CAPITOLO
1
MAI
DA SOLO
Il
giorno dopo, Edward stava meglio.
Tutti
i suoi amici restavano sempre con lui in ospedale, Envy e Roy restavano a
dormire lì durante la notte.
Non
lo lasciavano mai da solo.
Il
Comandante non lasciava un momento la sua stanza, stava sempre con
lui.
E
il ragazzo di questo ne era felice.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Il
rombo di un tuono fece vibrare pericolosamente i vetri delle finestre
dell’ospedale.
Edward,
a quel suono, alzò la testa dal libro che stava leggendo.
Pioveva
a dirotto.
Come
incantato, rimase per alcuni minuti a fissare la pioggia cadere aldilà del
vetro, picchettandolo leggera, era un suono così bello.
Il
giovane poggiò sul comodino il libro e scostò piano le lenzuola, per poi
alzarsi; nella stanza non c’era nessuno in quel momento, Envy era uscito un
istante a parlare con Roy e gli altri e lui si godeva un po’ di
tranquillità.
Con
passo malfermo, raggiunse l’ampia vetrata e poggiò la fronte sul vetro, fissando
le gocce che scivolavano davanti a lui; non capiva il perché, ma vedere il
rincorrersi di tutte quelle piccole goccioline gli strappò un
sorriso.
Con
un gesto lento, aprì la finestra, beandosi della fresca brezza e della
sensazione dell’acqua sul suo volto, non si era mai sentito così calmo e in pace
con sé stesso, per un istante aveva anche scordato chi fosse, tanto era perso
nella contemplazione di quel paesaggio che, seppur all’apparenza malinconico, lo
rasserenava.
Si
perse nel lento cadere ritmico della pioggia e del suo suono così piacevole,
poggiò mollemente i gomiti sul davanzale, fissando distratto il cortile
dell’ospedale, deserto e tranquillo.
Fu
richiamato alla realtà da due braccia che gli si erano allacciate alla vita e da
una voce divertita che gli soffiava all’orecchio: “Preferisci la pioggia al
sottoscritto? Dovrei ritenermi offeso.” lo canzonò quella voce conosciuta, che
strappò un sorriso al biondino; Ed si voltò, incrociando lo sguardo color onice
del suo Fuhrer, che lo abbracciava: “Nay, come potrei? Dove eri finito? Mi stavo
preoccupando.” rispose lui, ricambiando l’abbraccio, “Stavo parlando con gli
altri riguardo a quello che è successo, siamo piuttosto preoccupati, ma vedo che
non ti stai annoiando a restar da solo. Ero sicuro di trovarti a letto, che ci
fai in piedi? Dovresti riposare ancora…” interloquì il moro, carezzandogli
delicatamente i capelli, “mmmm, un tuono mi ha distratto…” mugolò lui, contento
di quelle attenzioni, “Mi piace la pioggia, anche da piccolo, mi rasserenava
ascoltare il suo lento picchettare sui vetri di casa, vorrei uscire e correre
sotto l’acqua come quando ero piccolo…” sospirò il biondo, scostandosi
leggermente e guardando nuovamente fuori dal vetro con aria
malinconica.
Il
moro gli diede un bacio sulla tempia: “Quando sarai guarito, potrai uscire,
adesso non mi sembra il caso, rischieresti di ammalarti.” osservò con aria
critica Roy, “Ma se vuoi, possiamo andare a fare un giro sotto il porticato.”
gli sorrise divertito; il viso, fino a pochi istanti prima triste, di Edward si
illuminò: “SI!” esclamò lui, abbracciandolo forte.
L’uomo
sorrise.
Adorava
vedere il suo compagno felice, adorava il suo sorriso solare, adorava tutto di
quel ragazzino indisciplinato che però amava più di sé stesso; istintivamente,
il suo sguardo cadde sulla fede sottile di oro bianco che portava all’anulare, e
non poté fare a meno di pensare a quel giorno lontano nel tempo in cui le loro
anime si erano legate per l’eternità.
“Forza,
andiamo!” esclamò il moro, sciogliendo l’abbraccio; senza tanti complimenti, lo
prese in braccio e se lo caricò in spalla, tra le urla di disappunto del minore,
che cercava di divincolarsi senza successo, per poi farlo sedere sulla sedia a
rotelle accanto al letto, e coprendolo con una coperta
militare.
Con
un gesto elegante, levò il freno e lo condusse fuori dalla stanza: “Io e
Fullmetal andiamo a fare un giro, torniamo presto!” aveva annunciato una volta
fuori a tutti i loro amici, “D’accordo, ma attento Roy, non stancarlo troppo, è
ancora convalescente, Non sarebbe saggio!” ridacchiò Hughes beffardo, facendo
arrossire i due, “HUGHES!!” ringhiò il Comandante, il viso che ormai aveva
superato tutte le possibili gradazioni di rosso, prima di portare via il
compagno.
