Sakura guardava Naruto seduto dalla
parte opposta del tavolo.
Stringeva con forza le bacchette
sospese a metà aria, il suo sguardo cristallino puntato verso la ciotola di
ramen fumante che aveva davanti.
Non mangiava,
Naruto.
Dopo pochi attimi che le sembrarono
ore, Sakura si mosse sulla sedia di legno, diventata all’improvviso scomoda e
dura. Neanche lei mangiava: il suo piatto di tayaki era ancora intatto e lo
sarebbe rimasto anche nei minuti successivi; il suo stomaco si era chiuso in una
morsa dolorosa, la consapevolezza di quello che stava per accadere le
attanagliava il cervello mentre le mani cominciavano a sudarle. Mentre i suoi
occhi verdi guizzavano alla figura di Naruto, questo posò finalmente le
bacchette contro la ciotola e sospirò rassegnato. Ma i suoi occhi rimasero fermi
e inespressivi sul ramen che andava raffreddandosi.
- Vuoi davvero sapere la verità,
Sakura-chan?-
N o m o r e l i e
s
C’è solo una
verità nascosta da mille realtà.
Il problema
è capire qual è quella giusta e avere il coraggio di
crederci.
Sakura Haruno aveva solo cinque
anni e ai suoi occhi il mondo era perfetto: aveva amichetti con cui giocare, una
mamma e un papà che le volevano bene, zii e nonni che la
viziavano.
A cinque anni non esistevano i
problemi, le sofferenze del mondo non la toccavano minimamente, i litigi con le
amiche finivano con un sorriso mentre le prime cotte per gli amichetti le
imporporano le guance di un tenue rosso mela, che sulle gote le calzava a
pennello.
Vedeva il mondo dal suo lato
migliore e pensava che quella gioia, la felicità dei suoi giorni non avrebbe mai
smesso di esistere; anche per il futuro sognava cose grandiose, assurde, che
accadevano solo nelle più belle favole.
Ma Sakura, oltre al suo piccolo
mondo fatto di gioie, era riuscita a vedere qualcosa, qualcuno che stonava
terribilmente in tutto ciò. Non riusciva a spiegarsi, quando andava a giocare al
parco, perché quel bambino biondo dagli occhi azzurri stesse sempre solo a
dondolarsi su un’altalena; lo aveva visto tante volte, anche in giro per Konoha,
sorridendo alle persone e facendo un gran baccano, ma sempre si era chiesta il
motivo di quella tristezza che avvertiva. E il fatto che nessun altro sembrava
accorgersene era un dettaglio che a lei non era
sfuggito.
Così un giorno, preso un po’ di
coraggio e determinazione, si era avvicinata lentamente, con cautela a quel bel
bambino, che vedendo un’ombra allungarsi sul terreno polveroso aveva alzato la
testa con uno scatto velocissimo, tanto che Sakura sussultò
leggermente.
Si guardarono stupiti tutti e due,
i loro occhi erano spalancati e le bocche semichiuse, alla ricerca di una parola
o una frase da rivolgersi. Il piccolo Naruto si passò una mano fra i capelli
spettinati, l’inizio di un sorriso sulle labbra e la voglia di conoscere
qualcuno, ma una voce di donna richiamò Sakura e quella, dubbiosa e insicura,
era tornata sui suoi passi: si era voltata e aveva corso tra le braccia della
madre. Non si accorse che Naruto aveva allungato un braccio verso di lei, nella
vana speranza di fermarla e che la madre lo aveva ammonito con un solo sguardo
da lontano.
Non lo avrebbe mai
saputo.
- Mamma..- iniziò la ragazzina che
in modo molto impacciato cercava di infilarsi la sua felpa rosa. -.. chi è quel
bambino?-
- Nessuno, tesoro. Andiamo
adesso, è tardi.- la donna le sorrise gentile (uno di quei sorrisi falsi di chi
cerca di nascondere l’evidenza) e prese la manino della
figlia.
