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Autore: jellyfish    26/10/2008    1 recensioni
- Non dovresti chiedermi chi sono, ma cosa sono. Mio amore…non avere paura. Le si avvicinò prima che potesse rispondere qualsiasi cosa. Senza rendersene conto Vannie si ritrovò abbracciata da due enormi ali piumate, nere più della notte...
Genere: Triste, Sovrannaturale, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma ne valeva la pena sul serio

Ma ne valeva la pena sul serio? Quell’unico breve momento valeva le sofferenze che ora avrebbe sofferto ogni volta che la ragazza stringeva la piuma? Certo. Sarebbe stato bello poterla rivedere. Ma di certo ora non poteva tornare da lei ogni volta che la desiderava… si era già fortemente indebolito stando sulla Terra per quei pochi istanti. Faceva davvero troppo freddo, ma la luce del sole l’avrebbe ucciso di sicuro e non poteva tornare da lei di giorno.

Intanto i giorni passavano, le settimane, poi i mesi, molto spesso l’Angelo sentiva quella ormai familiare sensazione straziante che gli provocava la piuma, ma presto cercò di non farci più caso, non poteva innamorarsi di un’umana. Avrebbe creato troppi guai. Se un altro Angelo l’avesse scoperto sarebbero potuti nascere problemi anche gravi. Una notte però non resistette all’idea di rivederla. Lei era al solito locale che ballava con delle amiche, non c’era il ragazzo che l’altra volta stava con lei, e lui decise di chiamarla. Subito Vannie corse fuori dal locale per cercare la creatura di cui non sapeva nemmeno il nome. Non riuscì a vederlo, esattamente come la prima volta che l’aveva sentito, ma questa volta sapeva cosa doveva fare; corse al vecchio monastero abbandonato ai confini con il boschetto. Arrivò là con il fiatone e finalmente lo vide. Era lì ai piedi dell’albero sotto il quale l’aveva lasciata tanto tempo prima, era esattamente come se lo ricordava. L’unica cosa che questa volta era riuscita a notare meglio erano le ali: era una notte parecchio illuminata e dalla collinetta si vedevano bene le stelle, che illuminavano parzialmente la figura di Jason. Erano davvero enormi, piumate ali più nere della notte stessa e con i capelli rosso fiamma creavano un contrasto stupendo.

L’Angelo stava piangendo. A quella vista Vannie stava per svenire; vedere le sue guance perlate, rigate dalle lacrime era una scena troppo straziante per lei. Gli corse incontro e fu avvolta dalle sue ali, come la prima volta che si erano incontrati. Ma questa volta Vannie non si spaventò e si strinse a lui. Esattamente come l’altra volta il contatto con il corpo di lui fu freddissimo e quel gelo la fece rabbrividire.

-Non so nemmeno come ti chiami.

-Jason.

Per parecchio tempo nessuno dei due disse una sola parola. Semplicemente a tutti e due bastava starsene abbracciati, ma il tempo dell’Angelo stava scadendo. Il suo corpo, nonostante fosse a contatto con quello più caldo di lei, si stava raffreddando molto velocemente ed era quasi ora di tornare a “casa”.

-Devo andare.

-Dove? Quando posso rivederti?

-Non lo so…è difficile per venire qua su. Ma spero di tornare presto.

-Voglio venire con te! Portami con te per favore!

-Non posso…ti ucciderei se ti portassi con me.

-Ma dove vai!? No aspetta!

L’Angelo era volato in alto, Vannie non lo poteva più vedere già dopo cinque secondi, risucchiato dalle tenebre della notte. Lei strinse la piuma automaticamente a sé, ma l’Angelo non era ancora abbastanza lontano e quando il dolore lo raggiunse, lei sentì il suo grido pieno di angoscia. Spaventata lasciò cadere la piuma per terra e il grido si interruppe. Allora capì tutto. Stringere la sua piuma significava farlo soffrire. Inorridì al pensiero di quante volte aveva compiuto quel gesto, pensando di infondergli dolcezza invece di farlo urlare di dolore. Ma se lo faceva stare così male, allora perché le aveva dato quella piuma, che in fin dei conti era uno strumento di tortura nelle sue mani? Da quel momento decise che non avrebbe più toccato la piuma di Jason. Tornò a casa senza nemmeno passare dal locale a salutare le sue amiche, non era proprio dell’umore adatto per rispondere alle mille loro domande sulla sua improvvisa sparizione nel bel mezzo della serata. Si limitò a mandare loro un Sms scrivendogli che si era sentita poco bene e che era tornata a casa di corsa. Arrivata a casa poggiò la piuma sul comodino, ma decise che quella non era una posizione sicura. Sua madre nel pulire la camera poteva toccarla e stringerla per spostarla o per togliere la polvere posatasi su di essa e inoltre così vicina a lei la tentazione di prenderla e stringerla era troppo forte. Il suo sguardo, mentre cercava un posto adatto per sistemarla, andò a cadere su una cornice vuota. Era un posto perfetto. Prese la cornice e infilò la piuma, cercando di non stringerla troppo, tra lo strato di vetro e quello di cartone; così poteva guardarla quante volte voleva ma non la poteva stringere e fare del male al suo Angelo.

I giorni passavano lentamente e in ogni momento che Vannie era in camera sua a fare niente, magari semplicemente a giocare col computer o a guardare la tele aveva la tentazione di prendere la piuma di Jason, stringerla e fargli sapere che gli stava pensando. Ma poi si ricordava del dolore che ogni volta gli provocava e allora cercava di non pensarci e distoglieva lo sguardo dalla piuma incorniciata. Ma vedere la piuma a ogni momento della giornata era insopportabile, non poteva continuare così, prima o poi avrebbe ceduto e l’avrebbe stretta e non voleva farlo. Allora decise di spostare la cornice. Poteva metterla in sala ma l’avrebbe vista a pranzo e a cena, ma comunque sua madre, che ovviamente non sapeva che apparteneva a un Angelo, non le avrebbe permesso di tenere in sala una piuma incorniciata! Era già strano che ancora non aveva cercato di buttarla via. In cucina stesso discorso. In qualunque stanza l’avesse spostata, l’avrebbe vista troppo spesso o sua madre l’avrebbe buttata. Erano rimaste due soluzioni: sbarazzarsi della piuma o tenerla dentro una scatola sopra l’armadio con i suoi ricordi di quando era piccola, che nessuno per fortuna apriva mai. Certo la seconda soluzione era più semplice. Con che coraggio avrebbe buttato via quella piuma che le era tanto cara e che le ricordava Jason? Già solo l’idea le sembrava impossibile. Avvicinò la sedia della scrivania al suo armadio e usandola come scaletta prese la scatola in cima. Era una vecchia scatola di legno tutta impolverata, d'altronde nessuno l’aveva più aperta da chissà quanto tempo. Cercò di aprirla senza buttarsi tutta la polvere addosso, ma non ottenne dei gran risultati. Decise di fare più in fretta possibile, doveva assolutamente chiudere questa storia al più presto. Prese la cornice e dopo averla fissata per un breve momento la avvolse in un foglio di carta velina colorata e la sistemò nella scatola. Salì di nuovo sulla sedia e sistemò la scatola esattamente dove era prima. Decise di uscire a farsi un giro. Uscita di casa si sentì semplicemente sollevata, ora non poteva più fargli del male in nessun modo. Probabilmente non lo rivedrò più, penserà che mi sono dimenticata di lui, ma forse è meglio così.  

 

  
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