**BACK TO THE
EXPRESS**
PROLOGO
Notte buia, senza
luna né stelle.
Nuvole oscure
gravide di pioggia lambivano il cielo notturno.
Il deposito
ferroviario di South City era immerso nel buio e nel
silenzio.
Rottami metallici
formavano grossi ammassi sparsi disordinatamente qua e là, vecchi tranci
arrugginiti di rotaie buttati alla rinfusa sul terreno duro e
ghiaioso.
Vecchi vagoni
ormai in disuso stavano ribaltati e semi distrutti qua e là, i vetri
distrutti.
Un ombra
scivolava silenziosamente tra i rottami, nascondendosi e mimetizzandosi nel
buio: era una figura agile e snella; un pallido raggio di luna, sbucato dalle
nubi nere, lo illuminò per un istante, mostrando una fluente capigliatura mora e
due profondi occhi di un lucente viola, in mano teneva una pistola, era solo un
ragazzo.
Stava nascosto
dietro un vagone, accoccolato tra le ruote, scrutando l’oscurità attorno a
lui.
Quel silenzio
innaturale non prometteva nulla di buono, se lo
sentiva.
Improvvisamente,
si udì una scarica di colpi di arma da fuoco risuonare sordamente nella notte, e
un urlo penetrante di dolore.
La figura
impallidì, cosa era successo?
Doveva
assolutamente scoprirlo.
Silenzioso e
quasi invisibile, scivolò in avanti con uno scatto fulmineo, degno di un gatto,
e si diresse spedito verso il punto da cui si era udito l’urlo e gli spari;
guardingo, scivolò lungo le zone d’ombra, evitando i punti scoperti, la pistola
saldamente nella sua mano, pronta a far fuoco.
In quel momento,
udì una serie di passi lontani in corsa.
Qualcuno stava
scappando.
Il giovane
misterioso allungò il passo, il cuore oppresso da una strana e orribile
sensazione di pericolo.
Svoltato di
scatto dietro a un cumulo di vecchi rottami meccanici, sbucò in uno spiazzo
debolmente illuminato da un lampioncino che spandeva una luce arancione
spettrale tutto intorno.
Riverso a terra,
un corpo.
Il ragazzo
impallidì vistosamente, e si guardò attorno, preoccupato, poi rinfoderò l’arma e
corse affianco al corpo a terra; la persona a terra non poteva avere più di 18
anni, era un ragazzo come lui, il viso a terra, i lunghi capelli biondi sporchi
di terra e fango.
Il moro sentiva
di conoscerla.
Delicatamente,
poggiò due dita sul collo del ferito: i leggeri battiti del cuore indicavano che
era ancora vivo.
Con sollievo, lo
sollevò piano, cercando di girarlo senza accentuarne le ferite già gravi;
vedendone il viso, però, ebbe un tuffo al
cuore.
Quei lineamenti
gli erano tremendamente familiari.
L’aveva
riconosciuto.
“EDWARD!!” urlò
con voce strozzata il ragazzo, “Edward, svegliati, ti prego!” implorò lui,
terrorizzato, ma l’amico non reagì minimamente.
Il giovanissimo
detective non ci pensò su due volte: lo prese delicatamente in braccio, cercando
di tamponare le ferite più gravi: “Sta tranquillo, amico mio, ora ti porto al
sicuro.” sussurrò Envy, sparendo nella notte.
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“Pronto, qui
Headquartier di Central City, cosa posso fare per
lei?”
“Buonasera, scusi
per l’ora, ma ha bisogno di parlare urgentemente col Furher Mustang, è una cosa
molto importante.”.
“Ok, un momento..
Chi è lei, mi scusi?”
“Dica che sono
Envy, capirà.”
“D’accordo…”.
Il ragazzo moro
cominciò a picchettare nervosamente le dita sul telefono a muro, lanciando di
quando in quando occhiate nervose al corridoio deserto; erano arrivati di corsa
all’ospedale militare, dove avevano ricoverato d’urgenza il suo
amico.
Dovevano
operarlo.
Erano passati
ormai molti mesi dal loro ultimo incontro, ai tempi del glorioso Amestris
Express: “Sono sempre pronto a salvarti la vita Ed, ma cerca di non mollare
proprio ora, fallo per chi ti aspetta e soffrirebbe della tua scomparsa. Fallo
per chi sto chiamando.. Ricordi quanto fosse disperato qualche mese fa? Ti
prego, combatti…” singhiozzò sommessamente il giovane, cercando conforto nel
pianto.
