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Autore: Eneri_Mess    18/11/2014    2 recensioni
Uomini e donne, reduci da un’epoca cesellata di leggenda, agiscono per sovvertire le sorti di un mondo ignaro e di sognatori, il cui unico scopo è quello di raggiungere il più famoso e ambito dei tesori, il One Piece.
Ma il nuovo Re dei Pirati, colui che conquisterà ancora una volta ricchezza, fama e potere, sarà solo uno.
« Non peccare di presunzione. Gli eredi sono quattro, i pretendenti molti. Non sarai tu a scegliere chi diventerà Re dei Pirati e come egli – o ella – deciderà il futuro di ciò che resta del mondo »
Dal Capitolo XX:
« Non vedo cosa dovrei ricordarmi di te, Portuguese. Non tratto coi pirati » sibilò in tono velenoso, avventato, ma non riusciva a domare un pulsante senso di ansia crescente.
Quel tipo sapeva il suo vero nome. Quello che lei tentava di insabbiare da anni, e che se fosse arrivato alle orecchie sbagliate avrebbe provocato troppi casini.
Ciononostante, il pensiero sparì, come vapore, dopo aver sentito la “spiegazione”.
« Mi avevi detto che bacio bene. Pensavo che questo fosse qualcosa di bello da ricordare » dichiarò offeso.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Heavenly Eve
(Gli Eredi)
 
 
 
- Capitolo II -
[Figlia del Mare]
 
 
 
 
Stay here and listen to the nightmares of the Sea
And the music plays on, as the bride passes by
Caught by his spell and
the Mariner tells his tale.
 
[The Rime of the Ancient Mariner – Iron Maiden]
 
 
 
 
Come Nami aveva previsto, quando il sole ebbe iniziato il suo rapido cammino verso occidente avvistarono in lontananza il profilo degli isolotti che formavano l’arcipelago di Tsuri Fish.
« Vedi niente da lassù? » gridò Sanji, arrampicatosi sulle sartie per sistemare alcune delle funi delle vele, in direzione di Usopp, appostato invece a coffa e intento ad osservare la scena dal cannocchiale.
« Solo ammassi di vegetazione » rispose quello, senza scollare l’occhio dallo strumento.
« Nessuna traccia della mia bella e adorata sirenetta? Guarda bene! »
Il cecchino perse la pazienza e si sporse dal parapetto.
« Non riesco a distinguere neanche degli edifici, come pensi che possa vedere lei!? » sbraitò, tornando subito a quello che stava facendo, non senza brontolare qualcosa del tipo: « La tua adorata poi! Guarda come ci ha trattati! » e i bisbigli gli costarono una dura scarpata sulla nuca.
Un altro che non staccava lo sguardo dall’orizzonte era Zoro ritto in piedi a prua, le braccia incrociate e l’espressione contratta da un cipiglio irritato. Era lì da diverse ore in attesa che all’orizzonte comparisse l’isola dove presumibilmente si era diretta la donna che gli aveva sottratto la Shusui. Le mani non smettevano di prudergli al pensiero.
« Quanto pensi di andarci pesante con la ragazzina? » domandò una voce alle sue spalle. Lo spadaccino non si voltò neanche, mentre Robin si appoggiava alla balaustra di fronte, i capelli scuri che ondeggiavano al vento.
« Quella ha passato il limite della ragazzina da parecchio » le rispose, senza però prestarle attenzione. La sconosciuta, a cui tutti – Sanji in primis – volevano dare finalmente un nome, non era certo una ragazzina, benché sembrasse molto giovane.
“E’ stata davvero agile” si ritrovò a pensare Zoro, perdendo per un attimo i contatti con la realtà. Anche se ferita, era stata lo stesso in grado di fregarli tutti, lui in testa. Il fatto poi di essere riuscita a sottrargli la katana da sotto il naso non era da sottovalutare: certo, perfino Nami, forse – forse, si ripeté – ne sarebbe stata capace, ma quello che possedevano entrambe erano due tipi di scioltezza nei movimenti diversi. La navigatrice sembrava averci fatto il callo, complice anche il suo passato di ladra; quella donna invece lo aveva come vero e proprio dono di natura. Ciò che però più di tutto gli dava da pensare era scoprire il modo in cui era riuscita a svignarsela in mare in un batter d’occhio.
Riprese a fissare l’agglomerato di atolli che si avvicinava sempre di più e strinse inconsciamente l’elsa della Wado Ichimonji. La cosa basilare, in quel momento, era rientrare in possesso della Shusui, per le domande ci sarebbe stato tempo dopo.
 
 
 
 
 
Una carneficina.
Ciò che li accolse e la parola che meglio descriveva la costa di quel piccolo atollo dai tratti caraibici. Doveva aver ospitato un modesto villaggio di pescatori, ma ora i corpi non si contavano, disseminati ovunque come scarti di carne macellata. Il sangue era un macabro tappeto rosso che copriva l’intera costa, pronto ad accogliere i nuovi arrivati sulla sua tetra superficie. La morte era venuta e se ne era andata nella sua veste più nera, portando via con il fuoco la vita di quella povera gente.
I primi a sbarcare, in quel luogo regno ormai di desolazione, furono Zoro e Rufy, seguiti subito da Chopper, Sanji, Franky e Brook che si guardarono attentamente in giro alla ricerca di qualche sopravvissuto scampato alla falce.
« E’ orribile » sentenziò Usopp con le uniche parole che gli vennero alle labbra, ancora immobile sul bordo della nave, incapace di scollare lo sguardo dallo sterminio avvenuto.
Nami non disse niente. Era passato troppo tempo dall’ultima volta a cui aveva dovuto assistere a uno scempio del genere. La Rotta Maggiore pullulava di gentaglia dai più bassi istinti, che saccheggiava e sterminava per il puro gusto di farlo; ma erano animali con i quali, nel caso, aveva sempre dovuto combattere e mai osservare la scia dei loro passaggi.
« Scendiamo anche noi e diamo una mano con le ricerche » disse Robin più rigida del solito, sebbene mantenesse la sua naturale impassibilità, calandosi a riva. La navigatrice e il cecchino la seguirono con un groppo in gola.
 
