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Autore: maryclaire94    17/11/2014    3 recensioni
Il suo stato d’animo inquieto gli faceva tenere lo sguardo basso tanto da scorgere il retro di un paio di Manolo Blanik. Subito gli vennero in mente i pomeriggi di shopping insieme ad Hanna, ed un sorriso spontaneo si disegnò sulle sue labbra.
Caleb capendo di aver sbagliato ritornerà da Hanna, ma non sarà troppo tardi?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caleb Rivers, Hanna Marin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18

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I giorni passavano ed Hanna continuava a non ricordare nulla.

Nel frattempo era ritornata a scuola nel tentativo di recuperare gradualmente le sue  vecchie abitudini, ma niente andava come avrebbe voluto.

Si sentiva ogni giorno sempre più frustrata in quanto aveva costantemente bisogno di qualcuno che le indicasse i bagni o l’ufficio del Preside o che l’accompagnasse nelle aule per le lezioni. Anche a pranzo, il primo giorno di scuola, si era seduta in un tavolo che non era il solito e quando aveva visto le sue amiche qualche postazione più avanti, con dei visi pieni di compassione, e dei ragazzi davanti a lei con i vassoi colmi tra le mani in attesa che liberasse il “loro” tavolo, si era sentita così tanto in imbarazzo che era scappata via piangendo.

Raggiunta da Aria, Spencer ed Emily si era sfogata ed aveva detto tutto quello che si portava dentro da quando era ritornata a Rosewood.

<< Io capisco voi come potete sentirvi, così come Caleb. Mi volete bene e fareste di tutto per farmi ritornare la memoria ma io non ce la faccio. Non posso vedere i vostri visi pieni di tenerezza e le vostre premure come fossi malata. Voglio semplicemente cercare di ritrovare me stessa perché non lo so più chi sono e per farlo ho anche bisogno del vostro aiuto, che dite di essere le mie migliori amiche, ma senza pietà. Trattatemi come avete sempre fatto, vi prego! >> Disse, tirando su con il naso ed asciugandosi  le lacrime con i polpastrelli.

<< Hanna ti chiediamo scusa per averti dato questa impressione, ma temevamo di risultare troppo invadenti od insistenti. Eravamo in difficoltà perché non sapevamo come comportarci e siamo contente che tu ci abbia detto queste cose perché adesso ci è tutto più chiaro. >> Chiarì Spencer, parlando anche a nome delle altre.

<< Ti va stasera di cenare insieme a noi? >> Propose Aria. << Mio padre è a Syracuse quindi possiamo andare direttamente dopo scuola, così studiamo insieme, possiamo prendere qualcosa al “The Grille” per la cena e guardare un film. >> Continuò.

<< Si, certo che mi va! >> Rispose Hanna, regalando alle sue amiche dopo tanto tempo un piccolo sorriso.

Uscite da scuola, come d’accordo, si recarono a casa di Aria dove trascorsero un pomeriggio sereno. Dopo aver finito i compiti Hanna chiese alla sua amica se avesse qualche foto in cui erano insieme e fu così che iniziarono a percorrere il viale dei ricordi spiegandole le varie circostanze in cui erano state scattate.

Vi era la foto che le ritraeva distese sul prato insieme ad Alison, quella del loro primo Halloween insieme in cui lei era travestita da Britney Spears ed era visibilmente più in carne.

<< Ragazze ma sotto al vestito avevo dei cuscini per sembrare più grossa? >> Chiese, con un tono pieno di innocenza.

Aria, Spencer ed Emily rimasero come pietrificate, in totale silenzio e continuarono a fissarsi.

<< Allora? Ragazze avevamo detto che non dovevate crearvi problemi. >> Puntualizzò Hanna, capendo che qualcosa non andava.

<< Vedi Hanna, fino a qualche anno fa soffrivi di bulimia >> disse Emily, avvicinandosi alla ragazza e prendendola per mano, << non è stato un periodo per niente facile per te, con tanti sacrifici sei riuscita a perdere tanti chili e da quel momento segui delle regole ben precise dal punto di vista alimentare. >> Concluse, sentendosi molto in imbarazzo e cercando di essere molto delicata considerato l’argomento.

