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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    27/10/2008    4 recensioni
"Notte buia, senza luna né stelle. Nuvole oscure gravide di pioggia lambivano il cielo notturno. Il deposito ferroviario di South City era immerso nel buio e nel silenzio. Rottami metallici formavano grossi ammassi sparsi disordinatamente qua e là, vecchi tranci arrugginiti di rotaie buttati alla rinfusa sul terreno duro e ghiaioso. Vecchi vagoni ormai in disuso stavano ribaltati e semi distrutti qua e là, i vetri distrutti. Un ombra scivolava silenziosamente tra i rottami, nascondendosi e mimetizzandosi nel buio: era una figura agile e snella; un pallido raggio di luna, sbucato dalle nubi nere, lo illuminò per un istante, mostrando una fluente capigliatura mora e due profondi occhi di un lucente viola, in mano teneva una pistola, era solo un ragazzo." SALVE! Shun è tornata!! Beh, coloro che hanno seguito una mia vecchia fic sanno che mi era spiaciuto molto quando la conclusi. Ecco, ora la sottoscritta si è imbarcata in una nuova avventura! BACK TO THE EXPRESS è il ricominciare del viaggio, del nostro viaggio. Del viaggio dell’AMESTRIS EXPRESS. Questa storia è dedicata a colei che mi ha fatto sorridere, che ha approvato la nascita di questo seguito, che ha dato l’input per la storia. È dedicata a SHIKADANCE. È solo merito suo se questa storia ha visto la luce. Beh, che dire, divertitevi e godetevi questo nuovo viaggio!!! UN BACIO SHUN EPILOGO ONLINE!!! PRESTO, UN CAPITOLETTO SPECIALE!!!
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Edward Elric, Envy, Nuovo personaggio, Roy Mustang, Un pò tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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My Fic

CAPITOLO 1

MAI DA SOLO

 

Il giorno dopo, Edward stava meglio.

Tutti i suoi amici restavano sempre con lui in ospedale, Envy e Roy restavano a dormire lì durante la notte.

 

Non lo lasciavano mai da solo.

Il Comandante non lasciava un momento la sua stanza, stava sempre con lui.

 

E il ragazzo di questo ne era felice.

 

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Il rombo di un tuono fece vibrare pericolosamente i vetri delle finestre dell’ospedale.

 

Edward, a quel suono, alzò la testa dal libro che stava leggendo.

 

Pioveva a dirotto.

 

Come incantato, rimase per alcuni minuti a fissare la pioggia cadere aldilà del vetro, picchettandolo leggera, era un suono così bello.

Il giovane poggiò sul comodino il libro e scostò piano le lenzuola, per poi alzarsi; nella stanza non c’era nessuno in quel momento, Envy era uscito un istante a parlare con Roy e gli altri e lui si godeva un po’ di tranquillità.

Con passo malfermo, raggiunse l’ampia vetrata e poggiò la fronte sul vetro, fissando le gocce che scivolavano davanti a lui; non capiva il perché, ma vedere il rincorrersi di tutte quelle piccole goccioline gli strappò un sorriso.

 

Con un gesto lento, aprì la finestra, beandosi della fresca brezza e della sensazione dell’acqua sul suo volto, non si era mai sentito così calmo e in pace con sé stesso, per un istante aveva anche scordato chi fosse, tanto era perso nella contemplazione di quel paesaggio che, seppur all’apparenza malinconico, lo rasserenava.

Si perse nel lento cadere ritmico della pioggia e del suo suono così piacevole, poggiò mollemente i gomiti sul davanzale, fissando distratto il cortile dell’ospedale, deserto e tranquillo.

