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Autore: _Riddle    17/11/2014    7 recensioni
{ ispirata vagamente a "Mad father" e a "Coraline"| Horror| probabilmete Splatter| AU | Contenuti forti | long }
§
Una famiglia trasferita_
Una bambola inquietante_
Una scoperta terribile_
§
“Quella è solo una bambola, un pezzo di
stoffa cucito male”
“Non è solamente una bambola, guarda i
suoi occhi: sono reali”
§
Creepy doll: la bambola dell'altro mondo
§
Genere: Angst, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bryce Whitingale/Suzuno Fuusuke, Claude Beacons/Nagumo Haruya
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Non è solo una fiaba.

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Le ultime luci del tramonto penetravano dalla finestra. Quella sera il cielo esibiva delle nuance accese: arancio pastello e rosa carico.
- Che punizione del cavolo – borbottò accigliato Nagumo, passando lo straccio logoro sulla superficie opaca della finestra che dava sul bosco, rendendola trasparente.
Si potevano distinguere nettamente le scie dove lucidava da quelle ancora sudice.
La madre del rosso si era arrabbiata proprio fuori misura, costringendolo a svolgere lavoretti di casa per un mese, incluso ripulire da cima a fondo la soffitta.
Quel luogo, dove adesso lavorava, appariva un tantino inquietante.
Le ragnatele penzolavano dal soffitto come festoni a una fiera. Per non parlare poi dell’ammasso di mobili, rovinati dal tempo, accatastati in un angolo della stanza.
Da lì provenivano dei rumori di natura sinistra. Gli scalpiccii risultavano perpetui e fastidiosi. Haruya scommise addirittura di aver scorto la lancetta dei minuti di un pendolo, fermo da innumerevoli anni, slittare tempestivamente verso le dodici.
Chissà di quale natura erano i mostriciattoli che indugiavano nell’ombra, nascosti da dita di polvere.
Ragni o topi, bah. Nessuno saliva mai nella soffitta oramai da un’eternità.
Quel posto odorava di libri arcani dalle pagine giallognole e datate, bucate da fori irregolari e riscoperti dopo secoli.
Nagumo si domandava se, in mezzo a tutti quei “ rottami ”, si potesse celare un tesoro antico, risalente magari a qualche epoca passata.
Le probabilità erano poche, ma tanto, prima o poi, l’avrebbe scoperto.
Passò i restanti minuti di luce a rilassarsi in un angolo della camera, seduto sulle assi di legno scricchiolanti.
Teneva raggruppate le gambe tra le braccia. Il volto, madido di sudore, sprofondava nel tessuto ruvido dei jeans, realizzati in demin verde militare.
Lentamente, quella superficie si ingrandì al tatto, inghiottendolo in un limbo tra la realtà e il sonno.
La porta accanto si spalancò di scatto, creando una folata d’aria che alzò un’ondata di granelli di sporco, adagiati sul pavimento e
ora svolazzanti come stormi d’uccelli in volo.
- Tutu, è pronta la cena! – trillò un esserino balzando qua e là con fare conigliesco.
Nagumo, basito da quell’entrata così improvvisa, ci mise qualche secondo per realizzare la situazione.
- Dai, spicciati! Altrimenti mamma s’arrabbia! – lo rimproverò severa, imbronciandosi come solo i bambini della sua età sapevano fare.
- Mako, adesso! – sbadigliò tramortito da cotanta irruenza, tramite una voce impastata dal riposo.
Si alzò e spolverò la maglietta con un colpo secco di nocche.
La minore lo afferrò per mano.
Il torpore non lo aveva abbandonato: rendeva le immagini sfocate e i suoni lontani, come proveniente da un luogo remoto e irraggiungibile.
Serrò le palpebre. Si sarebbe appisolato così volentieri.
I gradini scorrevano sotto ai suoi piedi, guidati dalla presa di Mako; calpestavano la moquette in modo disorganizzato, tanto da far sembrare il rosso sbronzo.
Ogni passo era un pesante calpestare di morbido pelame.

- Eccoli! – sbuffò la madre.
Slegò il cordone del grembiule salmonato da cuoca, sfoggiando un abito dal sapore signorile.
Poggiò poi la mano sulla spalla di Nagumo, esercitando una leggera pressione per accompagnarlo verso la sala da pranzo.
La mano era gentile, ma salda e decisa.
Il rosso non la scacciò, ancora insonnolito.
Improvvisamente, ogni mormorio concitato, che fino a un secondo prima infestava l’aria, si zittì.

