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Autore: Gobbigliaverde    16/11/2014    4 recensioni
- Possibile che ho passato tre anni della mia vita a cercare di credere alla magia, e ora tutti mi dicono l'inverso? -
C'è chi perde la persona che ama, chi perde la strada, chi la famiglia, e chi la memoria. In questo mondo c'è di tutto. Ma siamo qui tutti assieme, su questo pianeta, per aiutarci a vicenda a ritrovare quel pezzettino di noi che abbiamo perso. In questa vita l'unica regola è rompere le regole... e queste regole sono dettate dalla magia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NUOVE E VECCHIE VITE

 

 

— Signorina, ha bisogno di una mano? — sento dire alle mie spalle.
    Mi volto di fretta, sto per ribattere qualcosa, ma le parole mi muoiono in bocca. Regina Mills. L’ultima persona che avrei voluto vedere. La donna che mi ha portato via Henry. Anche lei però sembra sorpresa. Forse più di me.
    — Lei… — sibila, puntandomi un dito contro.
    Non riesco a capire se sta parlando realmente con me. Mi volto a guardare se ho qualcuno alle spalle.
    — I-io? — balbetto, infilandomi le chiavi in tasca e appoggiandomi allo stipite della porta della mia vecchia stanza d’ospedale.
    — Sì, Lei. Cosa ci fa qui? Mi pareva di aver capito che era stata dimessa alcuni giorni fa. — La sua voce acida mi risuona nelle orecchie. Se desidera una sfida, sarò ben contenta di accontentarla.
    — Buon giorno, Regina — sputo fuori acidamente, stringendo i pugni fino a piantarmi le unghie nei palmi delle mani.
    — Buon giorno a Lei — risponde con indifferenza, sistemandosi i capelli neri sulle spalle. — Anche se non conosco il suo nome. Lei non è la tizia a cui ho detto di star lontana da mio figlio?
    E dire che pochi secondi fa avevo creduto che lei potesse sapesse tutto della magia e di ciò che mi è accaduto. Il mio super potere dice che non mente. Regina non sa nulla. E io sono punto e a capo.
    — Ho avuto qualche complicazione — mi affretto a rispondere. — Non ci si sveglia da un coma senza nessuna conseguenza. Piuttosto, Lei invece? Come mai qua? — Sorrido meglio che mi riesce, anche se ho un bruttissimo presentimento. 
    — Beh, signorina, io qui ci passo intere giornate — mi redarguisce, con l’espressione di chi non ha più voglia di fare conversazione. Nei suoi occhi scorgo una nota di tristezza e rassegnazione.
    Forse sono troppo azzardata, ma una preoccupazione mi assilla. — Se non sono indiscreta, posso chiederle come mai?
    — L’indiscrezione sembra essere uno dei suoi difetti peggiori a quanto pare — annuncia con tono plateale. — In ogni caso si tratta di mio figlio — sussurra poi, sfregandosi le mani.
    Ecco. Mio figlio. Mi sento morire. Cosa succede a mio figlio? So già che la risposta non mi piacerà affatto. So già che sentirò tutto il mondo crollarmi addosso.
    — Cos’ha a mio… suo figlio? — domando con il cuore che mi batte all’impazzata.
    Regina sbuffa risentita. — Ma lei non ha un minimo di riguardo, eh?
    Una voce calma interrompe la nostra conversazione prima che i toni possano diventare più accesi. — Regina, lascia perdere. È una donna confusa, ci penso io —Uncino è piombato nella stanza con un tempismo da maestro. È arrivato nel momento peggiore. Esigo sapere cosa succede a mio figlio.
    — Dottore, io non sono affatto confusa, voglio solo delle dovute risposte — ringhio infastidita. Mi pare di aver già specificato quanto non sopporti più venire trattata come un cucciolo ferito per il fatto del coma.
    — Regina, per piacere puoi uscire dalla stanza? Arrivo tra alcuni minuti — afferma Killian, ignorando bellamente il mio tono iroso.
    Regina annuisce a Killian, e fa come chiede. Siamo di nuovo soli. Io e lui. E sono certa che lui abbia tutte le risposte che cerco.
    — Posso sapere perché le interessa tanto di quel ragazzino? — mi domanda sospettoso, incrociando le braccia al petto.
    Perché? Perché è mio figlio, che diamine! Vorrei urlarglielo, ma non posso. — Si tratta di… — provo a dire, ma non mi viene in mente nulla. Penso alla risposta che potrei dare. — L’ho sognato… durante il coma, credo… — dico roteando gli occhi. Fingere su questo argomento mi riesce piuttosto bene, ora che tutti pensano solamente a questo.
    Killian sospira. — Beh, vede Signorina… cioè, Swan… Henry soffre di una malattia ereditaria sconosciuta. Ogni tanto sviene, sogna un mondo tutto suo, e quando si sveglia crede sia vero — asserisce.
    Il cuore mi batte all’impazzata. Taccio. Non è grave come credevo. — Ha detto “ereditaria”, quindi Regina è affetta dalla stessa malattia? — domando, anche se so bene la risposta. Voglio solo accertarmi che in questo mondo lui non sia davvero suo figlio.
    Killian scuote la testa. — No, Regina ed io abbiamo adottato Henry quando era molto piccolo.
    Strabuzzo gli occhi. Ora sono davvero sconvolta. — Regina e lei? È sposato con quella donna? — la mia voce si trasforma in un gridolino alla fine della frase. Killian Jones e Regina Mills. Non credo potesse capitarmi nulla di peggiore.
    Questa volta, senza che io lo volessi, Killian sembra irritato. — Certo, perché?
    Scuoto il capo. — No, nulla… Credo che sia ora che torni da Neal. Mi starà aspettando — mi affretto a dire. Sto per varcare la soglia della porta, immersa nei miei pensieri. Ora c’è un’altra domanda nella mia testa. Mi volto di scatto, e con voce ferma chiedo: — Killian, lei è felice?
    Lui mi rivolge un mezzo sorriso. — E chi lo è in questo mondo?
    Ritorno sui miei passi. Sto sorridendo, e so bene il perché. Quella risposta significa che ovunque sia il vero Killian Jones in questo momento, perso nei meandri della sua mente, mi sta aspettando.

