Fanfic su attori > Jamie Campbell Bower
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Autore: Philly123    17/11/2014    3 recensioni
Londra.
Jamie vive da solo nel suo appartamento in centro, da qualche tempo si sente vuoto e anche i suoi amici non si fanno vivi.
Dorotea è una ragazza londinese con la passione per la pittura e il disegno.
Si incontreranno, più volte.
Qualcosa si nasconde nel passato di lei.
Jamie Campbell Bower sarà troppo assorbito dalla mondanità per prestare attenzione a una ragazza comune?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jamie Campbell Bower, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Lentamente, come quando ci si sveglia dopo un sonno profondissimo, ripresi coscienza. Notai subito l’ambiente bianco, quasi asettico che contrastava con il telaio ligneo delle finestre.
Sapevo di essermi addormentata alla festa, la sera prima, perché mi ricordavo di aver lottato contro il sonno, contro le palpebre che si abbassavano pesantemente, a causa di una giornata di lavoro. Quello, però, non era l’ambiente della festa. Mi girai sul fianco sinistro e mi accorsi che Jamie era accanto a me, dormiva con indosso soltanto i pantaloni della tuta, il trucco sulla sua faccia era stato tolto frettolosamente, lasciando diversi segni neri e bianchi.
Istintivamente, mi ritrassi da lui e mi passai una mano sulla spalla, guardando il mio corpo, per capire se fosse successo qualcosa che non ricordavo. Niente. In fondo, Jamie era un bravo ragazzo, si era fermato istantaneamente quando, per me, stava esagerando. Notai anche che indossavo ancora l’abito e le calze della sera prima, e sfiorandomi il volto, una striscia di colore venne trasferita sulla mia mano.
Lentamente scesi dal letto, ebbi un piccolo brivido quando il mio piede nudo toccò il parquet freddo, poi mi avviai, con passo felpato, verso la scala. Il piano inferiore era elegante e pulito, a eccezione delle cose che Jamie aveva buttato per terra la sera prima: i cappotti, le sue scarpe, la mia borsa. Non sapendo cosa fare da sola in quella casa così perfetta, mi avviai verso il divano di tessuto grigio rivolto verso il camino, su cui mi sarei accoccolata. Quel posto non sembrava per niente nello stile del ragazzo e ricordai quando mi aveva detto che anche casa sua era molto confusionaria.
Che bello frequentare gli attori, possono prenderti in giro quanto vuoi. Avevo appena pensato alla parola “frequentare”. Poteva avere molti significati, nell’ambito di una coppia, ma io avrei solo e comunque dovuto interderla come “passare del tempo”. Non dovevo illudermi di niente, Jamie era un attore famoso, un uomo che aveva tante possibilità con le ragazze, come potevo sperare che volesse “frequentarmi”? Probabilmente, appena sveglio, mi avrebbe chiesto di andarmene.
-Dori! Mi sono svegliato da solo e pensavo fossi andata via- sbiascicò la voce di Jamie alle mie spalle, più profonda del solito. Appena mi girai, lo vidi sul penultimo gradino, ancora a petto nudo che si stropicciava un occhio. Il suo fisico era praticamente perfetto, certo, era molto magro ma i muscoli spuntavano sotto la sua pelle, coperta da parecchi tatuaggi.
-Scusa, non sapevo cosa fare…- risposi, scuotendomi dai pensieri rivolti al suo corpo.
Lui si limitò a sorridere e si sedette accanto a me, poi mi sfiorò il viso con una mano. Sentii un brivido propagarsi dalla guancia verso tutto il corpo.
-Dovresti fare una doccia-
-Oh- esclamai, come aspettandomi qualcos’altro –Allora mi sa che tornerò a casa, prenderò un taxi.- feci per alzarmi, ma la mano di Jamie mi trattenne un polso. Non fu un’azione repentina, e lui non  strinse per niente, ma in uno scatto inconscio ritirai la mano.
-Ti ho fatto male? Non l’ho fatto apposta, mi dispiace. Volevo solo dirti che puoi rimanere qui, puoi farla qui la doccia-
-Non mi hai fatto male. Scusa, Jamie - risposi in tono dolce, mentre mi sedevo di nuovo accanto a lui.