In quel momento,
il filo dei suoi pensieri fu interrotto da una voce profonda che risuonava nella
cornetta: “Envy, sei tu? Cosa succede?”, la voce del Fuhrer Mustang suonava
ansiosa, quasi preoccupata, “Buonasera signore, scusi per l’ora, sono proprio
io. L’ho chiamata perché deve assolutamente raggiungermi qui.” parlò lui
stancamente, cercando di ricacciare indietro le lacrime, “Dove sei?” domandò
lui, “Sono a South City.” rispose solo.
Cadde uno
spiacevole silenzio per parecchi minuti.
“Envy, cosa è
successo?” ripeté lapidario l’uomo all’altro capo del
telefono.
Il giovane
sospirò.
“Hanno sparato a
Edward.”.
Altro lunghissimo
e glaciale silenzio.
“Ero in missione
per conto del Tribunale Militare, l’ho trovato nel deposito ferroviario, era
malconcio, ma vivo. Adesso lo stanno operando.” interloquì esausto
lui.
“Prendo il primo
treno per South City, tra quattro ore sono
lì.”.
Dopo un lungo
silenzio, il Fuhrer aveva parlato, la sua voce sembrava quasi ridotta a un
sussurro: “Mi raccomando, non lasciarlo solo, per favore..” terminò con voce
strana, quasi lo stesse supplicando, “Non si preoccupi, non è nemmeno da
chiedere. La aspetto qui.” affermò il ragazzo con un pallido sorriso prima di
chiudere la comunicazione.
In quel momento,
la porta della sala operatoria si spalancò, e ne uscì un medico, seguito da un
gruppo di infermiere che portavano una barella.
Edward era
vivo.
Subito il moro
raggiunse l’amico e si mise a parlare col dottore, il giovane aveva ancora le
vesti sporche di sangue, non aveva potuto pulirsi: “Dottore, come sta?” domandò
il ragazzo, “Sta meglio, figliolo. Gli abbiamo estratto cinque pallottole,per
puro miracolo non hanno leso organi vitali. Ma se si è salvato, non è solo
merito nostro, è anche merito tuo, che lo hai portato qua di corsa.” gli sorrise
lui; Envy spostò lo sguardo sull’amico con una stretta al cuore, il viso pallido
e tirato, la maschera dell’ossigeno su bocca e naso, le labbra livide e
socchiuse.
“Comunque non si
sveglierà prima di qualche ora. È riuscito a contattare qualche familiare?”, la
voce del medico riportò l’investigatore alla
realtà.
“Si, il Fuhrer
arriverà tra qualche ora… Gli ho promesso che lo avrei tenuto d’occhio, posso
andare?” domandò stanco lui, “Certo, segui le infermiere, sono sicuro che la tua
presenza gli sarà di conforto, almeno finché non arriveranno i familiari.” Lo
rassicurò l’anziano dottore, “Grazie di cuore…” riuscì solo a rispondere, prima
di seguire la barella con il suo amico sopra.
Alcuni minuti
dopo, il ragazzo si trovava nella stanza assieme al suo amico che riposava
tranquillo.
Una stretta
fasciatura su tutto il busto era già macchiata di
sangue.
Con un sospiro,
il moro prese una sedia e l’avvicinò al letto, sedendosi: “Chi è stato, amico?
Non preoccuparti, presto arriverà il tuo Comandante, anche tuo fratello. Ma fino
ad allora, non ti lascerò solo.”.
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Tre ore dopo la
situazione era sempre la stessa.
Il dottore era
venuto un paio di volte a controllare la situazione e si era mostrato
decisamente ottimista.
Il moro si stava
ormai appisolando sulla sedia, quando un gentile tocco sulla sua spalla lo fece
sobbalzare; voltandosi, incrociò lo sguardo di un infermiera dal dolce sorriso:
“Scusami, ti ho spaventato.. Ti ho
portato del caffè caldo. Bevine un po’, ti farà bene.” affermò lei, passandogli
la tazza in plastica, “Grazie signorina…” ringraziò lui, stanco e assonnato,
“Non preoccuparti, il dottore ha detto che ormai è fuori pericolo, ha superato
brillantemente la notte, guarirà presto.” lo rincuorò, mentre cambiava la flebo
ormai terminata, “Ne sono certo, il mio amico non si fa certo abbattere da una
sciocchezza del genere.” Gli sorrise di rimando
lui.
La giovane donna,
con un leggero inchino, uscì, portando con sé la flebo
vuota.
In quel momento,
il giovane udì un rumore di passi frettolosi nel corridoio; istintivamente,
guardò l’orologio al polso.
Erano a malapena
le cinque del mattino.
Curioso per tutta
quella confusione, mise la testa fuori dalla stanza, e fu così che notò un
gruppo di divise blu militari in fondo al corridoio; sorridendo, rientrò, erano
finalmente arrivati.
