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Autore: flyingangel    28/10/2008    1 recensioni
"Amarti, il mio incubo. Che cosa nascondi dietro ai tuoi occhi?"
Chey è una ragazza come tante, ma qualcosa dietro l'angolo sconvolgerà la sua vita, e le farà vivere l'esperienza più eccitante, dolorosa, e pericolosa che abbia mai immaginato.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- TREDICESIMO CAPITOLO -


*

“Ma si può sapere che ti prende, eh?” borbottai, a Jen, quando fummo davanti a casa sua.
Eravamo ancora sulle nostre bici.
“Che cosa prende a me, eh?” rimarcò lei.
Annuii. “Sì”.
“Ma sei cieca, Chey? Hai visto come abbracciavi Loud?”
Rimasi in silenzio, pensando alla scena di poco prima. Mi schiarii la voce. “Sì”.
“Ecco, allora, direi che è meglio che non ne parliamo più”.
“Che cosa ci facevi da Antoine, questa mattina?” continuai, decisa.
Lei alzò le spalle. “E tu che ci facevi da Loud, questo pomeriggio?”
“Jen” la guardai, infuocandola con un’occhiata.
“Sono andata a trovarlo, hai detto che era possibile tornarci. Ecco, siccome mi aveva colpito volevo vederlo
ancora”.
“Ti piace?” corrugai le sopracciglia.
“Non esattamente”.
“Non esattamente?” ripetei, alzando un sopracciglio.
Lei scosse le spalle. “Non lo so, è così strano, non ho mai visto nessuno come lui. Volevo solamente fare luce
su questa cosa”.
“E adesso hai fatto luce?”
“Bè, non ho fatto granché in tempo, visto che sei sopraggiunta tu...”
“Ah, quindi devi continuare a far luce?” la guardai incredula.
Alzò le spalle, con espressione assente. “Probabilmente sì”
Sbuffai, e scossi la testa. “Ma pensa te”
“Che c’è? Che c’è di male?”
“Nulla, proprio nulla”.
“Piace a te Antoine?”
La guardai, accigliata. “No” dissi.
“Ah, allora che problema c’è?”
“E se mi fosse piaciuto come ti saresti comportata?” le chiesi.
“Non lo so” lanciò un’occhiata al vuoto.
“D’accordo, fai come vuoi. Torno a casa” le dissi, direzionandomi verso casa mia.
“Ciao” mormorai e lei levò una mano. “Ciao”
Litigare con lei era sempre spiacevole, soprattutto perchè la consideravo la mia unica amica.
Eppure, non volevo litigare... non sapevo perché a volte mi facessi prendere dall’impulsività del mio
carattere, così facilmente.
Avevo voglia di vederlo. Avevo voglia di vedere Loud.
Il giorno dopo, non m’importava come lui reagisse alla mia vista, o alla mia impulsività, ma decisi di guardare da
qualsiasi parte dei corridoi, finchè non l’avessi trovato.
Stava spazzando in uno sgabuzzino, con la porticella semi aperta.
Entrai.
Lui si voltò di scatto e mi guardò, stupito.
Gli ricambiai l’occhiata, fissandolo, immobile.
“Ciao” disse, lasciando stare la scopa.
“Ciao” risposi, perdendomi nei suoi occhi azzurri.
“Avevi bisogno?” alzò un sopracciglio, confuso.
Feci per aprir bocca, ma non riuscii a dire nulla. “Ehm... volevo solo vederti” sputai la verità.
Incurvò le sopracciglia, e mi guardò socchiudendo gli occhi. Poi sorrise. “Che c’è che non va?”
Ci pensai. Che c’era che non andava?
“Ti ricordi ieri?” chiesi, aspettandomi ardentemente una sua risposta.
Lui annuii. “Sì, certo”.
“Ecco... sono un tipo impulsivo, giusto per informarti”.
Sorrise ancora. “D’accordo, grazie per avermi informato”.
“Prego” annuii e presi un respiro. “Veramente...”
