccia.
< Certo che lo sono… > Gli dissi irritata. Lui
abbozzò un sorriso e poi mi disse: < Pensavo non
venissi più… con tutto il
tempo che ho aspettato… e la fatica che ho fatto per
liberarmi degli altri…
Ci mancava solo che tu mi dessi buca. > < Edward
non si allontanava mai. diceva che aveva voglia di stare solo con me, a
guardare un film… penso che si sia un po’
demoralizzato, dopo martedì scorso…
>
Il giorno in cui mi erano venute le
mestruazioni per
la seconda volta dopo il parto.
Le prime mestruazioni post partum infatti erano arrivate tre mesi
dopo la nascita di Elizabeth.
I miei medici personalissimi mi avevano detto che
erano arrivate così tardi perché
allattavo…
Da quel momento io ed Edward avevamo cercato di avere
un altro bambino.
Dato che quel mese ero stata in ritardo di tre giorni,
speravamo di essere riusciti nel nostro intento ed invece,
martedì…
Sì beh, insomma, martedì Edward mi aveva
avvisato, con lo
sguardo triste e sentendosi evidentemente in colpa, che avrei dovuto
andare in
bagno di li a poco e che i miei mal di pancia non erano colpa della
cucina di Rose.
Quando i suoi sensi super sviluppati ed estremamente sensibili,
soprattutto al sangue ed in particolare al mio, gli permettevano di
conoscere le cose a mio riguardo prima di me, mi sentivo
particolarmente
irritata.
Emmett interruppe i miei pensieri trattenendo le
risate.
< Beh, insomma… lo so che ci siete riusciti al
primo colpo con Elizabeth, ma non per questo Edward deve pensare che
sia
infallibile… Insomma, nonostante tutto è sempre
un uomo… >
< Emmett, non dirglielo… si offende. Quando ci ho
provato io a spiegarglielo, mi ha detto che se non riesco a restare
incinta è
solo colpa sua. Carlisle teme che dopo Elizabeth non possa
più avere figli e
lui se ne sta convincendo.
Io ed Edward inoltre avevamo deciso che, se non ci
riesco entro il primo anno, rinunciamo. Ormai sto per compiere
vent’anni… non
posso aspettare troppo altrimenti comincerò a diventare
troppo grande… non
posso aspettare troppo per decidere a farmi cambiare…
> e tentai di
sorridere. < Solo che se lui non vuole più
provarci… > Emmett afferrò il
mio mento e mi obbligò a guardarlo negli occhi. <
Vedi di non diventare
pessimista come lui… e poi, ti assicuro. Avrai il tuo
bambino prima diventare
vecchia. >
E poi mi cinse le spalle con un braccio per
consolarmi. Mi prese per mano e mi guidò nel boschetto fino
ad un punto
nascosto.
< Sei sicuro che funzionerà in questo modo? >
< Certo, non preoccuparti. In queste cose sono un
maestro. Resterai soddisfatta. >
< Mhm… chissà perché, ho paura
di quello che stai
dicendo… spero che Rose non mi uccida. >
< Non
preoccuparti… lei sa essere molto
comprensiva. Quando le ho detto quello che avevamo intenzione di fare
mi ha
dato molti consigli utili. >
< Sicuro che gli altri non
sappiano niente di
quello che abbiamo in mente? Non vorrei che Edward scoprisse
che… Sì, insomma…
si sentirebbe molto a disagio a sapere che ho chiesto aiuto a te invece
che a
lui… >
Mi impedì di
proseguire poggiandomi un
dito sulle labbra. < Non preoccuparti. Alice lo sa, ma a lei non
si può
nascondere niente… capiscimi… Però, mi
ha assicurato che alla fine funzionerà.
Oltre a lei, e Rose, gli altri non sanno niente. Il segreto
è al sicuro tra di
noi. > E mi sorrise complice. Sospirai cercando di
tranquillizzarmi. Segreto
al sicuro? Ma se lo sapeva metà della famiglia? Mi sembrava
di essere una
criminale.
< Su dai, sbrighiamoci prima che Edward
s’insospettisca… > Annuii facendomi
coraggio e gli sussurrai: < Va bene.
Muoviamoci. >
Rise del mio vacillare nella voce.
< Dai, ecco. Pronta? >
< Ma cosa diavolo c’è là dentro?
