Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Papillon_    17/11/2014    5 recensioni
“Promettimi che qualunque cosa accada, Blaine, qualunque, un pezzetto del tuo cuore rimarrà comunque mio. Anche piccolo, anche insignificante; tu promettimi che lo lascerai per me. A me basterà. Sarà la cosa più bella del mondo, e potrò dire che mi hai amato. Senza paure e per sempre.”
“...Te lo prometto, Kurt.”
.
Blaine è convinto di aver perso Kurt per sempre e adesso è completamente solo, in un mondo fatto di paura e di virus e di morte. Ma un giorno ogni cosa cambia - e Blaine scoprirà l'importanza delle seconde opportunità, ed avrà l'occasione di ricominciare tutto da capo.
[Crossover Glee/In the flesh; Klaine AU]
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3

Blue

 

Il tragitto fino alla macchina fu tranquillo. Blaine naturalmente insisté per prendere il borsone di Kurt e alla fine questo accettò, perchè diamine, Blaine sapeva essere convincente quando voleva. Salì sul sedile del passeggero, e passarono buona parte del viaggio in silenzio, la radio che parlava in sottofondo e Kurt che si mordicchiava le labbra.

“Sei arrabbiato.”, sussurrò Blaine a un certo punto, spezzando il silenzio. Kurt abbassò lo sguardo.

“Sto cercando di mantenere un profilo basso.”

Quello fece ridere Blaine, e Kurt gli lanciò un'occhiataccia. Dio, perchè si sentiva come se non fosse cambiato niente?

“Io...”, disse Kurt, un vago sorriso che gli increspava le labbra. “Posso cercare di stabilire una tregua. Almeno per i primi giorni.”

Vide Blaine mordersi le labbra. “Non puoi davvero essere arrabbiato perchè ho scelto di venire a prenderti.”

“Lo sono eccome, Blaine.”

“Okay. Guardami negli occhi e dimmi che mi avresti lasciato andare.”, disse lui senza mezzi termini, cercando gli occhi di Kurt. Ovvio che non rispose. Distolse lo sguardo alla ricerca di qualsiasi cosa da osservare che non fosse il perfetto, immacolato viso di Blaine.

“Ascolta, non...non mi aspetto niente.”, ammise piano Blaine poco dopo. “So che è cambiato tutto, e non mi aspetto che adesso torneremo a casa e giocheremo a fare la famiglia felice, perchè non è così che funziona.”, spiegò Blaine, e Kurt aveva sempre amato quella parte di lui, la parte razionale che affiorava nei momenti difficili. La parte che rimaneva calma anche se tutto il resto era un disastro. “Però non ho intenzione di scusarmi per il fatto che non sono riuscito a lasciarti andare.”

Kurt sorrise. Si rannicchiò sul sedile facendosi piccolo piccolo contro lo schienale e si voltò per guardare Blaine.

“Avresti potuto farlo. Sarebbe stato semplice.”

“Avrei potuto.”, sussurrò Blaine. “Ma adesso siamo qui, e non mi pento di nulla.”

“Non hai visto niente. Non sai ancora niente.

“Ho tutto il tempo di scoprire tutto, Kurt.”

Nella successiva mezz'ora Kurt fece finta di dormire. Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dai ricordi e dalle sensazioni, tornando a familiarizzare con il respiro di Blaine che gli riempiva le orecchie. Un dislivello sulla strada lo fece destare improvvisamente, e si rimise seduto. Si stropicciò piano gli occhi, stando attento a non spostare le lenti.

“Siamo quasi arrivati.”, sussurrò Blaine. Kurt si rese conto che stavano percorrendo la strada che portava al loro appartamento.

“Hai...hai sempre abitato lì?”, chiese Kurt piano.

“No.”, rispose Blaine. “Voglio dire, ci ho...ci ho provato, dopo che tu...lo sai. Qualche mese, ma tutto...tutto gridava di te, di noi, e io...io non ce l'ho fatta.”, ammise. Kurt sentiva il proprio cuore in gola. “Mi sono trasferito nella casa dei miei e ho abitato lì negli ultimi due anni. Al piano di sopra c'erano Cooper e sua moglie, per cui non ero...non ero mai solo.”

Kurt deglutì. “Stanno...stanno bene? Cooper e i tuoi, intendo.”

Tra Kurt e i suoi genitori non era mai scorso buon sangue, Blaine sapeva quanto a Kurt costasse fare quella domanda. Ma non riuscì a evitare che la sua voce si incrinasse. “Mia madre è morta, Kurt.”

Il respiro di Kurt si trasformò in un rantolo.

“C-cosa...no. No, Blaine.”, sussurrò. Blaine non riuscì a guardarlo.

“Lo so, è stato sconvolgente.”

“Dio...Blaine. Blaine mi...mi dispiace così tanto. Ferma la macchina.”

“Kurt, va bene così, dico sul serio. E' passato del tempo, ormai, e...lascia stare, okay? Sto bene.”

E così Kurt lasciò stare, perchè sapeva che Blaine parlava di una cosa solo quando se lo sentiva. Lo avrebbe aspettato.

“Però papà e Cooper stanno bene. Siamo...siamo diventati zii, se ti interessa saperlo.”

Il respiro di Kurt gli si mozzò da qualche parte nella gola.

“Stai...stai scherzando.”

“No, te lo giuro. Si chiama Marisol. In onore della mamma, sai.”

Kurt aveva così tanta voglia di stringere Blaine in quel momento, così tanta che avrebbe voluto che il tempo si fermasse e che loro fossero due particelle dell'universo lontane da tutto e da tutti. Blaine cambiò la marcia, e Kurt gli sfiorò il polso.

“Sono così felice per te. Per...per noi.”, soffiò, e sentì la pelle di Blaine vibrare sotto il suo tocco.

“Già, è una cosa bella.”

“E' una cosa bella.”, acconsentì Kurt. Avevano fatto interi pomeriggi a fantasticare di diventare zii quando ancora tutto era semplice come respirare tra di loro, e Kurt ricordò quei momenti con una stretta al cuore.

Da lontano, il loro appartamento cominciava a mostrarsi.

“Kurt, c'è...c'è una cosa che voglio dirti.”

Kurt annuì piano, lasciando andare il polso caldo di Blaine.

“Tutto quello che vuoi.”

“Uhm, prima...prima di portarti da me, Brittany mi ha dato...mi ha dato la possibilità di osservarti, per capire se- se era una cosa che volevo fare, sai, riaverti indietro. A voi non viene comunicato. E io...i-io ti ho guardato.”

“E hai pensato di lasciarmi andare.”, concluse per lui Kurt. “Va...va bene così, Blaine.”

“Ho immaginato come sarebbe stato tornare a casa senza di te, sì.”, ammise piano Blaine. “L'ho immaginato, e non vedevo niente. Solo buio.”

Il nodo alla gola di Kurt gli impediva quasi di respirare. Non riusciva a muoversi.

“E' questo, no? Io...io non sono riuscito a immaginare una vita senza di te. Non ci sono mai riuscito, in realtà, ed è il motivo per cui in questi due anni mi è sembrato...era come nuotare, capisci? E poi tu sei tornato e tutto ha ricominciato a pulsare, e finalmente ero vivo.”

“Blaine.”

“No, è la verità. E' la verità e voglio che tu lo sappia, Kurt. Voglio che tu sappia che non ho mai dubitato di aver scelto di riportarti indietro. Mai, nemmeno un secondo, e mi dispiace se tu credi che questo sia sbagliato, perchè per il mio cuore non lo è.”

Kurt non capì il perchè, ma sorrise. “Sono felice che tu lo abbia fatto, Blaine.”, ammise alla fine. “Così felice, non immagini nemmeno. Ma essere felici non vuol dire per forza credere che sia la cosa giusta.”

