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Autore: Elpis Aldebaran    28/10/2008    8 recensioni
[Seconda Classificata al contest sulla Menzogna indetto da Mala_Mela e Hipatya]
Mentre i suoi occhi verdi guizzavano alla figura di Naruto, questo posò finalmente le bacchette contro la ciotola e sospirò rassegnato.
Ma i suoi occhi rimasero fermi e inespressivi sul ramen che andava raffreddandosi.
- Vuoi davvero sapere la verità, Sakura-chan?-
[Sakura centric][Fic dal sapore NaruSaku]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Sakura guardava Naruto seduto dalla parte opposta del tavolo.

Stringeva con forza le bacchette sospese a metà aria, il suo sguardo cristallino puntato verso la ciotola di ramen fumante che aveva davanti.

Non mangiava, Naruto.

Dopo pochi attimi che le sembrarono ore, Sakura si mosse sulla sedia di legno, diventata all’improvviso scomoda e dura. Neanche lei mangiava: il suo piatto di tayaki era ancora intatto e lo sarebbe rimasto anche nei minuti successivi; il suo stomaco si era chiuso in una morsa dolorosa, la consapevolezza di quello che stava per accadere le attanagliava il cervello mentre le mani cominciavano a sudarle. Mentre i suoi occhi verdi guizzavano alla figura di Naruto, questo posò finalmente le bacchette contro la ciotola e sospirò rassegnato. Ma i suoi occhi rimasero fermi e inespressivi sul ramen che andava raffreddandosi.

- Vuoi davvero sapere la verità, Sakura-chan?-

 

 

 

N o   m o r e   l i e s

C’è solo una verità nascosta da mille realtà.

Il problema è capire qual è quella giusta e avere il coraggio di crederci.

 

 

 

 

Sakura Haruno aveva solo cinque anni e ai suoi occhi il mondo era perfetto: aveva amichetti con cui giocare, una mamma e un papà che le volevano bene, zii e nonni che la viziavano.

A cinque anni non esistevano i problemi, le sofferenze del mondo non la toccavano minimamente, i litigi con le amiche finivano con un sorriso mentre le prime cotte per gli amichetti le imporporano le guance di un tenue rosso mela, che sulle gote le calzava a pennello.

Vedeva il mondo dal suo lato migliore e pensava che quella gioia, la felicità dei suoi giorni non avrebbe mai smesso di esistere; anche per il futuro sognava cose grandiose, assurde, che accadevano solo nelle più belle favole.

Ma Sakura, oltre al suo piccolo mondo fatto di gioie, era riuscita a vedere qualcosa, qualcuno che stonava terribilmente in tutto ciò. Non riusciva a spiegarsi, quando andava a giocare al parco, perché quel bambino biondo dagli occhi azzurri stesse sempre solo a dondolarsi su un’altalena; lo aveva visto tante volte, anche in giro per Konoha, sorridendo alle persone e facendo un gran baccano, ma sempre si era chiesta il motivo di quella tristezza che avvertiva. E il fatto che nessun altro sembrava accorgersene era un dettaglio che a lei non era sfuggito.

Così un giorno, preso un po’ di coraggio e determinazione, si era avvicinata lentamente, con cautela a quel bel bambino, che vedendo un’ombra allungarsi sul terreno polveroso aveva alzato la testa con uno scatto velocissimo, tanto che Sakura sussultò leggermente.

Si guardarono stupiti tutti e due, i loro occhi erano spalancati e le bocche semichiuse, alla ricerca di una parola o una frase da rivolgersi. Il piccolo Naruto si passò una mano fra i capelli spettinati, l’inizio di un sorriso sulle labbra e la voglia di conoscere qualcuno, ma una voce di donna richiamò Sakura e quella, dubbiosa e insicura, era tornata sui suoi passi: si era voltata e aveva corso tra le braccia della madre. Non si accorse che Naruto aveva allungato un braccio verso di lei, nella vana speranza di fermarla e che la madre lo aveva ammonito con un solo sguardo da lontano.

Non lo avrebbe mai saputo.

- Mamma..- iniziò la ragazzina che in modo molto impacciato cercava di infilarsi la sua felpa rosa. -.. chi è quel bambino?-

- Nessuno, tesoro. Andiamo adesso, è tardi.- la donna le sorrise gentile (uno di quei sorrisi falsi di chi cerca di nascondere l’evidenza) e prese la manino della figlia.