 
Chopper, guardandosi intorno, avvertì il dolore stringergli il cuore per tutte quelle vite spezzate. Aveva girato per mezza spiaggia, tra corpi di uomini, anziani e bambini, senza trovare un alito di vita in nessuno di loro. La cosa peggiore fu quella di vedere donne dagli abiti laceri accanto a ragazzini di non più di sei anni o addirittura qualche neonato. Era in ambienti del genere che sentiva tutte le sue conoscenze mediche come quattro carabattole apprese senza uno scopo: non poteva più fare niente per loro, solo sentire una profonda tristezza mista a rabbia, emozioni che gli stavano facendo pizzicare gli occhi.
« Non deprimerti » gli disse fermo Sanji alle sue spalle, rimessosi appena in piedi dopo aver coperto il corpo di una ragazzina che non dimostrava più di quindici anni; era bravo a dissimulare, ma quello che stavano vedendo gli dava il voltastomaco. « Qui da qualche parte c’è ancora qualcuno che ha bisogno di te » continuò con un’occhiata intensa, per poi voltarsi e proseguire, le mani affondate nelle tasche che grattavano la stoffa con rabbia.
La piccola renna si strofinò gli occhi lucidi, cacciando via le lacrime, e seguì il cuoco, gli zoccoli ben stretti alle spalline dello zaino.
 
 
Zoro e Rufy avanzavano in quello che doveva essere stato il fulcro dello scontro. Oltre a uomini indossanti lunghe cappe dalle tonalità azzurre e ancora impugnanti lance e corte spade, i cadaveri abbandonati di alcuni pirati si distinguevano dagli altri. Non li degnarono di più di uno sguardo, se non per cercare tracce di vessilli o cose del genere che potessero ricondurli al loro capitano, ma si rivelarono solo carne morta di nessuna utilità.
Esclusa la brezza serate e le onde del mare calmo, nessun rumore rompeva la quiete del luogo, nessuno era rimasto per piangere o raccogliere qualcosa che potesse testimoniare che fino a un giorno prima qualcuno avesse vissuto, riso, pianto su quella costa. Eppure…
« E’ qui » disse d’un tratto il ragazzo col cappello di paglia, guardandosi intorno come se stesse cercando di vedere qualcosa di invisibile. Anche se non avevano trovato prove che la donna fosse approdata lì, se lo sentiva, sapeva che era tornata sull’isola e che aveva visto ciò che ne era rimasto. Sentì un moto di collera agitarglisi dentro, mentre l’unico pensiero che gli martellava la testa era di trovarla. 
Zoro non rispose, continuando la sua camminata cadenzata e volgendo lo sguardo imperscrutabile a destra e a sinistra, l’animo diviso tra il desiderio di recuperare la sua spada e quello di piantare la stessa nel corpo del responsabile di quella strage. Strage che spiegava tutti i comportamenti della loro sconosciuta e lui non si sentì di biasimarla.
E fu in quel momento, quando entrambi alzarono gli occhi avanti per proseguire, che notarono l’unica persona viva, inginocchiata nella sabbia ai bordi della battaglia, le mani tremanti aggrappate all’elsa della spada conficcata in terra nel vano tentativo di alzarsi.
Non persero tempo e si avvicinarono rapidi.
 
 
 
“Troppo tardi” continuava a ripetersi nella disperazione. Era già troppo tardi quando si era accorta di cosa stesse succedendo in spiaggia, ma quando era tornata, pronta anche a combattere con l’arma che aveva sottratto sulla nave che l’aveva ripescata dal mare, si era definitivamente rassegnata all’idea che non avrebbe più potuto fare niente per nessuno di loro. La sua gente, la sua casa, la sua vita.
“Come hai potuto?!” gridò con rabbia la sua testa, le lacrime che le bruciavano gli occhi. “Non ti è bastato cinque anni fa!?”
Se non fosse stato per l’odio che provava in quel momento, non sarebbe riuscita a rimanere lucida. La ferita si era riaperta, gocciolando lenta e costante rivoli di sangue che l’avevano indebolita sempre di più minuto dopo minuto. Aveva stretto i denti, setacciando l’intera spiaggia alla ricerca di sopravvissuti da aiutare o di demoni da cui avere informazioni.
Ma non era arrivata a niente, se non alla consapevolezza di essere rimasta sola.
“Matt” pianse il suo cuore al solo pensiero. Non era lì sulla spiaggia… anche se non ne era del tutto sicura. Alcuni corpi erano irriconoscibili, carbonizzati dagli incendi, e lei non era riuscita a sopportarne il fetore senza accusare qualche conato di vomito, ma le era bastata la vista per farla allontanare e crollare in lacrime.
Eppure qualcosa dentro le diceva che non era morto, perché l’aveva sentito, aveva udito il suo grido d’aiuto in mezzo ad altri. Si stava attaccando con tutta se stessa a quella speranza. Doveva trovarlo, era la sua priorità, su tutto.
Con quel bruciante proposito in mente, tentò di alzarsi, ma le ginocchia non le risposero. Fece un altro sforzo, appoggiandosi all’elsa della spada piantata nella sabbia davanti a sé. Niente. La testa le girava e faceva male, come ogni fibra del suo corpo. Ma quei dolori non erano nulla in confronto a quello che l’avrebbe tormentata se non fosse andata a cercare Matt.
Provò per l’ennesima volta, ma quando alzò il capo vide con la coda dell’occhio qualcosa che le fermò quasi del tutto i battiti nel petto, emozioni indecifrabili che si scontrarono sotto la pelle. Due figure stavano marciando verso di lei, correndo come furie e affondando ad ogni falcata i piedi in quella fanghiglia cremisi.
Del tutto stordita dal dolore e con la mente dominata dalla confusione totale, cercò con le mani tremanti di sguainare la spada nel disperato intento di difendersi.
Ma l’avevano raggiunta.
 
 
 
« Perché mi avete seguita!? » urlò nella loro direzione, le lacrime che sgorgavano dai suoi occhi senza sosta. « Qui non c’è più niente per voi! »
Zoro e Rufy si fermarono a un paio di metri da lei. La fissarono senza apparenti emozioni sul viso, i pugni stretti lungo i fianchi che tradivano la loro rabbia, ma la sconosciuta era troppo stravolta per farci caso.
Armeggiò nuovamente con la spada, riuscendo a far scorrere e scoprire qualche centimetro della lama, che brillò chiara alla luce del sole, ma lo spadaccino, gli occhi di pietra, le si avvicinò all’improvviso e con uno schiaffò secco alla mano tremante le fece cadere la Shusui.
Causa anche quell’inaspettata vicinanza, la ragazza si sentì persa del tutto, senza più forze, ma non riuscì neanche a desiderare la morte, perché c’era ancora qualcuno che l’aspettava, qualcuno a cui aveva promesso di esserci sempre.
« Matt » mormorò disperata non accorgendosene. La realtà sfuocò davanti ai suoi occhi, le membra scivolarono lente ed esauste verso il suolo sabbioso.
Capitano e spadaccino, con esclamazioni preoccupate, le furono addosso, ma lei non sentiva più niente, solo un’oscurità crescente che l’avvolgeva.
 