 

Fu richiamato alla realtà da due braccia che gli si erano allacciate alla vita e da una voce divertita che gli soffiava all’orecchio: “Preferisci la pioggia al sottoscritto? Dovrei ritenermi offeso.” lo canzonò quella voce conosciuta, che strappò un sorriso al biondino; Ed si voltò, incrociando lo sguardo color onice del suo Fuhrer, che lo abbracciava: “Nay, come potrei? Dove eri finito? Mi stavo preoccupando.” rispose lui, ricambiando l’abbraccio, “Stavo parlando con gli altri riguardo a quello che è successo, siamo piuttosto preoccupati, ma vedo che non ti stai annoiando a restar da solo. Ero sicuro di trovarti a letto, che ci fai in piedi? Dovresti riposare ancora…” interloquì il moro, carezzandogli delicatamente i capelli, “mmmm, un tuono mi ha distratto…” mugolò lui, contento di quelle attenzioni, “Mi piace la pioggia, anche da piccolo, mi rasserenava ascoltare il suo lento picchettare sui vetri di casa, vorrei uscire e correre sotto l’acqua come quando ero piccolo…” sospirò il biondo, scostandosi leggermente e guardando nuovamente fuori dal vetro con aria malinconica.

 

Il moro gli diede un bacio sulla tempia: “Quando sarai guarito, potrai uscire, adesso non mi sembra il caso, rischieresti di ammalarti.” osservò con aria critica Roy, “Ma se vuoi, possiamo andare a fare un giro sotto il porticato.” gli sorrise divertito; il viso, fino a pochi istanti prima triste, di Edward si illuminò: “SI!” esclamò lui, abbracciandolo forte.

 

L’uomo sorrise.

 

Adorava vedere il suo compagno felice, adorava il suo sorriso solare, adorava tutto di quel ragazzino indisciplinato che però amava più di sé stesso; istintivamente, il suo sguardo cadde sulla fede sottile di oro bianco che portava all’anulare, e non poté fare a meno di pensare a quel giorno lontano nel tempo in cui le loro anime si erano legate per l’eternità.

 

“Forza, andiamo!” esclamò il moro, sciogliendo l’abbraccio; senza tanti complimenti, lo prese in braccio e se lo caricò in spalla, tra le urla di disappunto del minore, che cercava di divincolarsi senza successo, per poi farlo sedere sulla sedia a rotelle accanto al letto, e coprendolo con una coperta militare.

 

Con un gesto elegante, levò il freno e lo condusse fuori dalla stanza: “Io e Fullmetal andiamo a fare un giro, torniamo presto!” aveva annunciato una volta fuori a tutti i loro amici, “D’accordo, ma attento Roy, non stancarlo troppo, è ancora convalescente, Non sarebbe saggio!” ridacchiò Hughes beffardo, facendo arrossire i due, “HUGHES!!” ringhiò il Comandante, il viso che ormai aveva superato tutte le possibili gradazioni di rosso, prima di portare via il compagno.

 

Tutti risero.

 

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Roy spingeva piano la sedia a rotelle su cui era seduto il suo amato sotto l’ampio e protetto porticato, sorridendo sornione all’espressione beata del ragazzino che fissava rapito la pioggia.

 

Avrebbe passato ore a fissarlo, avrebbe voluto proteggerlo, gli sembrava così fragile in quel momento; il Fuhrer strinse i pugni, chi mai aveva potuto fare quello al suo Edward?

L’avrebbe pagata cara, molto cara.

 

Odiava vedere il suo amore in quelle condizioni.

 

Con un gesto dolce, cominciò a carezzargli piano i capelli.

Si era spaventato troppo quando aveva ricevuto quella telefonata.

 

Maledizione a lui quando non si era imposto per la scorta!

 

Ora, il suo Edward aveva rischiato di morire e tutto per un suo errore, per un suo errore, aveva rischiato di perderlo.

 

Silenziosamente, aveva cominciato a piangere, non se n’era neppure accorto, sentiva solo un gran dolore, e voleva sfogarlo.

 

Sentiva le lacrime bruciargli gli occhi e picchettargli sulla mano, che stringeva forte la barra della carrozzella; cominciò a singhiozzare.

 

“Roy, cos’hai?”.

La voce preoccupata del suo Ed riscosse il moro dal suo dolore, che abbassò lo sguardo, asciugandosi le lacrime: “N…Nulla, non preoccuparti..” singhiozzò lui, carezzandogli i capelli e tentando di ricacciare le lacrime.

 

Si erano fermati presso un chiostro, e ora osservavano la pioggia cadere placida.