È enorme!!!Come
puoi pensare che io… >
< Senti, ti ho svaligiato
tutto il negozio. Rose ha
scelto i colori, le misure… io invece mi sono occupato di
scegliere i modelli.
Dovrebbero far cambiare idea ad Edward…
per lo meno, io la cambierei. > Ed ammiccò porgendomi l’enorme
sacchetto gonfissimo che avevo visto
poco prima. < Non riuscirò mai a portarlo in casa
senza che mi scopra. >
< Allora scegli qui in fretta… Ti abbiamo comprato
un po’ di tutto. > Mi disse aprendo il sacchetto e
facendomi segno di
cercare qualcosa di adatto. Un po’ indecisa, cominciai a
cercare. < Emmett,
non ti sembra un po’ … esagerato? > gli
domandai mostrandogli un reggiseno
molto succinto che tenevo con la punta delle dita.
< Senti, vuoi convincerlo? Questo è il modo
migliore. >
Non sapendo cosa scegliere,
afferrai un corpetto nero
con degli intricati disegni formati dai laccetti di seta, le relativa
culottes
con il pizzo, un completino di seta azzurro e un altro completo
piuttosto
trasparente…
< Grazie Emmett, ti devo un
favore… >
< Non preoccuparti. È stato utile anche per me.
Rose ha trovato un paio di cosine davvero carine…
con quelle addosso a te, Edward non sarebbe riuscito a
dirti di no per niente al mondo.
Rose però ha detto che per te era presto per provare
certe cose e che ti saresti sentita a disagio…
Nel caso però tu sia interessata, fammelo sapere che
te ne procuro uno… >
< Grazie Emm, ma credo che ne faro a meno… per
intanto bastano quelli. > Ed indicai con il capo il sacchetto
rigonfio.
Arrossii pensando a cosa si fosse comprata Rose. Lei
mi aveva consigliato di essere audace con gli uomini ma in quella
circostanza
mi preoccupai del reale significato che lei dava a quella frase. Lei
mascherava
bene la sua indole, a differenza di Emmett che non avrebbe parlato
d’altro che
di sesso. Stava già per darmi quelli che lui riteneva
preziosi consigli quando
decisi che poteva bastare…
< Ok Emmett, adesso vado che se no si accorge che
non sono in bagno… era in camera con Elizabeth prima. Oddio!
Come farò a
metterlo?? > Mi lamentai osservando meglio il corpetto. Lui mi
prese i capi
che avevo scelto dalle mani e li mise in un sacchettino piccolo e
scuro, poi me
li ripassò.
< Divertiti, sorellina
> Ridacchiò Emmett
sparendo nell’oscurità.
Rassegnata, tornai quatta quatta in
casa.
Non feci a tempo ad Entrare che
Edward, in un lampo,
mi raggiunse. Mi baciò sulla guancia prima che potessi
rendermi conto della sua
presenza. < Amore? Cosa ci facevi in giardino? > Mi
domandò seducente.
Non mi lasciai ingannare dalla sua voce di velluto e, nascondendo il
sacchetto
dietro la schiena, gli dissi: < Mi mancava un po’
l’aria… senti, vado a
farmi una doccia. Tu aspettami in sala… Va bene? > Il
mio tono, che voleva
essere seducente, pareva implorante. < Tutto bene? > Mi
domandò
accarezzando il lato del mio viso con dolcezza. Io annuii e gli
sorrisi, o
meglio, ci provai. Mi misi sulle punte per sfiorarlo con le labbra e
poi, quasi
di corsa, andai in bagno. Mentre ero nella doccia, a cercare di
rilassarmi,
sentii Edward che, nella stanza affianco, metteva a dormire Elizabeth.
Dopo
poco, bussò. < Bella, ti manca molto? Se vuoi, il
film possiamo guardarlo
domani… è tardi, dovresti andare a dormire.
> Secca gli risposi: < Non ho
sonno… e poi, non l’ho mai visto quello che ha
comprato Alice… aspettami di
sotto… > < Va bene… a dopo.