 
 
***
 
 
 
Fu un dolore diffuso per tutto il corpo la prima sensazione che provò riemergendo dall’oscurità.
Si sentiva esausta e debole, ma viva, cosa che non aveva più sperato dopo aver perso i sensi in spiaggia.
A quel pensiero la mente sembrò tornarle prepotentemente lucida e spalancò gli occhi, tentando di muoversi per mettersi seduta. Una mano, con fermezza e delicatezza, la bloccò al materasso.
« Calmati, nessuno ti vuole fare del male » le disse una voce femminile.
Voltando la testa, mise a fuoco la ragazza dai capelli rossi del giorno prima, seduta accanto al letto. Non ebbe il tempo di dire niente, che la navigatrice riattaccò risoluta.
« Prima che tu riprenda ad agitarti, vorrei chiarire un paio di cose. Primo, è vero, siamo pirati, ma non della risma di quelli che hanno attaccato il tuo villaggio » il suo tono era venato di disgusto, ma si contenne. « Secondo, vogliamo aiutarti. Ti conviene credermi perché non voglio altre scenate come quella di ieri » e le dette un’occhiata eloquente. 
« Se le parli così rischi solo di ottenere l’effetto contrario » scherzò una voce alle spalle della navigatrice.
L’inferma, tendendo appena il collo – sembrava che i nervi avessero qualcosa da ridire ad ogni movimento – notò la presenza di un’altra donna, appoggiata alla scrivania dell’infermeria.
« Ben svegliata » la salutò questa con un sorriso, avvicinandosi e tirando fuori dalla tasca dei pantaloni lo stesso fazzoletto di stoffa del giorno prima. « Questo è tuo » disse, depositandole in mano, e facendo attenzione a non toccarlo, il ciondolo a forma di cavalluccio marino. « Mi sono permessa di studiarlo un po’ »
Nami sbuffò.
« Io sono Nami, la navigatrice di questa bagnarola, mentre lei è Robin, la nostra esperta di reliquie e stranezze » le sorrise con calore. « E dopo tutto quello che ci hai fatto passare mi piacerebbe conoscere il tuo nome »
La donna abbassò gli occhi, adagiando meglio la testa sul cuscino morbido e osservando il soffitto, sfinita. Essere stata salvata due volte dalle stesse persone doveva pur voler dire che poteva provare a fidarsi. Inoltre, dolorante com’era, non avrebbe di certo potuto tentare un’altra fuga. Prese un profondo respiro.
« Mizu » mormorò in fine senza guardarla, e la rossa sorrise di nuovo. « Mi chiamo Mizu »
« Benvenuta sulla Sunny, Mizu »
 
 
 
 
 
« E sposta quel naso, devo vederla! »
« Hai guardato fino ad ora, quindi non lamentarti! »
« Ma si è svegliata! »
« Vorrei vederla anch’io… se avessi gli occhi! Yohohoho »
« Anch’io! »
« Ma la volete piantare!? » sbraitò Zoro, accovacciato con le sue tre spade sul divano della cucina osservando i membri più idioti dell’equipaggio che si azzuffavano nella speranza di intravedere qualcosa di ciò che stava avvenendo all’interno dell’infermeria attraverso il piccolo oblò dell’uscio.
Quel trambusto perché Nami era stata categorica nell’affermare che nessuno, nessuno, eccetto lei e Robin, finita la visita di Chopper, si sarebbe dovuto avvicinare alla donna che avevano ri-salvato. Quella decisione aveva tutti scopi mirati, ma alcuni della ciurma sembravano non averli compresi, o neanche presi in esame, a seconda del soggetto.
“Ieri l’avete spaventata a morte, quindi non vi azzardate ad avvicinarvi!
La navigatrice era stata tassativa, chiudendo la porta in faccia a tutti i maschi della compagnia.
Inutile aggiungere che erano subito scoppiate liti tra Sanji, che accusava il cecchino e il suo lungo naso anomalo, Usopp, che rimproverava i modi svenevoli del cuoco, e poi entrambi contro Rufy per il casino combinato il giorno prima, e via dicendo. Solo Chopper, inizialmente, sembrava essersi abbattuto per la decisione dell’amica, ma poi aveva fatto in modo di osservare la scena dalla finestrella seguendo l’esempio di un pacato Brook, attirando subito l’attenzione di tutti gli altri che si erano accalcati al loro seguito, riprendendo a battibeccare.
« Zitto, marimo » gli rispose malamente Sanji, dimenticandosi per un attimo del litigio. « Dovrai prostrarti a terra e chiedere il suo perdono per quello che le hai fatto ». Sebbene il discorso si mostrasse ambiguo non solo per lo spadaccino, il cuoco era paurosamente serio, come ogni volta che era implicata una donna.
« Chiederle perdono per cosa, sopracciglio a ricciolo? » ringhiò di rimando Zoro, una mano sull’elsa della Wado Ichimonji.
« Per averla braccata come un animale anche se era ferita e sconvolta » dicendo ciò, Sanji spense il mozzicone della sigaretta nel posacenere del tavolo, parandosi di fronte l’arrogante spadaccino pronto a iniziare l’ennesima litigata alla “ti concio per le feste”.
Zoro, una vena che pulsava pericolosamente sulla fronte per tutte le idiozie sentite, fece per rispondere, ma la porta si aprì con tale violenza che il quintetto fu scaraventato via davanti i suoi occhi, mentre una furibonda Nami si stagliava sulla porta, la mano ancora stretta sul pomello.
« Voi non avete idea di cosa significhi aspettare, avere pazienza e soprattutto fare SILENZIO, non è vero!? » tuonò, avanzando verso i poveri disgraziati, rialzatisi a fatica, e stendendoli di nuovo a terra a suon di pugni.
Quando, con un pesante sospiro, ebbe del tutto quietato lo spirito, parlò:
« Vuole conoscervi »
 
 
 
