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Autore: remsaverem    26/10/2008    2 recensioni
Il padre di Reid torna misteriosamente nella vita del figlio.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jason Gideon, Spencer Reid
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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In questo capitolo ci sarà un po’ d’azione

In questo capitolo ci sarà un po’ d’azione. Spero non vi dispiaccia. Ringrazio tutti quelli che continuano a seguire.

“Gideon aspetta...” ma l’uomo gli dava le spalle proseguendo dritto per la sua strada, senza voltarsi indietro.

Anche William era uscito, dietro al figlio.

“Spencer, dove vai? Spencer!”.

Reid si voltò: da una parte c’era l’uomo che l’aveva lasciato, dall’altra quella che gli era stata vicino negli ultimi anni.

“Gideon!!”

Gideon stava attraversando la strada, incurante dei richiami del giovane.

Dalla strada che incrociava Sunset street sbucò un’auto grigia che rallentò stranamente nell’avvicinarsi al locale dove un momento prima sedeva William.

Forse, se non fosse uscito non l’avrebbe mai vista e sarebbe stata la sua fine.

Dall’auto spuntò qualcosa di scuro, che emise un bagliore sinistro.

E mentre l’eco delle raffiche di mitra andava spegnendosi, mandando in mille pezzi la vetrata del locale, William riuscì a intercettare il figlio per un braccio e a spingerlo dietro a

un cassonetto dell’immondizia.

Richiamato dagli spari Gideon si fermò, quasi in mezzo alla strada ed estrasse la pistola.

Ma non fece in tempo a reagire, impegnato a evitare per un soffio l’auto in corsa che fece un’inversione per tornare indietro a finire quello che aveva cominciato.

Gideon ne approfittò per portarsi al riparo.

“Dobbiamo andarcene di qui!” gridò William a Spencer.

“Adesso, dobbiamo andarcene adesso!! Esclamò sbirciando l’auto che faceva pericolosamente inversione.

“Aspetta, aspetta, arriveranno i rinforzi…” fece Reid maledicendosi per aver lasciato nel locale il suo zaino.

William lo tirò per un braccio.

“Vieni forza…non possiamo aspettare”

Nel momento in cui si alzarono Gideon li vide “Ehi!”

Reid si voltò per una frazione di secondo verso di lui.

L’auto stava per tornare indietro.

Gideon li raggiunse mentre voltavano l’angolo.

“Le chiavi…le chiavi” farfugliò Reid mettendo una mano in tasca.

“Cosa?” fece William dando un’occhiata alle sue spalle.

“Le chiavi ecco, la macchina, dall’altra parte della…”

E in meno di un secondo erano in auto, proprio mentre l’altro veicolo tornava indietro e sventagliava contro di loro un’altra selva di pallottole.

“Vuoi dirmi che diavolo vogliono da te quei…ci stanno seguendo” esclamò Reid osservando l’auto dietro di loro.

“Non è il momento delle spiegazioni” ribattè William sterzando all’improvviso sulla destra, evitando per un pelo un camion di trasporti eccezionali e finendo quasi sul marciapiede.

Il cellulare di Gideon suonò.

Era Garcia.

“Garcia, sì sì..stiamo bene, siamo sulla 33°, sì è qui con me, ma dovete inviarci rinforzi, subito, dove…dove stiamo andando??!Non lo so non…attento attento!!” gridò rivolto a William che aveva appena passato un incrocio senza rallentare minimamente.

Il cellulare gli sfuggì di mano “maledizione!!”.

“Dove diavolo sta andando??!” urlò armeggiando col telefono, che non voleva più saperne di accendersi.
“Sto cercando di seminarli non vede??!”

“Perché ce l’hanno con lei? Cos’ ha fatto?”

Reid si guardò intorno, erano finiti in un quartiere periferico. Si domandava se Garcia sarebbe riuscita a trovarli.

Doveva fare in fretta.

In quel momento di udì uno scoppio “la gomma…” sussurrò e poi chiuse gli occhi.

Finirono contro un idrante, da cui l’acqua cominciò a zampillare con forza.

Uscirono dalla macchina, piuttosto malconci, ma ancora interi.

L’auto che li seguiva frenò con una sgommata.

Scesero tre uomini. Uno di loro con una pistola in mano puntata contro di loro esclamò “piacere di rivederti William!”.

Si risvegliò sul duro pavimento di una vecchia abitazione, almeno doveva essere così dati i muri preda della muffa.

C’era qualcuno che stava parlando, o litigando.

“No!! Non se ne parla”

“E invece dovete farlo, so come gestirli…dovete sbrigarvi, saranno qui a momenti…”

“Ehi” Reid strizzò gli occhi e riconobbe le sagome del padre e di Gideon.

“Bentornato” esclamò Gideon, poi tornò a rivolgersi a William “no, assolutamente no!!”.

“Che cosa…” sussurrò Reid ancora confuso.

“Il tuo simpatico genitore qui ha un piano…”

“Ehi aspettate...” cominciò Reid, quella situazione non gli piaceva.

“Loro vogliono delle cose da me” cominciò William.

“Questo era evidente” osservò Gideon.