E precipitò nell’ombra.
- Auguriii! – gridarono a pien polmoni gli ospiti.
Il rosso sobbalzò sul posto, sgranando le iridi dorate. La lunga tavola era ricoperta da una tovaglia in lino candido, rifulgiante al chiarore delle candeline che troneggiavano su una torta a tre strati.Il primo era avvolto da uno strato di pasta da zucchero bianca, che lasciava intravedere il pan di spagna farcito di crema; il secondo, probabilmente portante, esibiva una cascata di cioccolatini variopinti, dai quali gocciolava una miscela cremisi. L’ultimo, l’inferiore, era il più semplice, benché abbellito da minuscoli sbuffi di crema chantilly.
L’acquolina invase prepotentemente la sua bocca, solleticando il palato con le numerose bollicine. Haruya strinse le labbra per non sporcarsi il mento, scacciando poi dalla propria visuale quella portata idilliaca.Si era completamente dimenticato del suo compleanno.

 

§

 

Sbattè con veemenza la porta in mogano, per poi abbandonarsi alla fragrante essenza del fresco lenzuolo. La festa coi parenti era risultata un mero disastro, o meglio, una noia mortale.
Chi mai avrebbe voluto ascoltare la predica della propria nonna, che auspica, cinicamente, di vivere anche solo la metà dei suoi anni? D’accordo che quando si giunge alla veneranda età di cento-tre anni il cervello parte verso un luogo non precisato dalle cartine geografiche, ma, almeno un po’ di contegno, Nagumo se lo sarebbe aspettato. E invece no, una cruda e possibile realtà servita in un piatto freddo come il gelo perenne.
Inoltre il rosso, invece di gustarsi teneramente il dolce, aveva dovuto dividerlo esattamente a metà con la zuccherosa Mako, che per poco non soffocava con la panna montata.
Per non parlare delle discutibili inclinazioni sadiche di zia Kozlov: la signora Haruya, sbalordita fuori misura, si era presa l’obbligo di spiegarle che la sperimentazione sugli animali non era un hobby, bensì una ricerca scientifica.
L’anziana, offesa e scettica, se n’era fuggita irata, soffiando a denti stretti qualche imprecazione in russo.
Ma il vero dispiacere da parte di Nagumo era stato rappresentato dal vedere un posto a tavola vuoto, ove il centrino recitava, con caratteri brillanti, “ Suzuno Fuusuke”.
Aveva sperato fino all’ultimo che l’albino si facesse vivo.
Non capiva nemmeno perché ci tenesse così tanto a quell’antipatico apatico paralitico, eppure, qualcosa in lui, gli suggeriva che fosse meraviglioso contemplare ancora quelle gote lattee imporporarsi.
O forse no.
Come poteva solo pensare certe scenepaggini?
“ Sarà l’ora che mi fa pensare queste cose ridicole…” sospirò assonnato, rintanandosi sotto le coperte.
Si rannicchiò in posizione fetale, divenendo un tortellino vivente, e, a poco a poco, si immerse nel magico regno di Morfeo.



