Ma ne valeva la pena sul serio? Quell’unico
breve momento valeva le sofferenze che ora avrebbe
sofferto ogni volta che la ragazza stringeva la piuma? Certo. Sarebbe stato
bello poterla rivedere. Ma di certo ora non poteva
tornare da lei ogni volta che la desiderava… si era già fortemente indebolito
stando sulla Terra per quei pochi istanti. Faceva davvero troppo freddo, ma la
luce del sole l’avrebbe ucciso di sicuro e non poteva
tornare da lei di giorno.
Intanto i giorni passavano, le settimane,
poi i mesi, molto spesso l’Angelo sentiva quella ormai familiare sensazione
straziante che gli provocava la piuma, ma presto cercò di non farci più caso,
non poteva innamorarsi di un’umana. Avrebbe creato troppi guai. Se un altro Angelo l’avesse scoperto sarebbero potuti
nascere problemi anche gravi. Una notte però non resistette all’idea di
rivederla. Lei era al solito locale che ballava con delle amiche, non c’era il
ragazzo che l’altra volta stava con lei, e lui decise di chiamarla. Subito
Vannie corse fuori dal locale per cercare la creatura
di cui non sapeva nemmeno il nome. Non riuscì a vederlo, esattamente come la
prima volta che l’aveva sentito, ma questa volta sapeva cosa doveva fare; corse
al vecchio monastero abbandonato ai confini con il boschetto. Arrivò là con il
fiatone e finalmente lo vide. Era lì ai piedi dell’albero sotto il quale
l’aveva lasciata tanto tempo prima, era esattamente
come se lo ricordava. L’unica cosa che questa volta era riuscita a notare meglio erano le ali: era una notte parecchio illuminata e
dalla collinetta si vedevano bene le stelle, che illuminavano parzialmente la
figura di Jason. Erano davvero enormi, piumate ali più nere della notte stessa
e con i capelli rosso fiamma creavano un contrasto
stupendo.
L’Angelo stava piangendo. A quella vista
Vannie stava per svenire; vedere le sue guance perlate, rigate dalle lacrime
era una scena troppo straziante per lei. Gli corse incontro e fu avvolta dalle
sue ali, come la prima volta che si erano incontrati. Ma
questa volta Vannie non si spaventò e si strinse a lui. Esattamente come
l’altra volta il contatto con il corpo di lui fu
freddissimo e quel gelo la fece rabbrividire.
-Non so nemmeno come ti chiami.
-Jason.
Per parecchio tempo nessuno dei due disse
una sola parola. Semplicemente a tutti e due bastava
starsene abbracciati, ma il tempo dell’Angelo stava scadendo. Il suo corpo,
nonostante fosse a contatto con quello più caldo di lei, si stava raffreddando
molto velocemente ed era quasi ora di tornare a “casa”.
-Devo andare.
-Dove? Quando
posso rivederti?
-Non lo so…è
difficile per venire qua su. Ma spero di tornare
presto.
-Voglio venire con te! Portami con te per
favore!
-Non posso…ti ucciderei
se ti portassi con me.
-Ma dove vai!? No
aspetta!
L’Angelo era volato in
alto, Vannie non lo poteva più vedere già dopo cinque secondi,
risucchiato dalle tenebre della notte. Lei strinse la piuma automaticamente a
sé, ma l’Angelo non era ancora abbastanza lontano e quando il dolore lo
raggiunse, lei sentì il suo grido pieno di angoscia.
Spaventata lasciò cadere la piuma per terra e il grido si interruppe.
Allora capì tutto. Stringere la sua piuma significava farlo soffrire. Inorridì
al pensiero di quante volte aveva compiuto quel gesto, pensando di infondergli
dolcezza invece di farlo urlare di dolore. Ma se lo
faceva stare così male, allora perché le aveva dato quella piuma, che in fin
dei conti era uno strumento di tortura nelle sue mani? Da quel momento decise
che non avrebbe più toccato la piuma di Jason. Tornò a casa senza nemmeno
passare dal locale a salutare le sue amiche, non era proprio dell’umore adatto
per rispondere alle mille loro domande sulla sua improvvisa sparizione nel bel
mezzo della serata. Si limitò a mandare loro un Sms
scrivendogli che si era sentita poco bene e che era tornata a casa di corsa.
Arrivata a casa poggiò la piuma sul comodino, ma decise che quella non era una
posizione sicura. Sua madre nel pulire la camera poteva toccarla e stringerla
per spostarla o per togliere la polvere posatasi su di essa
e inoltre così vicina a lei la tentazione di prenderla e stringerla era troppo
forte. Il suo sguardo, mentre cercava un posto adatto per sistemarla, andò a
cadere su una cornice vuota. Era un posto perfetto. Prese la cornice e infilò
la piuma, cercando di non stringerla troppo, tra lo strato di vetro e quello di
cartone; così poteva guardarla quante volte voleva ma
non la poteva stringere e fare del male al suo Angelo.
I giorni passavano lentamente e in ogni
momento che Vannie era in camera sua a fare niente, magari semplicemente a
giocare col computer o a guardare la tele aveva la
tentazione di prendere la piuma di Jason, stringerla e fargli sapere che gli
stava pensando. Ma poi si ricordava del dolore che
ogni volta gli provocava e allora cercava di non pensarci e distoglieva lo
sguardo dalla piuma incorniciata. Ma vedere la piuma a
ogni momento della giornata era insopportabile, non poteva continuare così,
prima o poi avrebbe ceduto e l’avrebbe stretta e non voleva farlo. Allora
decise di spostare la cornice. Poteva metterla in sala ma l’avrebbe vista a
pranzo e a cena, ma comunque sua madre, che ovviamente
non sapeva che apparteneva a un Angelo, non le avrebbe permesso di tenere in
sala una piuma incorniciata! Era già strano che ancora non aveva
cercato di buttarla via. In cucina stesso discorso. In qualunque stanza
l’avesse spostata, l’avrebbe vista troppo spesso o sua
madre l’avrebbe buttata. Erano rimaste due soluzioni: sbarazzarsi della piuma o
tenerla dentro una scatola sopra l’armadio con i suoi ricordi di quando era
piccola, che nessuno per fortuna apriva mai. Certo la seconda soluzione era più
semplice. Con che coraggio avrebbe buttato via quella piuma che le era tanto
cara e che le ricordava Jason? Già solo l’idea le sembrava impossibile.
Avvicinò la sedia della scrivania al suo armadio e usandola come scaletta prese la scatola in cima. Era una
vecchia scatola di legno tutta impolverata, d'altronde nessuno l’aveva
più aperta da chissà quanto tempo. Cercò di aprirla senza buttarsi tutta la
polvere addosso, ma non ottenne dei gran risultati. Decise di
fare più in fretta possibile, doveva assolutamente chiudere questa
storia al più presto. Prese la cornice e dopo averla fissata per un breve
momento la avvolse in un foglio di carta velina colorata e la sistemò nella
scatola. Salì di nuovo sulla sedia e sistemò la scatola esattamente dove era
prima. Decise di uscire a farsi un giro. Uscita di casa si sentì
semplicemente sollevata, ora non poteva più fargli del male in nessun
modo. Probabilmente non lo rivedrò più, penserà che mi sono
dimenticata di lui, ma forse è meglio così.