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Autore: lilyhachi    19/11/2014    2 recensioni
(Post terza stagione; nessun collegamento con la quarta stagione)
Madison era rotta, come un oggetto di vetro, i cui pezzi erano sparsi chissà dove, eppure Derek non sembrava da meno, solo che nessuno dei due era in grado di vedere le rispettive incrinature.
Derek Hale era spezzato. Tutto il suo dolore era accompagnato da una bellezza suggestiva in grado di annullare tutte quelle scosse che sembravano martoriare il suo sguardo rigido. Tutta la sua sofferenza era perfettamente modellata, come fosse creta, per far in modo che non ci fossero crepe, così da impedire al più flebile spiraglio di luce di entrare. Tutti i suoi tormenti erano pericolosamente allineati come le tessere del domino, e anche il minimo fruscio avrebbe potuto segnare una reazione a catena irreversibile. Da lontano, sembrava tutto in ordine, ma bastava avvicinarsi per riconoscere quelle piccole imperfezioni che lo rendevano rotto…splendidamente rotto.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Epilogo

“So beautifully broken. You can barely see the flaw.
Especially from a distance, which is always how I fall”.
 
Derek osservava i movimenti di Deaton come se stesse tenendo la vita di Madison appesa ad un filo, quando, in realtà, stava semplicemente spostando la  piccola fonte di luce da un occhio all’altro, assicurandosi che la ragazza la seguisse e osservandola con maggiore attenzione.
“Non si è trasformata”, esclamò il veterinario, scrollando le spalle.
Stiles corrugò le sopracciglia, con espressione confusa. “Ma è viva”.
“Questo lo vedo”, rispose l’uomo, accennando un sorriso. “Quanto ne sapete di genetica?”.
Un silenzio imbarazzante calò nella stanza, Madison osservò le espressioni colpevoli di Stiles, Scott e Isaac, mentre Lydia sbuffava, quasi rimproverando i suoi amici, e Derek guardò Cora che sogghignava per l’imbarazzo che aveva improvvisamente riempito la stanza.
“Ok, non siamo al liceo”, intervenne Bastian, senza troppi preamboli e portando le mani ai fianchi con fare impaziente. Sembrava quasi un fratello maggiore. “Allora?”.
“Credo di aver capito come sono andate le cose”, proseguì Deaton con calma. “Anche se Madison è nata umana, c’è sangue di licantropo nelle sue vene, ereditato da suo padre. La licantropia è, in questo caso, un gene recessivo. Non si manifesta e mai si manifesterà, ma c’è. Non ha subito la trasformazione, perché è come se fosse già intrisa nel suo organismo”.
“Figo”, esclamò Stiles, quasi saltando sul posto e beccandosi uno scappellotto da Derek.
“E’ un male?”, chiese Bastian, incrociando le braccia e guardando Madison con preoccupazione.
“Affatto”, rispose Deaton, massaggiandosi il mento. “Non ha subito mutazioni. Le è rimasto solo un souvenir”.
Madison abbassò il capo, portando la mano alla cicatrice su cui Deaton aveva posto una benda. Quello era il marchio che Julian le aveva lasciato. La cicatrice era rimasta, il che stava a dimostrare la sua umanità più che presente, ma quel morso le aveva ugualmente lasciato un segno indelebile.
Derek ripensò alla scena di lei con il collo imbrattato di sangue e gli occhi chiusi, tremando.
“Non c’è nessun pericolo, Madison”, la rincuorò Deaton.
Madison ci mise qualche minuto per realizzare che stava andando tutto bene e che le cose stavano lentamente ritornando al loro posto: erano vivi, lei non era morta e non si era trasformata. Aveva evitato quel destino che Julian voleva riservarle, solo per ferire i suoi genitori. Guardò Derek e gli altri licantropi presenti nella stanza, domandosi se approvassero la speranza di suo padre.
Derek percepì il suo disagio, e Madison afferrò la sua mano, stringendo fino a farsi male. Ormai, quella ragazza non aveva più nessuno al mondo: nessun riferimento, nessuna casa a cui tornare, nessun famigliare a cui rivolgersi…come avrebbe fatto a sopperire quella mancanza?
Pensò che lui aveva subito la stessa sorte ed era vero, ma soltanto in parte, poiché, nonostante tutto, Derek aveva ancora suo zio Peter e sua sorella Cora. Sarebbe stato capace di aiutare Madison? Un senso di agitazione lo pervase, accompagnato da un macigno che cominciava a gravargli sulle spalle, facendolo sentire impotente e per nulla in grado di aiutare qualcuno. Non era mai stato capace di aiutare sé stesso, non aveva fiducia negli altri e nemmeno verso di sé, come avrebbe fatto a fare in modo che Madison superasse quel periodo buio della sua vita?
Non sarebbero bastati stupidi incoraggiamenti che con lui non erano mai serviti e nemmeno parole dolci, Madison aveva bisogno di una presenza stabile e determinante al suo fianco. Era lui quella presenza? Era lui, Derek Hale, con tutte le tragedie che gli schiantavano addosso, travolgendo sia lui che le persone che aveva accanto in una spirale di morte?
