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Autore: _Trilly_    20/11/2014    8 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Dobbiamo attuare una strategia e subito,” esordì Federico, camminando nervosamente davanti ai suoi compagni di squadra, che lo fissavano dalle sedie di plastica dov'erano seduti. Anche quel pomeriggio ai ragazzi che dovevano disputare le olimpiadi di matematica, era stata concessa un'aula dello Studio per prepararsi all'imminente sfida. Se i padroni di casa, guidati da Casal e dal suo pupillo Marco Galindo, sembravano sempre più presuntuosi e sicuri di se, gli ospiti provenienti da un piccolo quartiere della capitale, che probabilmente non veniva nemmeno citato sulle carte geografiche, avvertivano sempre di più crescere il timore di non essere all'altezza. Loro non avevano mai avuto delle strutture e dei laboratori molto forniti e anche la qualità degli insegnanti e dei libri di testo, non poteva essere paragonabile a quella dei ragazzi di Casal.
“Non possiamo permettere a quei figli di papà di umiliarci,” aggiunse Bianchi, ottenendo la pronta approvazione di Emma e Lena, che chiaramente erano orgogliose quanto lui. “Noi siamo migliori di loro, non abbiamo bisogno di darci delle arie per dimostrarlo,” concordò la prima, raggiungendo Federico e dandogli una pacca sulla spalla. “Sono d'accordo,” aggiunse Lena, sicura. “Alla fine quelli là possono vantare tanti soldi e altrettanta arroganza, ma non hanno un cervello come il nostro. Noi abbiamo dovuto lottare per raggiungere i nostri obiettivi, loro invece hanno avuto tutto su un piatto d'argento.”
Andres e Nata, che fino a quel momento si erano limitati ad ascoltarli in silenzio, si ritrovarono a loro volta a concordare. “Mi sono procurato uno dei loro libri di testo,” disse Calixto, mostrando agli amici un librone dalla copertina blu. “Me lo ha prestato la ragazza carina, Libi,” spiegò con un filo d'imbarazzo. “Non è tanto diverso dal nostro...io dico che possiamo farcela.” Federico annuì, mentre Emma, Lena e Nata ridacchiarono, notando il rossore che aveva colorato il volto del ragazzo nel nominare Libi Sanchez.
“A me danno la sensazione di quelli che potrebbero giocare sporco,” sussurrò Nata, un po' intimorita, quando il sorriso sparì dal suo volto. “Si, soprattutto quel Galindo,” commentò Bianchi storcendo il naso. Sin dalla prima volta che lo aveva visto, il ragazzo aveva suscitato in lui una strana antipatia e più passava il tempo, più ciò si amplificava. Si avvicinò alla finestra, guardando distrattamente la strada oltre di essa. “Se giocano sporco loro, allora lo faremo anche noi,” concluse, tornando a voltarsi verso gli amici.
Non ci fu il tempo di aggiungere altro che la porta dell'aula si aprì, mostrando un'ancheggiante e come al solito elegantissima Ludmilla Ferro. La bionda fece indugiare per alcuni istanti lo sguardo sui presenti, poi si rivolse unicamente a Federico. “Ciao sweety, ne hai ancora per molto?” Gli chiese, arricciandosi una ciocca di capelli intorno all'indice e sbattendo le lunghe ciglia. Bianchi sgranò gli occhi, sorpreso, mentre gli altri gli rivolsero un'occhiata interrogativa, non riuscendo proprio a capire come facesse l'amico a conoscere una ragazza così ricca e appariscente. “Allora?” Ludmilla gli si avvicinò, schioccandogli le dita davanti agli occhi. “Qualcuno ti ha mangiato la lingua?”
Federico scosse la testa, riprendendosi da quella sorta di trance in cui era caduto. Con un gesto della mano fece capire ad Andres, Emma, Lena e Nata di andarsene e loro, dopo avergli abbondantemente riso in faccia, si decisero a varcare l'uscita. “Stavi dicendo?” Chiese, tornando a guardare la Ferro, che si aprì in una cinguettante risatina. “Devo andare a fare shopping e mi serve qualcuno che mi porti le buste. Volevi un appuntamento con me, no?”