Alzò un sopracciglio, di sbieco. “Sì?”
Lo guardai fisso negli occhi. “Veramente, ecco... mi chiedevo se potessi passare da te...”
Mi lanciò un’occhiata, confusamente. “Quando?”
“Oggi... ?”
“Oggi...” ci pensò un attimo. “Okay”.
Eppure forse c’era qualcosa nei suoi occhi che mi diceva di non andare... già forse c’era...
forse guardandoci meglio...
“Allora ci vediamo, oggi...” mormorò, con un sorriso.
Annuii. “Okay, allora vado, ciao” biascicai, uscendo dallo sgabuzzino.
Lasciandomelo alle spalle a pulire la stanzetta, sentii come un brivido, come se l’avessi sempre sognato
quel momento, come se avessi sempre sognato lui... eppure, non ero innamorata.
Non sapevo, non capivo che cosa mi stesse succedendo.
L’avevo abbracciato così forte, eppure lui non aveva detto nulla... come mai?
Forse, in realtà, non gli importava?
Tremai a quella probabilità, quando raggiunsi la mia prima aula di quella mattina.
Vidi Jen che mi aveva tenuto il posto, e mi sistemai accanto a lei.
“Scusa per ieri” borbottai, più o meno convincente.
Mi lanciò un’occhiata e alzò le spalle. “Ti ho già perdonato”.
Sorrisi e le dissi all’orecchio: “grazie”.
Quando raggiunsi la collina a bici, non sapevo il perché faticai più del solito e più del previsto.
La giornata era ingombra di brutte nuvole, che di certo non mi favorivano l’umore.
Eh sì, lo so che dovevo studiare... ma più tardi, più tardi...
Posteggiai la bici e mi guardai attorno. Mi voltai ed eccolo lì.
“Ehi” mi disse, venendo avanti e abbracciandomi di lato.
“Ma allora ti ricordi di ieri?” chiesi.
“Cos’è ricominciamo con le domande?” alzò un sopracciglio, sorridendo.
“No, è che... volevo sapere se ti ricordassi bene... della mia impazzata...”
“Certo. Più che bene”.
Sussultai.
“Mi ricordo che mi hai abbracciato e mi sei saltata addosso, credevo che la bici si rompesse da come
l’hai buttata...”
Sbuffai. “Come, scusa?”
Rise. “Dai... ho pensato cavolo se è così impedita, potrebbe star più attenta con gli oggetti... e le persone”.
Non sorrisi. “Ma vai a...”
“Ah-ah-ah” mi fermò, prendendomi per un polso. “Cosa mi volevi dire?” mi fissò così dritto negli
occhi, che per un attimo persi la percezione di tutto.
“Proprio nulla” biascicai, col cuore che martellava a tremila al secondo.
Sorrise, venendomi ancora più vicino. “Cosa pensi... a me guarda che piace questa vicinanza con te” mi
soffiò in un orecchio.
Ebbi un brivido, e stetti in silenzio non sapendo proprio cosa dire. Ero rimasta stupita.
“Dai, su” mi prese in braccio e mi portò dietro ai cespugli, dove prendeva posto un bel giardino.
Era il retro della villa, e c’erano grovigli di rose e alberi contorti.
“Molto suggestivo” commentai.
Lui si guardò intorno e abbozzò un sorriso. Mi lasciò andare, ma continuò a starmi vicino.
“Aspetta...” mi stava soffocando, mentre aveva cominciato ad abbracciarmi così forte…
“Come, tu lo puoi fare e io no?” rise un attimo e mi sembrò di volare.
Mi lasciò andare lentamente.
“Visto che la tua curiosità non ha limiti, vuoi dare un’occhiata in giro?” mi guardò, di sbieco.
Corrugai le sopracciglia, e ricambiai l’occhiata, a lungo. Scossi la testa.
“Ah, avrei giurato di sì...” sorrise.
“No, grazie, adesso no”
Prolungò il sorriso. “Ah, adesso no”