Deaton, nel frattempo, sembrò intuire di dover lasciare Derek e Madison da soli, così fece un cenno agli altri, e nonostante gli sguardi confusi di Stiles che non sembrava intenzionato ad andarsene, uscirono tutti fuori, lasciando soltanto Derek e Madison nella stanza.
In un secondo, ogni cosa sembrò perdere consistenza e attorno a Madison non c’era altro che una nube opprimente e tossica, che l’avvolgeva fino a toglierle completamente il respiro. Ridley era morto, per salvare lei; Nadia era morta, per impedire che Julian le facesse del male; Keith era morto, per cercare di rimediare ai suoi errori verso di lei; i suoi nonni erano morti, perchè a conoscenza di un segreto che doveva essere mantenuto.
Non aveva detto addio a nessuno di loro, a parte Ridley. Aveva perso sua madre senza sapere chi fosse davvero. Aveva perso Ridley, senza sapere come sarebbe stata la loro vita insieme. Aveva perso Keith, e quando Bastian le aveva detto che era morto, aiutandoli contro Julian, aveva sentito qualcosa dentro di lei rompersi in mille pezzi con la consapevolezza di avergli portato rancore, chiedendosi il motivo del suo gesto. Aveva provato sulla propria pelle l'amarezza degli addii silenziosi: quelli pronunciati dopo la perdita reale, dopo l'addio effettivo...quando restava solo un grande rimpianto al centro del petto.
Keith l'aveva fatta sentire tradita e presa in giro, senza farle sapere il motivo delle sue azioni, senza farle sapere delle false promesse che Julian gli aveva fatto, solo per attirarlo nella sua rete con l'illusoria speranza di vendicare la morte di suo fratello Graham. Se era viva, era anche grazie a lui e all'aiuto che aveva offerto al branco, con il rituale. Tuttavia, Madison non avrebbe mai più avuto modo di ringraziarlo e di dirgli che lo aveva perdonato. Le erano rimaste soltanto le parole di Derek e Bastian a confermare ciò che aveva fatto per lei.
Aveva perso i suoi nonni, vedendo solo le bugie dette per proteggerla. Ricordò la notte in cui era corsa via, decisa ad ignorare ogni cosa che le avevano detto. Se fosse rimasta, forse avrebbe saputo la verità fin dall'inizio...invece, li aveva messi alla mercé di Julian e del suo branco.
Voleva urlare, sfogare il suo dolore per poi correre lontano senza fare mai più ritorno.
“Madison”, quella voce accanto a lei la richiamò, come un filo che la tirava verso il basso, riportandola con i piedi per terra e ancorandola a quella realtà che le sfuggiva dalle mani. Madison non si voltò, pur sentendo la presenza costante di Derek, perché troppo presa dalla realizzazione di tutte quelle perdite subite in troppo poco tempo. Aveva rischiato di perdere anche Derek, per colpa di quello stupido rituale.
“Potevi farti uccidere ”, affermò lei con voce rabbiosa. "Volevi aggiungerti alla lista?".
A quel punto, Derek riuscì a spiegare la sua inquietudine e fece un passo avanti.
“Anche tu. Madison-”, disse lui, ripetendo con calma il suo nome ma lei lo fermò.
“Cosa dovrei essere?”, domandò la ragazza, quasi a sé stessa. “Uno scherzo della natura…lo avresti mai detto? Forse i tuoi sospetti su di me non erano tanto infondati, dopotutto. Da quando sono arrivata qui, ogni cosa è semplicemente peggiorata”.
“Smettila”, esclamò Derek, afferrando le sue mani che avevano preso a gesticolare.
“Guardami”, Madison aveva quasi urlato. “E’ successo tutto per colpa mia. Sono tutti morti per causa mia...mia madre, Ridley, i miei nonni, Keith. Tutti loro hanno perso la vita. Ho visto Ridley morire e mi chiederò sempre come sarebbe stato averlo con me. Adesso questo”.
"Sono morti per colpa di un alpha vendicativo", ribattè Derek, con tono grave. "La colpa è solo di Julian e della sua ossessione per la vendetta".
Derek la guardò, inclinando il capo e sentì come i suoi pensieri combaciassero con quelli che lui stesso aveva formulato anni fa.
A quel tempo, era scappato a New York con Laura. Forse anche Madison aveva bisogno della stessa cosa: allontanarsi da quella città che puzzava di morte e che le ricordava la famiglia che aveva perso nel giro di pochissimo tempo.
Tuttavia, Derek sapeva fin troppo bene come i problemi si infilassero nelle valigie, seguendo costantemente tutti coloro che cercavano di lasciarseli alle spalle, scappando altrove. Derek prese un profondo respiro, guardando Madison che in quel momento gli appariva persa, ma con ancora un barlume di speranza negli occhi. Forse per lei non era ancora troppo tardi. Forse quella era l’ultima possibilità che aveva di allontanarsi da quella città e ricominciare. Una vocina nella sua testa gli diceva di desistere, di non cadere nella trappola che era solito costruirsi da solo ogni volta che cominciava a provare sentimenti forti per qualcuno. L’altra vocina gli urlava, invece, di lasciarla andare, di far sì che corresse via da lui.
"Questo non cambia nulla", rispose Madison, osservando un punto sul muro alle spalle di Derek. "Restano comunque morti".