“E allora permettimi di sbagliare.” sussurrò piano Blaine. Lo guardò un'ultima volta prima di imboccare il vialetto di casa loro. E quando Kurt scese sentì nell'aria quell'odore di casa e abbracci che non aveva mai davvero dimenticato, e si chiese come potesse una cosa così sbagliata sembrare così infinitamente giusta.

 

Il loro appartamento aveva esattamente l'aspetto che Kurt ricordava, gli stessi dettagli che lui aveva scelto tempo prima insieme a Blaine con così tanta cura da sembrare impazzito, ed era una fortuna che non riuscisse a provare le emozioni che sentiva un tempo, perchè sapeva che quello tutto insieme sarebbe stato troppo. Certo che sentiva ancora, sentiva il brivido e l'emozione e i ricordi che pulsavano sulla pelle, ma il suo cuore non funzionava come funzionavano quello degli umani. Era il prezzo da pagare per essere tornati indietro dalla morte.

“Dio, è proprio tutto come lo ricordavo.”, si lasciò scappare, e Blaine sentì perfettamente l'emozione nella sua voce, lì, scoperta e vivida, e l'amò. Era così bello riavere Kurt lì, nel loro appartamento, dopo che tutto era cambiato e dopo che lo aveva perso per sempre – ma ora quel per sempre non esisteva più, esistevano loro di nuovo insieme, ed era assurdo ma anche bellissimo.

E Blaine non riuscì a evitarlo. Non riuscì a evitare di farsi travolgere, di sentire e vivere ogni emozione e farsi divorare, perché lui era fatto così; e senza nemmeno rendersene conto aveva cominciato a piangere, e gli scappò un singhiozzo.

Kurt si irrigidì e si voltò verso di lui. “Blaine.”, soffiò, impotente e pieno di paura. “Blaine, non-”

“E' solo che...che è tutto così vivido, e sento...sento di non farcela, a volte.”, singhiozzò Blaine, muovendo le mani proprio come quando aveva qualcosa di importante da dire. “Averti qui, dopo tutto...tutto quel dolore, ho solo...solo paura di riaprire gli occhi e scoprire che non è vero, che era tutto uno stupido scherzo, e sarei di nuovo solo.”, sussurrò, la voce che si spezzava. “E non...non voglio restare solo, non- non ce la faccio, io- hai mai provato una gioia così grande da sentirla su di te come se fosse una ferita aperta? Come se stesse sanguinando? Hai mai...” un singhiozzo, poi Blaine si passò una mano tra i capelli liberi dal gel “Hai mai avuto così tanta paura di ricominciare da non riuscire a respirare?”

Kurt si avvicinò a Blaine cautamente, le mani tese in avanti.

“E' che...che sto tentando di essere forte per te, per noi, di non farmi vedere come se mi stessi sgretolando ma non...non so se ce la faccio, K-Kurt- non sono così forte.”

“Lo sei.”, gli sussurrò Kurt. “Dio Blaine, lo sei.”

“E' che ho così paura di...di sbagliare, capisci? Ti voglio stringere e al contempo so che è ancora così dannatamente presto e allora cerco di allontanarmi e adesso ti guardo e l'unica cosa che so è che...dio, mi sembra di soffocare.

“Blaine, è tutto apposto.”

“No. No, non lo è, e vorrei solo...non so cosa devo fare, Kurt.” soffiò, ed era una richiesta disperata. “Ti prego, dimmi che cosa devo fare.

Ma Kurt non disse niente. Preferì raccoglierlo tra le braccia e stringerlo cautamente, avvolgendo le braccia attorno alla suo collo, proprio come nei loro primi abbracci. Lasciò che Blaine si facesse piccolo piccolo contro di lui e che appoggiasse la testa sulla sua spalla; lasciò che piangesse, lasciò che si sgretolasse tra le sue stesse mani.

“E' tutto okay, Blaine.”, sussurrò Kurt. “Anzi, non...non è tutto okay, ma troveremo un modo per farla funzionare. Come facciamo sempre, io e te. Insieme.”, continuò, parlando dolcemente proprio sulla pelle calda del suo orecchio. Blaine sapeva di vaniglia e casa e sole.

E Blaine si aggrappò a lui come se fosse la sua vita, come se fosse il suo respiro. Si aggrappò alla sua maglietta e ai suoi capelli scompigliati senza dire nulla.

“Sei così bravo Blaine. Così forte, tu non immagini nemmeno.”

E Kurt si era ripromesso che non avrebbe ceduto, che non lo avrebbe toccato, ma non ci riusciva. Non ce la faceva a stare lontano da Blaine, non quando era così fragile e bisognoso, non quando tutto di lui gridava amore e voglia di essere protetto. Così Kurt lo protesse con le sue braccia fredde, lo protesse come aveva sempre fatto.

“Sei tornato.”, sussurrò Blaine a un certo punto, e dio, stava realizzando. Kurt si rese conto che Blaine stava aprendo gli occhi. “Sei qui, proprio qui.”

“Sono qui Blaine.”, disse Kurt immediatamente. “Non è un sogno o uno stupido scherzo, mi stai stringendo.”

Erano ancora nell'ingresso, la porta chiusa dietro di loro e il freddo di una casa che non usavano più che li avvolgeva, eppure trovavano lo stesso nelle braccia dell'altro il caldo che cercavano. Rimasero a stringersi per un tempo che parve infinito, un susseguirsi di minuti che probabilmente diventò ore a un certo punto, eppure a loro non importava niente, perché nemmeno un abbraccio lungo un infinito avrebbe potuto far recuperare loro il tempo perduto. Erano stati due anni e mezzo di inferno per entrambi, ma in qualche modo tra le braccia dell'altro sentivano che potevano provare a dimenticarsene.

E poi Kurt si staccò con delicatezza, e fece uno di quei gesti che stupivano Blaine e che gli lasciavano il fiato sospeso. Gli accarezzò via una lacrima con le sue dita affusolate, lo sguardo concentrato e attento.

“Incredibile.”, soffiò, sorridendo appena. “Non hai paura...di me, di quello che potrei farti; ma hai paura di perdermi di nuovo. E'...è incredibile, Blaine.”, ridacchiò Kurt, mordendosi poi le labbra. “Tu lo sei. La creatura più incredibile dell'intero universo.”, disse piano, e Blaine capì perfettamente che quelle parole facevano parte della loro famigerata tregua, perché Kurt non era il tipo da dire quelle frasi. Era più qualcuno che dimostrava di tenerci con piccoli gesti e occhiate, e di solito non mostrava mai le sue parti vulnerabili, le parti che potevano essere colpite o ferite o usate contro di lui in qualche modo. Ma Blaine sapeva di essere il suo punto debole – Kurt glielo aveva detto una volta, ed era stato così dolce, gli aveva detto Sei l'unico che può veramente farmi del male ed è per questo che ho paura – e che le cose a volte potevano cambiare.

E Blaine rimase immobile a farsi togliere le lacrime, gli occhi spalancati più grandi che l'intero mondo avesse mai avuto l'onore di vedere, ed erano così vicini che i loro respiri caldi si infrangevano sulla pelle dell'altro e ci fu un momento in cui Blaine abbassò lo sguardo sulle labbra di Kurt – le pallide, fredde labbra di Kurt, e Kurt si sentì così scoperto e sbagliato che si allontanò immediatamente da lui. Cercò di farlo dolcemente, abbassando la testa e facendo scivolare le mani sulle spalle e poi sulle braccia di Blaine – scusami, ma non posso farlo.

“C-credo...è stata una crisi di nervi in piena regola.”, borbottò Blaine, scuotendo la testa piena di riccioli.

“Non molto diversa dalla mia quando ti ho sposato.”, scherzò Kurt, mordendosi un pezzetto di labbro inferiore. Riuscì a far ridacchiare Blaine.