“Posso prendere tempo e farvi uscire di qui, loro vogliono solo me”.

Gideon scosse la testa dubbioso.

“Cosa volete fare? Aspettare finché non ci troveranno? Non sanno nemmeno dove siamo..i vostri colleghi ci metteranno un bel po’ e intanto…”

“Ci troveranno…” mormorò Reid…dopotutto avevano trovato gente con meno indizi che una sparatoria in pieno centro, sarebbero arrivati e…

“Quei tizi lì fuori non scherzano” tornò alla carica William.

“Proprio per questo non possiamo…”Gideon si interruppe sentendo dei passi provenire da fuori.

“Deve portarlo fuori di qui!” esclamò William parlando a Gideon ma guardando il figlio.

In quel momento Reid cominciò a capire e a scuotere la testa impercettibilmente.

“Mi ascolti, posso prendere tempo, posso farlo, so delle cose che a loro interessano. Posso farvi uscire, ma dovete lasciarmi tentare…”.

La porta si aprì.

“Vi darò quello che volte, ma lasciateli andare. Loro non c’entrano niente”.

Gli uomini armati lo avevano guardato sprezzanti.

In fondo, due vite in più o in meno non erano niente per loro che si erano già macchiati di tanti crimini.

“Perché dovremmo farlo?” domandò un uomo alto, con un passamontagna sul volto.

“Perché quello che sa…” fece un altro, smilzo, anche lui col volto coperto

“Non ve lo dirò finché loro non saranno fuori da qui” esclamò William deciso.

“No…” mormorò Reid e fece un passo in avanti.

Gideon lo strattonò per un braccio.

“Vi ho detto che lo farò, lasciateli uscire”.

L’uomo che sembrava il capo diede una scrollata di spalle “perché sei così sicuro che li lasceremo andare?”

“Ho fiducia” rispose piano William.

L’uomo sogghignò.

Per lui, dopotutto era un gioco.

L’avrebbe accontentato e poi li avrebbe fatti fuori con calma.

Fece segno agli altri di lasciarli andare.

Gideon strinse più forte il braccio di Reid.

“Andiamo”.

Reid lo guardò, perché, perché rinunciava così?

Gideon aveva trattato con i più efferati criminali, con il killer del sentiero, poteva riuscirci lui…

“Lasciami “.

“Reid non ricominciare”.

“Va’ con lui” esclamò William, con un sorriso triste sul volto.

“No aspetta cos’hai intenzione di…”

Si volse verso Gideon e poi verso il padre.

Gideon scambiò una breve occhiata con William, fu un attimo…

“No ..aspetta” Reid faceva resistenza, me erano quasi sulla soglia.

“Oh maledizione!!!” esclamò William Reid passandosi una mano tra i capelli “Vattente!!vattente!!!” gridò con quanto fiato aveva in gola “non mi serve un piagnucolone come te qui adesso, vattene, vattene non mi servi” .

Reid lo fissò allibito “ ma io…”

“Insomma io mi sto stancato” fece uno degli uomini armati “perché non li facciamo fuori e basta?”.

In quel momento da fuori si udirono le sirene e una voce metallica, probabilmente filtrata da un megafono che gridava: “Siete circondati!”.

Quello che avvenne poi, successe molto in fretta.

Così in fretta che Reid, pur con tutta la sua memoria fotografica non ne avrebbe conservato solo qualche fuggevole ricordo che avrebbe preferito non avere.

L’uomo alto tornò a puntare la pistola contro di loro, mentre gli altri due si guardavano intorno, in cerca di una via di fuga.

Bastò quell’attimo di distrazione, William, che era vicino allo spilungone ne approfittò per spingerlo a terra.

“Via via”.

Partì un colpo.

Grida concitate, anche da fuori.

Stava per scoppiare il caso.

L’ultima cosa che sentì e vide fu William che urlava al di sopra delle grida e del frastuono “Lo porti via, porti mio figlio fuori di qui!”

Gideon lo spinse fuori, mentre dietro di loro esplodevano pezzi di vetro ovunque.

Rotolò giù dalle scale con qualcuno avvinghiato sopra di lui, poi sbattè forte la testa contro il duro selciato di cemento.

Cercò di rialzarsi, ma una presa d’acciaio lo tenne giù “lasciami”.

Si voltò verso l’abitazione dove si trovavano un momento prima e mosse qualche passo prima che la vedesse prendere fuoco, esplodendo.

Reid fu nuovamente spinto a terra, ma riuscì a tirarsi , barcollando leggermente.

Mosse qualche altro passo traballante, nonostante il calore sprigionato dall’edificio fosse insopportabile.

Il tetto crollò con un frastuono assordante.

Ai suoi piedi c’era una sagoma informe, ma lui non la degnò di uno sguardo.

“Fermo Reid, non puoi andare dentro!!” Due braccia robuste lo afferrarono da dietro. Era Gideon che, zoppicante, era riuscito a raggiungerlo, prima che si avvicinasse troppo.

Ricaddero entrambi a terra.

“Non posso lasciarlo lì”mormorava meccanicamente Reid “per piacere, per piacere, non possiamo, non…”

“Non guardare, Reid, non guardare “ sussurrò Gideon passandogli una mano sugli occhi e tentando di trascinarlo via.