Tutti
risero.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Roy
spingeva piano la sedia a rotelle su cui era seduto il suo amato sotto l’ampio e
protetto porticato, sorridendo sornione all’espressione beata del ragazzino che
fissava rapito la pioggia.
Avrebbe
passato ore a fissarlo, avrebbe voluto proteggerlo, gli sembrava così fragile in
quel momento; il Fuhrer strinse i pugni, chi mai aveva potuto fare quello al suo
Edward?
L’avrebbe
pagata cara, molto cara.
Odiava
vedere il suo amore in quelle condizioni.
Con
un gesto dolce, cominciò a carezzargli piano i capelli.
Si
era spaventato troppo quando aveva ricevuto quella
telefonata.
Maledizione
a lui quando non si era imposto per la scorta!
Ora,
il suo Edward aveva rischiato di morire e tutto per un suo errore, per un suo
errore, aveva rischiato di perderlo.
Silenziosamente,
aveva cominciato a piangere, non se n’era neppure accorto, sentiva solo un gran
dolore, e voleva sfogarlo.
Sentiva
le lacrime bruciargli gli occhi e picchettargli sulla mano, che stringeva forte
la barra della carrozzella; cominciò a singhiozzare.
“Roy,
cos’hai?”.
La
voce preoccupata del suo Ed riscosse il moro dal suo dolore, che abbassò lo
sguardo, asciugandosi le lacrime: “N…Nulla, non preoccuparti..” singhiozzò lui,
carezzandogli i capelli e tentando di ricacciare le lacrime.
Si
erano fermati presso un chiostro, e ora osservavano la pioggia cadere
placida.
Edward
lo guardò fisso negli occhi, prendendogli la mano: “Roy, dimmi cos’hai.” affermò
il biondo, con un tono che non ammetteva repliche, “Se hai qualcosa, voglio
saperlo… Sto male a vederti così…” sussurrò lui, gli occhi lucidi, “Ti
prego..”.
Roy
si diede dello stupido.
Lo
aveva fatto preoccupare inutilmente.
E
dire che doveva riposare e non subire alcun tipo di stress, soprattutto
emotivo.
Il
Comandante affondò il viso nei capelli profumati del minore, stringendolo forte
a sé: “Roy, che ti prende?” interloquì preoccupato Ed, “è colpa mia… è colpa mia
se sei in queste condizioni…” singhiozzò lui, abbracciandolo forte,
“Perdonami…”.
Il
biondo ricambiò a fatica l’abbraccio, il moro gli stava facendo male al fianco
ferito.
“Per
cosa, scusa?” riuscì a dire con voce spezzata, “Se sei rimasto ferito è stata
colpa mia, io non ho insistito per la scorta, ti ho affidato l’incarico… Se non
ci fosse stato Envy, io ti avrei perso…” sussurrò stancamente lui; Edward sgranò
gli occhi, allora era quella la ragione: “Roy, ascoltami.” disse serio,
sollevandogli il viso, “Ti prego, abbracciami..” affermò solo, anche lui aveva
gli occhi lucidi.
Il
Fuhrer non se lo fece ripetere due volte.
Lo
sollevò piano, come se fosse un bambino, lo prese in braccio e lo abbracciò
forte.
Una
folata di vento gelido fece rabbrividire il minore, che si accoccolò
maggiormente al petto di Roy, in cerca di calore.
Il
maggiore afferrò la coperta e gliela drappeggiò addosso: “Va meglio?” chiese
lui, “Si, grazie…” sorrise lui, prima che le labbra del Fuhrer si posassero
leggere sulle sue; al lieve contatto, le sue si aprirono leggermente,
permettendo alla lingua dell’altro di farsi largo.
Si
scambiarono un lungo e desiderato bacio d’amore fino a che non poterono più
resistere e si staccarono piano, Edward sempre in braccio a Roy, le braccia
allacciate al suo collo: “Ti amo Roy…” sussurrò lui, accoccolandosi, “Anche io
Edward, anche io…”.
E
rimasero così a lungo, abbracciati, la pioggia era la loro colonna sonora, la
colonna sonora di un amore dolce e puro.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
La
notte era ormai calata su South City.
La
pioggia era cessata da alcune ore, e il cielo era tornato sereno e trapunto di
stelle.
Una
figura snella camminava per il cortile dell’Ospedale, dirigendosi a passo svelto
verso l’edifico principale.
La
Luna inargentava tutto, conferendo al luogo un atmosfera quasi
divina.