“Uhm, solo...mi- mi dispiace. Di non essere stato forte come volevo. Adesso mi sento meglio.”, gli disse Blaine, e c'era tanta di quella convinzione nella sua voce, tanta di quella forza, che Kurt sentì il suo cuore mal funzionante fermarsi per un attimo.

“Credo...preparo un po' da mangiare se vuoi. Qualsiasi cosa, devi solo dirmi di cosa hai voglia.”

Kurt cercò di sembrare più normale possibile, quando rispose. “Blaine, io non mangio.”

Blaine spalancò gli occhi e aprì la bocca in una piccola e circolare “o”. “Non mangi? Vuoi dire...tipo niente?”

“Non posso. Il mio corpo...rifiuta i cibi, se così si può dire.”

“E come...come fai? C'è qualcosa che devi, non so...assumere?”

“Diciamo solo che non ho bisogno di mangiare, ecco.”, spiegò piano Kurt. “Non è più un bisogno.”

“Oh.”, si limitò a soffiare Blaine. “Beh...ti- ti dispiace se io comincio comunque a preparare la cena? Tu potresti...”, Blaine tirò su col naso e si passò una mano tra i capelli, e Kurt lo trovò così adorabile “...sistemare la tua roba in camera. Nella tua parte di armadio. Un po' l'ho già sistemata io.”

Kurt sentì lo stomaco contorcersi quando Blaine nominò la loro camera. Si guardò intorno e alla fine annuì, raccogliendo il borsone che poco prima aveva fatto cadere quando lui e Blaine si erano abbracciati.

Dio, la loro camera. Kurt se la ricordava esattamente così. Blaine aveva scelto di mettere le lenzuola nero opaco, quel colore che Kurt aveva cercato per settimane e lottato per avere con le unghie e con i denti, e ricordava che la stessa mattina in cui le avevano messe per la prima volta erano anche finiti per farci l'amore sopra, e Kurt se l'era presa per quello, però poi Blaine lo aveva stretto e baciato a lungo, e per sorpresa quella stessa sera gli aveva fatto trovare le lenzuola pulite – e quello era amore, aveva pensato distrattamente Kurt. Le piccole cose e niente di più.

Kurt aprì la sua parte d'armadio e ci ritrovò dentro tutti i suoi vestiti. Indosso oggi aveva una felpa e un pantalone distribuiti dal centro di cure, rigorosamente bianchi e con lo stemma dell'ospedale. La sua pelle sapeva ancora di chirurgia e quell'odore metallico che c'è nei corridoi di ospedale, e per quel motivo Kurt a un certo punto chiuse gli occhi e provò a immaginarsi con i vestiti che un tempo amava, quei jeans che gli fasciavano le gambe e le camicie che gli abbracciavano il petto perfettamente – e dio, tutto quello gli mancava, ma non sapeva nemmeno come tornare a essere di nuovo sé stesso.

Respirò a fondo e cominciò a sistemare quel poco che aveva portato nel borsone – i medicinali, le scatole di fondotinta e di lenti a contatto e i vestiti sgualciti di quando...quando era stato trovato. Brittany una volta gli aveva raccontato la sua storia, ma Kurt non aveva ancora molta voglia di averci a che fare.

A quel punto decise che una doccia non sarebbe stata così una cattiva idea, così sparì in bagno e cominciò a lavare via i residui di ospedale ormai conficcati nel suo corpo e fu felice di passare anche le dita tra i capelli. Una volta uscito coprì lo specchio con un asciugamano – era abituato a fare così, ormai, perché non voleva vedersi, era più forte di lui – e cominciò a cospargere la propria pelle di fondotinta. Una volta che ebbe finito infilò le lenti a contatto blu – e lacrimò, perché senza specchio era difficile mettersele.

Fu bello familiarizzare con la lacca di nuovo, e sistemarsi il ciuffo di capelli in modo che formasse un disordine artistico; poi decise di indossare una semplice tuta che un tempo usava per stare in casa, ancora quando abitava nella casa con Blaine a New York. Niente di eccessivo, niente di troppo Kurt Hummel, ma sperò che Blaine si rendesse conto del cambiamento.

Cosa che avvenne, perché quando Blaine si voltò in cerca del suo viso nel momento in cui Kurt tornò in cucina si lasciò cadere dalle mani il pentolino che aveva appena preso dalla credenza.

“Oddio- non cosa mi sia- è solo che...”, borbottò Blaine, e anche solo dalla voce Kurt capì che stava arrossendo “T-tu...sei solo tu.” sussurrò riemergendo e appoggiando il pentolino a uno dei banconi di legno. Kurt gli si avvicinò cautamente.

“E' che tutti mi avevano detto di...di prepararmi, perché tu saresti stato diverso, e invece...”, Blaine si sforzò di trovare le parole giuste, e lo guardò a fondo, fin dentro l'anima. Kurt aveva il respiro bloccato in gola. “Invece sei sempre tu, e sei bellissimo.”

Kurt non sapeva mai come rispondere ai complimenti di Blaine. O almeno, non aveva saputo bene come farlo i primi tempi, quando era ancora tutto timidezza e baci rubati; poi aveva imparato che bastava fare qualche passo e far scontrare i loro corpi in un bacio irruento e possessivo, e nella maggior parte dei casi dopo si ritrovavano a letto ridendo per aver avuto il miglior orgasmo di sempre. Ma adesso era lì, e guardava Blaine, e scorgeva la sua timidezza e quella dolcezza mischiata alla paura di sbagliare, e non riusciva a muoversi. E poi Kurt si morse le labbra.

“E' una maschera, Blaine. Io...io devo mettermi qualcosa sulla faccia per assomigliare a quello che ero.”

Blaine scrollò le spalle. “Non credo che mi importi.”, ammise piano.

“A me importa. Tu...tu non hai mai visto come sono senza. Non...non hai idea di quello che vedresti.”

Blaine si voltò e cominciò a riempire il pentolino che gli era caduto con un po' di latte. “Io credo...credo di volerci provare. A vederti, come...come sei in realtà. Se per te va bene.”

E Kurt sarebbe scoppiato a piangere a questo punto, se fosse stato umano, ma non lo era, per cui sentì solo un brivido avvolgerlo tutto e fu costretto a sedersi su una delle sedie che circondavano il tavolo, perché era come se ogni forza gli fosse stata portata via.

“Non adesso, Blaine.”, fu la risposta di Kurt, un soffio, niente di più. Non era nemmeno una promessa, ma una richiesta disperata di aspettare, perché non era pronto.

“Certo.”, sussurrò delicatamente Blaine, ancora voltato. “Quando sarai pronto.”

Rimasero in silenzio per un po', Kurt che osservava Blaine cucinare muovendosi con passi veloci e piccoli al contempo probabilmente per non fare altri disastri, e Kurt ricordò tutti i dettagli delle loro serate insieme, dei loro anniversari, delle volte in cui litigavano in cucina – di quella volta che gli aveva detto di essere malato, dio, erano proprio lì. Era tutto pieno di ricordi, di loro, e Kurt capì cosa intendesse Blaine poco prima. Tutto in quella casa gridava KurteBlaine.

“Ho pensato...”, cominciò Blaine a un certo punto, mentre scolava la pasta. “Potresti provare...solo se te la senti, naturalmente”, puntualizzò, con una sfumatura di premura nella voce “A bere un po' di latte. Lo...lo facevamo sempre prima di andare a letto, ricordi?”

Certo che me lo ricordo.

Kurt sbattè le palpebre una singola volta, Blaine si voltò verso di lui e i loro occhi si incontrarono.

“Potrei...potrei provare, sì.”, mormorò infine, accennando un sorriso. “Voglio dire- non...non ho mai provato a bere il latte. Potrei fare piccoli sorsi.”

Così Blaine preparò il suo piatto di pasta e una tazza di latte a Kurt, e quando si sedettero non fecero altro che guardarsi di sfuggita e continuamente, gli occhi che scivolavano un po' ovunque perché non erano ancora abbastanza pronti da ammettere che avrebbero passato ogni singolo minuto a fissarsi.