Derek, diversamente da come credeva che avrebbe fatto, la strinse semplicemente a sé, lasciando che i suoi muscoli si rilassassero e che ogni paura scivolasse via, lontana da loro. Non c’era nulla che potesse intaccare la visione che Derek aveva di lei, non più.
Quel particolare impercettibile sotto pelle non era nulla, non per Derek. Vedeva le sue incrinature, riconoscendole proprio come aveva fatto con le sue, e anche se da lontano ogni cosa appariva in ordine, Derek era più che deciso a sanare quelle crepe che la rendevano rotta.
Per troppo tempo era corso via, scappando da sé stesso e da ciò che poteva avere.
Quella volta, Derek Hale aveva scelto una strada nuova e che non avrebbe percorso da solo.
Quella volta, Derek Hale non voleva scappare.
 
“Adesso cosa farete?”.
Bastian si guardò intorno con fare incerto, cercando una risposta che non aveva ancora trovato a quella domanda e guardando Blake, come per cercare il suo aiuto. Il loro branco era stato distrutto in mille pezzi dalle manie di potere e vendetta del loro alpha egoista.
Cosa ne sarebbe stato di loro? Una parte di lui desiderava restare lì a Beacon Hills, insieme a Madison ma non sapeva quanto Blake potesse essere d’accordo. Avrebbero accettato due beta senza branco che avevano combattuto contro di loro per una causa che credevano giusta ma che si era rivelata del tutto ingannevole?

“Andremo in giro”, rispose Bastian, evitando lo sguardo di Madison.
La ragazza guardò Derek che sembrò capire le sue intenzioni, anche se la sua espressione non si mostrava molto accondiscendente all’idea di averli con loro. A quel punto, intervenne Scott.
“Potreste restare”, disse il ragazzo, senza segni di forzatura nella voce.
“Ma quest’abitudine di accogliere licantropi senza branco?”, chiese Stiles, ripensando a come fosse successa una cosa abbastanza simile con Ethan e Aiden e ricevendo l’occhiata di Lydia che, per zittirlo, aveva stretto forte la sua mano, destabilizzandolo non poco.
“Bastian ci ha aiutati”, dichiarò Scott con sincerità, per poi guardare Blake. “Vi hanno ingannati. Credevate di combattere per una giusta causa e lo avete capito, almeno quasi tutti”.
Blake si passò una mano tra i capelli biondi, riflettendo sulle parole di quel ragazzino a capo di un branco decisamente inusuale. Ormai avevano perso tutto: Julian era morto, come giusto che fosse, ma portando con sé anche Ridley, Gwen e Keith. Era felice del fatto che Bastian stesse bene, anche se avrebbe preferito vedere tutti vivi e fuori pericolo…ad eccezione di Julian.
Guardò Bastian, sapendo in cuor suo che lo avrebbe seguito, qualunque fosse stata la sua scelta. Non aveva più nulla e sentiva con assoluta certezza che Bastian fosse il più adatto a decidere. D’altronde, era stato lui a recarsi per primo dal branco di Scott per aiutare Madison e salvare quel che restava del loro branco. “Mi andrà bene ciò che deciderai”.
Bastian lo fissò, accorgendosi di come il guscio che era Blake avesse perso quella parte decisa e combattiva che fuoriusciva ogni volta che Julian dava loro un compito da svolgere. Quello che aveva dinanzi era il Blake che aveva sempre conosciuto: il suo fratello maggiore, l’uomo che lo aveva trovato nei boschi con il corpo ricoperto di sangue e che lo aveva soccorso, salvandolo e accogliendolo nel branco, prendendolo sotto la sua ala quando era un ragazzino.
Bastian gli si avvicinò, lasciando che Blake gli stringesse la spalla.
Adesso erano liberi. Non c’era più nessun vincolo a stabilire le loro decisioni e a costringerli ad agire in funzione di Julian. Non c’era più nessun debito che li vincolava a Julian. Potevano scegliere e Bastian voleva scegliere di restare.
“Restiamo”, disse lui e sapeva che a Blake andava bene.
Madison sorrise in maniera così radiosa che Bastian e Blake trovarono maggior senso in quella decisione: quello era il sorriso di Nadia, e rivederlo provocò una stretta nel cuore di entrambi.
 
“Allora, come sei messa?”, domandò Lana, porgendo un caffè a Madison che squadrava i fogli che aveva tra le mani con un cipiglio dubbioso. “Ho tanti appunti da darti”.
Il sole era alto nel cielo e creava giochi di luce, infrangendosi fra gli alberi del campus.
“Beh, meglio di quanto sperassi”, disse, osservando il piano di studi e accertandosi di non aver saltato qualche passaggio o letto qualcosa che non c’era. “Ho cinque esami da recuperare”.
Per un attimo, un senso di avvilimento le inondò il corpo, facendola sentire più afflitta del dovuto.
Sarebbe riuscita a reggere quel ritmo e recuperare o sarebbe finita per lasciare tutto?
Lana le circondò le spalle con il braccio, attirandola a sé. “Andrà tutto bene, ci sono io!”.