Mizu fu aiutata da Robin a varcare la soglia della cucina e ad accomodarsi sul divano ora libero. Il silenzio reverenziale con cui fu accolta, dettato dal timore verso la compagna rossa, la lasciò un po’ perplessa e intimorita, visto come la fissavano. Mentre tutti iniziavano a prendere posto, chi sul tavolo della cucina, chi per terra, e Franky arrivava annunciando che la nave era ancorata senza problemi, Chopper si avvicinò alla ragazza.
« Come ti senti? » domandò alla donna.
Lei lo osservò un attimo, prima di stirare le labbra.
« Meglio… grazie per le tue cure »
Per la prima volta, tutti la videro distendere i lineamenti del viso e, con quel gesto, sembrò crollare del tutto il muro che li aveva divisi fin dal primo incontro, mandando in estasi non solo il cuoco già cotto a puntino, ma anche la renna, il ragazzo di gomma, il cecchino e il musicista. Franky non poté esimersi da uno dei suoi rumorosi “super”.
« Ah ah! L’ho sempre saputo che sarebbe finito tutto bene » sospirò teatralmente Usopp, pavoneggiandosi. Istantanea arrivò l’occhiataccia di Nami e il ragazzo abbassò la cresta. « E’ ovvio che lo sapessero tutti… » pigolò in aggiunta.
Mizu, invece, tornò seria, inumidendosi le labbra secche.
« Vi ringrazio tutti, davvero » iniziò un po’ rauca, gli occhi velati dalla stanchezza e il viso ancora pallido. « Nami-san mi ha spiegato ogni cosa e mi dispiace di avervi creato dei problemi »
« Non devi scusarti di niente » rispose Sanji per gli altri.
« Come ti ho detto prima, è stato solo un malinteso, ognuno ha reagito senza conoscere i dettagli » aggiunse la rossa, sapendo, da quelle poche parole che si erano scambiate prima, che la donna si sentiva davvero in colpa per quanto accaduto.
Dopo qualche attimo di pensieri, Mizu annuì, ricambiando il suo sguardo.
« Grazie ancora »
Tutti sorrisero, mentre Rufy iniziò a ridere gioviale, attirando l’attenzione su di sé.
« Allora come ti chiami? » chiese diretto il capitano con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, mentre restava seduto a gambe incrociate poco distante dalla ragazza.
« Mizu » fece un cenno col capo, non riuscendo ancora a muoversi come voleva.
« Che nome soave! » sospirò Sanji, espirando cuoricini da ogni dove. « Sanji, qui per servirla, mademoiselle » disse con un inchino elegante. « E la scimmia che non si presenta è Rufy » aggiunse, piantando sulla nuca del capitano la scarpa, costringendolo a piegare il capo in avanti.
« Il medico è Chopper – che si premette il cappello in testa, incurvando gli angoli della bocca gioioso – il nasone è Usopp - « Ehi! » - la zucca vuota là in disparte è Zoro. Poi ci sono Franky il pervertito e il terrificante Brook » continuò Nami, presentando il resto della ciurma, che subito vociò lamentele sugli appellativi che la compagna regalava con vispi sorrisi.
Lo spadaccino la fissò trucemente, ma il suo sguardo fu intercettato dal cuoco e ripresero a volare scintille, finché la navigatrice non sedò il nascente scontro sotto gli occhi perplessi della loro ospite.
« Siete peggio dei bambini » mormorò esasperata sedendosi vicino a Mizu. « Non fare caso a questi idioti »
La donna scosse la testa, sorridendo timidamente.
« Vorrei… chiedervi una cosa » riprese, abbassando lo sguardo dai presenti. Il silenzio la indusse a continuare. « Dove siamo attraccati? »
« A largo della tua isola » rispose Nami lentamente, osservandola con attenzione. Questa socchiuse gli occhi, sentendoli bruciare di lacrime, e deglutì respirando a fondo.
« Sai chi vi ha attaccati? » domandò serio Rufy in quella silenziosa tensione tornata tra loro.
Mizu riaprì gli occhi, fissando un punto imprecisato del pavimento.
« Si fanno chiamare i Tori Rossi » rispose flebile, la gola completamente secca. Immagini della battaglia in cui era stata coinvolta presero a scorrerle davanti, sempre più nitide, sempre più strazianti. Con uno sforzo, si costrinse ad ingoiare il groppo che le ostruiva la gola.
« Ne ho sentito parlare » confermò Zoro dopo averci pensato un po’ su. Con quelle inaspettate parole richiamò l’attenzione di ognuno su di sé, mentre si rimetteva in piedi, sistemando le sue tre spade a lato della fusciacca. Fissò la donna, ma quella non ricambiò. « Il loro capitano si chiama Akai Oushiza e su di lui pende una taglia di trecentotrenta milioni di Berry » continuò, lo sguardo immobile.
« TRECENTOTRENTA milioni? » trasecolò Nami, seguita a ruota dal cecchino, subito colpito dal suo tipico allarmismo, con tanto di irrefrenabile tremarella alle gambe, che contagiò in breve anche Chopper e Brook.
« Trecentotrenta milioni… è anche più di Rufy… » piagnucolò in un sussurro Usopp, ma nessuno lo ascoltò. 
« Pare abbia i poteri di un Frutto del Diavolo » proseguì lo spadaccino, infischiandosene degli altri e incrociando le braccia al petto mentre, con nonchalance, faceva scrocchiare i muscoli intorpiditi del collo ancora bendato.
« Sì » confermò piatta la donna « il Frutto Cow Cow modello Toro »
« Cos’altro sai di questo stronzo? » domandò Sanji al compagno con viso impassibile, accendendosi una sigaretta.
Quello ci pensò un attimo, prima di rispondere.
« Era uno dei pirati più temuti nel mare meridionale, finché non si è spostato nella Rotta Maggiore. Mi ricordo che la Marina ci ha sempre pensato due volte a mettergli le mani addosso »
« Non andrebbe preso con tanta leggerezza, ha pur sempre trecentotrenta milioni di berry sulla testa! » ribatté Usopp, ma il cuoco e il marimo lo liquidarono con un’alzata di spalle. Dopo quello che avevano visto a Tsuri Fish non si ponevano alcun problema.
« Sai perché vi hanno attaccati? » chiese Rufy senza dar peso alle discussioni dei compagni, intento a fissare la loro ospite che continuava a non rivolgere loro lo sguardo. Lo stesso fece Zoro, ora che era stato tirato in ballo il pesce grosso: quel pirata doveva avere avuto una ragione precisa per devastare una semplice isola di pescatori che, apparentemente, non sembravano nascondere grandi ricchezze.
A quella domanda Mizu non rispose subito, reprimendo un sussulto involontario. I suoi occhi si chiusero sopra le lacrime imminenti e prese un respiro tremante. Anche se non ne era sicura, credeva di aver capito perché erano stati attaccati. E se ci pensava, il cuore le bruciava di un dolore che sarebbe stato troppo difficile sopire.
Era colpa sua.
« Sei… » deglutì, prima di riprendere con pesantezza. « Sei anni fa vivevo in un isola del mare meridionale che fu razziata dai Tori Rossi. Non rimase vivo quasi nessuno ». La sua voce era appena un sussurro rotto da singhiozzi trattenuti. Nella stanza, tutte le altre discussioni erano cessate e gravava un profondo silenzio. « I pochi superstiti furono divisi: gli uomini portati nelle stive come forza lavoro e le donne… » le parole le vennero meno. Tentò di riprendere ma un singulto la scosse. Non riuscì a guardare in faccia i suoi salvatori, ma solo a nascondere il viso tra le mani in un movimento doloroso: aveva sperato di non dover più versare quelle lacrime amare.
« Oushiza scelse alcune di noi e… ogni notte… » si morse un labbro, ma anche così non trovò la forza di continuare, i ricordi erano ferite che si riaprivano e quel che era appena successo era sale su di esse. « Sono rimasta sua prigioniera per quasi un anno finché non sono riuscita a fuggire… »
 Le reazioni degli altri, benché diverse, partirono tutte da una rabbia inesprimibile. Nami e Robin distolsero lo sguardo, la prima i pugni talmente stretti che le nocche divennero bianche, la seconda socchiuse gli occhi perdendosi nei propri pensieri. Più rigidi furono i ragazzi, che parevano essersi del tutto pietrificati a quelle parole, lo sguardo fisso nel vuoto, i muscoli contratti per la collera.
« Io… » debole ed inaspettata, la tenue voce di Mizu si levò ancora. « Io sono la causa di quello che è successo a Tsuri Fish… - Nami fu sul punto di ribattere qualcosa, ma Sanji la fermò, scuotendo il capo – Oushiza… deve… deve aver saputo di me… e di… Matt… »
Il suo ormai era un pianto convulso, sebbene cercasse ancora di trattenersi.
« Chi è Matt? » domandò piano il capitano, ricordandosi di averla sentita nominarlo prima di svenire sulla spiaggia. I singhiozzi attraversarono la stanza per qualche altro secondo, prima che la donna tornasse a parlare.
« Matt - sembrava costarle molto pronunciare quel nome - … è mio figlio »
Nami la fissò a occhi sbarrati non riuscendo a proferire parola. Si voltò verso gli altri: avevano tutti il viso scuro e la mascella serrata, impotenti di fronte a una tale situazione. E quello era proprio il caso, in parte. Rufy, rialzando gli occhi color ossidiana su di lei, riprese la parola con tono mortalmente serio:
« Credi che volesse lui? »
« E’ l’unica cosa che mi fa sperare che sia ancora vivo… » mormorò tremante Mizu, rialzando il viso rigato per guardarlo. Nei suoi occhi blu oltre oceano, in quel momento arrossati e velati per via del pianto, oltre al dolore c’era il forte desiderio di ritrovare a tutti i costi quel bambino per stringerlo ancora tra le braccia.
Nami, lo sguardo basso, le appoggiò una mano sulla spalla nel tentativo di consolarla.
Il capitano respirò a fondo, prima di alzarsi in piedi e dirigersi verso l’uscita senza dir niente; la porta fu lasciata aperta.
A turno, tutti lo seguirono, meno la navigatrice e il medico, che decisero di rimanere lì a fare compagnia alla loro ospite, provando ad alleviare le sue pene.
 