Il ragazzo si accigliò, sicuro di aver capito male. “Si, ma non intendevo dire che volevo farti da schiavetto. Volevo fare una passeggiata, mangiare un gelato o cose simili,” spiegò, grattandosi nervosamente il collo. Ludmilla scrollò le spalle, guardandolo come se avesse detto una sciocchezza. “Lo faremo, ma prima devo fare shopping.” Prima che Federico potesse ribattere, lo prese per il polso e se lo trascinò fuori dall'aula. “Sono iniziati i saldi e io devo essere in prima fila. Forza, muoviti,” esclamò, mentre lui le stava dietro a fatica su una strada parecchio affollata. Nel giro di un'ora Ludmilla lo condusse in un numero spropositato di negozi, sommergendolo di buste di varie dimensioni e colori. “Che colore ti piace la camicetta, Fede?” Gliene mostrò una gialla, una rossa e una bianca dello stesso modello e lui non potè fare a meno di sospirare, esasperato. “Cosa vuoi che ne sappia, per me è lo stesso.”
Ludmilla scosse la testa, incredula. “Vuoi uomini non capite proprio niente di stile,” commentò, storcendo il naso, per poi optare per quella rossa. Visitarono ancora tantissimi negozi e altrettante furono le buste che la ragazza gli rifilò, poi finalmente raggiunsero un bar all'aperto, dove lui potè abbandonarsi stancamente su una sedia in ferro battuto. “Nemmeno in vent'anni di vita ho mai speso tanti soldi,” commentò, asciugandosi una goccia di sudore dalla fronte. La Ferro scosse la testa, divertita. “Questo perché sei un pezzente, tesoro, di solito spendo anche di più.” Guardò le numerose buste ai loro piedi con fare critico. “Con questa spesa ho riempito a malapena l'ala est del mio armadio.”
“L'ala est?” Ribattè Federico, stupefatto. Era già tanto che lui lo avesse un armadio e lei lo aveva addirittura diviso in varie zone. Ignorando le sue parole, Ludmilla chiamò il cameriere, a cui ordinò due cioccolate calde. “Che giornata stressante, sono davvero stanca,” commentò lei, assaggiando un sorso della cioccolata fumante, rischiando di far soffocare il giovane con la sua. “Ti ricordo che sono io ad aver sgobbato come un facchino, tu mi hai solo caricato di vestiti.” La ragazza lo fulminò con lo sguardo, infastidita. Possibile che lui avesse sempre da ridire? Da quando lo conosceva le aveva sempre tenuto testa, cosa a cui non era per niente abituata. “Dovresti sentirti orgoglioso, chiunque vorrebbe andare a fare shopping con Ludmilla Ferro.” Federico sollevò un sopracciglio, poi ridacchiò, facendo scorrere lo sguardo sui lineamenti perfetti del volto della ragazza. Lei era capricciosa, viziata, presuntuosa, ma anche molto bella, sicura di se, intrigante, tutto di quella ragazza lo attraeva. “Quindi sei una vip e nessuno mi ha informato?” La canzonò, beccandosi l'ennesima occhiataccia raggelante. “Non osare prenderti gioco di me, posso schiacciarti come una formichina, non dimenticarlo,” lo minacciò, battendo la mano sul tavolo per dare una maggiore enfasi alle sue parole. Lui sogghignò, scolandosi l'ultimo sorso di cioccolata. Non poteva farci nulla, più Ludmilla si arrabbiava e lo minacciava e più gli piaceva. Mai una ragazza lo aveva colpito tanto, ma forse la verità era che lei fosse unica e per questo terribilmente interessante ai suoi occhi. La Ferro dal canto suo si mostrava ostile e acida come suo solito, ma solo per mascherare la realtà. Il modo in cui quel Federico la guardava, il lampo che gli attraversava lo sguardo quando lei gli parlava, il modo in cui l'ascoltava, tutto in lui lasciava presagire interesse, un interesse che però sembrava diverso da ciò a cui era abituata. I ragazzi che aveva frequentato, Diego in primis, l'avevano sempre considerata solo fisicamente, si rendeva conto che mentre parlava le guardassero la scollatura e facessero pensieri lussuriosi e certo lei che si vestiva abitualmente in maniera tanto appariscente, non poteva dar loro torto. Probabilmente dall'esterno appariva come una ragazza frivola e superficiale, quei tipi che si adescano in discoteca, da una notte e via insomma, peccato che non avrebbero potuto essere più lontani dalla realtà. Riconosceva di essere capricciosa, narcisista, vanitosa ed egocentrica, ma non era una ragazza facile e né tantomeno andava in discoteca per cercare uno con cui passare la notte. Ludmilla Ferro come tutte sognava il grande amore, anche se non lo avrebbe mai ammesso era così e pensava davvero di poterlo trovare in Diego, colui per cui aveva una sorta di ossessione sin dalla prima volta che lo aveva visto. Galindo però si era solo divertito e una volta ottenuto ciò che voleva, l'aveva gettata via come un rifiuto. Pensava che distruggere il rapporto del ragazzo con la sua famiglia e con Francesca, che a quanto pareva era la sua nuova preda, l'avrebbe fatta sentire meglio e invece si sentiva ancora più vuota, sempre più sola. Da quando però quello strambo ragazzo che era Federico Bianchi, aveva iniziato a farle la corte e a guardarla come una persona e non come una cosa, sentiva che tutte quelle brutte sensazioni si stessero riducendo e che non potesse fare a meno di sorridere sempre più spesso senza un'apparente motivo. “Sai Supernova, sei davvero bella quando sorridi.”