-Ah, bhe… meglio così-
-Comunque dovresti farla anche tu una doccia- gli dissi, mentre ridevo guardando le sue sopracciglia biondissime che erano diventate grigie.
-Possiamo farla insieme, se pensi di non saper decidere chi dei due debba andare prima.- Il suo tono era arrogante e ammiccante. Scoppiai a ridere, dandogli uno schiaffo sul braccio.
-Mi ritiro, ti lascio il posto!- esclamai.
Lui, per niente demoralizzato, si prostrò verso di me, poggiando le labbra sulle mie. Di nuovo, sentii qualcosa bruciare, o bollire, dentro. Mettendogli una mano sul viso, toccai gli zigomi, alti e squadrati. Intanto, le sue mani mi stringevano, premevano sul mio corpo, cercavano di avvicinarmi a lui. Era la sensazione più forte e istintiva che avessi mai provato. Tutto il mio corpo chiedeva a gran voce di unirsi al suo, ma la testa non era d’accordo.
Non so cosa fece esattamente, quali furono i gesti che mi portarono a scattare. So solo che provai una grande paura, o meglio un grande panico. Mi staccai da lui con tutta la forza che avevo in corpo, quasi con violenza.
-Lasciami!- gli gridai in faccia. Mentre notavo la sua espressione stupita, imbarazzata e quasi ferita.
-Dori, cosa ho fatto?-
Mi allontanai dal divano senza rispondergli, cambiando addirittura stanza e andandomi a sedere al tavolo della cucina. Non sapevo quando avessi cominciato a piangere, ma ora capii che delle grosse lacrime mi solcavano il viso e il pianto, da inconscio e silenzioso, diventò isterico, un pianto da panico.
Passati dei lunghissimi momenti, sentii dei passi dietro di me, erano lenti e silenziosi. Non vidi niente perché tenevo il viso stretto tra le mani, e le ginocchia al petto ma sentii sussurrare dal basso.
-Dori…- Da una fessura delle mie dita, vidi Jamie rannicchiato a terra, accanto alla sedia.
Avrei voluto smetterla, dire che non era niente, come avevo fatto la sera prima, ma il pianto colmo di paura non riusciva a essere contenuto.
-Ti prego, vattene.- Mi uscì dalla bocca. Non volevo offenderlo, non avrei nemmeno voluto veramente che se ne andasse.
-Posso rimanere qui in silenzio finché non ti calmi?-
Mi limitai ad alzare e abbassare la testa, acconsentendo.
Dopo tantissimo tempo, riuscii a non piangere più, ma preferii non scoprire il viso.
-Penserai che sono pazza- sussurrai. Se Jamie non fosse stato così vicino non l’avrebbe mai sentito.
-Non penso che tu sia pazza, vorrei solo capire cosa ho fatto e cosa c’è che non va.- La sua voce era dolce e bassa, quasi sussurrata e trasmetteva grande calma.
-Te l’ho già detto, non hai nessuna colpa. È tutta colpa mia, sono io. Mi dispiace tantissimo. Ti conviene buttarmi fuori da casa subito, così da non darti più fastidio-
-Io non butto fuori da casa nessuno, tanto meno te.- Mentre parlava, la sua mano si avvicinò a me, sentii sfiorare la mia pelle del mio braccio, ma poi se ne distaccò in fretta, quasi preso da una scossa. Adesso aveva paura di toccarmi.
-Jamie, io non voglio crearti problemi- sbiascicai, con la bocca accostata alle ginocchia.
-Facciamo così, ora ti faccio un tè, poi ci sediamo a terra nell’altra stanza e parliamo un po’, okay? Io faccio sempre così quando devo pensare.-
Di nuovo, annuii senza dire una parola.
 
-Non vorrai ascoltare questa storia- sussurrai, seduta sul tappeto più morbido che avessi mai visto.
Jamie era accanto a me e io gli tenevo la mano, tracciando linee immaginarie sopra il tatuaggio sulla sua mano destra. Non lo guardavo in faccia, non l’avevo guardato nemmeno una volta, dopo quello che era successo.
-Lascia decidere a me se la voglio ascoltare.-
  
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