 

Edward lo guardò fisso negli occhi, prendendogli la mano: “Roy, dimmi cos’hai.” affermò il biondo, con un tono che non ammetteva repliche, “Se hai qualcosa, voglio saperlo… Sto male a vederti così…” sussurrò lui, gli occhi lucidi, “Ti prego..”.

 

Roy si diede dello stupido.

 

Lo aveva fatto preoccupare inutilmente.

 

E dire che doveva riposare e non subire alcun tipo di stress, soprattutto emotivo.

 

Il Comandante affondò il viso nei capelli profumati del minore, stringendolo forte a sé: “Roy, che ti prende?” interloquì preoccupato Ed, “è colpa mia… è colpa mia se sei in queste condizioni…” singhiozzò lui, abbracciandolo forte, “Perdonami…”.

 

Il biondo ricambiò a fatica l’abbraccio, il moro gli stava facendo male al fianco ferito.

 

“Per cosa, scusa?” riuscì a dire con voce spezzata, “Se sei rimasto ferito è stata colpa mia, io non ho insistito per la scorta, ti ho affidato l’incarico… Se non ci fosse stato Envy, io ti avrei perso…” sussurrò stancamente lui; Edward sgranò gli occhi, allora era quella la ragione: “Roy, ascoltami.” disse serio, sollevandogli il viso, “Ti prego, abbracciami..” affermò solo, anche lui aveva gli occhi lucidi.

 

Il Fuhrer non se lo fece ripetere due volte.

Lo sollevò piano, come se fosse un bambino, lo prese in braccio e lo abbracciò forte.

 

Una folata di vento gelido fece rabbrividire il minore, che si accoccolò maggiormente al petto di Roy, in cerca di calore.

Il maggiore afferrò la coperta e gliela drappeggiò addosso: “Va meglio?” chiese lui, “Si, grazie…” sorrise lui, prima che le labbra del Fuhrer si posassero leggere sulle sue; al lieve contatto, le sue si aprirono leggermente, permettendo alla lingua dell’altro di farsi largo.

 

Si scambiarono un lungo e desiderato bacio d’amore fino a che non poterono più resistere e si staccarono piano, Edward sempre in braccio a Roy, le braccia allacciate al suo collo: “Ti amo Roy…” sussurrò lui, accoccolandosi, “Anche io Edward, anche io…”.

 

E rimasero così a lungo, abbracciati, la pioggia era la loro colonna sonora, la colonna sonora di un amore dolce e puro.

 

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 La notte era ormai calata su South City.

 

La pioggia era cessata da alcune ore, e il cielo era tornato sereno e trapunto di stelle.

 

Una figura snella camminava per il cortile dell’Ospedale, dirigendosi a passo svelto verso l’edifico principale.

 

La Luna inargentava tutto, conferendo al luogo un atmosfera quasi divina.

 

Aveva appena imboccato il viale alberato che conduceva all’ingresso quando due figure oscure sbucarono da dietro un albero, aggredendolo violentemente; per un pelo, la figura li evitò: “Chi siete??” sbraitò, mettendosi in guardia e levandosi il mantello; le due figure sghignazzarono, “è agile, Comandante, ma non abbastanza per scappare in eterno.. Una persona la sta aspettando, non sarebbe carino farla attendere, no?” ringhiò una delle due, con voce melliflua.

 

Improvvisamente, qualcosa colpì il Fuhrer al capo.

 

In un istante, sotto l’occhio vigile della Luna, il buio si impadronì di lui.

 

I due misteriosi nemici lo portarono via.

 

Sul terreno rimasero il mantello e una busta.

 

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Edward fu svegliato da uno strano ronzio.

Il giovane aprì stancamente un occhio, mugolando, accorgendosi di essere ancora nella sua stanza.

 

Ma era da solo.

 

Il ronzio veniva da fuori.

 

Stancamente, il ragazzo si lasciò scivolare giù dal letto, la casacca del pigiama sopra le ginocchia, e si aggrappò saldamente al reggi flebo; mosse qualche passo in direzione della porta, sempre reggendosi al tubo metallico mobile e socchiuse la porta, facendo entrare nella stanza un debole spiraglio di luce.