> e poi, la tv al piano inferiore si
accese. Finii in fretta di lavarmi e poi mi asciugai il più
velocemente
possibile. Avvolta nell’asciugamano, andai in camera e
recuperai una sottoveste
nera di pizzo, regalo di Alice. Non avevo intenzione di presentarmi in
mutande…
Tornata nel bagno, scelsi quale dei
regali di Emmett
indossare. Li provai tutti e tre ma, davanti all’enorme
specchio, decisi di
optare per il corpetto e le culottes. Il nero del pizzo risaltava sulla
mia
pelle bianca. Fu difficile cercare di allacciare tutto e, alla fine,
fui quasi
sul punto di scaraventare il completino fuori dalla finestra. Fu solo
la
vergogna che qualcuno lo ritrovasse a farmi desistere. Dopo non so
quanto,
riuscii a fare tutti i fiocchetti e i gancetti parvero tutti al loro
posto…
I capelli intanto si stavano asciugando e si erano
formati dei morbidi ricci castani. Ravvivai il tutto con le dita e poi
mi
infilai anche la sottoveste, corta e molto trasparente. Ricadeva
morbidamente
sul mio corpo formava
dei bellissimi
svolazzi con il pizzo nero. Ricalcava le forme del mio corpo in modo
morbido,
accentuando il seno e ricadendo gentile sul mio ventre. Il mio braccio
sinistro
mostrava i segni della mia permanenza a Volterra ma non c’era
modo di nasconderlo.
Fui sul punto di togliermi tutto e mettermi il pigiama ma poi mi dissi:
“
Tanto, non posso farci niente… tanto vale …
” Un modo come un altro per farsi
coraggio.
Mi sciacquai di nuovo la faccia e, facendo un respiro
profondo, uscii dal bagno. Da sotto, Edward mi chiese: < Tutto a
posto? Sei
rimasta chiusa lì dentro per una vita… >
< Sì. Tutto ok, scusa. Sto
arrivando… un secondo. > Diedi un ultima occhiata al
mio riflesso nel vetro
della finestre e poi, in punta di piedi, scesi le scale. Quando toccai
l’ultimo
gradino, il legno cigolò, ma Edward non si mosse intento
com’era ad ascoltare
un concerto di musica classica trasmesso da una rete locale.
Mi mossi con cautela, cercando di
non attirare la sua
attenzione. Il fruscio della stoffa sulla mia pelle accompagnava i miei
movimenti. Riuscii ad arrivare dietro di lui, seduto sul divano, senza
che lui
si voltasse. Piegandomi lentamente in avanti oltre lo schienale del
divano,
feci aderire il mio seno alla parte superiore della sua schiena. Sentii
il
sangue irrorare le mie guance più del dovuto. Gli copri gli
occhi con le mani
nello stesso istante e gli baciai la guancia sfiorandolo appena. I miei
capelli
gli accarezzavano il viso e gli ricadevano morbidamente sul collo.
Chinando il
capo all’indietro, lo poggiò sul mio seno ed io,
mi chiedo come fu possibile,
arrossii ancora di più.
Voltò il viso per
porgermi le labbra ed io avvicinai
le mie alle sue. Lentamente, lasciai scivolare le mie mani lungo il suo
collo.
Teneva gli occhi chiusi.
Quando li aprii, lo vidi
inghiottire e cercare di
ritrovare la voce. Cercando di darsi un contegno, contegno che il suo
volto
aveva perso nel momento in cui il suo sguardo si era bloccato sulla mia
sottoveste e su quello che questa lasciava intravedere, si
schiarì la voce e
dolce mi sussurrò: < Amore? > < Edward,
senti… > Gli dissi io cercando di
imitare il suo tono da ora-ti-ammalio e
girando intorno al divano tenendo un dito sulle sue labbra
finché non fui
davanti a lui. < pensavo che, visto che siamo solo io e
te… > e
piegandomi in avanti gli baciai la fronte mentre spostavo il dito dalle
labbra
al suo petto < Potevamo provare a stare un po’
insieme… senza cercare di
ottenere niente. Solo una serata dolce, io e te… > e
mentre cercavo di
sedurlo, giocherellavo con i suoi capelli. Lui mi accarezzò
le guance che mi
sembravano in fiamme. Mi vergognavo da matti ma non volevo che se ne
accorgesse. Volevo cercare di farlo sentire a suo agio, che non si
sentisse
sotto pressione…
Mi morsi un labbro quando pensai a
quello che stavo
cercando di fare, o per lo meno al modo in cui ci stavo provando. Lui
però
parve gradire. Mi cinse il bacino con le mani e mi fece scivolare a
cavalcioni
sulle sue ginocchia. Appoggiandomi a lui, cominciai ad accarezzargli la
schiena.