La voce di Federico, così dolce e sincera, la riscosse dai suoi pensieri, riportandola alla realtà. Davvero stava sorridendo? Lui pensava che fosse bella? Il suo sorriso si accentuò. Bianchi non l'aveva definita sexy, non le guardava la scollatura, lui la guardava dritto negli occhi e non vi vedeva nessuna traccia di malizia o di doppi sensi. Quando poi il ragazzo sorrise, uno strano calore partì dal suo cuore e si espanse in tutto il corpo, facendola sentire per la prima volta in vita sua apprezzata, viva. Intrecciare una mano con la sua fu la cosa più naturale del mondo, così come lo fu ricambiare quel dolce e rassicurante sorriso. “Mi piacerebbe uscire ancora con te,” sussurrò Federico con un filo di imbarazzo che poco gli si addiceva, ma che ci poteva fare se lei lo rendeva nervoso? “Mi va bene anche se andiamo di nuovo a fare shopping.”
Ludmilla sorrise e scosse il capo. “Come sei monotono, una come me la devi sorprendere.” Nella sua voce però non c'era più astio, al contrario traspariva un sincero divertimento, cosa che portò entrambi a ridacchiare. “Allora si farà a modo mio, ma poi non lamentarti,” concluse il ragazzo, guardandola intensamente. “Questo non posso prometterlo, potresti avere un pessimo gusto per quanto ne so,” ribatté la Ferro, divertita, ripulendosi le labbra con un fazzoletto candido preso dalla sua pochette. “Ora devo tornare a casa,” continuò, guardando l'orario dal suo cellulare. “Mio padre ha organizzato una noiosissima cena con i suoi colleghi di lavoro e rispettive consorti.” Ruotò gli occhi e storse il naso, infastidita al solo pensiero e Federico sogghignò, aiutandola a recuperare le molteplici buste ai suoi piedi. “Ti accompagno a casa allora, posso?” Lei lo guardò inizialmente sorpresa, poi annuì. Decisamente non era abituata a tutta quella galanteria e a quell'interesse per la sua persona e la cosa la lusingava parecchio. Durante tutta la strada verso villa Ferro, Bianchi si ritrovò a raccontarle delle olimpiadi di matematica a cui aveva accettato di partecipare per aiutare economicamente la sua famiglia e se normalmente avrebbe storto il naso per quel ragazzo così inferiore a lei, in quel momento non potè fare a meno di ammirare la sua determinazione e il suo buon cuore. Federico stava dimostrando che i soldi non fossero tutto, che non era la ricchezza a rendere una persona migliore e le stava anche dando una dimostrazione di fiducia, aprendosi tanto con lei. Se non avessero avuto tutte quelle buste lo avrebbe preso per mano, sentiva un bisogno impellente di farlo, ma erano evidentemente limitati nei movimenti e perciò dovette rinunciarvi, limitandosi a sorridergli. “Bè, siamo arrivati,” mormorò Federico, quando si fermarono davanti a un grande cancello dorato, che delimitava l'imponente villa dei Ferro. “Già,” annuì la ragazza, chiamando con un gesto della mano una delle guardie che sorvegliava abitualmente la tenuta dall'esterno e ordinandogli di portare dentro casa le sue buste. L'uomo obbedì senza battere ciglio, evidentemente abituato a fare da facchino per la capricciosa figlia del padrone. Federico scosse la testa, incredulo, lo sguardo che saettava su quella che era la casa della ragazza. Mai aveva visto una villa così imponente, trasudava ricchezza solo a guardarla, un qualcosa che uno come lui avrebbe potuto solo sognarsi. Chiaramente non era all'altezza di una ragazza come Ludmilla, al massimo avrebbe potuto lucidarle le scarpe. La Ferro in ogni caso continuava a sorridergli, inconsapevole dei suoi pensieri carichi di amarezza. “Grazie per avermi accompagnata.” Cogliendolo decisamente alla sprovvista, gli stampò poi un bacio sulla guancia. “Ciao Federico.”