Madison si voltò verso di lei, chiedendosi come avrebbe fatto a far tutto senza Lana e notando come la sua amica stesse affrontando ogni cosa diversamente da come aveva sospettato. Le urla iniziali verso di lei c’erano state, seguite poi da un abbraccio soffocante in cui Lana aveva ben deciso di stringerla per farle capire quanto le fosse mancata in tutto quel tempo. Aveva pianto a dirotto, sussurrandole che credeva di non vederla più. Le giornate a Berkeley erano state logoranti senza lei: le aveva detto che per un momento aveva pensato che fosse tutto un sogno.
“Ho temuto che tu non fossi reale”, aveva detto tra le lacrime. “Credevo fossi solo parte della mia mente, che forse non avevo fatto altro che sognarti quando non eri mai esistita”.
Lana non aveva accettato tutto con facilità ma a piccoli passi, ogni cosa era andata per il verso giusto, riportando le loro vite all’equilibrio iniziale che era stato minato. Il cellulare di Lana squillò, indicando l’arrivo di un messaggio e la ragazza si precipitò a leggere, gettando in Madison una punta di sospetto per tutta quella foga improvvisa.
“Chi ti scrive?”, chiese, fingendo indifferenza. “Un certo Hale?”.
Lana alzò gli occhi al cielo, senza riuscire a nascondere un sorriso. “Forse”.
“Quindi Derek dovrebbe chiamarti zia?”, continuò Madison, sorridendo divertita.
Lana le rifilò una spinta, scoppiando a ridere, seguita a ruota da Madison che proprio non riusciva ad evitare di trovare imbarazzante e divertente tutto quel contesto in cui si erano ritrovate.
Mentre continuavano a camminare, lo sguardo di Madison si fermò su una figura che la stava aspettando a pochi metri dall’entrata del campus con espressione un po’ smarrita. Derek era lì, con le mani affondate nelle tasche della giacca di pelle nera e la maglia blu che risaltava in mezzo a tutto quel verde. Vederlo la fece sentire ancora più serena e sicura, mentre il colore dei suoi occhi la riportava con i piedi per terra, costringendola a chiedersi il perché di quell’effetto. Derek la guardò e quando i loro sguardi si incontrarono a metà strada, Madison non riuscì a fare a meno di andargli incontro a passo più svelto solo per buttargli le braccia al collo. Sapeva che Derek era poco incline a quelle manifestazioni di affetto ma poteva sentire il battito del cuore contro il suo e sapeva che avrebbe desiderato farlo lui, anche se non lo diceva.
“A cosa devo tutto questo trasporto?”, chiese, guardandola in viso e fingendosi curioso.
Madison gli fece una smorfia e gli scoccò un bacio sulle labbra. Derek sentì il sapore di caffè misto a vaniglia e si beò ancora un po’ di quel bacio, assaporandone la dolcezza.
“Sto per vomitare”, berciò Lana a poca distanza da loro e beccandosi un’occhiataccia di Derek.
“Davvero?”, le fece notare lui con voce sarcastica. “Esci con mio zio”.
Lana mostrò un’espressione offesa che non aveva alcuna credibilità, poiché era sul punto di scoppiare a ridere, così fece una linguaccia a Derek che ricambiò con un sorriso divertito.
“Io devo scappare, piccioncini”, esclamò Lana, guardando Derek con un finto sguardo minaccioso per costringerlo ad allontanarsi da Madison, così da permetterle di salutarla.
Madison la strinse, nonostante sapesse che l’avrebbe rivista quella sera stessa. In realtà, da quando si erano separate la prima volta, entrambe avevano quasi paura di non rincontrarsi e questo le spingeva ad abbracciarsi sempre con maggiore intensità…e andava bene. Lana salutò Derek con una pacca sul braccio e si allontanò da loro con un sorriso sul volto, portandosi il telefono all’orecchio, probabilmente per chiamare Peter.
Madison tornò a guardare Derek, portandogli le braccia al collo e rubandogli un bacio.
Dopo essersi separati, Derek le porse un pacchetto che Madison osservò con stupore, poiché sapeva quanto Derek fosse poco avvezzo ai regali.
“E questo? E’ da parte di Cora?”.
Derek sorrise, senza rispondere, e le fece segno di aprirlo, guardando Madison che lo scartava con impazienza. Poteva sentire chiaramente il formicolio dell’eccitazione che le percorreva le dita e che la spingeva a rimuovere la carta da regalo come una bambina nel giorno di natale.
Il cuore di Madison saltò un battito, mentre la ragazza osservava una foto perfettamente incorniciata di Ridley e Nadia che doveva risalire al loro periodo felice, prima che le cose degenerassero.
“L’ha trovata Bastian tra le cose di Ridley”, esclamò Derek, stringendole un braccio attorno alla vita, come per sorreggerla e tenerla stretta a sé. “Ha detto che appartiene tutto a te, come giusto che sia”.
Madison si voltò nella sua direzione, poggiando la fronte sulla sua.
Portò la foto all’altezza del suo petto e la fissò, adocchiando Derek di tanto in tanto: quello era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Con Derek al suo fianco e il ricordo della sua famiglia poteva tornare a respirare.
Madison non ricordava che la normalità fosse così piacevole.

 

Derek voleva rimanere bloccato per sempre in quel momento, nascosto dal resto del mondo e oscurando la loro presenza, come se non esistessero. Voleva restare protetto, mentre ad avvolgerlo c’era solo il calore di un corpo accanto al suo e un respiro di Madison sul suo collo.