- Ma è sempre solo e triste. Perché nessuno gioca con lui?-

- Vedi piccola mia..- iniziò la donna inginocchiandosi davanti a Sakura e sistemandole i ciuffi di capelli corti dietro la passata di stoffa. -.. al mondo non tutti i bambini sono buoni. Ci sono alcuni che fanno confusioni e tanti dispetti, dei bambini che si comportano male. Quel bambino è uno di quelli e la tua mamma vuole che tu non ti avvicini più a lui.-

Sakura guardò la mamma perplessa e poi con una voce stridula si avvicinò a lei – Mammina.. io sono una brava bambina? E mi vuoi bene, vero?-

La signora rimase all’inizio senza parole per poi scoppiare a ridere ed abbracciare la figlia con trasporto, dicendole quanto le volesse bene, che era la persona più importante della sua vita.

Avendo solo cinque anni, a Sakura non passò per la testa il fatto che probabilmente, Naruto non avesse mai ricevuto un abbraccio nella sua vita e mai nessuno gli avesse detto di volergli bene.

Semplicemente quell’episodio andò nel dimenticatoio, insieme a tante altre cose. Troppe.

E fu la prima volta che a Sakura raccontarono una bugia.

 

Sakura Haruno aveva solo dodici anni. Troppo pochi, anche per un ninja, per affrontare un combattimento, usare della armi, morire.

Aveva sempre pensato che il grado di genin le potesse bastare, il suo ideale di vita era diventare come sua madre: sposare la persona amata, badare alla casa, crescere i figli; non aspirava a diventare fortissima e invincibile, erano sogni di gloria che facevano i maschi solitamente.

Era finita in squadra con Sasuke Uchiha (il principe azzurro delle ragazzine, semplicemente perfetto) e Naruto Uzumaki (quello scapestrato che negli anni non aveva mutato il suo sguardo triste, ma Sakura sembrava non accorgersene). Curava le loro ferite, li riprendeva quando litigavano, avvertiva il maestro Kakashi quando esageravano con gli allenamenti; il piccolo mondo di Sakura aveva cominciato a ruotare anche intorno ad altre persone che non fossero se stessa, e lei era felice di questo nuovo universo, era come stare con una seconda famiglia, una seconda casa accogliente.

Ma il suo piccolo idillio stava volgendo al termine, perché non ci sarebbe più stato alcun Sasuke da ammirare e lodare, non ci sarebbe più stato nessun Naruto da offendere e maltrattare, non ci sarebbe più stata quella familiarità e quella sensazione di calore al cuore quando si sta con le persone a cui si vuole bene.

Non ci sarebbe più stato un Team 7.

Era il tramonto di una lunga giornata passata all’ospedale. Il parco era deserto e il vento muoveva la sabbia del terreno brullo e le foglie verdi degli alberi, accanto a Sakura l’altro seggiolino dell’altalena oscillava piano, producendo un cigolio lento e ripetitivo.

Lei invece non si dondolava: teneva le punte dei piedi ferme a terra, le mani serrate attorno alle corde d’acciaio e lo sguardo lucido di chi è solo con pensieri troppo grandi e tristi.

Kakashi le arrivò davanti con le mani in tasca, cercando di capire i pensieri della sua allieva.

- Tua madre sarà preoccupata, Sakura. Non credi sia ora di tornare a casa?-

La ragazzina non rispose subito, prima tirò su col naso e si passò un braccio sopra gli occhi arrossati.

- Come faccio..? Sasuke-kun è andato.. e non tornerà.. ve-vero?-

- Sasuke è grande e ha deciso da che parte stare. Una parte sbagliata, ma che ha scelto da solo.-

- Ma.. ma lui.. noi..-

Il maestro occupò l’altalena vuota, osservando di sottecchi Sakura che ormai aveva iniziato a piangere silenziosamente, cercando di reprimere i singhiozzi troppo rumorosi.

- A questo mondo, Sakura, ognuno di noi fa delle scelte. Possono essere giuste o sbagliate, ma non sta a noi giudicare; abbiamo tentato di riportarlo indietro invano, ma questo ci deve servire per andare avanti, per migliorarci e un giorno provare a farlo tornare con noi.