Kurt bevve il suo latte a piccoli sorsi e si rese conto che non gli dava fastidio. Forse più tardi sarebbe stato male – una volta aveva provato a mangiare un pezzetto di cioccolata ed era stato costretto a sputarlo fuori perché dio- gli si era bloccato in gola – ma in quel momento era rilassato e il liquido caldo scendeva lentamente, e forse davvero aveva qualcosa di speciale, perché in linea teorica il suo organismo avrebbe dovuto rifiutare ogni tipo di alimento. Blaine di tanto in tanto gli sorrideva, e Kurt non riusciva a credere che stessero avendo quello.

“Sembra...sembra che possa berlo.”

“E' una cosa bella.”, sussurrò Blaine, gli occhi che brillavano di una strana luce.

“Non capisco perché.”

“Te l'ho detto, sei speciale.”, gli ripetè Blaine, allungando una mano sulla tavola ma ritraendola di rimando. Non che avesse paura di un contatto, ma perché temeva che Kurt non lo avesse accettato, e non era ancora pronto per i rifiuti. Non adesso. Adesso voleva solo ammirare la bellezza di suo marito e il fatto che in qualche modo fossero ancora lì, insieme.

“Kurt?”

Kurt ingoiò un po' di latte. “Uhm?”

“Credi...non so se per te va bene, ma...mi piacerebbe davvero parlare con te.”, mormorò Blaine, muovendo a disagio le dita. Aveva finito la sua pasta, e muoveva in continuazione la lingua. Scivolava tra le labbra veloce per leccarle, e Kurt sapeva che quel gesto era legato al nervosismo.

“Parlare con me?”, chiese Kurt molto lentamente.

“Sì, io...non voglio che ti arrabbi, ma ci sono...ci sono delle cose che non mi sono chiare, che vorrei sapere. Voglio sapere tutto di te, di quello che sei diventato, quello che hai...che hai passato.”, disse velocemente Blaine, come se quelle parole scottassero. “So che è una ferita aperta, e so che adesso sei stanco. Ma voglio che tu sappia che sono qui per ascoltarti.”

Kurt alla fine appoggiò la sua tazza mezza vuota e fece un sorriso piccolo.

“Posso farlo.”, sussurrò, senza guardare Blaine negli occhi. “Parlare, intendo.”

Qualcosa sul viso di suo marito si illuminò immediatamente. “D-davvero?”

“Sì, davvero. C-ci sono delle cose che...che forse non sono ancora in grado di tirare fuori, ma- ma credo di volerlo. Di voler dirti tutto, Blaine. Ho solo...ho solo paura, capisci?”

Blaine questa volta allungò una mano ed afferrò una delle sue. Fu delicato e caldo, come gesto. “Kurt, guardami.”, gli sussurrò, e Kurt non potè fare altro che alzare il viso, perché non aveva scelta. “Di cosa hai paura?”

E Kurt deglutì, le parole nel profondo della sua gola che spingevano per uscire ma che non ci riuscivano e rimanevano bloccate. Sbattè le palpebre diverse volte, sentendo il cuore appesantirsi e vagare da qualche parte nello stomaco.

“Kurt, piccolo.”, disse dolcemente Blaine. “Aiutami ad aiutarti.”

E il riflesso di Kurt fu quello di stringere la mano di Blaine così tanto da provocargli dolore, probabilmente.

“Ho paura che tu possa lasciarmi.”, disse, ed era presto per dire quelle cose, così dannatamente presto; Blaine aveva appena scoperto che era vivo ed era già così tanto chiedergli di restare, ma Kurt aveva bisogno che sapesse. “Ho paura che tu mi- mi guardi negli occhi e ti accorga che non sono più io. Ho paura che tu ti renda conto che non potrai mai riavere indietro il vero me, e che per questo rinuncerai a noi. A tutto. Ho paura che tu abbia paura del fatto che io possa farti del male.”

“Non ho paura del fatto che tu possa farmi del male, Kurt.”, disse immediatamente Blaine, un guizzo di determinazione che gli attraversava i lineamenti del volto.

“Ho fatto del male alle persone, Blaine.”

“Non eri in te. Non...non potevi scegliere, nemmeno lo volevi.”

“Questo non cambia il fatto che io abbia...”, Kurt non riuscì nemmeno a finire la frase. “Non sono più innocente, Blaine. Non sono puro, non ho più niente di bello da darti. Ho fatto delle cose a cui non riesco nemmeno a dare un nome, e mi odio per questo.”

Blaine prese un respiro profondo. “Forse devi smettere di farlo. Di odiarti.”

“Non ci riesco.”, ammise Kurt, la voce così bassa che sembrava un filo di vetro pronto a spezzarsi. “E anche tu dovresti farlo. Odiarmi. Per quello che ho fatto, per quello che ci ho fatto.”

“Smettila.”, lo interruppe Blaine, allungando anche l'altra mano per avvolgerla attorno a quella di Kurt. “Non potrei mai odiarti, Kurt. E non l'ho mai fatto.”

Kurt non riuscì a continuare a parlare, o per lo meno di farlo di quell'argomento. Lasciò che Blaine l'osservasse, che cercasse di andare oltre la superficie; lasciò che scavasse a fondo. Poi lo vide alzarsi e portare via i piatti e tutto il resto, e quando ebbe finito lo prese di nuovo per mano e lo trascinò via dalla cucina.

“Andiamo a sederci di là.”, propose con un sorriso pigro, quel sorriso che aveva ogni volta che gli proponeva di fare le cose piccole e quotidiane di cui non ne avevano mai abbastanza. Si sedettero sul divano, Kurt che si rannicchiò sull'angolino e Blaine che per quanto riuscì mantenne le distanze – anche se era così bello pensare di avere Kurt così vicino. Ma sapeva di dover aspettare, sapeva che aveva bisogno dei suoi spazi.

“Allora.”, esordì Kurt. “Vuoi parlare.”

Blaine annuì giocherellando con una piccola coperta che avevano sempre l'abitudine di lasciare sopra quel divano.

“Parliamo.”, acconsentì Kurt, abbassando il tono di voce. “Puoi...puoi chiedermi qualsiasi cosa.”

Blaine si morse un pezzetto di labbro inferiore e si passò una mano tra i ricci.

“Com'è stato tornare in vita?”

E oh dio- c'erano un milione di domande che Blaine poteva fare, e per qualche motivo scelse questa. Scelse qualcosa che non c'entrava con loro, scelse qualcosa che potesse dare a Kurt ancora qualche minuto per non concentrarsi su di loro, su quello che ora sarebbe successo.

“Strano.”, sbuffò, aggrottando la fronte. “Voglio dire...non ricordo molto. C'era tanto buio, Blaine, tanto di quel buio, e improvvisamente è arrivata la luce, e mi ci sono aggrappato con tutte le forze.”

“Okay.”, acconsentì piano Blaine. Era bello il modo in cui cercava di apparire normale, ma sotto le apparenze Kurt riusciva a scorgere quel suo entusiasmo velato, quello che lo aveva sempre distinto da tutti gli altri.

“Brittany mi ha detto...mi ha detto che sono riusciti a salvarti grazie a me. Non credo di aver capito bene.”

Kurt accennò un sorriso, completamente sconfitto. “Quando...quando mi hanno trovato, io- uhm, vagavo tra i boschi.”, ammise piano Kurt. Le sue mani si tremavano piano, proprio come il suo labbro inferiore. “Ero piuttosto innocuo- cioè, non...non lo ricordo, ma non aggredivo le persone se non ero...non ero troppo affamato.” Kurt rabbrividì pronunciando l'ultima parola. “E poi mi hanno portato in questo centro, e c'erano punture e medicinali e strani rumori, e ho cominciato...ho cominciato a pronunciare il tuo nome. E' stato tutto ciò che ho detto per settimane intere. Solo il tuo nome.”