Tranquillamente,
si risedette al suo posto: “Sono arrivati.” disse solo, guardando la porta. Un
minuto dopo, essa si aprì, facendo entrare un uomo dai corti capelli neri,
accompagnato da un gruppo di persone; tutti quanti portavano le divise
dell’Esercito: “Come sta?” domandò subito Roy Mustang, visibilmente preoccupato,
“Salve a tutti.. Sta meglio, il dottore ha detto che è ormai fuori pericolo, ma
non si è ancora svegliato.” parlò Envy, alzandosi in piedi, “Noi usciamo capo,
lei resti con Edward.” interloquì il tenente Havoc, conducendo i suoi colleghi
fuori dalla stanza.
Il Comandante
ringraziò mentalmente il suo sottoposto, sedendosi al posto poco prima occupato
dal suo giovane amico; poggiò il mantello sullo schienale della sedia e prese
tra le sue mani quelle minute del ragazzo disteso a letto; a quel contatto,
Edward si mosse leggermente, le palpebre fremettero per poi aprirsi, mostrando
al Comandante uno sguardo opaco, “Ehi, come stai? È mai possibile che ti cacci
sempre nei guai se non ci sono io?” sorrise sollevato, sporgendosi maggiormente
sul ragazzo; il biondo rise, ma la sua risata somigliò più a un raglio
strozzato, “Hai ragione.. Cough!!
Cough!!” tossì Ed, “Sto meglio, non preoccuparti, ne ho passate di peggiori…Come
sono arrivato qui?” chiese con un sussurrò, cercando di mettersi seduto, “Ti ha
portato Envy, ti ha trovato nel deposito ferroviario ferito e ti ha condotto
all’ospedale.” spiegò il moro aiutandolo, “è qui fuori, ci sono anche gli altri,
vuoi che entrino?” chiese poi, “Si, grazie..” gli sorrise lui; Roy gli diede un
casto bacio, coprendogli le spalle con il proprio mantello, poi si diresse alla
porta.
Tutta la squadra
era seduta sulle poltroncine fuori dalla stanza, in evidente attesa, non mancava
proprio nessuno: Riza e Jean erano seduti uno di fianco all’altro, Falman, Fury
e Breda sedevano accanto a Envy e al tenente colonnello
Hughes.
Tutti erano
lì.
“Ragazzi, Edward
si è svegliato.”.
La voce del loro
Comandante li riscosse dal torpore.
“Vorrebbe
salutarvi.” aggiunse il moro, invitandoli a seguirlo; il Mustang Team non se lo
fece ripetere due volte e seguì il proprio Comandante nella
stanza.
Fullmetal li
accolse con un sorriso stanco, le braccia e il busto fasciate e il manto di Roy
drappeggiato sulle spalle: “Salve a tutti.” salutò lui, “Ehilà! Ci hai fatto
preoccupare!” esclamò con un sorriso sornione Hughes, “Scusate, mi caccio sempre
nei guai..” interloquì imbarazzato, “Tanto poi intervengo sempre io a salvarti
la pellaccia!” esclamò Envy, sbucando alle spalle del tenente colonnello, “Ehi,
grazie. Roy mi ha detto che sei stato te a portarmi qui, sono in debito con te,
amico.” gli sorrise il biondo, “non dirlo neanche, non ti avrei mai potuto
lasciare lì!” esclamò Envy, poggiandosi alla parete, “Cosa ci facevi lì?”
proseguì poi Ed, “Stavo indagando su una banda di assaltatori di treni per
ordine del Tribunale Militare.
Il biondo scoppiò
a ridere.
“Anche io sono
stato mandato per la stessa ragione,a quanto pare c’è un alchimista e mi hanno
mandato a raccogliere informazioni.” spiegò il
biondo.
“Di nuovo assieme
come ai vecchi tempi, eh?” sorrise il
detective.
SALVE!
Shun è
tornata!!
Beh, coloro che hanno
seguito una mia vecchia fic sanno che mi era spiaciuto molto quando la
conclusi.
Ecco, ora la sottoscritta
si è imbarcata in una nuova avventura!
BACK TO THE EXPRESS è il
ricominciare del viaggio, del nostro viaggio.
Del viaggio dell’AMESTRIS
EXPRESS.
Questa storia è dedicata
a colei che mi ha fatto sorridere, che ha approvato la nascita di questo
seguito, che ha dato l’input per la storia.
È dedicata a
SHIKADANCE.
È solo merito suo se
questa storia ha visto la luce.
Beh, che dire,
divertitevi e godetevi questo nuovo viaggio!!!
UN
BACIO
SHUN