Aveva
appena imboccato il viale alberato che conduceva all’ingresso quando due figure
oscure sbucarono da dietro un albero, aggredendolo violentemente; per un pelo,
la figura li evitò: “Chi siete??” sbraitò, mettendosi in guardia e levandosi il
mantello; le due figure sghignazzarono, “è agile, Comandante, ma non abbastanza
per scappare in eterno.. Una persona la sta aspettando, non sarebbe carino farla
attendere, no?” ringhiò una delle due, con voce melliflua.
Improvvisamente,
qualcosa colpì il Fuhrer al capo.
In
un istante, sotto l’occhio vigile della Luna, il buio si impadronì di
lui.
I
due misteriosi nemici lo portarono via.
Sul
terreno rimasero il mantello e una busta.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Edward
fu svegliato da uno strano ronzio.
Il
giovane aprì stancamente un occhio, mugolando, accorgendosi di essere ancora
nella sua stanza.
Ma
era da solo.
Il
ronzio veniva da fuori.
Stancamente,
il ragazzo si lasciò scivolare giù dal letto, la casacca del pigiama sopra le
ginocchia, e si aggrappò saldamente al reggi flebo; mosse qualche passo in
direzione della porta, sempre reggendosi al tubo metallico mobile e socchiuse la
porta, facendo entrare nella stanza un debole spiraglio di
luce.
Guardò
fuori, coprendosi gli occhi per proteggersi dalla luminosità: vide i suoi amici
discutere animatamente con Fury, che teneva in mano una
busta.
Si
guardò attorno.
Roy
non c’era.
“Ma
dov’è finito?” mormorò preoccupato, sfregandosi gli occhi e passandosi una mano
sulla fronte, “Dannazione, ho ancora la febbre, che seccatura..” sbuffò lui,
poggiando la mano sulla maniglia della porta, aprendola; uscì nel corridoio,
erano tutti lì.
“Cosa
sta succedendo qui? Che ore sono?” domandò con voce impastata di sonno ai suoi
compagni, “EDWARD! Che ci fai in piedi?” esclamò stupita Riza, accorgendosi
della presenza del più giovane tra loro, “Mi sono svegliato.. Che sta
succedendo? Dov’è Roy?” chiese lui, poggiandosi al muro.
La
squadra si paralizzò.
Havoc
lo guardò confuso, Riza giocherellava con la fede, Hughes teneva il capo
chino.
“Ragazzi,
ma che succede?” chiese ancora, con una punta di timore nella voce; Fury si alzò
in piedi, scambiandosi un occhiata con i suoi colleghi: “Edward, qualcuno ha
rapito il Fuhrer e… Hanno lasciato questa per te, assieme a questo..” sussurrò
il moretto occhialuto, dandogli la busta e il mantello.
Il
biondo sgranò gli occhi, boccheggiando, come era… Stringeva forte quel mantello,
sentiva ancora l’odore del suo Roy; con mano tremante, aprì la busta e spiegò la
lettera la suo interno.
“La
vendetta è un piatto che va gustato gelido.
Dopo
quattro anni, finalmente, avrò giustizia, e vendetta.
Edward
Elric, io ti lancio il guanto di sfida.
Ti
aspetto tra un mese alle rovine della Costa Ovest.
F.”
Il
biondo strinse convulsamente i pugni.
Il
viso spaventosamente pallido, contratto dalla rabbia.
Lentamente,
ripiegò il foglio sotto lo sguardo timoroso dei suoi compagni: “Edward scusaci,
è colpa nostra… Avremmo dovuto accompagnarlo” disse Riza ma il giovane scosse la
testa, “Non è colpa vostra, davvero, e poi, sapete benissimo che non ve lo
avrebbe mai permesso.” disse, alzando lo sguardo, “Non lascerò il Fuhrer nelle
loro mani, devo raggiungere questo bastardo e accettare la sua sfida!” esclamò
furibondo lui, mollando il reggi flebo, “Domattina mi farò dimettere,
ritorneremo a Central e poi partirò per l’Ovest.” affermò spaventosamente calmo,
reggendosi a fatica in piedi.
Havoc
balzò su: “è una follia, non ti reggi neppure in piedi, come pensi di affrontare
un viaggio simile?? Non te lo permetteremo mai!” urlò il tenente, “Jean ha
ragione, è troppo rischioso, non ce la faresti mai a raggiungerlo, non in queste
condizioni. E poi, avranno sicuramente approntato delle trappole lungo la
strada, questa gente ti vuole morto!” ribadì Riza, guardandolo preoccupata, “Lo
so, ma non posso tirarmi indietro… Hanno Roy, devo salvarlo…” mormorò lui, “Non
posso coinvolgere voi, non sarebbe giusto farvi rischiare così tanto, andrò da
solo.” boccheggiò lui.