Blaine prese un respiro profondo, non sapendo cosa dire.

“Credevi...credevi davvero che avessi potuto dire di no? Che...” Blaine cercò di trovare le parole giuste mentre torturava quel pezzetto di coperta “Che avrei potuto lasciarti?”

“Credo...credo di averlo sperato a un certo punto, Blaine.”, ammise piano Kurt. “Quando i medici mi hanno detto che ti avrebbero contattato ho sentito...ho sentito come di rinascere, e poi sono scoppiato a piangere, perché mi sono reso conto di quanto fosse sbagliato ed egoista.”

“Io non credo che lo sia, Kurt.”

“Perchè tu non sai com'è essere dalla mia parte.”, sussurrò Kurt. “Non sai quanto sia fottutamente doloroso vedere che l'amore è più forte anche del dolore, ma nonostante questo fa male comunque. Fa sempre male, Blaine, ogni volta che ti guardo e penso che hai scelto me. Hai scelto noi.”

“Sceglierò sempre noi.”, mormorò Blaine, allungando una mano e accarezzandogli un polso. Kurt lo vide sorridere appena.

“Che c'è?”

“Uhm, niente, credo.”, borbottò Blaine. “E' che sei caldo.”

Kurt scosse la testa. “Non...non è vero.”

“E' vero. Sei caldo. Sei normale, sei tu. Forse non te ne rendi conto, ma vorrei che tu potessi sentire la tua mano come in questo momento la sto sentendo io, e te lo giuro, è calda.”

Kurt allora la strinse forte. “Io non voglio questo per te, Blaine. Non voglio che ti accontenti.”, soffiò, e questa volta lasciò che le lacrime si affacciassero sui suoi occhi. “Sarebbe la sensazione peggiore.”

Perché era quella la paura di Kurt. Che Blaine pensasse di non poter avere niente di meglio e che si accontentasse di avere un Kurt che non era più Kurt, ma solo un suo involucro.

“Io non mi sto accontentando.”, disse quasi immediatamente Blaine. “Io ti guardo e ti tocco e ti parlo, e non vedo nient'altro che l'uomo che ho amato per tanti anni. Vedo lui, e non è perché è quello che voglio vedere, ma è perché così e basta. Sei solo tu, e sei qui, e non mi sto accontentando, ti sto vivendo.”

A Kurt scappò un mezzo sorriso, e alla fine una lacrima scese lungo la guancia fino a incontrare gli angoli delle labbra.

“Vorrei tanto che fosse così, Blaine.”, soffiò. “Non ho...non ho nemmeno più i miei occhi.”

Blaine aggrottò la fronte.

“Porto le lenti a contatto, Blaine.”, spiegò Kurt cautamente. “I- i nostri occhi sarebbero diversi, altrimenti. Così mi hanno dato le lenti a contatto blu. E i miei occhi non sono blu, Blaine.”

“Lo so. Li sto guardando.”, disse piano Blaine, concentrandosi sugli occhi di Kurt. C'era poca luce nella stanza perché fuori era calata la sera, ma Blaine riusciva comunque a scorgere tutti quei particolari, perché lui e Kurt erano vicini. “E sì, sono blu. Sono molto carini.”

Kurt si morse le labbra. “Non sono...non sono più di mille colori mischiati assieme.”, sussurrò, ricordandosi tutte le volte in cui Blaine glielo aveva detto, magari dopo aver fatto l'amore o sotto un cielo di stelle. “Non hanno più quella corona di giallo attorno alle pupille.”

“No.”, confermò Blaine, guardandolo con attenzione, con il cuore il mano. Ed era così devoto che Kurt pensò di poter svenirgli tra le braccia. “Ma li guardo, e l'unica cosa che riesco a pensare è che potrei innamorarmi anche di questi.”

Quella sarebbe stata una parte di Blaine che Kurt avrebbe sempre ammirato alla follia. Quella parte innamorata e disincantata che vedeva il bello ovunque, anche quando non c'era, anche quando era impossibile da scorgere. Cadde una nuova lacrima dai suoi occhi, ma stavolta Blaine alzò una mano delicatamente e la scacciò via con le dita, e le tenne ferme lì, a contatto con la sua pelle. Il suo sguardo scivolava tra le labbra di Kurt e i suoi occhi, e Kurt non riusciva a dire nulla.

Blane cominciò a muovere le dita, a sfiorare le sue labbra e trascinare via le scie salate, finchè si concentrò in un punto vicino alla guancia che strofinò con più vigore.

“Hai un po' di fondotinta sbavato.”, gli disse, ma non c'era nervosismo nella sua voce, solo pazienza e dolcezza, e Kurt non riuscì a fare altro che alzare le mani a sua volta e coprire le mani di Blaine. Gli era mancato sentire le sue mani addosso. Gli era mancato sentire il suo respiro sulla pelle e i battiti dei loro cuori lavorare in sincrono.

E poi Blaine si avvicinò senza mai chiudere gli occhi e deglutendo piano, Kurt che sotto il suo tocco rabbrividiva.

“Kurt.”, soffiò, ed era bello il suono della sua voce, basso e roco e melodico, e Kurt avrebbe solo voluto- voluto-

“Non piangere, Kurt.”, sussurrò Blaine, e a quel punto Kurt si limitò a chiudere gli occhi e aspettare qualsiasi cosa Blaine fosse pronto a dargli, ma proprio quando sentì il respiro caldo di Blaine infrangersi sulle sue labbra leggermente schiuse un rumore li fece destare.

Si spaventarono - e Blaine indietreggiò subito, come reclamato da un sogno. Kurt si guardò intorno e imprecò piano, passandosi una mano tra i capelli.

“Uhm, è...è la sveglia.”, si scusò Kurt, riferendosi ai suoni che stavano sentendo. “I-io devo...devo prendere la mia dose di...è per evitare che mi trasformi di nuovo in un...”

“Lo so.”, si limitò a dirgli Blaine dolcemente. “Lo so, Brittany mi ha spiegato tutto.”, disse velocemente, passandosi una mano tra i riccioli. Due ricaddero ribelli sulla fronte, e Kurt avrebbe ridacchiato se avesse avuto ancora fiato in corpo.

“Vuoi, uhm...credo di dover chiamare qualcuno, Brittany mi ha detto che avresti avuto bisogno di un'infermiera per queste cose.”, spiegò Blaine alzandosi. Kurt alzò un sopracciglio.

“Ho pensato che la scelta fosse ovvia.”, continuò Blaine, allontanandosi per prendere il suo cellulare. “E che tu avresti voluto rivederli, per cui...credo che chiamerò Carole, va bene?”

Kurt si pietrificò all'istante, incapace di respirare. Vide Blaine comporre i numeri e solo dopo qualche istante riuscì ad alzarsi in piedi. Afferrò il telefono dalle mani di Blaine e lo tenne stretto al petto.

“No, Blaine.”, disse, e la sua voce sembrava una lama affilata. “Non- non puoi farlo. Non puoi. Non voglio.”

Blaine sembrava totalmente smarrito. Mise una mano sui fianchi, le sopracciglia triangolari che si stiracchiavano verso l'alto. “Kurt, ma-”

“Posso farlo da solo, va bene? Si tratta solo di somministrare una dose di un liquido, è facile. Non ho bisogno di nessuno, okay? Non ho bisogno di incasinare la vita delle persone.”

“Kurt, respira. Stai...stai tremando.”

Kurt fece un passo indietro. “Non voglio chiamare Carole. Non voglio...non voglio chiamare proprio nessuno.”

Blaine si accigliò. “Kurt, sono la tua famiglia.”

“Lo...lo so, ma-”

“Kurt.”, disse Blaine irremovibile. “Hanno il diritto di sapere.”