Dato che era un po’
esitante, decisi di agire. <
Edward… > gli sussurrai vicino all’orecchio
mentre gli sbottonavo la
camicia. < Senti, perché non proviamo a stare insieme
e basta? Vedrai, sarà
bellissimo… > gli sorrisi conciliante ma lui scosse
la testa e cercò di allontanarmi.
Sembrava abbattuto. < Bella, ti prego… non me la
sento di deluderti… non
chiedermi questo. Questa sera non sono dell’umore
giusto… Mi dispiace, davvero.
Domani devo andare a Gibson. Ti ricordi quel vestito che Alice ti aveva
mostrato? Ti vado a comprare quello, per farmi perdonare. >
< Edward…
> gli dissi io delusa dal suo atteggiamento. < Di
lunedì mattina i negozi
sono chiusi. E il pomeriggio mi dovevi portare al fiume. Lo hai
promesso. Ti
prego! Ci proveremo. Se non funziona, fa niente…
Sarà stato bello comunque. Con
te è sempre bello. E non me ne importa del vestito. Io
voglio te… >
Lui mi allontanò
poggiano i palmi delle mani sul mio
petto. Scuoteva la testa e sembrava arrabbiato con se stesso. Dato che
stavo
per mettermi a piangere e già sentivo le lacrime bagnare gli
occhi, decisi di
tentare il tutto per tutto. < Mi stai respingendo? Come quella
volta a casa?
Non ti piaccio? Neanche vestita così? > Va bene, lo
ammetto… sono stata un
verme… mi sono approfittata del suo buon cuore. Come
previsto infatti, lui alzò
lo sguardo e mi asciugò le lacrime provvidenziali. Come per
scusarsi mi
balbettò: < Ma no, Amore, come potrei mai? > i
suoi occhi viaggiarono
lungo il mio copro a malapena coperto e si soffermarono sul corpetto
che
affinava la mia vita e faceva risaltare il seno. Inghiottì a
vuoto e poi,
poggiando il naso nell’incavo del mio collo, mi
sussurrò: < Io ti desidero,
ma non voglio deluderti. Aspettiamo un po’…
> poi borbottò qualcosa sul mio
abbigliamento mentre abbassava gli occhi cercando di non osservare la
vertiginosa scollatura o la pelle lasciata intravedere dal pizzo.
Rassegnata mi
abbandonai a lui che cominciò a cullarmi, stringendomi le
braccia intorno alla
schiena . Quando voltai il capo poggiando la guancia sulla sua spalla,
riuscii
a fissarlo negli occhi. Lui però stava osservando il mio
copro. Gli occhi erano
diventati nerarsti e fissavano la fine della vestaglia. Dove
c’erano le
culottes. Arrossii e mi nascosi tra i suoi capelli. < Ti sei
messa questo…
> e sollevò la stoffa facendosela scorrere tra le
dita e facendola ricadere
sulla mia pelle in un fruscio < solo per convincermi a fare
l’amore con te?
> Vergognandomi troppo per rispondere, mi limitai ad annuire. Lo
sentii
sussurrare a denti stretti: < Come se ce ne fosse bisogno.
> Sentivo che stava
perdendo il controllo ma non volevo mettergli fretta. Volevo che fosse
lui a
dare il via. Mi limitai ad accarezzarlo, un po’ provocante,
con le mani.
Ad un certo punto, mi prese il capo
con una mano
mentre con l’altra mi reggeva la vita. La stanza
vorticò per un secondo e alla
fine mi accorsi di star fissando dritto davanti a me… e
vedevo le travi del
soffitto. Ero sdraiata supina. Le sue mani stavano accarezzando la mia
pelle
sotto la vestaglia. Mi obbligò ad alzare le braccia e me la
levò velocemente.
Avevo il sangue alla testa. Nonostante ormai fossi quasi abituata a
fare
l’amore, ogni volta mi emozionavo. Mi resi conto di trovarmi
sdraiata sul
tappeto solo quando, voltando il capo per permettergli di baciarmi il
collo,
vidi la sottoveste a pochi centimetri dal mio naso.
< Edward, come mai qui? > gli chiesi
curiosa. Non era mai capitato… ma forse, se lo
ispirava… < Sopra c’è la
bimba… > mi disse con la voce resa roca dalla
circostanza. Chiusi gli occhi
e mi lasciai coccolare dalle sue mani sempre più audaci.