- Ma è sempre solo e triste. Perché
nessuno gioca con lui?-
- Vedi piccola mia..- iniziò la
donna inginocchiandosi davanti a Sakura e sistemandole i ciuffi di capelli corti
dietro la passata di stoffa. -.. al mondo non tutti i bambini sono buoni. Ci
sono alcuni che fanno confusioni e tanti dispetti, dei bambini che si comportano
male. Quel bambino è uno di quelli e la tua mamma vuole che tu non ti avvicini
più a lui.-
Sakura guardò la mamma perplessa e
poi con una voce stridula si avvicinò a lei – Mammina.. io sono una brava
bambina? E mi vuoi bene, vero?-
La signora rimase all’inizio senza
parole per poi scoppiare a ridere ed abbracciare la figlia con trasporto,
dicendole quanto le volesse bene, che era la persona più importante della sua
vita.
Avendo solo cinque anni, a Sakura
non passò per la testa il fatto che probabilmente, Naruto non avesse mai
ricevuto un abbraccio nella sua vita e mai nessuno gli avesse detto di volergli
bene.
Semplicemente quell’episodio andò
nel dimenticatoio, insieme a tante altre cose. Troppe.
E fu la prima volta che a Sakura
raccontarono una bugia.
Sakura Haruno aveva solo dodici
anni. Troppo pochi, anche per un ninja, per affrontare un combattimento, usare
della armi, morire.
Aveva sempre pensato che il grado
di genin le potesse bastare, il suo ideale di vita era diventare come sua madre:
sposare la persona amata, badare alla casa, crescere i figli; non aspirava a
diventare fortissima e invincibile, erano sogni di gloria che facevano i maschi
solitamente.
Era finita in squadra con Sasuke
Uchiha (il principe azzurro delle ragazzine, semplicemente perfetto) e Naruto
Uzumaki (quello scapestrato che negli anni non aveva mutato il suo sguardo
triste, ma Sakura sembrava non accorgersene). Curava le loro ferite, li
riprendeva quando litigavano, avvertiva il maestro Kakashi quando esageravano
con gli allenamenti; il piccolo mondo di Sakura aveva cominciato a ruotare anche
intorno ad altre persone che non fossero se stessa, e lei era felice di questo
nuovo universo, era come stare con una seconda famiglia, una seconda casa
accogliente.
Ma il suo piccolo idillio stava
volgendo al termine, perché non ci sarebbe più stato alcun Sasuke da ammirare e
lodare, non ci sarebbe più stato nessun Naruto da offendere e maltrattare, non
ci sarebbe più stata quella familiarità e quella sensazione di calore al cuore
quando si sta con le persone a cui si vuole bene.
Non ci sarebbe più stato un Team
7.
Era il tramonto di una lunga
giornata passata all’ospedale. Il parco era deserto e il vento muoveva la sabbia
del terreno brullo e le foglie verdi degli alberi, accanto a Sakura l’altro
seggiolino dell’altalena oscillava piano, producendo un cigolio lento e
ripetitivo.
Lei invece non si dondolava: teneva
le punte dei piedi ferme a terra, le mani serrate attorno alle corde d’acciaio e
lo sguardo lucido di chi è solo con pensieri troppo grandi e
tristi.
Kakashi le arrivò davanti con le
mani in tasca, cercando di capire i pensieri della sua
allieva.
- Tua madre sarà preoccupata,
Sakura. Non credi sia ora di tornare a casa?-
La ragazzina non rispose subito,
prima tirò su col naso e si passò un braccio sopra gli occhi
arrossati.
- Come faccio..? Sasuke-kun è
andato.. e non tornerà.. ve-vero?-
- Sasuke è grande e ha deciso da
che parte stare. Una parte sbagliata, ma che ha scelto da
solo.-
- Ma.. ma lui..
noi..-
Il maestro occupò l’altalena vuota,
osservando di sottecchi Sakura che ormai aveva iniziato a piangere
silenziosamente, cercando di reprimere i singhiozzi troppo
rumorosi.
- A questo mondo, Sakura, ognuno di
noi fa delle scelte. Possono essere giuste o sbagliate, ma non sta a noi
giudicare; abbiamo tentato di riportarlo indietro invano, ma questo ci deve
servire per andare avanti, per migliorarci e un giorno provare a farlo tornare
con noi.
Adesso, dovrai prenderti cura di
Naruto..-
La ragazzina alzò la testa con
curiosità, guardando Kakashi.