Kurt cercò di mantenere l'equilibrio, di non cedere, ma fu molto difficile. Respirava affannosamente e non riusciva a pensare a nulla di sensato. E poi le sue labbra si mossero da sole.

“Io non voglio che loro sappiano.”

E poi ci fu un piccolo singhiozzo, e il cuore di Blaine sprofondò da qualche parte nello stomaco.

“I-io non posso fare questo a-anche a loro, Blaine.”, spiegò Kurt, diventando piccolo e stringendo il telefono ancora più forte nelle sue mani. “V-voglio tenerli lontani da me e da tutto questo perché non voglio che soffrano, non v-voglio che debbano scegliere. T-ti prego, Blaine, non costringermi. Per favore, n-non farlo.”

e Blaine non riuscì più a dire nulla che non fosse un tenero “Shhh” lasciato lì tra di loro prima di arrivare da Kurt e raccoglierlo tra le braccia. E Kurt era rigido e piccolo e pianse, pianse fino a sentire dolore e Blaine francamente non sapeva nemmeno cosa dire o come muoversi per consolarlo ma ci provò; avvolse il suo corpo e lasciò che appoggiasse la testa alla sua spalla, e le dita di Blaine presero familiarità con i capelli di Kurt di nuovo, tutto da capo, perché sapeva che quando piangeva aveva bisogno di essere toccato lì per stare meglio.

“Va tutto bene adesso.”, soffiò sul suo orecchio, e Kurt ruotò il capo verso di lui e Blaine perse un battito di cuore perché era così lui, così Kurt, così suo, ed era bellissimo. Gli accarezzò i capelli tutti indietro. “Va tutto bene.”

Kurt incastrò la testa nell'incavo del suo collo. “Non voglio dirglielo, Blaine.”

“Promettimi che ci proveremo. Più avanti, va bene, adesso non sei pronto. Ma promettimi che ci proverai, almeno. Sono la tua famiglia, Kurt. Ti amano.”

“E io amo loro.”, ammise Kurt. “Ecco perché voglio proteggerli.”

“Lascia che siano loro a decidere.”, sussurrò Blaine. E Kurt lo strinse forte, forte come non faceva da una vita intera, come forse non aveva mai fatto.

“Se vuoi posso...posso aiutarti io con la dose.”, propose Blaine. “Brittany mi ha detto che non è bello occuparsene da soli.”

Kurt annuì semplicemente, e poi spiegò a Blaine dove aveva messo il medicinale. Si trattava di un liquido di colore verde chiaro riposto in una siringa dall'aspetto particolare. Le dosi andavano somministrate una volta al giorno e alla stessa ora, senza alcuna eccezione. Chi saltava la dose correva il rischio di ritrasformarsi, e Kurt per sicurezza non aveva mai voluto provare a saltarne una. C'erano persone che lo facevano di proposito, altre che lo facevano per sperimentare quante ore durassero prima di tornare rabbiose.

Kurt si sedette di nuovo sul divano e Blaine si inginocchiò dietro di lui, seguendo attentamente le indicazioni di Kurt. C'era un piccolo buco nella parte più alta della sua colonna vertebrale, un segno scuro e profondo che fece paura a Blaine, e dovette seriamente mordersi le labbra per non chinarsi e baciarlo proprio in quel punto, sperando di far sparire il dolore.

“Devi iniettare il liquido lì.”, spiegò piano Kurt.

“E' doloroso?”

“Un pochino.”, ammise Kurt chiudendo gli occhi. “C'è di peggio, credimi.”

Così Blaine lo fece, e schiacciò il pulsante che fece scivolare il liquido dentro la pelle di Kurt. Sentì Kurt sibilare e vide il suo corpo muoversi come di riflesso in un piccolo spasmo, e senza nemmeno pensarci Blaine lo avvolse con le braccia da dietro, stringendolo forte. Appoggiò le labbra sul suo collo, nel punto subito sopra dove c'era quel buco nero, strinse forte gli occhi e aspettò che il corpo di Kurt smettesse di tremare.

“Va tutto bene.”, sussurrò. “Tutto bene, sei così bravo.”

E alla fine il suo corpo smise di tremare e Kurt si rilassò nella stretta delle sue braccia, diventando piccolo piccolo, e Blaine gli lisciò i capelli indietro. Avrebbe voluto baciargli la fronte, ma non sapeva come Kurt l'avrebbe presa.

“B-Blaine?”

“Sono qui.”

“Posso andare a dormire, adesso?”

Blaine naturalmente lo portò nella loro camera e lo aiutò a sistemare le lenzuola, e ci fu un momento in cui rimasero a fissarsi, Kurt che si accartocciava tra le mani l'enorme maglia della tuta.

“Uhm, io...dovrei cambiarmi.”, ammise piano, gli occhi puntati sul pavimento.

“Oh- oh sì, certo, giusto.”, borbottò Blaine, mordendosi poi le labbra. “I-io immaginavo che avessi bisogno di un po' di spazio e avevo pensato di...di dormire sul divano. Per tutto il tempo che vorrai.”, spiegò. Per un attimo sperò che Kurt gli chiedesse di restare. Che allungasse la mano e che lo portasse a letto – non doveva succedere niente, davvero, gli sarebbe bastato addormentarsi accanto a lui. Ma Kurt non disse niente, e il cuore di Blaine si spezzò un pochino di più.

“Posso dormirci io sul divano.”

“Non se ne parla. Odi dormire sul divano, dopo il tuo collo non ti fa stare bene e ti viene mal di testa.”, il cuore di Kurt si riempì di qualcosa di forte quando ascoltò le parole di Blaine. “Ci dormo io. Tu resta qui. Meriti di dormire in un letto vero.”

“Quelli del centro di cure facevano schifo.”

“Posso immaginare.”

Ci fu una risatina leggera da parte di entrambi, e poi Blaine abbassò bruscamente il viso, quasi come se tutta quella situazione scottasse.

“Allora buonanotte, Kurt.”

Con la coda dell'occhio vide Kurt dondolare a disagio. “Buonanotte, Blaine.”

E poi Blaine fece per voltarsi e andarsene, ma la voce di Kurt nel buio della stanza lo costrinse a fermarsi.

“Blaine, aspetta.”

E Blaine naturalmente aspettò. Aspettò con il cuore in gola, i nervi tesi e a fior di pelle, pronto a ricevere qualsiasi cosa.

“Puoi...puoi stringermi un po' prima di andare via?”

E davvero Blaine non si era aspettato niente di tutto quello, perché Kurt non era il tipo da coccole. Non era il tipo da chiederle in primo luogo. Le dava, certo, le aveva date così tante volte a Blaine e le aveva ricevute, ma non aveva mai chiesto di essere stretto, non in quella maniera disperata e bisognosa.

E così Blaine annullò la loro distanza e lo strinse - forte. Lo abbracciò stretto e lasciò che i loro corpi combaciassero come avevano sempre fatto, di quegli abbracci che sembravano vita e nei quali si perdevano e Blaine diventava grande e Kurt più piccolo, piccolo fino a scomparire. E Kurt stringeva forte la sua maglietta, quasi come fosse un naufrago alla deriva che cercava di aggrapparsi a qualsiasi cosa pur di non annegare.

“Blaine, so che...che non te lo sto dicendo, ma...sono felice, okay? Non immagini nemmeno. E' che so che è sbagliato allora non so come...come dirtelo, come farmi capire, ma sono felice di essere qui. Sono felice che tu non abbia rinunciato a me. G-grazie.”

E Blaine questa volta gli baciò una tempia, perché certe cose potevano ricevere solo un bacio come risposta.

“Va bene così. Staremo bene, Kurt, lo...lo sistemeremo. Promesso.”

“Non lo so.”, ammise piano Kurt, lasciandosi cullare. “So solo che non riesco a lasciarti andare. So solo che questi anni sono stati orribili ma quando...quando sono con te è come se avessi il potere di dimenticare e vivere di nuovo. Mi fai vivere di nuovo, Blaine.”