Quando lo accarezzai
mi resi conto che non aveva più i vestiti che, notai poi,
giacevano poco
lontano dalla mia sottoveste. Lo sorpresi con le dita a giocare con i
cordini
del mio corsetto. Tirando il laccetto centrale, liberò il
mio petto dal pizzo e
dalla stoffa. Con gentilezza me lo sfilò, baciando la pelle
che man mano si
scopriva.
< Ti amo. > mi
sussurrò mentre mi baciava il
collo. In risposta, gli accarezzai il capo e gli sorrisi, poi chiusi
gli occhi
e voltai la testa per permettergli di arrivare fino
all’orecchio con le labbra.
Sentii le sue mani sulla mia pelle,
ovunque. Percepii
appena i movimenti con cui mi liberò degli indumenti che
ancora avevo indosso.
Quando si chinò per carezzare con le labbra il mio seno, gli
avvolsi la testa
con le braccia. Sdraiato su di me, si soffermava con le mani su ogni
centimetro
di pelle. Mi fece un massaggio alle spalle poi da quelle, scendendo
lentamente
lungo i fianchi muovendo i pollici in modo da formare cerchi immaginari
sulla
mia pelle, arrivò al bacino. Si bloccò un secondo
ed io, per incoraggiarlo,
appoggiandomi ai gomiti, mi sollevai quel che bastava per baciargli il
mento.
Lui si abbasso per posare le sue labbra sulle mie e, mentre mi baciava,
le sue
mani ricominciarono ad esplorare il mio corpo con attenzione, cura,
gentilezza.
Quasi con timore, come se fosse la prima volta… La
gentilezza del suo tocco mi
fece tenerezza e provai la necessità di stringermi di
più a lui, di stargli
ancora più vicino. Avevo bisogno di saperlo reale, mio.
Quando glielo dissi,
rise e mi abbracciò stretta, ma senza farmi male. i suoi
capelli rossi si
mescolavano ai miei e, seguendo i nostri movimenti sempre
più veloci,
svolazzavano e ricadevano con grazia.
Notai però che,
nonostante cercasse di non darlo a
vedere, lui era agitato. Non volevo che non si divertisse
perché ossessionato
dall’idea di farmi felice. Se il bambino doveva arrivare,
sarebbe arrivato
altrimenti, pazienza… in fondo Elizabeth era stata un
miracolo. Che diritto
avevamo di reclamarne un altro?
Glielo dissi, o per lo meno ci provai tra un gemito e
l’altro. Lui mi sorrise e mi sussurrò: <
Sei sicura? > < Edward, per
favore… perché non mi credi mai?certo che sono
sicura di quello che dico.
L’unica cosa che voglio, è amarti ed essere amata
da te, in tutte le forme
possibili. > Probabilmente fui abbastanza convincente dato che i
suoi gesti
si fecero più decisi e lui… bhe, diciamo che
capii che si era fatto prendere
dalla situazione e che non lo faceva più solo per farmi
felice…
Ad un certo punto cominciai a non riuscire più a
discernere la realtà dalla magnifica illusione di un dio che
mi abbracciava e
mi lasciai completamente andare ai sensi.
Sentivo solo il suo corpo sul mio.
Sentivo la sua pelle gelata di pietra sfregare contro la mia, fragile
morbida e
calda, delicata. Sentivo il suo respiro nella mia bocca, sulle mie
palpebre,
tra i miei capelli…percepivo la sua voce chiamarmi e dirmi
parole dolcissime.
LE sue mani vagare ovunque sul mio corpo e soffermarsi proprio dove
più volevo. Il resto non lo presi neanche in considerazione.
Il freddo era attenuato dal
calore ustionante che sentivo dentro di me. La scomodità del
pavimento era
moderata dal soffice tappeto e dalla capacità di Edward di
far collimare i
nostri corpi come fossero uno solo. Le mie sensazioni mi travolsero
poco dopo
aver visto Edward serrare i pugni intorno ai miei polsi. Nonostante mi
facesse
male, non avevo la forza o la voglia di dirglielo. Poi persi anche
l’ultimo
barlume di coscienza e mi lasciai precipitare in un mare di sensazioni
che, ad
ogni nostra esperienza, erano sempre diverse, sempre più
intense…
Quando,
contro la mia
volontà, mi ripresi, assaporai la gioia che
sentivo dentro di me. Edward mi stava
accarezzando con la punta delle dita. < Tutto bene?