 
 
 
 
 
 
Il cielo notturno era terso e le stelle, insieme alla loro inseparabile compagna luna, ridotta a un sottile sorriso, si riflettevano sul mare accarezzato da un fresco vento serale. Il profilo di Tsuri Fish era un ammasso di palme che si stagliava buio e tranquillo contro l’orizzonte più chiaro; niente, in quell’oscurità, lasciava intendere cosa fosse successo sui suoi lidi.
Una nenia riempiva il silenzio della notte, eseguita da Brook col suo violino a poppa della Sunny, rivolta verso gli atolli deserti.
« Che ne facciamo di tutti quei corpi? » domandò Franky mentre osservava la costa addossato al parapetto della nave, il volto appena rischiarato dal bagliore delle lanterne della nave. Tutto l’equipaggio - meno Nami, ancora in compagnia di Mizu, e il musicita - era riunito sul ponte mediano, nessuno con la minima voglia di dormire.
« Se li abbandonassimo così potrebbero dare origine a qualche epidemia » rispose atono Chopper, seduto con la schiena contro la balaustra della nave, il cappello a coprirgli parte del musino.
« Sarebbe vergognoso lasciarli marcire in quel modo: hanno combattuto fino all’ultimo per proteggere il proprio villaggio » continuò Usopp con le braccia incrociate e lo sguardo vago rivolto al ponte.
Il silenzio ristagnò nell’aria mentre placide onde lambivano con movimenti lenti le fiancate della Sunny.
Robin si ravviò una ciocca di capelli prima di voltarsi verso Rufy, steso a terra a mo’ di stella marina mentre faceva vagare lo sguardo sul firmamento, senza realmente vederlo, il fedele capello di paglia appoggiato sul petto.
« Cosa facciamo, capitano? »
L’archeologa diede finalmente voce alla domanda che tutti stavano rimuginando in quel silenzio notturno. Più che di una risposta, però, ognuno voleva una conferma ufficiale. L’interessato non distolse lo sguardo, né diede segno di aver sentito o preso in esame la questione: se ne rimase semplicemente lì e nessuno disse niente.
Quasi sfuggevole, il rumore di tacchi che battevano ritmicamente sul ponte di legno giunse alle orecchie di ognuno, subito seguito dal profilo di Nami, rischiarato dalla luce lunare. La ciurma volse la propria attenzione su di lei che aveva lo sguardo basso e si massaggiava i polsi con fare nervoso.
« Come li troviamo? » domandò Rufy diretto, distogliendo lo sguardo dalle stelle e fissando la rossa.
Lei ricambiò smettendola di torcersi le mani, per poi voltare silenziosamente il viso verso il mare circostante e aspirare a pieni polmoni l’aria fresca, come se stesse attendendo qualcosa.
« Il vento ci è sempre stato favorevole da Sud-Est » iniziò, osservando la direzione da cui erano arrivati qualche ora prima. Roteò lo sguardo verso Nord-Ovest, la mani strette ai fianchi. « Hanno sicuramente lasciato l’isola dopo che noi abbiamo trovato Mizu… » mormorò tra sé, osservando di sottecchi il Logpose e la direzione che indicava: la stessa del vento. « A meno che non seguano un Eternalpose, dovrebbero essere diretti verso la prossima isola… ma sono solo supposizioni » concluse infastidita, senza staccare gli occhi dal mare.  
Rufy non disse niente. Si tolse il cappello dal petto, rimettendosi a sedere, e se lo calò di nuovo sulla testa.
« Raggiungiamoli » sentenziò, ricevendo il silenzioso consenso di tutti. Si alzò e si diresse verso il parapetto, osservando l’orizzonte da cui di lì a qualche ora sarebbe sorta l’alba.
« Ho una gran voglia di conciare quel Toro per le feste »
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Timidi raggi tagliavano la penombra della stanza attraverso l’oblò della porta e il rumore di qualcosa che friggeva, insieme ad un intenso odore di cibo, la destò del tutto da quel suo lungo dormiveglia. Sbatté un paio di volte le palpebre, ritrovando l’ormai famigliare soffitto dell’infermeria ad accoglierla.
« Ben svegliata » la salutò qualcuno e lei volse lo sguardo verso sinistra. In piedi sulla porta, con un grembiule rosa a fasciargli la parte anteriore del corpo, c’era Sanji che sorrideva nella sua direzione. « Spero di non averti disturbata » si scusò.
Mizu fece cenno di no e lui gli rispose ammiccando. Il profumino, ammise, era invitante, specialmente per il suo povero stomaco rimasto digiuno per quasi due interi giorni. Sospirò, chiedendosi cosa dovesse aspettarsi da quei pirati che le avevano dimostrato di essere tutto fuorché dei libidinosi barbari assassini.
Appoggiando i gomiti sul materasso e facendo leva su di essi, iniziò ad alzarsi, azione abbastanza dolorosa, tanto che Sanji le fu subito accanto.
« Non devi sforzarti » le disse preoccupato, non sapendo come aiutarla: non intendeva farle qualcosa che non volesse, anche solo toccarla. Lei, al contrario, lo rassicurò scrollando i capelli scuri con un gesto di diniego del capo, riuscendo finalmente a sedersi, la ferita che bruciava un poco e i muscoli tesi.
« Va meglio » lo tranquillizzò. Il cuoco non parve esserne convinto, così lei gli sorrise rassicurante, accennando alla cucina. « Cosa stai cucinando? » domandò cercando un po’ di dialogo con quello che le avevano detto essere il suo salvatore.
Lui sospirò, celando l’apprensione e porgendole il braccio per aiutarla a raggiungere la cambusa.
« Uova e pancetta per cominciare, che ne dici? » sorrise.
Lei annuì col viso ancora molto pallido, sistemandosi su una delle sedie del tavolo e cercando una posizione comoda.
« Ai suoi ordini » schioccò le dita il cuoco, inchinandosi e avviandosi verso il piano cottura, anche se prima di arrivarci fu praticamente scaraventato a terra da un proiettile umano che, scardinata la porta, gli finì a sedere sullo stomaco.
« Hai detto uova e pancetta? »
Ma per risposta, Rufy ottenne solo un pestaggio completo che lo lasciò informe sul pavimento, mentre Sanji, inveendo a bassa voce contro il suo stupido capitano, tornava ai fornelli.
« Ma cos’ho fatto…? » mugolò tristemente il ragazzo di gomma osservando la schiena del cuoco, quando si fu messo a sedere. In quel momento si accorse che Mizu lo stava fissando e si volse allegro verso di lei. « Sei sveglia! Come stai? » rise contento, prendendo posto di fianco a lei.
« Meglio » gli sorrise di rimando, scrutandolo per la prima volta attentamente. Aveva una strana sensazione addosso a guardare il giovane viso del moretto. Un sottile senso di nostalgia la pervase, ma non riuscì ad afferrarne l’origine e fu riportata presto alla realtà dal biondo.