 

Guardò fuori, coprendosi gli occhi per proteggersi dalla luminosità: vide i suoi amici discutere animatamente con Fury, che teneva in mano una busta.

 

Si guardò attorno.

 

Roy non c’era.

 

“Ma dov’è finito?” mormorò preoccupato, sfregandosi gli occhi e passandosi una mano sulla fronte, “Dannazione, ho ancora la febbre, che seccatura..” sbuffò lui, poggiando la mano sulla maniglia della porta, aprendola; uscì nel corridoio, erano tutti lì.

 

“Cosa sta succedendo qui? Che ore sono?” domandò con voce impastata di sonno ai suoi compagni, “EDWARD! Che ci fai in piedi?” esclamò stupita Riza, accorgendosi della presenza del più giovane tra loro, “Mi sono svegliato.. Che sta succedendo? Dov’è Roy?” chiese lui, poggiandosi al muro.

 

La squadra si paralizzò.

 

Havoc lo guardò confuso, Riza giocherellava con la fede, Hughes teneva il capo chino.

 

“Ragazzi, ma che succede?” chiese ancora, con una punta di timore nella voce; Fury si alzò in piedi, scambiandosi un occhiata con i suoi colleghi: “Edward, qualcuno ha rapito il Fuhrer e… Hanno lasciato questa per te, assieme a questo..” sussurrò il moretto occhialuto, dandogli la busta e il mantello.

Il biondo sgranò gli occhi, boccheggiando, come era… Stringeva forte quel mantello, sentiva ancora l’odore del suo Roy; con mano tremante, aprì la busta e spiegò la lettera la suo interno.

 

“La vendetta è un piatto che va gustato gelido.

Dopo quattro anni, finalmente, avrò giustizia, e vendetta.

Edward Elric, io ti lancio il guanto di sfida.

Ti aspetto tra un mese alle rovine della Costa Ovest.

F.”

 

Il biondo strinse convulsamente i pugni.

Il viso spaventosamente pallido, contratto dalla rabbia.

 

Lentamente, ripiegò il foglio sotto lo sguardo timoroso dei suoi compagni: “Edward scusaci, è colpa nostra… Avremmo dovuto accompagnarlo” disse Riza ma il giovane scosse la testa, “Non è colpa vostra, davvero, e poi, sapete benissimo che non ve lo avrebbe mai permesso.” disse, alzando lo sguardo, “Non lascerò il Fuhrer nelle loro mani, devo raggiungere questo bastardo e accettare la sua sfida!” esclamò furibondo lui, mollando il reggi flebo, “Domattina mi farò dimettere, ritorneremo a Central e poi partirò per l’Ovest.” affermò spaventosamente calmo, reggendosi a fatica in piedi.

 

Havoc balzò su: “è una follia, non ti reggi neppure in piedi, come pensi di affrontare un viaggio simile?? Non te lo permetteremo mai!” urlò il tenente, “Jean ha ragione, è troppo rischioso, non ce la faresti mai a raggiungerlo, non in queste condizioni. E poi, avranno sicuramente approntato delle trappole lungo la strada, questa gente ti vuole morto!” ribadì Riza, guardandolo preoccupata, “Lo so, ma non posso tirarmi indietro… Hanno Roy, devo salvarlo…” mormorò lui, “Non posso coinvolgere voi, non sarebbe giusto farvi rischiare così tanto, andrò da solo.” boccheggiò lui.

 

“Ma.. Edward, non puoi dire una cosa simile..” fece per dire Falman, ma fu bloccato dalle urla furibonde del biondo.

 

“ORA BASTA!!! SONO IL VOSTRO SUPERIORE E VI ORDINO DI ESEGUIRE I MIEI COMANDI SENZA DISCUTERE!!!” urlò Ed, il viso rosso e contratto, la voce dura e aggressiva.

 

SCIAFF!!

 

Un sonoro schiaffone si era abbattuto con violenza sulla guancia del ragazzo.