E di nuovo, a Blaine tutto quello andava bene. Andava bene che si spezzassero e si ricomponessero insieme, andava bene aver creduto per due anni e mezzo di aver perso la propria metà, andava bene aver avuto paura di riaverla. Davvero tutto, per una volta, andava bene.

Fu difficile staccarsi da Kurt. Ancora più difficile non provare nemmeno a baciarlo. Si limitò a sfiorargli la fronte con le labbra, e fu perfetto comunque, perché senti la pelle di Kurt vibrare per il suo tocco, ed era bello avere ancora quell'effetto su di lui.

E poi semplicemente si chiuse la porta alle spalle, si distese sul letto e chiuse gli occhi.

Per la prima volta dopo due anni e mezzo, Blaine Anderson non pianse prima di addormentarsi.

 

***

 

La loro routine si costruì su quello, nei giorni successivi. Non cambiò molto dal primo giorno in cui Blaine aveva portato Kurt a casa. C'erano accenni di risate, ricordi lasciati a vagare in mezzo a loro, tazze bollenti di latte e sorrisi timidi. Non c'era nient'altro, e a Blaine andava bene così, perché aveva paura che chiedere di più avrebbe allontanato Kurt, ed era l'ultima cosa che voleva. Certo, a volta non poterlo toccare faceva male quanto strapparsi il cuore dal petto, un male fisico e pulsante, ma sapeva di dover resistere per il bene di entrambi.

E fu come tornare alla normalità.

Una normalità fatta di cose piccole, cose diverse; una normalità che non sarebbe parsa tale a nessuno che non fosse stato uno di loro due. Blaine dormiva ogni notte sul divano e Kurt si faceva piccolo piccolo nel loro letto, chiudevano gli occhi e immaginavano di avere l'altro accanto.

Non potevano sapere molte cose. Per esempio, Kurt non poteva sapere che ogni notte Blaine si metteva dietro la porta per assicurarsi che Kurt non avesse incubi. Non poteva sapere che una volta lo aveva sentito piangere, ed era rimasto dietro quello spessore del legno a piangere insieme a lui. Non poteva sapere che Blaine aveva ricominciato a scrivere canzoni la mattina presto quando si svegliava, e che al lavoro era più solare.

Blaine non poteva sapere che Kurt si svegliava ogni notte alla stessa ora per controllare che Blaine stesse dormendo. Apriva la porta della stanza delicatamente e sbirciava il corridoio per avere il via libera, e solo dopo in punta di piedi raggiungeva il divano e osservava Blaine dormire. Era bello vederlo così sereno e pacifico, avvolto da nient'altro che il sonno e le coperte.

Non poteva sapere che Kurt durante la notte non toglieva le sue lenti e i cosmetici per non spaventarlo, in tal caso fosse successo qualcosa e avrebbero dovuto vedersi. Non poteva sapere che ogni notte sognava di tornare umano e preparargli la colazione in un mondo nuovo e colorato e giusto.

E così i giorni passavano e le loro parole diventavano sempre più sporadiche ma comunque importanti, Blaine che sussurrava Lo sai che sono qui e Kurt che di rimando non trovava altro da dire se non Ho bisogno di te, ma non riuscivano a dirsi altro. Si stringevano molto, però. La notte prima di separarsi o anche per motivi piccoli, inesistenti. Coprivano la distanza e si stringevano come se non avessero scelta, come se l'uno fosse l'ancora dell'altro, e nella maggior parte delle volte non c'era niente da dire, niente che fosse minimamente abbastanza.

E poi un giorno fuori il sole stava per tramontare, e cambiò tutto.

 

“Blaine, cos'è l'HVF?”, chiese Kurt a un certo punto, sfogliando una rivista. Blaine era al bancone della cucina a prepararsi la cena, era da poco tornato dal lavoro – il pomeriggio del venerdì andava a dare lezioni di canto a un bambino che abitava in fondo alla via di nome Harry. Aveva il naso sporco di farina, ed era semplice ed adorabile.

“E' un po' che lo vedo scritto in giro, e...ho sentito pareri discordanti. Puoi dirmi cos'è?”, domandò Kurt. Blaine cercò di concentrarsi più che potè sull'impasto che aveva sulla tavola, ma alla fine fu costretto ad alzare gli occhi, ed erano spalancati e velati di ansia.

Blaine si lavò velocemente le mani e si sedette sul divano con lui. Non lo sfiorò nemmeno, rimase distante, gli occhi che vacillavano.

“Kurt, uhm...ricordi com'era, prima di andartene? Stavano cercando un modo di...eliminare quelle creature.”

“Lo so. Ricordo anche i discorsi di tuo padre. Lui odia quelli che sono come me.”

“Beh, tu ora sei diverso.”

“Non credo che tuo padre sarebbe in grado di vedere la differenza.”

Blaine a quel punto si morse il labbro. “Beh, le cose non sono cambiate, dopo. Hanno trovato un modo di eliminare quelle...quelle persone.”

“Questo famigerato HVF.”, sussurrò Kurt, accarezzando la pagina di un giornale con due singole dita.

“Già. Loro, uhm...sono molto concentrati in quello che fanno. Vogliono pace e protezione per i cittadini.”

“E questo significa che uccidono anche quelli come me?”

Blaine sospirò. “No, loro...non si possono uccidere quelli come te, Kurt. Tu sei guarito. Però in certi casi possono...possono decidere di farlo.”

E a quel punto gli occhi blu di Kurt si conficcarono in quelli di Blaine – blu, così blu, e anche se erano diversi in qualche modo erano sempre suoi, Blaine ci vedeva dentro tutto quello che aveva imparato ad amare – e sentì un brivido.

“Non sono al sicuro, vero Blaine?”, chiese in un sussurro. “E' il motivo perché non mi permetti mai di uscire.”

Blaine allungò una mano e gli sfiorò una guancia, incastrando le dita ai suoi capelli.

“Finchè sarò qui tu sarai al sicuro, Kurt.”, sussurrò, sentendo un piccolo peso nel cuore. Doveva dirglielo. Sentiva di volerlo fare, con ogni piccola e insignificante parte del suo corpo sapeva di dover dire a Kurt ogni cosa, il perché della morte di sua madre e del fatto che per un periodo Blaine aveva effettivamente ucciso quelli come Kurt, che non aveva idea che Kurt però fosse uno di loro, e-

“K-Kurt.”, rantolò fuori Blaine, impaurito.

Mi dispiace, non lo sapevo. Non mi vorrai più, avrai paura di me, sarai deluso. E io non voglio. “Kurt, solo...”

Kurt lo guardava con gli occhi pieni di luce, grandi e luminosi e tutto troppo, e poi ci fu un forte rumore che li interruppe, che proveniva da fuori il loro appartamento. Si alzarono entrambi e si precipitarono alla finestra preoccupati, i cuori che battevano forte nei loro petti.

“Blaine, che succede?”, chiese Kurt dopo aver spostato la tenda. Nel cortile subito fuori il loro appartamento c'era un piccolo furgoncino con sopra stampate le lettere “HVF”, sporco e logoro. C'erano diversi uomini e uno di loro aveva in mano una pistola, e non appena Kurt la vide si fece più vicino a Blaine.

“B-Blaine.”, soffiò, aggrappandosi alle sue braccia. “N-non capisco.”

“Shhh.”, gli disse cautamente Blaine, facendo passare un braccio attorno alla sua vita. “Va tutto bene, piccolo, ci sono io.”

E Kurt si aggrappò a quella frase come se la sua vita potesse dipenderne. L'uomo armato urlava e sembrava crudele, crudele come nessuno Kurt avesse mai conosciuto durante la sua vita. Il gruppo di persone irruppero nella casa di fronte allo stabile di Kurt e Blaine, e pochi minuti dopo uscirono insieme a una donna anziana. Piangeva e urlava anche lei, e ben presto vennero raggiunti dal marito, un signore con la barba e gli occhiali e il viso dolce.