Ritornando verso l’altra ala dell’ospedale ripenso alle sue parole. Henry soffre di una malattia ereditaria che gli crea falsi ricordi… Ma se io sono davvero la madre biologica, ammesso che lo sia, chi mi sa dire se io soffro della stessa malattia o i ricordi del coma sono veri? Nessuno. Ora è quasi certo che sono pazza. Ho deciso. Ancora un tentativo e poi mi arrenderò alla realtà di questa vita.
    Vedo Neal nell’atrio. Mi sta di certo aspettando.
    — Ciao — gli dico. Sorrido. Lui non ricambia. Perché non ricambia? È arrabbiato? — Ciao anche a te, Emma — mi rispondo da sola, con una lieve nota di astio nella voce.
    — Sì, scusa… stavo pensando… il dottore ha detto che hai un… grande margine di miglioramento, sei contenta? — Sorride. Indubbiamente è una bugia grande come un grattacielo a 20 piani.
    Faccio finta di nulla e gli porgo il biglietto da visita di Archie. — Vorrei provare… Magari la situazione può migliorare ancora più velocemente.
    Lui tace per un istante, ci pensa sù. — Penso che sia una buona idea, e questo “Archibald” mi sembra un tipo con un nome strano, ma a posto. Quindi va bene… Quando vorresti andarci?
    Nella mia testa sto sorridendo, ma non voglio darlo troppo a vedere. — Subito.

Neal sta per sedersi alla guida del mio maggiolino, ma lo batto sul tempo.
    — Cosa stai facendo? Non puoi assolutamente guidare, se ci fermano sei senza patente — mi dice preoccupato.
    Invece sì, ora posso guidare. Sto bene, non posso avere ricadute, sono a posto. Lo guardo male, e lui si siede sul sedile del passeggero. Metto in moto e parto. A metà strada ho un pensiero che mi balena per la mente.
    — Senti Neal… ti ricordi il nostro primo incontro? — chiedo con un mezzo sorriso.
    — Certo, come dimenticarlo, eri stupenda — mi dice, intento a scrutare fuori dal finestrino per avvistare una qualche pattuglia di polizia.
    Sorrido imbarazzata. — Ecco, se ci fermano, tu mi stai insegnando a guidare — affermo, contenta di aver trovato finalmente un punto d’incontro.
    Mi guarda perplesso. — Cioè? Non capisco… Cosa c’entra col matrimonio di tua sorella con la macchina?
    Eh? Matrimonio? Mia sorella? Schiaccio il pedale del freno con tutto il mio peso, e la macchina inchioda. Il terrore mi invade. Le mani sudate sono strette convulsamente sul volante. Anche i ricordi che appartengono a questo mondo sono cambiati radicalmente.
    — Mia sorella? — biascico.
    — Sì, sorellastra per la precisione… Lacey French — mi risponde prontamente, voltandosi verso di me.
    Belle è mia sorella? Ci sono davvero troppe cose che non tornano. — Se è mia sorella, perché non si è fatta viva mai dopo che mi sono svegliata? — chiedo più a me che a lui. La risposta mi sembra così chiara. Lei non è mia sorella.
    Vedo Neal mordersi le labbra. — Mi sembrava giusto aspettare a dirtelo… Quella notte, la notte dell’incidente, la stavi portando a casa… Lei… lei non ce l’ha fatta — disse d’un fiato.
    Belle è morta? In che razza di mondo sono? Le persone muoiono senza che io sappia nulla, accadono cose più inspiegabili della magia. Non voglio restare qui un minuto di più. Riaccendo il motore e senza dire una parola cambio immediatamente direzione. Devo entrare nel negozio di Tremotino.

  
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