Adesso, dovrai prenderti cura di Naruto..-

La ragazzina alzò la testa con curiosità, guardando Kakashi.

- Naruto?-

- Già. Da ora in poi, si allenerà come un matto con Jiraya-sama per diventare forte: avrà bisogno di qualcuno che curi le sue ferite, non trovi?-

Sakura non poteva vederlo, ma riuscì a capire da come si era increspata la maschera che il suo maestro stava sorridendo. Forse, in fondo al tunnel nero in cui era sprofondata, riusciva a vedere una piccola luce di speranza, forse un giorno sarebbero stati felici tutte assieme, di nuovo. Bastava solo provarci.

Sorrise soddisfatta, osservando il sole che lentamente si nascondeva dietro l’orizzonte e le stelle cominciavano a illuminare il cielo con la loro luce debole, quando un dubbio le si insinuò nella testa; era sempre stata sveglia, Sakura Haruno.

- Ma Jiraya-sama non si ferma mai a Konoha per lunghi periodi, questo vuol dire che Naruto se ne andrà con lui a girovagare.- la sua non era una domanda, ma una constatazione. – Perché?-

Kakashi rimase in silenzio.

- Sarebbe meglio che restasse a Konoha, non trova? Allenarsi in una base fissa è meglio, lo sanno tutti. Perché Naruto se ne va?-

- Sakura..- il jonin sembrava vagamente imbarazzato, mentre cercava di stampare sul suo volto un’espressione felice e rilassata. -.. non devi preoccuparti di questo. Va tutto bene.-

In futuro, Sakura si chiese se era un vizio quello di dire le bugie al tramonto, nel parco di Konoha, vicino alle altalene.

 

Quando capì che il mondo era solo una menzogna e le persone che la circondavano erano solamente delle bugiarde, Sakura Haruno aveva appena quindici anni.

Non esisteva più la bambina timida e piagnona, troppe cose erano accadute, troppi colpi al cuore aveva subito (Ino, Sasuke, Naruto..). Si era impegnata con tutta se stessa nell’arte medica, perché aveva cominciato a capire che la vita non è fatta solo di combattimenti e di morte, che non esistono solo i ninja che mozzano teste o squartano un corpo; poteva salvare delle vite umane. Era una frase che le piaceva da impazzire, si sentiva realizzata Sakura.

Il suo mondo si era allargato a tutte le persone, a tutti quelli che avevano bisogno del suo aiuto; aveva capito che anche una donna, nel mondo mascolino dei ninja, poteva essere utile. Lei poteva aiutare delle persone, poteva aiutarle a restare in vita: era la cosa più bella e appagante che avrebbe mai potuto fare.

Si allenava tutto il giorno, prolungandosi a volte anche fino a notte inoltrata; il suo impegno era costante e dedicava tutta se stessa non solo nella pratica, ma anche nello studio teorico dell’arte medica, divorando tomi su tomi, memorizzando termini medici e nomi di piante dalle proprietà curative.

Fu proprio una sera mentre stava consultando dei libri che il velo di bugia che aveva sempre avuto davanti agli occhi cominciò a volare via, lentamente, mostrandole le cose poco alla volta.

Un fascicolo giallo sbucava da un cassetto della scrivania della Godaime, un fascicolo spesso e che era stato tentato di nasconderlo nel miglior modo possibile, senza successo; Sakura aveva fatto finta di non vederlo, ripetendosi mentalmente che quelli non erano affari suoi, non doveva immischiarsi nelle questioni politiche di Konoha. Ma la sua curiosità e la sua voglia di conoscenza presto avevano avuto la meglio sulla sua parte responsabile e con una mossa fulminea aveva chiuso con un tonfo l’alto volume di medicina e aveva aperto con uno strattone violento il cassetto di mogano, prendendo tra le mani il fascicolo.

Nel momento in cui le sue dita sottili avevano sollevato la copertina, una strana sensazione di disagio si era impossessata del suo corpo, tanto che la ragazza si era ritrovata inconsciamente a respirare a fatica, tremava quasi; i suoi occhi leggevano con molta velocità le parole stampate su carta, nomi di uomini e di rinnegati che lei aveva soltanto sentito nominare, un’organizzazione che indossava un mantello nero con nuvole rosse.

Poi un nome che lei conosceva troppo bene – Naruto Uzumaki- che in quel momento assunse tutto un altro significato nella sua vita.