Derek voleva sfiorare il suo viso, il suo naso e la curva delle sue labbra ma temeva che anche un minimo contatto potesse destarla dal sonno in cui si lasciava cullare. Voleva darle un bacio, vederla mentre sorrideva con ancora gli occhi chiusi mentre cominciava a svegliarsi.
Voleva smettere di sentirsi così strano da provare una sensazione particolare a livello dello stomaco: una cosa che non gli apparteneva affatto.
Voleva capire perché si sentisse così  terrorizzato, perseguitato dal timore che il suo volto pallido e delicato si potesse trasformare all’improvviso in una maschera sfigurata e senza labbra, oppure che la sua mano si muovesse da sotto le coperte per puntargli una balestra contro, pronta ad ucciderlo senza alcuna pietà. Voleva sapere perché la paura di sentire qualcosa di diverso dal dolore gli attanagliasse le viscere ogni volta, come se non lo meritasse, come se non potesse provare nessun tipo di sentimento piacevole, come se sotto dovesse sempre esserci qualcosa di losco.
Voleva capire perché dovesse portare bagagli emotivi devastanti di cui si era fatto carico nel corso della sua vita.
Voleva sapere come, dopo tutto quello che aveva passato, fosse ancora in grado di respirare.
Derek sorrise impercettibilmente, ricordando la prima volta che l’aveva vista, precisamente quando l’aveva tamponata ed era scesa dalla macchina con un’espressione omicida. Sarebbe stato tutto semplice e del tutto normale, se fosse stato solo un umano, ma non voleva rovinare la vita ad una persona sconosciuta, per quanto una parte di lui volesse buttarsi a capofitto e tentare la sorte. Tuttavia, Derek Hale l’aveva tentata troppe volte.
Madison si mosse accanto a lui, affondando maggiormente il viso sul suo collo ed emettendo un mugolio di frustrazione che gli strappò un sorriso.
“Cosa sei? Un cane?”, chiese Derek prendendola in giro, mentre lei sorrideva.
“Siamo di buon umore?”, rispose con la voce ancora arrochita dal sonno ma sempre con quella punta di ironia di cui non riusciva a fare a meno.
“Sei tu che fai mugolii strani”, ribatté lui, alzando gli occhi al cielo con fare seccato.
“L’unico animale qui dentro sei tu”, esclamò lei, punzecchiandolo sulla sua natura da licantropo che spesso la divertiva.
Madison continuava a fissarlo con le mani poggiate sul suo petto e la testa su di esse senza dire niente, lo guardava e basta, sorridendo e per un attimo temette che il suo viso si trasformasse.
Derek avvicinò cautamente una mano, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lei ne approfittò per sfiorare le sue dita con la guancia, poggiandola sul palmo della mano.
“Mi correggo”, esclamò Derek senza interrompere quel contatto. “Sei un gatto che fa le fusa”.
Lei lo guardò come se volesse fulminarlo e la sua espressione appariva ancora più buffa con i capelli lisci tutti arruffati che le ricadevano sul viso. Tentò di dargli uno strattone, senza risultato.
Madison sfoggiò un’espressione arrendevole, avvicinandosi a Derek per lasciargli un bacio.
Quando le sue labbra entrarono in contatto, Derek perse completamente rapporto con i suoi sensi.
Derek continuò a baciarla, come se non dovesse fare altro per tutta la vita.
Ben presto, quella piccola e stupida guerriglia notturna era diventata un vago ricordo perché sopperita dalle loro labbra che si cercavano, mentre le mani di Derek erano corse al suo viso, circondandolo e attirandola di più verso di lui. Madison sorrise, mentre portava le dita fra i suoi capelli, regalandogli brividi lungo la schiena e rimanendo stretta a lui, con gli occhi assonnati.
Derek voleva capire perché le provocava tutto ciò ma sapeva che Madison aveva qualcosa di diverso che lo tranquillizzava ogni volta che un dubbio terrificante e assettato lo assaliva.
 
Derek quasi non si accorse, perso in tutti quei pensieri, di essersi appisolato ed era strano, perché sapeva di sentirsi così sereno da potersi addormentare senza la paura che qualcosa di pericoloso potesse accadere. Una tenue luce filtrava dalla finestra e la sua mano si mosse quasi istintivamente, per tastare l’altro lato del letto, trovandolo vuoto. Qualcosa nel suo stomaco si mosse, come un sussulto, un leggero tremore che spingeva la sua mente a pensare alle conseguenze più orribili. Derek rivide Julian e il suo branco, i denti del licantropo che affondavano nella sua gola e il sangue che sgorgava a fiotti mentre il volto di Madison cambiava, perdendo la sua umanità.
Derek, intanto, aveva alzato di poco il busto, poggiandosi sui gomiti mentre il fruscio delle lenzuola mappava i suoi spostamenti confusi e un po’ ansiosi, come se si stesse svegliando da un coma.
Si alzò dal letto quasi di slancio, così preso dal battito frenetico del suo cuore da non accorgersi di un battito calmo e regolare proveniente da quella stanza adiacente. Si avvicinò alla porta ma nello stesso momento, Madison  ritornò nella camera, trovando Derek dinanzi a lei.