Federico non rispose, guardandola varcare il grande cancello con aria quasi assente, mentre si sfiorava al contempo la guancia dove lei gli aveva schioccato quell'inatteso quanto desiderato bacio. Mai nessuna ragazza lo aveva fatto sentire così stupido e imbranato, di solito era tanto sicuro quasi da risultare sfacciato e poi...”Accidenti!” Sbottò, colpendosi la fronte. Come aveva potuto dimenticare di chiederle il numero di telefono? E ora come l'avrebbe contattata per invitarla ad uscire con lui? Le alternative erano due, o correva il rischio e tornava direttamente a cercarla in quella villa, o semplicemente cercava il suo profilo su Facebook. Ma si, avrebbe fatto così.



Diego sbuffò esasperato, guardandosi nervosamente intorno. La sua idiozia lo aveva portato a decidere di uscire con una delle amiche di Leon, un'oca egocentrica che non aveva fatto altro che parlare di se e attirare lo sguardo di tutti a causa dei vestiti striminziti che indossava. Prima di finire in carcere quella era il tipo di ragazza che frequentava, anche perché era interessato solo ad un'avventura senza alcun coinvolgimento sentimentale, ora però si rendeva conto di quanto fosse cambiato. Non gli importava un'accidente di quello che diceva quella giovane di cui non ricordava nemmeno il nome, voleva solo che si zittisse e sparisse dalla circolazione, quello che bramava di più era essere lasciato da solo. Ne aveva abbastanza di sentire le persone parlare sottovoce appena lo vedevano, di essere scrutato dai loro sguardi accusatori e ancora di più odiava suo fratello e tutto quel rancore che puntualmente gli manifestava. Sapeva che dopo aver baciato la sua ragazza se lo fosse cercato e non poteva nemmeno dargli torto, però tutto quell'accanimento iniziava a stancarlo. Aveva preso la decisione giusta, ogni tipo di legame con Francesca ora non esisteva più e ognuno era andato per la sua strada. Cosa volevano ancora da lui allora? E perché non riusciva a lasciarsi andare con quella ragazza? In fondo era bella e sicuramente ci sapeva fare, non le mancava nulla, o no? Eppure più la guardava con la coda dell'occhio e più sentiva come il bisogno di darsela a gambe. Aveva ragione Leon, uscire con quella ragazza era stata un'idea pessima.
-Se vuoi uscirci, fallo. Sappi però che ciò non ti farà dimenticare Francesca-
Quella frase di Vargas, accompagnata da quello sguardo carico di avvertimento gli attraversarono la mente, destabilizzandolo a dir poco. Purtroppo la verità era proprio quella, l'unica ragazza a cui riusciva a pensare era la Cauviglia e più tentava di scacciarla dalla sua mente e più il suo volto tornava prepotente a tormentarlo.
“Dove mi porti?” Gracchiò la ragazza, che gli stava fastidiosamente aggrappata al braccio, riportandolo alla realtà. Diego fece per rispondere, quando qualcosa o meglio qualcuno attirò la sua attenzione. Dall'altra parte della strada una ragazza mora aveva appena svoltato l'angolo e ora proseguiva verso di loro. I lunghi capelli corvini erano raccolti in una coda alta e indossava un semplice leggins nero e una felpa, nemmeno un filo di trucco sul suo volto. Con la mano destra reggeva un grande borsone da palestra e appariva visibilmente stanca. Galindo si ritrovò quasi senza rendersene conto a fermarsi al centro del marciapiede a fissarla. Francesca Cauviglia non avrebbe potuto essere più acqua e sapone di quel momento, nulla a che vedere con la barbie che lui aveva accanto, eppure non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Lei era così semplice, così innocente e allo stesso tempo così bella. Ormai gli era chiaro che quella ragazza gli piacesse, lo stava accettando e forse proprio per quello non riusciva a sopportare di doverle stare lontano. Capiva le motivazioni dei suoi genitori e di Marco e capiva anche quelle della giovane, che era alla disperata ricerca di stabilità, ma quello non cambiava ciò che provava. Francesca lo amava e ovviamente voleva anche essere amata, alla fine aveva compreso che intendesse ciò quel giorno, purtroppo però lui non era in grado di amare, quindi non poteva darle nulla ed era giusto che lei non lo volesse nella sua vita. Il fatto che Diego avrebbe voluto trascinarla in un vicolo e baciarla fino all'ultimo respiro era però un altro discorso. “Cosa guardi?” La ragazza bionda tentò ancora di attirare la sua attenzione, ma lui era troppo occupato a guardare e a pensare a Francesca. La Cauviglia era troppo per uno come lui, ma cosa c'era di male a fantasticarci un po' su?