« Vedi di non darle noie » avvertì il cuoco, mentre spostava il contenuto delle padelle nei piatti. L’attenzione del capitano fu attirata immediatamente da essi e Sanji lo minacciò con uno dei suoi mestoli. « Toccali e ti butto in mare »
Rufy fece una faccia sconsolata, mentre iniziavano ad arrivare anche gli altri membri della ciurma, tutti allegri e pimpanti, con un’evidente fame da lupi da soddisfare.
« Finalmente si mangia! » esclamò Usopp, fiondandosi a sedere seguito da Chopper e Brook che urlarono all’unisono « Cibo! »
« Prima le signore! » abbaiò il biondo, per poi invitare sia Robin che Nami a sedersi. Quest’ultima però prese due piatti, fece l’occhiolino a Sanji, che le si sciolse dietro, e si diresse verso Mizu augurandole il buongiorno.
Intanto era scoppiata la solita rissa mattutina: Rufy aveva spazzolato la sua razione senza che gli altri avessero avuto neanche il tempo di cominciare; ciò gli diede il diritto – secondo lui – di iniziare a servirsi il secondo giro, ma il cuoco, che aveva appena finito di versare il caffè all’archeologa, gli tolse la padella di mano, allontanandolo ulteriormente con una scarpa piantata in faccia mentre gli urlava contro.
« Non provare ad ingozzarti come al solito tuo! »
« Ma ho fame! » strepitò l’altro.
« Mangia più lentamente la prossima volta! »
La discussione e i battibecchi continuarono, ma Nami non vi prestò attenzione, abituata com’era, e si rivolse alla loro ospite.
« Dovresti mangiare » le consigliò, vedendola spizzicare appena ciò che aveva nel piatto.
Era buffo, si disse Mizu, osservando le uova e la pancetta: fino a qualche minuto prima il suo stomaco aveva reclamato cibo e ora che ce l’aveva davanti sentiva di non riuscire a mandare giù più di mezzo boccone. Ma l’angoscia l’aveva di nuovo bloccata e improvvisamente le parve che tutto il tumulto che aveva intorno si fosse quietato: l’immagine di Matt in lacrime indebolì ancora di più il suo animo e gli occhi le pizzicarono. Perché si sentiva così arrendevole?
Ma poi un terribile pensiero le attraversò la mente facendola fremere e rispondendo a quella domanda: sapeva di cos’era capace Oushiza, l’aveva provato sulla sua pelle.
« Mizu? »
Nami le appoggiò la mano sul braccio e lei si voltò, incrociando i caldi occhi nocciola che in silenzio le chiesero come stesse. Lei non fece niente per nascondere l’ansia e la paura, ma cambiò discorso.
« Avete detto di essere pirati » cominciò, tagliuzzando il bianco dell’uovo senza però portarselo alle labbra. « E’ tanto che viaggiate? »
« Un po’ » rispose Nami continuando a fissarla. Sospirò, lasciando perdere ogni intenzione: insistere nel chiederle come si sentisse non era la cosa migliore da fare in quel momento. « Siamo piuttosto famosi comunque » proseguì, dando un’occhiata scherzosa ai suoi compagni che si stavano azzuffando alla grande per le ultime briciole. « Mai sentito parlare dei pirati di Cappello di Paglia? »
Mizu la fissò incredula qualche attimo, per poi voltare lo sguardo verso Rufy, che stava litigando un pezzo di bacon con Chopper.
« Allora… lui è Monkey D. Rufy? » domandò.
« Esattamente. Lo conosci? » le chiese di rimando la rossa, aggrottando le sopracciglia nel notare la sua espressione meraviglia e… felice?
« Me ne hanno parlato… » rispose evasiva questa all’occhiata che ricevette, cacciandosi a forza un boccone in bocca e reprimendo tra sé quel fiotto di piacevole sorpresa per quella notizia imprevista: ora capiva quella strana sensazione di malinconia a fissare il viso gioviale di Rufy.
“Sono passati così tanti anni…” pensò, ricordandosi di come avesse conosciuto quel nome quando ancora non era noto a nessuno. “Mi ero quasi dimenticata che avrei potuto incontrarlo…”
Nami, nel frattempo, aveva osservato ogni suo movimento, senza però accennare niente.
« Posso offrirvi del tè? » domandò una voce che riportò entrambe al presente. Sanji era davanti a loro e portava un vassoio con due tazze fumanti in equilibrio su una mano insieme alla solita espressione ebete e adoratrice.
« Grazie » accettò Mizu, sapendo che almeno quello sarebbe riuscito a mandarlo giù. Non fece però in tempo ad assaggiarlo, che si ritrovò a fissare un paio di penetranti occhi scuri. Si irrigidì ricambiando lo sguardo dello spadaccino.
Zoro si era trascinato via dai battibecchi e dalla colazione, prendendo il posto libero del capitano spostatosi a strafogarsi altrove.
« Spiegami come hai fatto a sparire dopo che mi hai rubato la spada » esordì senza preamboli, incurante dell’occhiataccia che Nami gli rivolse.
La donna rimase un attimo interdetta, come se stesse cercando di fare mente locale su quanto le era stato chiesto. Contemporaneamente, nella stanza parve scendere un silenzio irreale e Rufy riuscì ad aggiudicarsi l’ultimo pezzo di pancetta. Tutti si erano voltati verso di loro, ma Mizu non ci fece caso. Poi l’illuminazione.
« Ah… intendi quando mi sono tuffata in acqua… »
Lo spadaccino annuì, senza cambiare espressione. La curiosità si manifestò in breve con l’avvicinarsi dell’intero gruppo, come se stessero per ascoltare una storia fantastica. E non ci andarono molto lontano. La donna si rigirò la tazza calda tra le mani, perdendoci lo sguardo.
« Ho sfruttato le mie capacità… » iniziò, senza guardarli e senza essere sicura che fosse quello l’esordio migliore. Era una cosa un po’ complicata e di solito non andava a raccontarla ai quattro venti: era una sorta di segreto, ma quando guardò nuovamente in viso Rufy si convinse.
« Capacità? » fece eco Usopp interrogativo. Mizu decise di cominciare dal principio, così prese un bel respiro:
« A contatto con l’acqua, il mio corpo può mutare e rendersi più affine ad essa » cominciò a spiegare ma fu subito interrotta dalle domande che non tardarono a giungere dagli ascoltatori increduli.
« Cioè diventi una specie di pesce? » domandò ammirato il cecchino, guadagnandosi però un colpo in testa dal cuoco. « Ahi! Ma che ho detto? » gli chiese offeso, le mani sulla parte lesa.
« Ti pare che una così leggiadra fanciulla si possa trasformare in uno stupido pesce? Sicuramente in una bellissima ninfa del mare! » cinguettò con gli occhi a cuore nella direzione dell’ospite.