§



- Sveglia, devo dirti una cosa -.
Una voce metallica tintinnò, come uno scontro tra campanelli, nella penombra mattutina.
Nagumo aprì un occhio, per controllare da dove provenisse il suono, con i sensi annebbiati dal riposo.
Suzuno, d’altro canto, si sarebbe aspettato una, anche minima, reazione a quelle parole, eppure niente: l’altro lo continuava a fissare come se niente fosse, come se lui non ci fosse.
Beandosi di quella luce soffusa e tenue che emanavano le iridi siderali dell’albino, serrò la palpebra, delineando per una frazione di secondo un sorriso.
- Cos’è, mi prendi in giro anche? - ribattè confuso Fuusuke, in tono canzonatorio.
- é importante -
Tornò nuovamente serio.
Davvero non riusciva ad appurare il senso di quell’espressione che il rosso gli stava rivolgendo; così, per svegliarlo completamente, gli strattonò violentemente il braccio, strappandogli inavvertitamente il pigiama.
Haruya si ridestò di scatto, alzandosi irruentemente a sedere, con le gambe incrociate e i piedi scalzi.
- Ebete! Mi hai rovinato il pigiama nuovo! – sbraitò agitando i pugni verso l’alto.
- Sai quanto è costato questo a mia mamma, eh? Lo sai? –
- Con tutti i quattrini che possiede il Signor Rob potrai permetterti vestiti assai più ingenti e pregiati – strascicò sbadigliando l’albino, coprendo col palmo della mano le labbra.
Il rosso stava per controbattere, ma una domanda spontanea gli uscì di bocca.
- Come mai chiami tuo papà Signor? –
L’atmosfera si fece inavvertitamente tesa. Persino Nagumo riuscì a captare un’aria vagamente imbarazzata e fuori posto.
L’azzurro sembrava spiazzato da quella curiosità, quasi a disagio; giocherellava nervosamente con un ciuffo dei capelli, lisciandoselo con le dita.
Stava prendendo tempo.
- Non credo, anzi, ne sono pienamente certo – attaccò mieloso, aprendo un sorriso enigmatico - che sia un argomento che ti debba minimamente toccare…-
Se la aspettava quella risposta tagliente.
- Comunque, sono qui, adesso, per chiarirmi un paio di cosette…-
- Parla - proseguì il rosso, tentando invano di mascherare la curiosità che, mano a mano, germogliava nella sua mente.
- Esattamente tre giorni or sono, ovvero il giorno della tua brillante spedizione nel bosco, non è stato un caso che mio padre, o come più ti accomoda ch’io l’appelli, ti esortasse a portarmi con te. Glielo ho chiesto io –
- Perché mi dici questo? – domandò impaziente l’altro.
- Aspetta. Non per far un’amabile – e sottolineò quell’aggettivo – passeggiata in tua compagnia, i miei scopi erano ben lungi da esso -.
- Spiegati meglio -.
- Non interrompere – scandì le lettere in modo sistematico, per calcare il suo nervosismo.
- Tempo fa, nella biblioteca della villa, mi sono imbattuto in un testo alquanto insolito, di provenienza sud-americana, ove, al termine d’ogni pagina, vi era stampato il simbolo di una libellula, o meglio, una chiave a forma di libellula, cerchiata più e più volte da una sostanza rossa. Dopo essermi documentato, ho scoperto che alcune popolazioni indigene di quell’area praticavano il culto della libellula. Per loro la libellula simboleggiava un drastico cambiamento, positivo o negativo. Devi sapere che mio nonno, quand’ero piccolo, prima di andare a dormire, mi narrava tante storie di avventurieri, alla ricerca di tesori perduti. In una di esse, il protagonista si addentrava in un bosco denominato “ Il bosco d’oro ”, uscendone poi con una chiave, guarda caso, a forma di libellula, che serviva per aprire il cosiddetto “ regno dei morti” Sospetto a malincuore che quella non fosse solo una favola - .
Sospirò pacatamente, assaporando una meritata pausa.
- Mio nonno sapeva di quel bosco. Mio nonno sapeva che quel bosco è sotto la nostra villa -.
- E con questo? Cosa c'entra? –
- Sei proprio tonto. Sono venuto insieme a te per sedare la mia curiosità. Rob non mi avrebbe lasciato andare da solo, ridotto in queste condizioni, in un posto del genere -.
Estrasse così dalla tasca un piccolo oggettino, che brillava di luce propria.
- Mi hai ritrovato sanguinante perché ho, con tutte le mie forze, provato a prenderla dal tronco di un albero…-
Rabbrividì.
- Visto? Non è solo una fiaba, è reale, è la verità -.
- Perché lo dici a me? – domandò tremolante, ritirandosi tra le lenzuola per allontanarsi da quel gingillo.
- Perché sei l’unico che, in questo delicato momento, mi può aiutare. Tu mi credi? –
Nagumo, assalito da mille pensieri, mimò, con la testa, un tacito “ si ”.

 

 

 

 

 

 


Riddle’s Corner.

Oh, god, dopo chissà quanti mesi ho aggiornato.

Addirittura il pc si rifiutava di crederci e, per questo, mi ha cancellato il capitolo ben due volte, senza che io lo salvassi…GNAMMMMMM * si mangia le unghie dal nervosismo *.

No, ok, ci vuole calma, vento, e sangue nelle vene(?).

Due su tre non li posseggo, anyway al diavolo tutto il Pan di spagna del mondo(?).

Sarà l’euforia di ritornare a questa fic, ma non riesco a scrivere frasi di senso compiuto.

SWISHHHHH.(?) /

Perché ditelo, pensavate che l’avessi abbandonata, eh, eh…EH! (?)

Invece no, Riddle sempre al rapporto per scassarvi le biglie accontentarvi.

Il mistero si fa sempre più fitto e intricato, tant’è che anche io a volte stento a capirci qualcosa.

Ma sono dettagli u.u

Adesso, me ne torno in ritiro spirituale nella montagna dei balocchi dell’ospedale psichiatrico di Outlast, governato da un rigido modello di dittatura hitleriana esercitata da pazienti infetti ( più che altro non ho un cazz0 da fare, ma va beh ).

Alla prossima.

_Riddle

 

 

 

  
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