<< Ah! >> Affermò la ragazza, posando il muffin che stava mangiando e pulendosi le mani.

Rimase in silenzio per molto tempo, a fissare un punto indefinito. Anche se non lo dava a vedere si sentiva molto demoralizzata per la situazione in cui si trovava, non riusciva a ricordare neanche di aver sofferto di bulimia, un problema che segna la vita di ciascun individuo e specialmente di una donna. Passava del tempo con quelle che dovevano essere, così come dimostravano le foto, le sue migliori amiche ma non provava nessun affetto nei loro confronti, le vedeva sedute attorno al tavolino a spulciare le varie fotografie ed a ridere insieme e lei era come se si trovasse in un mondo parallelo a fare i conti con dei ricordi che non le appartenevano più e con un corpo che ospitava due Hanna: quella del passato che aveva sofferto di bulimia e ne era uscita, che aveva delle amiche disposte a tutto per lei ed un fidanzato che se fosse servito le avrebbe donato la propria vita; e quella attuale che viveva con il mal di testa cronico ed un gran casino dentro. Desiderava con tutta se stessa ritornare ad essere una sola Hanna ed avrebbe fatto di tutto affinché ciò potesse avvenire ma il medico era stato chiaro:” Non si può sapere con precisione quando i ricordi riaffioreranno, può bastare un luogo o una parola e questi ritorneranno a galla ma, purtroppo, potrebbero anche non riemergere più. In tal caso l’unica memoria da seguire ed ascoltare sarà quella delle sensazioni e delle emozioni.”

Una lacrima aveva fatto capolino ed era iniziata a scendere lenta ed inesorabile sul suo viso. Hanna aveva due possibilità: abbandonarsi allo sconforto ed iniziare a piangere o rimboccarsi le maniche e cominciare a reagire. Scelse la seconda opzione, si asciugò la lacrima e raggiunse le altre.

<< Allora, posso guardare anche io insieme a voi? >>

Ed insieme, come tutte le cose affrontate, sfidarono il fantasma dei ricordi.

<< Anche qui eravamo ad Halloween >> disse Spencer indicando la foto, << ti sei travestita da Marilyn Monroe e temevi che potessimo avere lo stesso abito! >>

<< Davvero? >> Chiese Hanna ridendo.

<< Ebbene si! >> Confessò la ragazza. << Qui invece indossiamo tutte abiti dell’età vittoriana. Sai per essere in tema con la festa che si svolgeva nel cimitero di una città da brivido. >> Commentò Aria che, al solo ricordo, sentiva accapponarsi la pelle.

<< Come ho fatto ad indossare quel vestito? >> Osservò Hanna perplessa, << immagino che quella specie di busto mi facesse mancare l’aria. >> Aggiunse.

<< In realtà è un corsetto >> puntualizzò Spencer << e, se non ricordo male, facesti lo stesso errore anche quella volta. >> notò, lasciandosi andare ad una risata divertita che coinvolse tutte le altre.

Trascorsero un altro po’ di tempo insieme e poi Hanna decise di ritornare a casa.

<< Ragazze io sono stanca, penso sia arrivato il momento di rientrare. >>

<< Vuoi che ti accompagno? >> Si propose Emily << Non mi costa nulla. >>

<< No, ti ringrazio ma preferisco fare quattro passi. Se non vi dispiace dovreste indicarmi la strada perché non vorrei perdermi. >> Affermò ironicamente.

Dieci minuti dopo si trovava per le vie di Rosewood. Era calata l’umidità per cui uscì dalla borsa il cappellino di lana e lo indossò, per non far aumentare il mal di testa già persistente. Mentre camminava si guardava intorno, andando alla ricerca di qualche luogo che potesse rievocarle ricordi così come aveva suggerito il medico. Intorno a sé vedeva solo piccole palazzine anonime, passò davanti alla stazione di polizia e vide un via vai di poliziotti e poi venne attratta da un piccolo parco. L’unico spazio verde, pensò. Attraversò la strada e si addentrò.