Madison indossava la maglia blu di Derek e i pantaloni del pigiama.
Si accorse del suo sguardo stralunato e lo fissò di rimando, sorridendo.
“Ehi ben sveglio!”, esclamò avvicinandosi, mentre i piedi nudi percorrevano il pavimento freddo.
Madison sfiorò il suo collo con la mano libera, osservando il suo volto. “Derek”.
Lo sguardo di lui cadde sul suo collo e su quella cicatrice appena visibile che testimoniava ciò che Julian le aveva fatto e il momento in cui aveva seriamente rischiato di perderla del tutto.
Madison si accorse del motivo che rendeva Derek così inquieto, lo guardò negli occhi per poi stringergli una mano e poggiarla con delicatezza sulla cicatrice, tremando leggermente.
Era radiosa, con indosso la sua maglia e l’odore fresco del suo profumo.
Derek percorse la cicatrice con le dita, per poi posarvi un bacio e stringere il corpo di lei contro il suo. A volte, dubitava che fosse tutto vero: spesso credeva che ogni cosa potesse scomparire.
Osservò la maglia, calmandosi e percorrendone i lembi con le dita.
“Perché hai la mia maglia addosso?”, domandò, fingendosi infastidito.
“Mi piaceva”, rispose, scrollando le spalle con una naturalezza tale da lasciarlo spiazzato.
Era sempre così, con lei. Voleva capire perché i suoi occhi gli provocassero una stretta lacerante a livello del petto, scrutandolo con l’unico scopo di leggerlo, come fosse un libro vecchio e ingiallito che lei doveva assolutamente ricomporre. Si sentiva sempre come un reperto antico ai suoi occhi ma non nel senso positivo, eppure Madison sembrava sempre intenzionata a sfogliare ogni singola pagina per cercare anche la più piccola traccia che le permettesse di ricomporre i pezzi di quella storia assurda che era stata la vita di Derek Hale prima del loro incontro.
A volte, Derek si sentiva ancora terrorizzato, come se fosse tutta una farsa e che Madison fosse solo un’altra Kate o Jennifer ma gli bastava guardarla in volto per annullare quei timori.
Derek si mise a sedere sul letto, baciandola senza preavviso, permettendo ai rispettivi sapori e respiri di mischiarsi ancora, tirandola sempre più verso di lui. Riusciva a sentire il suo cuore perdere un battito mentre gli si stringeva addosso come se fosse un’ancora a cui aggrapparsi forte per non perdersi. Le mani di Madison tremavano mentre gli circondavano il collo, come se avessero sempre paura di sfiorarlo o di fargli male, pur sapendo di non esserne affatto in grado.
Le dita di lei corsero al suo tatuaggio, e Derek sentì l’anello della madre di Madison che si scontrava con la sua pelle, immaginando quei due simboli diversi ma connessi: proprio come loro.
Madison non poteva sentire tutte quelle sensazioni che scaturivano in Derek, ma soltanto sperare che non fossero frutto della sua immaginazione e che fossero reali, come quello che sentiva per lui.
“Non possiamo tornare a dormire?”, domandò Derek, mentre Madison allontanava il volto dalla sua spalla e lo guardava con un’espressione di totale sorpresa impressa sul volto assonato.
“Tu vuoi tornare a letto?”, chiese lei con voce incredula, ripensando a tutte le volte che Derek si svegliava alle sette del mattino, costringendola ad alzarsi solo per il trambusto che produceva. “Tu, Derek Hale, così mattiniero da provocare nausea e attacchi di rabbia nel prossimo, mi stai chiedendo se possiamo tornare a letto? Sei sicuro di sentirti bene? Non è che sei malato?”.
Derek rise, mostrando quel sorriso da schiaffi che Madison amava e ricadde sul materasso, portando una mano sull’addome e osservando Madison come per invogliarla a fare lo stesso.
Madison poggiò il gomito sull’addome di Derek, in attesa di una risposta.
“Non dobbiamo andare per forza al liceo”, disse, sembrando quasi un bambino che non voleva andare a scuola. “Insomma, c’è tanta gente. Bastian può anche andare con Blake”.
Madison gli riservò uno sguardo che non lasciava spazio ad ulteriori commenti. Sapeva che, in fin dei conti, non gli avrebbe mai dato corda, come non avrebbe mai permesso a Bastian di presentarsi da solo ad una cerimonia del diploma. Gli sembrava ancora strano il fatto che Bastian avesse preso a fare parte delle loro vite, soprattutto di quella di Madison: era chiaro a tutti il fatto che tra i due ci fosse sempre stato un legame di tipo familiare, come fossero fratello e sorella separati per tanto tempo. A Derek andava bene, semplicemente per il sorriso che illuminava Madison.
“Oggi i componenti del tuo branco- perché è il tuo branco, non ribattere- si diplomano, e so che vuoi andarci anche se hai bisogno di essere tirato di peso dal letto”.
Derek aggrottò le sopracciglia. “Riusciresti a tirarmi di peso dal letto?”.
La mano di lei lo colpì ancora. “Tanto lo so che non vuoi vederli andare via da qui”.