 

Envy aveva schiaffeggiato l’amico.

 

Calò il silenzio: Edward si teneva la guancia pulsante e ferita, guardandolo con sorpresa.

 

“Sei uno stupido!”.

 

Envy gli urlò contro, prendendolo per un braccio, “Sei davvero uno stupido!! Secondo te potremmo mai lasciarti solo in un momento simile?? Siamo anche noi in pensiero per il Fuhrer e anche per te, proprio per questo non ti lasceremo mai partire da solo, su questo ci puoi giurare! Se vogliamo correre questi rischi, è perché ti vogliamo bene. Ho fatto una promessa, e voglio mantenerla, ti proteggerò!” urlò Envy, il volto contratto in una smorfia di rabbia e frustrazione, “il nostro amico ha ragione, ci siamo trovati in situazioni molto peggiori, e ne siamo usciti sempre, tutti insieme. Non vi abbandoneremo certo ora.” asserì Hughes con un sorriso, “GIUSTO!!” ruggirono tutti gli altri, alzando in aria i pugni.

 

Edward si guardò attorno, stupito, poi scrollò le spalle con un sorriso rassegnato: “Avete vinto voi…. Scusatemi, ho reagito male..” affermò con voce stanca, coprendosi gli occhi con la mano e lasciandosi cadere contro la parete; fu preso la volo da Riza: “Non preoccuparti, ora vieni, torniamo in camera, Jean, aiutami, tenente colonnello, vada a cercare un infermiera.” ordinò Riza, conducendo il superiore nella sua stanza, praticamente svenuto in braccio a lei, mentre Hughes correva via.

 

Envy, invece, si avvicinò al telefono.

Doveva assolutamente parlare con una persona.

 

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Tre giorni dopo, il gruppo si ritrovò alla stazione centrale di South City.

 

Il rivedere quel posto suscitò in loro una serie di splendidi e malinconici ricordi.

 

Da una di quelle banchine, pochi mesi prima, erano partiti, a bordo dell’Amestris Express, ignari dell’avventura che avrebbero vissuto, mossi solo dalla vendetta.

 

“Forza, andiamo!! Ci stanno aspettando!!” aveva interloquito Envy, scuotendo tutti dal loro torpore di ricordi, guidandoli verso una banchina poco lontana.

 

Tre persone stavano aspettando, ritte sul binario.

 

Accanto, un treno.

 

Con un balzo, il detective gli fu davanti, abbracciandoli: “NEESAN!!! NIISAN!! NIISAN!!!” urlò lui.

 

Il gruppo li ragggiunse, non credevano ai loro occhi: “Lust! Da quanto tempo!” aveva esclamato sorpreso Ed, vedendo l’amica, “Salve a tutti! Ciao Edward, mio fratello mi ha parlato di quello che è successo, non preoccuparti, non lasceremo il Fuhrer in mano loro, siamo qui per aiutarvi! Questi sono Greed e Pride, sono i miei gemelli, saranno anche loro dei nostri! Vedrete, sapranno rendersi utili!” aveva esclamato radiosa, presentandoli.

I due si fecero innanzi: “Piacere..” salutarono con un leggero inchino.

 

Il gruppo di militari guardò stupito il treno alla loro destra.

 

L’avevano riconosciuto.

 

“Ma… Ma questo…” boccheggiava Hughes, indicandolo con mano tremante, “Si, è proprio lui, l’Amestris Express, Envy mi ha spiegato tutto, vi aiuterò volentieri!!! FORZA, A BORDO!!” ordinò raggiante lei.

 

BUONANOTTE!!!

Eccomi di nuovo qui!!!

Un nuovo capitolo, tutto per voi!

 

Beh, non ce la facevo a resistere!!!

 

Volevo troppo postare questo capitolo, e devo solo ringraziare SHIKA se ha potuto vedere la luce così presto, ed ELISETTA e PAPY e LIRIS, DEVO RINGRAZIARE TUTTI VOI!!!

 

VI ADORO!!!

 

GRAZIE DI CUORE!!!

SIETE I MIGLIORI!!

 

UN BACIONE

SHUN

   
 
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