- Naruto?-
- Già. Da ora in poi, si allenerà
come un matto con Jiraya-sama per diventare forte: avrà bisogno di qualcuno che
curi le sue ferite, non trovi?-
Sakura non poteva vederlo, ma
riuscì a capire da come si era increspata la maschera che il suo maestro stava
sorridendo. Forse, in fondo al tunnel nero in cui era sprofondata, riusciva a
vedere una piccola luce di speranza, forse un giorno sarebbero stati felici
tutte assieme, di nuovo. Bastava solo provarci.
Sorrise soddisfatta, osservando il
sole che lentamente si nascondeva dietro l’orizzonte e le stelle cominciavano a
illuminare il cielo con la loro luce debole, quando un dubbio le si insinuò
nella testa; era sempre stata sveglia, Sakura Haruno.
- Ma Jiraya-sama non si ferma mai a
Konoha per lunghi periodi, questo vuol dire che Naruto se ne andrà con lui a
girovagare.- la sua non era una domanda, ma una constatazione. –
Perché?-
Kakashi rimase in
silenzio.
- Sarebbe meglio che restasse a
Konoha, non trova? Allenarsi in una base fissa è meglio, lo sanno tutti. Perché
Naruto se ne va?-
- Sakura..- il jonin sembrava
vagamente imbarazzato, mentre cercava di stampare sul suo volto un’espressione
felice e rilassata. -.. non devi preoccuparti di questo. Va tutto
bene.-
In futuro, Sakura si chiese se era
un vizio quello di dire le bugie al tramonto, nel parco di Konoha, vicino alle
altalene.
Quando capì che il mondo era solo
una menzogna e le persone che la circondavano erano solamente delle bugiarde,
Sakura Haruno aveva appena quindici anni.
Non esisteva più la bambina timida
e piagnona, troppe cose erano accadute, troppi colpi al cuore aveva subito (Ino,
Sasuke, Naruto..). Si era impegnata con tutta se stessa nell’arte
medica, perché aveva cominciato a capire che la vita non è fatta solo di
combattimenti e di morte, che non esistono solo i ninja che mozzano teste o
squartano un corpo; poteva salvare delle vite umane. Era una frase che le
piaceva da impazzire, si sentiva realizzata Sakura.
Il suo mondo si era allargato a
tutte le persone, a tutti quelli che avevano bisogno del suo aiuto; aveva capito
che anche una donna, nel mondo mascolino dei ninja, poteva essere utile. Lei
poteva aiutare delle persone, poteva aiutarle a restare in vita: era la
cosa più bella e appagante che avrebbe mai potuto fare.
Si allenava tutto il giorno,
prolungandosi a volte anche fino a notte inoltrata; il suo impegno era costante
e dedicava tutta se stessa non solo nella pratica, ma anche nello studio teorico
dell’arte medica, divorando tomi su tomi, memorizzando termini medici e nomi di
piante dalle proprietà curative.
Fu proprio una sera mentre stava
consultando dei libri che il velo di bugia che aveva sempre avuto davanti agli
occhi cominciò a volare via, lentamente, mostrandole le cose poco alla volta.
Un fascicolo giallo sbucava da un
cassetto della scrivania della Godaime, un fascicolo spesso e che era stato
tentato di nasconderlo nel miglior modo possibile, senza successo; Sakura aveva
fatto finta di non vederlo, ripetendosi mentalmente che quelli non erano affari
suoi, non doveva immischiarsi nelle questioni politiche di Konoha. Ma la sua
curiosità e la sua voglia di conoscenza presto avevano avuto la meglio sulla sua
parte responsabile e con una mossa fulminea aveva chiuso con un tonfo l’alto
volume di medicina e aveva aperto con uno strattone violento il cassetto di
mogano, prendendo tra le mani il fascicolo.
Nel momento in cui le sue dita
sottili avevano sollevato la copertina, una strana sensazione di disagio si era
impossessata del suo corpo, tanto che la ragazza si era ritrovata inconsciamente
a respirare a fatica, tremava quasi; i suoi occhi leggevano con molta velocità
le parole stampate su carta, nomi di uomini e di rinnegati che lei aveva
soltanto sentito nominare, un’organizzazione che indossava un mantello nero con
nuvole rosse.
Poi un nome che lei conosceva
troppo bene – Naruto Uzumaki- che in quel momento assunse tutto un altro
significato nella sua vita.