Continuava a leggere Sakura, e più andava avanti, più capiva che Naruto non era solo il suo maldestro e casinista compagno di squadra, andato via da Konoha per allenarsi; era un ragazzino di soli quindici anni, inseguito da una organizzazione criminale di livello S, portatore del demone volpe. E forse avrebbe scoperto molto altro ancora, qualcosa che nemmeno la maggior parte di Konoha sapeva, se non fosse arrivata Tsunade-sama.

- Non avresti dovuto frugare tra le mie cose, Sakura.-

- Mi spiace, il cassetto era aperto. Tsunade-sama.. ma Naruto, lui..-

- Lui è al sicuro, non è in pericolo. Smettila di pensare a queste cose e vai a letto.. per oggi hai lavorato abbastanza..-

Sakura annuì, afferrò le sue cose e si avviò verso l’uscita dell’ufficio; prima di chiudere la porta, notò che fuori dalla finestra, il sole stava tramontando.

Di nuovo.

 

Naruto era nessuno, tutto andava bene perché lui era al sicuro e non correva nessun rischio.

Era la bugia della sua vita.

Uno dopo l’altro, qualcuno aveva aggiunto un pezzo a quella menzogna che aveva coperto non la verità, ma la realtà del mondo in cui viveva – sua madre, Kakashi sensei, Tsunade sama.

Si era ritrovata catapultata, all’improvviso, in un universo che non conosceva, che lei non aveva mai visto; perché Naruto non era nessuno, era colui che portava dentro di sé la volpe a nove code.

Naruto non era al sicuro e correva tutti i rischi di questo mondo, un’organizzazione formata da assassini e traditori voleva la sua testa.

E no, non andava tutto bene.

Niente era mai andato bene.

Non era andata bene la sua amicizia con Ino, miseramente buttata al vento, anche quella era una bugia?

Non era andata bene con Sasuke, un amore a senso unico che mai era stato ricambiato. Un’amicizia che forse non c’era mai stata: tutta una bugia?

Non era andata bene neanche con Naruto: non aveva fatto altro che urlargli addosso, piangere, pretendere e pretendere da lui, pensando che fosse solo uno stupido.

Ma chi era veramente lo stupido, fra i due?

La sua vita, quella era la più grossa bugia che le avessero mai raccontato.

 

Sakura fissava ancora Naruto, seduti alla locanda, i piatti pieni di cibo ormai freddi e nemmeno toccati.

La sua vita, le sue certezze, le erano passate davanti agli occhi e un senso di vuoto l’aveva colta con disgusto; perché gli occhi di Naruto avevano una scintilla che mai nessun altro aveva avuto, quando parlava con lei.

Non l’aveva sua madre, quel giorno al parco e nemmeno Kakashi quando l’aveva consolata sull’altalena. Non l’aveva avuta Tsunade quella sera nel suo ufficio.

E si ritrovò a pensare con orrore che Ino aveva quella scintilla quando da bambine giocavano insieme, e lei cieca, aveva rovinato il loro rapporto, quel rapporto che adesso stavano cercando di recuperare con grande fatica. Ce l’aveva Sasuke quando se n’era andato e lei quella notte, come al solito, si era messa a piangere come sempre, non lottando minimamente, mostrandosi per la debole che era all’epoca.

Non voleva, non poteva, perdere anche Naruto, forse l’unico appiglio con la verità che le era rimasto, l’unica persona di cui poteva fidarsi senza che le raccontasse più bugie.

Non più.

 

- Vuoi davvero sapere la verità, Sakura-chan?-

Non più bugie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Autore (si fa per dire):

Secondo posto immeritato. Non so come questa fic possa essere piaciuta dato che io stessa la consideravo una delle peggiori mai scritte in tutta la mia carriera (?) e senza contare che ha un leggero sapore NaruSaku: la Tya odia il NaruSaku.

I miracoli esistono allora. ù_ù

Non nascondo però di essere contenta, sarei ipocrita a dire il contrario.

Bhè, che dire.. il mio primo concorso dopo essere ritornata su EFP dopo una pausa di mesi, direi che non mi sono arrugginita, forse un po’, ma non troppo..

Ringrazio chi leggerà, amerò chi recensirà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Naruto © Masashi Kishimoto

(beato lui)

No More Lies © Coco Lee

 

   
 
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