Costrinsero la vecchia a inginocchiarsi per terra, e il respiro di Kurt gli si mozzò in gola.

“Lei non merita di vivere. E' un cadavere, un fottuto cadavere, e va eliminato. Proprio come tutti gli altri.”, gridò il tizio con la pistola. Kurt tremò tra le braccia di Blaine.

“Blaine dobbiamo- dobbiamo fermarli. Fare qualcosa- qualsiasi cosa.”, lo implorò, ma Blaine lo tenne stretto a sé e gli baciò una tempia.

“David.”, biascicò l'anziano “Ti prego. E' mia moglie. La amo da quarantadue anni. Ti prego, non portarmela via.”

“Ma non capisci?”, ringhiò l'uomo. “Non è tua moglie. E' solo il suo involucro. Tua moglie non c'è più, Roger. E' morta tanto tempo fa, e questa è la sua pallida imitazione.”

L'anziana donna non riusciva a fare altro che piangere e ripetere come un mantra il nome del marito, e quando urlò Blaine si irrigidì accanto a Kurt. Avevano entrambi cominciato a piangere.

“David, conosco i tuoi genitori da una vita. Ti prego.”

“Smettila.”, sputò fuori il soldato. “Tu, togliti le lenti.”, ordinò alla vecchia. Suo marito cominciò a scuotere la testa in una richiesta disperata di non farlo – non farlo non toglierle ti prego – ma alla fine, con estrema delicatezza, l'anziana donna si tolse una delle lenti a contatto.

“Vedi.”, sentirono che l'uomo armato borbottava. “Proprio come avevo immaginato.”, ringhiò. E poi ci fu il suono netto di uno sparo che squarciò l'aria intorno a loro, e Kurt si coprì la bocca con le mani per impedirsi di urlare.

Gli scappò un singhiozzo e immediatamente si rigirò tra le braccia di Blaine per immergere il volto nel suo collo. “No.”, sussurrò. “Oh mio dio- Blaine.”, sussurrò, aggrappandosi alla sua maglietta. “Blaine oh mio dio oh mio dio-”, continuava a ripetere, l'immagine di quella povera anziana che si accasciava per terra nella mente. “Dimmi che non è vero Blaine ti prego dimmi che non è reale.”

E Blaine cercava di ricoprirlo con le braccia come meglio poteva, accarezzando capelli e porzioni di pelle e stringendolo al contempo, e alla fine riuscì a trascinarlo lontano dalla finestra, Kurt che tremava e piangeva tra le sue braccia.

Kurt non seppe capire come, ma a un certo punto si ritrovò seduto su divano, Blaine inginocchiato di fronte a lui che gli teneva le mani e di tanto in tanto scacciava via le sue lacrime.

“L'hanno uccisa, Blaine.”, singhiozzò Kurt, ormai senza fiato. “L'hanno uccisa proprio lì, davanti agli occhi di suo marito come se non valesse niente.” e Blaine annuiva, lasciava che si sfogasse. “E- e se scoprissero che anche io sono qui e volessero- Blaine-”

“Shhh, Kurt. Calmati.”, sussurrò piano Blaine, accarezzandogli i capelli all'indietro insieme a tutte le lacrime. “Calmati, andrà tutto bene.”

“N-non puoi saperlo, Blaine.”, sussurrò Kurt.

“Io te lo prometto.”, gli disse Blaine, afferrandogli il volto con entrambe le mani. “Ti prometto che farò tutto quello che è in mio potere per proteggerti e per tenerti al sicuro. Nessuno, nessuno ti farà del male. Fidati di me.”, gli disse, roteando i pollici sulle sue guance. “Ti fidi ancora di me?”

Gli occhi blu di Kurt erano grandi e lucidi, pieni di speranze e di paure. “Sì.” soffiò. “Sì, mi fido. Non ho mai smesso.”

E Blaine sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma lo fece. Si chinò e raccolse con le labbra una lacrima che era sullo zigomo di Kurt, poi percorse una scia che arrivava fino all'occhio. Baciò quel punto, e poi lasciò un nuovo bacio in mezzo alla sua fronte.

Niente ti farà del male, non finchè ci sono io.”

E Kurt a quel punto si aggrappò alle sue spalle e appoggiò la testa all'incavo del suo collo facendosi stringere, sperando che il tempo attorno a loro si fermasse. Pianse ancora, ma questa volta senza singhiozzi, solo bagnando la felpa di Blaine e sentendo i loro corpi caldi a contatto. E Blaine non lo lasciò andare un attimo, nemmeno un singolo istante. Gli sussurrò parole amorevoli e gli accarezzò la schiena finchè fuori il sole non fu completamente sparito oltre l'orizzonte.

“B-Blaine?”

“Mmmh?”

“Posso addormentarmi vicino a te, stanotte? Voglio dire- proprio qui, sul divano. Basta...basta che mi stai vicino finchè non mi addormento.”

Blaine afferrò una piccola ciocca dei suoi capelli e la trascinò in mezzo agli altri. “Va bene.”

Kurt si distese sul divano e Blaine gli sistemò sopra la coperta.

“Quando mi sarò addormentato puoi...puoi lasciarmi. E mangiare magari. Sarai affamato.”

“Shhh. Non pensare a me.”, gli disse dolcemente Blaine. “Ora dormi, meraviglia.”

Blaine lo chiamava meraviglia dai primi anni della loro storia. Era un nome che aveva ancora la capacità di far sentire a Kurt un formicolio ovunque.

“Blaine?”

“Mmmh?”

“P-puoi...hai voglia di tenermi la mano?”

Senza dire nulla Blaine si fece strada tra le coperte e afferrò saldamente una mano di Kurt, e solo allora fu in grado di chiudere gli occhi. Solo allora, Blaine si sedette sul pavimento e osservò Kurt addormentarsi.

E per tutta la notte rimase accanto a lui, senza mai muoversi. Imparò i suoi lineamenti a memoria per l'ennesima volta – la curva perfetta delle labbra, il ventaglio di ciglia chiare, il mento morbido e la linea del collo – e rimase a osservarlo fin quando fuori non si mostrarono le prime luci dell'alba.

E Blaine non si sentiva stanco – anzi, non era mai stato così vivo.

.





 
.




 
.
Eccomi qui! Per qualche assurdo motivo sono riuscita a pubblicare oggi <3
Dunque – non so se la storia vi stia piacendo barra infastidendo barra lasciando un senso di insoddisfazione...? Ci sono scene molto forti che forse vi eravate immaginati in modo diverso. Se così fosse, fatemi sapere cosa ne pensate, mi rendereste davvero felice! Io ce la sto mettendo tutta – e ammetto che è la storia più difficile che abbia scritto fin'ora perché...sì, è tanto angst, come potete vedere. E fa male scriverla, posso giurarlo.
Uhm, qualche dettaglio tecnico: i non-morti non possono mangiare e tecnicamente nemmeno bere, ma ecco, prendete la storia del latte con le pinze. Nel telefilm si vede chiaramente che stanno male dopo aver ingerito qualsiasi cosa, però ecco, Kurt è...speciale?
Il loro cuore non batte, tuttavia in alcune scene del film, quando vengono uccisi, si vede chiaramente che perdono sangue (molto scuro, quindi presumibilmente morto). Quindi Kurt non dovrebbe essere caldo (è il motivo per cui è molto pallido) ma mi piace pensare che lo sia, o per lo meno che lo sia più di quanto si aspetta.
Dovrebbe esserci tutto. Per qualsiasi dubbio sono qui! E un grazie speciale a tutti coloro che mi stanno seguendo, siete davvero la dolcezza **
 
Je <3
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Papillon_