A quella frase, Derek si zittì, provando quasi un senso di disagio, poiché Madison aveva colto in pieno il punto della situazione, come al solito. Non credeva che quel giorno sarebbe arrivato, o meglio, credeva che quando sarebbe giunto, lui non sarebbe stato presente. Invece, Scott e gli altri si sarebbero diplomati e lui avrebbe assistito. Avrebbe visto sua sorella indossare la toga, poiché dopo tutta la questione di Julian aveva deciso di tornare a Beacon Hills, sia per stare più vicina a lui che per trascorrere del tempo con Isaac, che prima di uscire con Cora aveva dovuto sopportare le occhiate omicide di Derek e quelle divertite di Peter che se la rideva alle loro spalle.
Si sentiva anche lui come in una fase di passaggio, come se stesse per oltrepassare un traguardo insieme a tutti, un po’ perché lo aveva vissuto con loro. Ricordò i pomeriggi che avevano trascorso a casa di Madison, occupandola come fosse un ritrovo per un gruppo di studio. Ricordò come Peter avesse aiutato Isaac e Cora con la matematica, anche se controvoglia e solo perché costretto da loro, visto che avrebbe preferito uscire con Lana. Ricordò come Madison e Lydia si fossero prodigate per aiutare Scott con la biologia, e di come lui avesse cercato di inculcare un po’ di storia nella testaccia dura di Stiles che non sembrava volerne sapere. Ricordò le facce buffe di Kira mentre leggeva il libro di economia e persino l’espressione annoiata di Bastian mentre li guardava studiare.
Fece un profondo respiro e si alzò dal letto, sotto lo sguardo soddisfatto di Madison che gli rifilò un altro bacio, alzandosi sulle punte dei piedi. “Forza. A vestirsi”.
Derek non ricordava che affrontare la quotidianità fosse così difficile.
 
Derek aveva poca familiarità con la stanchezza mentale, soprattutto se arrivava a tormentarlo da sola. Di solito, non era altro che una conseguenza della stanchezza fisica, dovuta ad uno scontro difficile o ad un allenamento particolarmente estenuante. Eppure, quella volta Derek si sentiva davvero stanco, ma senza aver compiuto nessun tipo di sforzo fisico, anzi. Era rimasto in piedi per un po’ di tempo, ma quello non poteva essere catalogato come sforzo. Aveva assistito al diploma degli studenti dell’ultimo anno con Madison al suo fianco che gli stringeva la mano, mentre Peter, Lana, Blake e Bastian erano alle loro spalle. Quella fatica, in realtà, era dovuta a tutti i pensieri che avevano iniziato a popolare la sua mente nel momento in cui Scott, Stiles, Lydia, Kira, Isaac e Cora avevano messo i piedi sul palco, con indosso le loro toghe. L’effetto sortito su di lui era stato a dir poco strano, e aveva lottato con tutto sé stesso per evitare di sentirsi come un fratello maggiore che guardava le persone a lui care affrontare un momento del genere.
Certo, si sentiva in quel modo per Cora, e sarebbe stato un bugiardo a dire il contrario per gli altri, ma non lo avrebbe mai ammesso
Si accasciò sul divano, chiudendo gli occhi. La sua tranquillità durò giusto pochi secondi, poiché interrotta da una cuscinata ben calibrata sul suo volto.
“Dovresti rivedere la tua vita sociale, nonno Hale”, gli fece notare lei. “Sei già stanco?”.
“Beh, una festa per il diploma con adolescenti da tutte le parti è abbastanza estenuante”.
“Tanto so che ti sei divertito”, continuò lei, sedendosi accanto a lui.
“Se vedere Stiles che cerca di ubriacarsi lo consideri divertente”, constatò lui.
“Direi che Lydia domani striglierà per bene il suo ragazzo”, disse Madison, riferendosi chiaramente a Stiles
Madison dovette trattenersi dal ridere, ripensando alla cerimonia e alla successiva festa.
Ricordò lo Sceriffo, seduto nelle prime file, con Melissa seduta al suo fianco che applaudiva felice mentre Scott, Stiles e Isaac percorrevano il palco con le loro pergamene tra le mani. Quando era stato il turno di Lydia, Madison si era accorta che la ragazza stringeva non solo la sua pergamena ma anche un’altra nella mano sinistra e quando l’aveva sventolata verso una persona precisa, aveva capito: Chris Argent, il padre di Allison, in piedi, qualche metro davanti a lei e Derek, aveva sorriso e lei aveva visto i suoi occhi incresparsi, come per trattenere le lacrime.
In fin dei conti, sembrava che Allison fosse con loro, anche in quel momento.
Kira aveva rischiato di inciampare sugli ultimi gradini, ma Scott l’aveva afferrata in tempo.
Cora era così sorridente che non Derek l’aveva guardata rapito: sua sorella non aveva mai dimostrato la propria età, poiché il suo comportamento non apparteneva certo ad un’adolescente. Alla fine della cerimonia, Cora lo aveva abbracciato, dicendogli che era fiera di lui e di loro, per poi correre da Isaac, sempre sotto lo sguardo di Derek, diventato improvvisamente accigliato alla vista dei due insieme.