Lui si divincolò, avrebbe guardato tutto lo spettacolo.

Morgan li raggiunse.

“Per favore, per favore…lui è lì”

“Tranquillo Reid, è tutto finito” sussurrava Morgan sapendo che nessuna di quelle parole arrivava all’amico.

Gideon si voltò verso la casa in fiamme che agonizzava alle sue spalle.

Nessuno poteva uscir vivo da un simile inferno.

“Come va, ancora niente?”

Prentiss fece no con la testa.

Gideon annuì.

Ormai erano trascorsi diversi giorni dal giorno dell’incendio, ma Reid si rifiutava di parlare con loro.

In realtà si rifiutava di parlare con chiunque, compresa la madre che era arrivata con un aereo in tutta fretta.

Gideon girò piano la maniglia ed entrò nella stanza, illuminata da una lieve penombra.

Reid era vicino alla finestra, appoggiato alla parete.

“Reid…” sussurrò piano per non spaventarlo.

Quello che era successo naturalmente era tremendo, ma Gideon era consapevole che Reid non avrebbe risolto niente standosene così.

Aveva bisogno di parlare con qualcuno dell’accaduto… e poi c’era la madre.

Quella faccenda era sfuggita loro di mano.

Adesso c’era persino aperta un’inchiesta degli affari interni sul loro ruolo in tutta la vicenda.

L’FBI si domandava come avessero fatto due agenti a trovarsi coinvolti in una sparatoria e in incendio di proporzioni immani.

Sfortuna aveva voluto che l’abitazione dove erano stati condotti fosse situata vicino a un deposito di legname.

Gideon si passò nervosamente una mano tra i radi capelli.

“Rilassati” si impose mentalmente “se capisce che sei turbato anche tu, lui lo sarà di conseguenza”.

“Reid” provò di nuovo per catturare la sua attenzione.

Quali erano le parole adatte? Dove poteva trovare le frasi giuste per un’occasione simile? E ce n’erano?

Non lo sapeva, non aveva mai affrontato una cosa del genere, una cosa che lo riguardasse così da vicino.

Ma sapeva che doveva trovarle, da qualche parte…per lui…

“È inutile che ci provi” lo anticipò il giovane.

Gideon ci rimase di sasso.

“So quello che vorresti dire…” tacque per un momento, poi continuò “che non è colpa mia, certo lo so che non lo è…è tutto un gran pasticcio vero?” esclamò voltandosi finalmente verso di lui e mordendosi un labbro.

Gideon non potè negarlo.

Reid annuì “già…”

“Tua madre…” sussurrò Gideon e subito si pentì di aver introdotto quell’argomento. Come poteva pretendere che il giovane si confrontasse con la madre, quando…

“Lo so” rispose Reid piano “ devo parlare con lei vero?” e nei suoi occhi c’era un’espressione così desolata che Gideon avrebbe solo voluto abbracciarlo.

Ma non lo fece.

“Non devi se non vuoi” fu tutto quello che riuscì a dire.

Reid annuì e nei suoi occhi c’era solo una muta domanda che pretendeva una risposta, ma Gideon non ce l’aveva.

Come avrebbe potuto suggerirgli cosa dire a una donna in precarie condizioni mentali che aspettava di sapere che il marito da poco ritrovato era morto e che non sarebbe più tornato.

Era troppo.

Era troppo persino per lui.

“Mi accompagneresti da lei?” domandò infine il giovane.

Non appena lo vide lei lo abbracciò.

Poi gli prese la testa tra le mani, scostandogli i capelli dal volto “stai bene?”

Lui annuì.

“Non sai quanto mi hai fatto preoccupare”.

Reid annuì “ m-mi dispiace”.

sono contenta che tu stia bene” riprese la donna.

Reid cercò di sorridere e la fece accomodare su una delle poltrone.

Lanciò un’occhiata di sfuggita a Gideon, appoggiato a una parete con le braccia incrociate sul petto.

“Mamma c’è una cosa…”

Esitò. In fondo, si trattava di poche, semplici parole, ma perché gli riuscivano così difficili da pronunciare? L’aveva fatto altre volte, in altre occasioni, ma…

T-ti ricordi che l’ultima volta che ci siamo visti abbiamo parlato di papà vero?”.

Diana lo guardò sorpresa, cominciando a torturarsi le mani “io…”

“Sai che lui è venuto a trovarmi…”.

Lei annuì confusa “ma cosa c’entra questo…”.

“Lui…è venuto da me, perché aveva bisogno, ma io…non l’ho capito…” la voce gli tremò e dovette sforzarsi per andare avanti “io l’ho mandato via”.

Lei lo abbracciò “non devi preoccuparti di questo tesoro, vedrai ti perdonerà”.

Se solo quell’abbraccio avesse potuto durare per sempre.

“No” sussurrò lui scostandosi “non è possibile mamma. Non-non è più possibile”.

La guardò negli occhi vide la consapevolezza farsi largo…”ma cosa?”.

Poi capì.

Lanciò un urlo, profondo, sordo.

  
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