>
< Ceeertooo!
> Gli sbadigliai voltandomi di lato per poter gettargli le
braccia al collo
ed obbligarlo a starmi più vicino.
< Sei stanchissima e hai freddo. >
constatò gentile notando il mio tremore. < Dai, ti
porto al piano di sopra…
> E mi prese tra le braccia, le mie gambe a ciondoloni mentre le
mani erano
saldamente strette attorno alle sua spalle. Appoggiato il capo al suo
petto,
chiusi gli occhi per inspirare il suo odore. Mi lasciò al
centro del letto e
poi mi raggiunse. Sistemandomi i capelli dietro l’orecchio,
con il volto a due
centimetri dal mio, mi sussurrò: < Allora,
soddisfatta? > < Sììì
>
gli dissi io con un gridolino ed un sorriso prima di gettargli
nuovamente le
braccia al collo. Lui mi allontanò di poco e mi
fissò: < Credo di essere… si
insomma… per esserci ci sono riuscito… ma non
saprei… > Era così strano
vederlo impacciato, in difficoltà… non volevo che
si sentisse a disagio e per
interromperlo gli posai il palmo della mano sul volto. Lui a sua volta
prese la
mia mano nella sua. < Edward, non ha importanza se sei riuscito
a ... sì insomma...
L’importante è che ti sia piaciuto…
> Lui chiuse gli occhi e sorrise. < Bella, è
stato meraviglioso. >
Appoggiò la sua fronte alla mia guancia e mi strinse a
sé. Cominciai ad
accarezzargli i capelli e poi le spalle. Ci coccolavamo a vicenda
stretti in un
abbracciò che non aveva niente di malizioso. Era solo tanto,
tanto tenero. In
quel mentre mi addormentai. Mi resi appena
conto delle sue mani fredde che mi infilavano un pigiama. Prima che
però
perdessi del tutto il comando del mio corpo sopraffatta dalla
stanchezza, mi
chiese: < Dove lo hai presi quel completino molto…
particolare? > Restai
in silenzio rannicchiandomi di più tra le sue braccia.
< Mi piace
tantissimo. Ti sta d’incanto. Mi ha fatto… molto
piacere vedertelo addosso.
> Disse limitando le sue parole per evitare di essere volgare.
< Grazie > gli sorrisi nascondendomi tra il suo braccio e
il suo
fianco. Lui mi baciò i capelli e comincio a mormorare la mia
ninnananna. E
sulle note della sua voce, scivolai nel sonno. Non ricordo cosa sognai
ma so
che la mattina dopo la prima cosa che vidi fu Edward a pochi metri da
me. Era
stato il pianto di Elizabeth a farmi alzare.
Dato che i primi raggi di sole
inondavano
la casa e il giardino, doveva essere già mattina. Edward mi
porse la bambina
che si avvinghiò subito al mio seno. Mentre cucciava
ritmatamene, Edward si
sedette accanto a noi e ci abbracciò entrambe. Mentre ero
tra le sue braccia,
avvicinò le labbra al mio orecchio e mi sussurrò:
< Dì ad Emmett che gli
devo un favore… e che mi deve dire in che negozio
è andato. > Non sembrava
adirato. Arrossendo gli sussurrai: < Te lo ha detto? Ma sono
già tornati?
>
< No, no… Sai, sebbene non possa leggere nei tuoi
pensieri, sei tu
stessa a permettermi di vederli, di intrufolarmi nella tua testa, di
tanto in tanto… le notti… quando
sogni… Sei
dolcissima quando borbotti
nel sonno… E anche molto sexy. >
< Edward! > poi,
cercando di non
apparire a disagio, gli domandai: < Non sei arrabbiato? >
< E perché?
> < Perché ne ho parlato ad Emmett.
È una cosa privata… mi dispiace. >
Lui piegò le labbra in un sorrisino e poi le
appoggiò alla mia guancia. <
No… certo, è strano sapere che mio fratello
compra biancheria osé a mia moglie
per permetterle di sedurmi… E poi, lo sai che, se mi avessi
chiesto di comprarteli,
io lo avrei fatto molto volentieri. A me puoi chiedere tutto. >
< Certo, me lo avresti comprato, ma non ci sarebbe stato
l’effetto sorpresa.
> gli feci io divertita.