Più in là Brook si chiese pensoso se le ninfe marine portassero biancheria intima.
Questa fece un cenno di diniego col capo. « Nessuno dei due... Semplicemente… » cercò le parole adatte « acquisisco caratteristiche come le mani palmate e le squame… ».
Le facce di alcuni – Rufy, Usopp, Chopper e Franky – diedero mostra della loro completa incredulità con le bocche spalancate e gli occhi fuori dalle orbite, immaginandosi collettivamente un pesce. « Vedrò di mostrarvelo quando starò bene » aggiunse, abbozzando un sorriso incerto verso tutto quell’interessamento.
« Ma questa “capacità”, come l’hai ottenuta? » domandò Nami pensierosa, lo sguardo sottile e all’erta. « Sembra simile a quella degli uomini-pesce… » mormorò poi, rivolta più a se stessa.
Mizu, che però non si accorse di quella reazione, scosse la testa. « Non proprio… anche se veniamo tutti dal mare, abbiamo origini diverse »
« Allora, tu cosa…? » continuò la navigatrice, ora con semplice curiosità e malcelato sollievo.
« Un tempo ci chiamavano “Figli del Mare”… » le rispose con amarezza la donna, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
« Figli del Mare hai detto? »
A parlare fu Robin, rimasta in disparte al tavolo fino a quel momento. Tutti si voltarono a fissarla e Mizu annuì nella sua direzione. La mora stirò le labbra in un sorriso che espresse l’inaspettato stupore.
« Pensavo si fossero estinti » disse con una sorta di divertimento nella voce, sembrando contenta per qualcosa.
« In che senso? » domandò Usopp, non raccapezzandoci più.
« Vediamo » iniziò l’archeologa, una mano a sorreggerle il mento. « Per qualcuno ancora oggi è una leggenda » il volto le si distese in una maliziosa espressione misteriosa. « In realtà la loro origine si perde nei fatti del “Secolo Vuoto” »
A quelle parole non pochi rimasero a bocca aperta, gli occhi scintillanti per l’eccitazione, mentre Mizu si fece solo più attenta: erano anni che non riascoltava quella storia, e ora aveva anche l’occasione di sentirla per bocca di una persona normale. Robin continuò:
« Furono denominati Figli del Mare perché uno dei loro genitori era o un tritone o una sirena, dico bene? »
« Sì » affermò la donna « mia madre è una sirena »
Un coro di “oooh” si alzò un po’ ovunque, insieme alle moine del cuoco.
« Ma le sirene non sono per metà umane? » domandò Chopper, guardando prima la compagnia e poi l’altra donna.
« No. Anche se in parte il loro aspetto è quello di un essere umano, in realtà sono creature del mare in tutto » spiegò Mizu, per poi lasciar continuare la mora.
« Qualche secolo fa, questi Figli del Mare erano pellegrini accolti ovunque come “Saggi Portatori della Sapienza degli Abissi”: a chi li ospitava erano soliti raccontare leggende e avventure, anche se raramente queste avevano fondi di verità » rise a fior di labbra, ma l’ospite non si scompose. « Tutto questo finì quando uno di questi Saggi raccontò un duro aneddoto sui pescatori che tentavano di catturare le sirene per mangiarne la carne: si diceva, infatti, che questa potesse donare l’immortalità »
« Dici sul serio? » trasecolò Rufy, gli occhi che scintillavano, come il medico al suo fianco. Ma la loro meraviglia fu stroncata dalle rabbiose parole di Mizu.
« Uccidere una creatura del mare come una sirena è un atto ripugnante » mormorò dura, osservando il tè ormai freddo. « Ma ucciderla per mangiarne la carne è semplicemente imperdonabile. Si diventa solo dei mostri »
« Purtroppo quei pescatori non la pensavano allo stesso modo » continuò Robin, dopo averle lanciato una lunga occhiata nel breve silenzio che era sceso. « Iniziarono a far girare questa diceria sull’immortalità… In definitiva, le “Figlie del Mare” furono cacciate perché avevano la capacità di trasformarsi in acqua e venivano a loro volta ritenute sirene, mentre i “Figli” tentarono in tutti i modi di fermare queste barbarie, senza molto successo. Per il resto, so solo che molti vennero uccisi, altri riuscirono a nascondersi, e che da quel momento raramente sia tritoni che sirene scelsero compagni umani per le proprie creature » concluse con un sospiro profondo, come a rassegnarsi all’idea che l’umanità fosse stupida. Poi, però, tornò a focalizzare il proprio interesse sulla donna. « Sinceramente, credevo che di persone come te non ne esistessero più »
Mizu sorrise mesta, stringendosi nelle spalle. Per un attimo il suo sguardo vagò per poi incrociare quello dubbioso di Rufy, ma lei lo distolse subito.
Nami, alla sua destra, sospirò soddisfatta, stirando le braccia in alto.
« E così abbiamo risolto questo bel mistero » disse occhieggiando Zoro, ancora seduto davanti a loro, che per tutta risposta sbadigliò.
« Io voglio vederla trasformarsi in pesce! » esclamò il ragazzo di gomma, alzando la mano e ricevendo subito un pugno ben assestato da Nami e un calcio da Sanji, con una coppia di « Idiota! » a seguire.
« Per il momento deve solo riposare » dichiarò Chopper, avvicinandosi a Mizu, con ancora le stelline negli occhi per la storia ascoltata.
Il volto di lei si scurì improvvisamente e senza accorgersene strinse la presa sulla tazza di tè. Il suo pensiero, dopo quella lunga digressione, era subito volato a Matt e la sua preoccupazione riprese a crescere.
« Io… vi devo ringraziare, vi state prendendo cura di me… » la sua voce era decisa, sebbene gli occhi sembrassero lasciar trapelare solo un’infinita paura. « Ma devo assolutamente trovare Matt, non posso aspettare ancora… Oushiza… » ma a quel nome qualcosa parve incrinarsi e lei abbassò il capo, lasciando che i capelli le coprissero il viso tirato dalle tremende sensazioni che stava riprovando.
« Smettila di disperarti » mormorò Rufy, sistemandosi meglio il fedele cappello e fissandola con intensità, gli angoli della bocca incurvati in un’espressione rassicurante. Tutta la ciurma socchiuse gli occhi e sorrise tra sé in quel silenzio teso che sapeva di sfida e vittoria al contempo. « Ho intenzione di fare quattro chiacchiere con quel Toro »
Mizu lo guardò con i suoi lapislazzuli spalancati, una raffica di ricordi e pensieri ad affollarle la mente, stralci di conversazioni ormai lontane che le risuonarono nella testa. Accennò un sì col capo, non riuscendo a staccargli lo sguardo di dosso nemmeno quando lui si alzò.
 