Mentre camminava vide un’altalena ed una persona seduta su una delle tre postazioni, inizialmente non riuscì a capire chi fosse poi lo riconobbe.

Caleb si recava spesso in quel parco. Il fruscio delle foglie mosse dal vento o i versi degli uccelli di mattina e dei grilli di sera lo facevano rilassare. In quell’angolo di paradiso lui riusciva ad estraniarsi dal mondo e da tutti i problemi e mai come in quel momento sentiva il bisogno di farlo, il bisogno di esaminare dall’esterno il momento delicato che stava vivendo Hanna e di riflesso anche lui.

Sentiva che non era totalmente indifferente ad Hanna, forse nel profondo del suo cuore lei conosceva i suoi sentimenti per lui, semplicemente doveva aspettare di prenderne nuovamente coscienza. Era questo, probabilmente, quello che lui poteva fare: dimostrare quanto era grande il suo amore e sperare di riscuotere, dallo stato di torpore in cui era caduto, quello della ragazza nei suoi confronti.

Si alzò di scatto ed urtò Hanna che nel frattempo si era avvicinata.

<< Hanna! Che ci fai qui? >> Chiese.

<< Ciao! Ho passato il pomeriggio a casa di Aria ed ora stavo ritornando a casa >> rispose, gesticolando in modo concitato, << mentre camminavo mi ha colpito questo angolo di verde e sono entrata… Ma stavi andando via? >> Domandò, vedendolo alzato

<< No, assolutamente! >> Fece Caleb, incrociando le braccia al petto. Inspiegabilmente, si sentiva molto goffo quando se la ritrovava davanti.

<< Allora sediamoci. >> Propose Hanna, indicando i posti dell’altalena. << Cosa facevi qui da solo? >>

<< In realtà ci vengo spesso, mi rilasso e riesco ad avere una visione più chiara delle cose. >> Poi, ripensando alla prima volta in cui c’era andato, continuò  << l’ho scoperto il giorno in cui ho saputo che mia madre viveva a Montecito ed aveva un marito e due figli. Ero a casa tua e mi sono offerto di andare a prendere due pizze, alla fine però mi hai raggiunto tu perché mi sono come volatilizzato. >> Al ricordo di quel momento gli scappò un sorriso. Aveva così tanto paura di soffrire ancora a causa dei suoi genitori e se non fosse stato per lei non li avrebbe mai ritrovati.

<< Devo tutto a te, sai? Mi hai tolto dalla strada fidandoti di un perfetto sconosciuto, mi hai convinto ad andare a Montecito per incontrare mia madre, hai capito che quello che io consideravo da sempre mio zio era in realtà mio padre >> quando parlava di lei gli occhi gli brillavano come due diamanti ed Hanna se ne accorse.

<< Io vorrei poterti amare almeno un quarto di quanto tu ami me! >> Confessò, iniziando a piangere << forse dovresti lasciarmi perdere, insomma io non mi sento a casa nella mia stessa casa, ho una grande confusione in testa. Non posso darti quello che meriti né ora e forse mai più >>

<< Ascolta! >> prese la mano di Hanna e la poggiò sul suo petto, nel punto dove si può sentire il cuore battere << questo cuore ha battuto, batte e batterà sempre e solo per te. Io non posso vivere senza di te, ci ho provato e fa tremendamente schifo. Hanna io ti amo, non puoi pensare che io ti lasci perdere. >> Caleb si avvicinò a lei, le accarezzò la guancia ed asciugò con il suo pollice una lacrima.

Dopo un breve periodo di silenzio che ai due ragazzi parve un’eternità Hanna disse:

<< Abbracciami, ti prego! >> Quelle parole rappresentavano una supplica, una richiesta di protezione da tutto quello che le stava capitando.

Ed, in quel momento, quella frase valeva per Caleb  più di qualsiasi gesto o di qualunque altra parola.
   
 
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