Mi prese ancora vicino a sé e lo strinsi con le braccia accanto al mio collo.
“Ehm ehm”
Ci sciogliemmo dall’abbraccio. La voce di Antoine ci aveva interrotto, lo guardai stupita.
“Mademoiselle...” mi fece un inchino.
“Ciao, Antoine” dissi, delusa al massimo.
“Ciao, tutto bene?” diede una veloce occhiata irritata a Loud e io annuii.
“Vieni un attimo, Loud?”.
Loud lo seguì, lasciandomi da sola. “Torno subito” mi disse all’orecchio.
Non sapevo che fare lì da sola. Incominciai a girarmi i pollici, ma non era un gran passatempo.
Quel giardino era bello, pareva curato e non curato... le rose erano fantastiche, mi avvicinai ad alcuni rovi
e ne presi una, attenta a non pungermi.
“Cosa fai?”
Mi girai verso la voce. Vidi una donna molto bella, guardarmi storto e in cagnesco.
“Nulla” mi affrettai a rispondere.
Alzò un sopracciglio. “Lo vedo”.
“Scusami, è che stavo solamente guardando...”. Mi punsi. Non me ne accorsi subito, ma lei mi guardò il
dito. Lo fissai anch’io in quel momento, vedendo che scorreva sangue.
“Ehm” borbottai, non sapendo cosa dire.
“Lascia, faccio io” mi venne vicino e mi prese il dito, avvicinandoselo alla bocca.
Sussultai. “No, non c’è problema” dissi, subito.
Mi guardò profondamente, e sorrise di sbieco. “Tranquilla, non ti faccio nulla”.
I suoi capelli erano rossi misti al castano naturale, e la sua faccia era incredibilmente bella, il suo portamento
elegante, e bè, il suo modo di vestire, un po’, come dire, inusuale.
Sentii la sua lingua sul mio dito e la guardai storto. “Ehm...” bofonchiai, ma non mi fece finire. Mi zittì alzando
un dito.
Mi leccò via il sangue, avidamente, come se se lo dovesse mangiare... mi mise una paura incredibile.
“Fatto” mormorò, soddisfatta, scostandosi da me. “Quest’altra volta stai più attenta. Ci sono persone che non
ti lascerebbero viva”.
Ebbi un brivido. Persone che non mi lascerebbero viva? A chi si riferiva?
Un’altra ragazza, che pareva un po’ più giovane dall’aspetto di lei, comparve nell’entrata del giardino.
La rossa si girò, vedendo che io guardavo oltre lei, e avvertì la sua presenza.
“Seyla” disse, rivolgendosi a lei. “Abbiamo un ospite”.
“Oh no” bofonchiai “non sono un ospite, me ne vado subito”.
“Aspetta” mi disse la rossa. “Io mi chiamo Mer, e tu?”
“Cheyzanne” mormorai. “Ma Chey è il mio soprannome”.
“Chey... sembri un dolce molto buono” mi sorrise e ebbi di nuovo un brivido.
“Ehm, non c’è bisogno che io rimanga” borbottai, molto confusamente.
“Seyla, vero che sembra così carina?” mormorò Mer, in direzione dell’altra.
Seyla fece alcuni passi avanti. Era di un biondo scuro, con i capelli sul seno scoperto, e indossava un vestito
lungo e bianco, per nulla normale. I suoi occhi castani scrutarono me e poi li abbassò a terra.
“Non le dai il benvenuto?” sussurrò Mer, andandole accanto.
“Sentite, io vado...” bofonchiai, avviandomi verso l’uscita e la parte anteriore della villa.
Mi affrettai verso la mia bici, e prima che potessero dirmi qualcos’altro, ero già sparita.

*

Ringraziamenti speciali a coloro che mi leggono... e a :

valevre grazie mille che continui a seguirmi, mi fa piacere!
ehh ...sì li hanno visti anche jen e antoine :=) eheh
non ti preoccupare ;)

  
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