 
 
To be continued
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
- Mizu: dal giap. “acqua”.
- - san: suffisso onorifico, sta pressappoco per il nostro “signor”.
- Akai Oushiza: dal giap. “akai” rosso e “oushiza” è la costellazione del toro.
 
 
 
Note al capitolo & dell’autrice:
Questo capitolo è un parto, un pianto e una noia. Non me la prenderò (non è vero!) se lo ignorerete… è lungo, con frasi un po’ inutili perché sono un intercalare per le parti di spiegazione… e non ho voluto spezzarlo, nonostante la lunghezza, per non tediarvi ulteriormente la prossima settimana. Ecco, il prossimo capitolo invece mi piace molto di più, e spero piacerà anche a voi (anche se infittisce di più il mistero…).
In questo capitolo si vede uno stile un po’ diverso. Questo risale ai primi tempi quasi nella sua interezza… portate pazienza.
Spero di leggere qualche parere questa volta =) Cercherò di continuare imperterrita, ma ci terrei davvero ad avere le vostre impressioni!
Intanto, grazie a Keyra Hanako D Hono per i suoi commenti, e sempre anche a jillianlughnasad!
 
Note note note:
 
- Mizu: se Heavenly Eve è nata è stata tutta colpa/merito suo. Nel lontano 2006 lei fu il primo personaggio che creai, e le cui vicende dovevano andare un po’ diversamente dalla storia che vi racconterò, ma queste sono altre storie ;) La nostra povera malcapitata apre la storyline con la ciurma dei Mugiwara, alla ricerca di Matt dopo che la sua isola è stata distrutta come sei anni prima *tu-tum* 
 
- Figli del Mare: detta così sembra il nome di una rock band…! Ecco le prime “creature” inventate di questa storia. Come spiega Robin, sono il frutto dell’unione tra un essere umano e una sirena/tritone. Quando iniziai a scrivere questa storia sembrava ci fosse una netta distinzione tra questi e gli “uomini-pesce” (gli unici che si conoscevano erano Arlong&Co.). Mizu ha la capacità di mutare il suo aspetto, acquisendo mani e piedi palmati che le permettono di nuotare meglio in acqua, oltre che branchie e in parte sul corpo delle squame per lo stesso motivo.
Una piccola rappresentazione: http://heavenlyeve.tumblr.com/post/102949038316/di-nuovo-allattacco-ogni-tanto-mi-diletto-con
 
- Akai Oushiza e i Tori Rossi: zan zan zan… ecco un cattivone. Un vero pirata che compie razzie, fa i suoi sporchi comodi, e tante cose brutte. E quanto arriverà, tanta azione e tante botte. Comunque, a parte questo, è uno dei personaggi veterani.    
 
- Abitanti di Tsuri Fish: nel testo non l’ho scritto, per non allungare ulteriormente il brodo, ma i nostri si occupano dei cadaveri. Non so nemmeno io (!) come, se seppellendoli o bruciandoli. Comunque, gli rendono onore, insieme al requiem suonato da Brook.  
 
Continuo a postare il link al blog di tumblr [ http://heavenlyeve.tumblr.com/ ] =)
 
Bacioni!
Nene
   
 
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