Madison ripercorse quella giornata, notando come quei ragazzi fossero entrati poco a poco nel suo cuore. A volte, parlare di famiglia la faceva sentire ridicola, perché c’erano momenti in cui si sentiva ancora come qualcuno che non centrava un bel niente con quella città e con quel piccolo branco tanto diversificato quanto unito da un legame profondo. Tuttavia, non poteva ignorare il senso di benessere che la inondava quando era con loro e con Derek. Persino Bastian e Blake erano diventati parte integrante della sua vita: sorrise, pensando a tutte le cose che Bastian le aveva raccontato. Le aveva parlato di Keith, di come se la sua presenza nel loro branco fosse sbagliata, come una nota stonata in una sinfonia quasi perfetta: come se dovesse trovarsi in tutt'altro luogo. Aveva parlato di Nadia e Ridley, di come entrambi si fossero presi cura di lui e di come fossero felici proprio sotto il suo naso.
In realtà, Bastian aveva sempre notato un legame particolare fra loro ma a quel tempo era troppo giovane per accorgersene, eppure guardarli lo faceva sentire sereno e al sicuro...proprio come se fossero una famiglia perfettamente unita e difficile da separare.
“Adesso sei tu ad essere stanca?”, le chiese Derek, con un sorrisetto sarcastico.
Madison gli fece una smorfia e poi gli lasciò un bacio a fior di labbra, accucciandosi maggiormente contro il suo corpo, mentre la stanchezza e il sonno cominciavano a farsi sentire. Quel momento sapeva di pace e di tranquillità, e Madison avrebbe desiderato tanto fotografarlo e metterlo in una cassaforte per tenerlo sempre con sé negli attimi di incertezza e dolore. Durante tutta la faccenda di Julian, non erano molti quei pensieri che riuscivano a ricordarle che ogni cosa sarebbe andata per il verso giusto, se non qualche ricordo sparso della sua famiglia.
Vedere il diploma dei ragazzi le aveva ricordato un po’ il suo, con i suoi nonni in prima fila che applaudivano e volle credere che ad assistere ci fossero anche Nadia e Ridley, perché sentiva che in un modo o nell’altro, il loro pensiero correva a lei in ogni momento delle loro vite.
Derek si mosse leggermente al suo fianco e le sembrò quasi di percepire tutti i pensieri che iniziavano ad affollare la mente di lui: come se quell’attimo di pace avesse portato a galla nuove preoccupazioni sul futuro e su ciò che sarebbe capitato.
“Derek”, lo richiamò lei, facendolo voltare. “Puoi respirare adesso”.
Derek accennò un sorriso, assorbendo la veridicità di quelle parole.
Rimasero così, ancorati l’uno all’altra, mentre la mano di Derek le stringeva il fianco, tenendola stretta a lui, e la osservava, chiedendosi per quale assurdo motivo l'avesse incontrata, senza alcuna aspettativa. C’erano tante cose che voleva dirle ma pronunciarle a voce alta sarebbe stato in parte inutile, poichè Madison sembrava spesso intuire i suoi pensieri.
Lei gli toglieva il respiro, donandoglielo allo stesso tempo. Lei non era Jennifer o Kate, non era un serpente velenoso nascosto sotto un fiore, in attesa di morderlo per togliergli la vita.
Lei non era un essere senza cuore che voleva vederlo bruciare tra le fiamme ardenti che ancora popolavano quegli incubi che lo scuotevano a notte fonda, facendogli credere di essere circondato dal fuoco; poi Derek si svegliava, e lei era accoccolata accanto a lui.
Lei non era uno spirito maligno che voleva intrappolarlo nell’oscurità con l’unico scopo di togliere anche quel poco di luce che gli era rimasto. Lei non era un mostro con sembianze angeliche che gli mozzava il fiato, facendolo rovinare a terra e arrancare in fin di vita. Lei era diversa, e fino a quel momento gli aveva solo ridato qualcosa che non credeva avrebbe più trovato.
Derek era insieme a lei…ed era in grado di respirare.
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Eccoci qui, sempre con un po’ di ritardo, chiedo perdono. Non credo di avere molte precisazioni da fare. Derek, come al solito, mi ha dato qualche problemino: spero di non essere uscita troppo fuori personaggio ma ho pensato che, senza pericoli e preoccupazioni, dovrebbe essere sereno (?!).
Questo epilogo, come al solito, non mi soddisfa del tutto: penso continuamente che potevo fare di meglio, sia per la conclusione che per il resto della storia. Ad ogni modo, spero che vi sia piaciuto questo finale (più di quanto sia piaciuto a me) e fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino, se vi va. Inoltre, ci tengo a ringraziare di vero cuore tutte le persone che hanno seguito questa storia, un grazie in particolare va ad Helena Kanbara, che ha sempre fatto centro quando si trattava dei “misteri” della storia e che mi ha sempre resa felice con le sue parole e i suoi scleri; Marti Lestrange, il cui supporto e le cui parole per questa storia hanno sempre significato tanto per me; inoltre, ringrazio tanto Ally M, Clare e Bumbuni che mi hanno resa felicissima con le loro parole e con tutto l’entusiasmo. Ovviamente, un grazie immenso va anche a tutte le persone che mi hanno seguita, regalandomi pareri e consigli preziosi, tutti coloro che non hanno abbandonato la storia, tutti i recensori e i lettori silenziosi: davvero grazie a tutti.
Direi che questo è quanto, grazie per essere arrivati fin qui!
Alla prossima, un abbraccio :)
   
 
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