Continuava a leggere Sakura, e più
andava avanti, più capiva che Naruto non era solo il suo maldestro e casinista
compagno di squadra, andato via da Konoha per allenarsi; era un ragazzino di
soli quindici anni, inseguito da una organizzazione criminale di livello S,
portatore del demone volpe. E forse avrebbe scoperto molto altro ancora,
qualcosa che nemmeno la maggior parte di Konoha sapeva, se non fosse arrivata
Tsunade-sama.
- Non avresti dovuto frugare tra le
mie cose, Sakura.-
- Mi spiace, il cassetto era
aperto. Tsunade-sama.. ma Naruto, lui..-
- Lui è al sicuro, non è in
pericolo. Smettila di pensare a queste cose e vai a letto.. per oggi hai
lavorato abbastanza..-
Sakura annuì, afferrò le sue cose e
si avviò verso l’uscita dell’ufficio; prima di chiudere la porta, notò che fuori
dalla finestra, il sole stava tramontando.
Di
nuovo.
Naruto era
nessuno, tutto andava bene perché lui era al sicuro e non correva nessun
rischio.
Era la bugia della sua
vita.
Uno dopo l’altro, qualcuno aveva
aggiunto un pezzo a quella menzogna che aveva coperto non la verità, ma la
realtà del mondo in cui viveva – sua madre, Kakashi sensei, Tsunade
sama.
Si era ritrovata catapultata,
all’improvviso, in un universo che non conosceva, che lei non aveva mai visto;
perché Naruto non era nessuno, era colui che portava dentro di sé la volpe a
nove code.
Naruto non era al sicuro e correva
tutti i rischi di questo mondo, un’organizzazione formata da assassini e
traditori voleva la sua testa.
E no, non andava tutto
bene.
Niente era mai andato
bene.
Non era andata bene la sua amicizia
con Ino, miseramente buttata al vento, anche quella era una
bugia?
Non era andata bene con Sasuke, un
amore a senso unico che mai era stato ricambiato. Un’amicizia che forse non
c’era mai stata: tutta una bugia?
Non era andata bene neanche con
Naruto: non aveva fatto altro che urlargli addosso, piangere, pretendere e
pretendere da lui, pensando che fosse solo uno stupido.
Ma chi era veramente lo stupido,
fra i due?
La sua vita, quella era la più
grossa bugia che le avessero mai raccontato.
Sakura fissava ancora Naruto,
seduti alla locanda, i piatti pieni di cibo ormai freddi e nemmeno
toccati.
La sua vita, le sue certezze, le
erano passate davanti agli occhi e un senso di vuoto l’aveva colta con disgusto;
perché gli occhi di Naruto avevano una scintilla che mai nessun altro aveva
avuto, quando parlava con lei.
Non l’aveva sua madre, quel giorno
al parco e nemmeno Kakashi quando l’aveva consolata sull’altalena. Non l’aveva
avuta Tsunade quella sera nel suo ufficio.
E si ritrovò a pensare con orrore
che Ino aveva quella scintilla quando da bambine giocavano insieme, e lei cieca,
aveva rovinato il loro rapporto, quel rapporto che adesso stavano cercando di
recuperare con grande fatica. Ce l’aveva Sasuke quando se n’era andato e lei
quella notte, come al solito, si era messa a piangere come sempre, non lottando
minimamente, mostrandosi per la debole che era all’epoca.
Non voleva, non poteva, perdere
anche Naruto, forse l’unico appiglio con la verità che le era rimasto, l’unica
persona di cui poteva fidarsi senza che le raccontasse più
bugie.
Non più.
- Vuoi davvero sapere la
verità, Sakura-chan?-
Non più
bugie.
Note Autore (si fa per
dire):
Secondo posto immeritato. Non so
come questa fic possa essere piaciuta dato che io stessa la consideravo una
delle peggiori mai scritte in tutta la mia carriera (?) e senza contare che ha
un leggero sapore NaruSaku:
I miracoli esistono allora.
ù_ù
Non nascondo però di essere
contenta, sarei ipocrita a dire il contrario.
Bhè, che dire.. il mio primo
concorso dopo essere ritornata su EFP dopo una pausa di mesi, direi che non mi
sono arrugginita, forse un po’, ma non troppo..
Ringrazio chi leggerà, amerò chi
recensirà.
Naruto
© Masashi Kishimoto
(beato
lui)
No
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