< Sì, anche questo è vero. Emmett
è stato bravo a non pensarci in mia presenza. E poi, ti
stava proprio bene. Il corsetto
era molto… aderente. > Lo vidi deglutire ripensando
alla sera precedente.
< Eri molto… attraente. Anche se in realtà
lo sei sempre. > < Dai
sciocco… > Gli dissi prima di dargli un bacio. Mi
accarezzò il seno scoperto
e poi scese a fare carezze sulla testolina di Elizabeth che pian piano
stava
finendo di mangiare. Al contatto con la pelle gelida di Edward, mosse
la
piccola bocca e tirò indietro la testa. Sbattee gli occhi
insonnolita e poi, dopo aver emesso un vagito,
affondo il visino nel mio seno come per sfuggire al freddo.
Dopo circa due ore gli altri
tornarono a
casa. Quando sentii l’auto parcheggiare, sobbalzai e
dissi:
< Edward!
Vedranno tutto il casino di sotto! Chissà cosa penseranno!
> < Bella, non
preoccuparti. Ho messo tutto a posto questa notte. Non si accorgeranno
di
niente. Ah, se non ti togli quel rosso dalle guance, capiranno che
abbiamo
qualcosa da nascondere. > Ero arrossita, di nuovo. Sbuffai e
cercai di
ricompormi. Edward prese Elizabeth, a cui aveva infilato un grazioso
vestitino tosa e un capellino, e scese al piano di sotto con lei in
braccio. Mi sistemai i capelli e poi scesi. Salutai tutti e notai
come Emmett mi fissasse curioso. Rose mi guardava come se si aspettasse
un mio
resoconto lì, davanti a tutti… Alice invece mi
osservava e sembrava
concentrata. Emmett mi afferrò per il braccio e mi
trascinò in camera sua,
seguito a ruota dalle altre due. Edward fece finta di niente e
cominciò a
parlare con Carlisle mentre Elizabeth si sporgeva per giocare con la
camicia del nonno.
Una volta prigioniera in camera di
Rose,
Emmett mi domandò: < Allora? > < Allora
cosa? >
< Allora com’è andata? >
Arrossendo e toccandomi le punte delle dita, sussurrai: <
Bene… > < Ma
bene bene, o bene ci è riuscito? > < Emmett,
la metti a disagio. > lo
rimproverò Rose.
< Diciamo che il completino ha
funzionato. > Dissi semplicemente, senza scendere nei
particolari.
< Speriamo allora che vada tutto
bene. > Mi fece Rose carezzandomi una spalla.
Io annuii e poi aggiunsi: <
L’importante è che Edward non lo viva come un
dovere. Fare… l’amore… deve
essere una cosa spontanea, piacevole… > Sussurrai
rischiando di annegare
nella vergogna. Poi ripetei loro quello che avevo detto ad Edward:
< In fondo, abbiamo Elizabeth. Cosa potremmo chiedere di
meglio? Se un altro bambino deve nascere,
nascerà… altrimenti, significa che
non era destino. >
Lei annuii sorridente ed aggiunse:
<
Elizabeth è stata una grazia. Hai ragione. > Poi,
salutandomi con un bacio
sulla guancia, si dileguò insieme ad Emmett.
< Alice? > < Sì? > Mi disse
come se non avesse ascoltato una parola.
< Tu vedi niente? > Si concentrò un
secondo e poi mi disse: < Bella, anche se fosse…
adesso è troppo presto. Ma
non disperare. > < Va bene. >
Mi abbracciò ed io
ricambiai. Con la guancia poggiata ai suoi capelli le bisbigliai:
< Ti
voglio bene… > < Anche io. > e poi mi
strinse più forte. Quando il mio
stomacò brontolò, entrambe ridemmo e lui mi
suggerì: < Andiamo a mangiare?
> < Basta che tu non mangi me… > Le
feci e lei, sorridendo, mi prese
per mano guidandomi verso la cucina. < Non credo che Edward mi
perdonerebbe…
> entrambe ridemmo mentre Edward ci fissava curioso. Elizabeth
gli tirò i capelli per reclamarela sua attenzione e poi
sbadiglio. Lui le carezzò le labbra con le dita ed
uscì in giardino. Mentre mengiavo, lo osservavo da dietro la
finestra. Seduto sull'erba, teneva la piccola tra le braccia e e
cantava una canzone...