“Ma..
Edward, non puoi dire una cosa simile..” fece per dire Falman, ma fu bloccato
dalle urla furibonde del biondo.
“ORA
BASTA!!! SONO IL VOSTRO SUPERIORE E VI ORDINO DI ESEGUIRE I MIEI COMANDI SENZA
DISCUTERE!!!” urlò Ed, il viso rosso e contratto, la voce dura e
aggressiva.
SCIAFF!!
Un
sonoro schiaffone si era abbattuto con violenza sulla guancia del
ragazzo.
Envy
aveva schiaffeggiato l’amico.
Calò
il silenzio: Edward si teneva la guancia pulsante e ferita, guardandolo con
sorpresa.
“Sei
uno stupido!”.
Envy
gli urlò contro, prendendolo per un braccio, “Sei davvero uno stupido!! Secondo
te potremmo mai lasciarti solo in un momento simile?? Siamo anche noi in
pensiero per il Fuhrer e anche per te, proprio per questo non ti lasceremo mai
partire da solo, su questo ci puoi giurare! Se vogliamo correre questi rischi, è
perché ti vogliamo bene. Ho fatto una promessa, e voglio mantenerla, ti
proteggerò!” urlò Envy, il volto contratto in una smorfia di rabbia e
frustrazione, “il nostro amico ha ragione, ci siamo trovati in situazioni molto
peggiori, e ne siamo usciti sempre, tutti insieme. Non vi abbandoneremo certo
ora.” asserì Hughes con un sorriso, “GIUSTO!!” ruggirono tutti gli altri,
alzando in aria i pugni.
Edward
si guardò attorno, stupito, poi scrollò le spalle con un sorriso rassegnato:
“Avete vinto voi…. Scusatemi, ho reagito male..” affermò con voce stanca,
coprendosi gli occhi con la mano e lasciandosi cadere contro la parete; fu preso
la volo da Riza: “Non preoccuparti, ora vieni, torniamo in camera, Jean,
aiutami, tenente colonnello, vada a cercare un infermiera.” ordinò Riza,
conducendo il superiore nella sua stanza, praticamente svenuto in braccio a lei,
mentre Hughes correva via.
Envy,
invece, si avvicinò al telefono.
Doveva
assolutamente parlare con una persona.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Tre
giorni dopo, il gruppo si ritrovò alla stazione centrale di South
City.
Il
rivedere quel posto suscitò in loro una serie di splendidi e malinconici
ricordi.
Da
una di quelle banchine, pochi mesi prima, erano partiti, a bordo dell’Amestris
Express, ignari dell’avventura che avrebbero vissuto, mossi solo dalla
vendetta.
“Forza,
andiamo!! Ci stanno aspettando!!” aveva interloquito Envy, scuotendo tutti dal
loro torpore di ricordi, guidandoli verso una banchina poco
lontana.
Tre
persone stavano aspettando, ritte sul binario.
Accanto,
un treno.
Con
un balzo, il detective gli fu davanti, abbracciandoli: “NEESAN!!! NIISAN!!
NIISAN!!!” urlò lui.
Il
gruppo li ragggiunse, non credevano ai loro occhi: “Lust! Da quanto tempo!”
aveva esclamato sorpreso Ed, vedendo l’amica, “Salve a tutti! Ciao Edward, mio
fratello mi ha parlato di quello che è successo, non preoccuparti, non lasceremo
il Fuhrer in mano loro, siamo qui per aiutarvi! Questi sono Greed e Pride, sono
i miei gemelli, saranno anche loro dei nostri! Vedrete, sapranno rendersi
utili!” aveva esclamato radiosa, presentandoli.
I
due si fecero innanzi: “Piacere..” salutarono con un leggero
inchino.
Il
gruppo di militari guardò stupito il treno alla loro destra.
L’avevano
riconosciuto.
“Ma…
Ma questo…” boccheggiava Hughes, indicandolo con mano tremante, “Si, è proprio
lui, l’Amestris Express, Envy mi ha spiegato tutto, vi aiuterò volentieri!!!
FORZA, A BORDO!!” ordinò raggiante lei.
BUONANOTTE!!!
Eccomi
di nuovo qui!!!
Un
nuovo capitolo, tutto per voi!
Beh,
non ce la facevo a resistere!!!
Volevo
troppo postare questo capitolo, e devo solo ringraziare SHIKA se ha potuto
vedere la luce così presto, ed ELISETTA e PAPY e LIRIS, DEVO RINGRAZIARE TUTTI
VOI!!!
VI
ADORO!!!
GRAZIE
DI CUORE!!!
SIETE
I MIGLIORI!!
UN
BACIONE
SHUN