Nel frattempo dall'altra parte della strada, Francesca si fermò accanto a un palazzo e gettò a terra il borsone con un gesto di stizza. La palestra, che avrebbe dovuto consentirle di rilassarsi e allontanare qualsiasi pensiero, aveva sortito l'effetto contrario. Si sentiva ancora più nervosa e irritabile, tutto era contro di lei. Pensava di poter andare a lavorare al Restò Band, ma con l'assunzione di Lara ora non c'era più posto per lei, che davvero non sapeva che fare della sua vita. La musica era il suo mondo, su di essa aveva investito tutti i suoi sogni e le sue aspirazioni, cosa avrebbe fatto ora che aveva chiuso quel capitolo della sua vita? A completare quel quadro alquanto deprimente, c'erano quei maledetti sentimenti per Diego, che anziché ridursi sembravano amplificarsi sempre di più. Mai Francesca si era sentita più confusa, non sapeva proprio che fare, ogni tipo di idea o volontà di reagire e voltare pagina sembrava averla abbandonata e di conseguenza si ritrovava a convivere con i 'se' e con i 'ma' e a fantasticare su come avrebbe voluto che fosse la sua vita. Illusioni le sue, ne era cosciente, ma era solo grazie ad esse se non era ancora impazzita...era tutto ciò che le restava in fondo. Si costrinse a scacciare quei pensieri e si avvicinò al citofono, su cui cercò il nome di Camilla. Aveva un disperato bisogno di piangere e lo poteva fare solo con lei.
“Francesca.” Quella voce la fece letteralmente sobbalzare e quando si voltò, incrociò lo sguardo serio di Marco. Tutti si aspettava di incontrare ma non di certo lui, non di nuovo. L'ultima volta le aveva riportato il piano di Diego e le era sembrato fin troppo euforico all'idea di ferirla e non ci teneva a ripetere l'esperienza. “Ciao Marco,” mormorò perciò, tornando a voltarsi. Lui però le prese il polso, riportandola nella posizione di prima. “Ci ho pensato,” le sussurrò all'orecchio. “Non posso e non voglio perderti. Sono disposto a dimenticare che hai baciato mio fratello.” Prima che lei potesse anche solo provare a ribattere, la strinse a se e la baciò, facendole sgranare gli occhi, sconvolta. Quello che lei non poteva nemmeno immaginare, era che se Marco l'aveva baciata era perché con la coda dell'occhio aveva notato Diego a diversi metri da loro con una ragazza bionda e non poteva lasciarsi scappare l'occasione per la sua vendetta definitiva. Francesca tentava di spingerlo lontano, ma lui la stringeva in una presa d'acciaio, costringendola a quel bacio. Da dove si trovava però, al maggiore dei Galindo sembrava che la ragazza stesse ricambiando il bacio e la cosa lo sconvolse. Il dolore al petto era sempre più intenso e devastante e nel suo stomaco sembrava si stesse estendendo una voragine. La sua mente nel frattempo era annebbiata e tutto ciò che riusciva a provare era rabbia, una rabbia quasi animale, che lo invitava a fare a pezzi quei due. Le mani gli prudevano sempre di più e per questo le strinse a pugno, conficcandosi le unghie nei palmi. Cosa gli stava accadendo? Mai aveva provato sensazioni simili, mai aveva tanto desiderato strangolare qualcuno. Marco e Francesca non potevano baciarsi, non potevano tornare insieme...lei non poteva fargli una cosa simile. Aveva detto che lo amava, allora perché era lì con suo fratello? Si era solo presa gioco di lui? Senza pensarci troppo, scappò via prima che potesse commettere qualsiasi sciocchezza e la ragazza bionda gli andò dietro, mentre Marco, notandoli, si decise a lasciare Francesca, che prontamente lo schiaffeggiò. “Non ti azzardare a farlo mai più!” Sbottò furiosa, massaggiandosi i bracci indolenziti. “Mi hai fatto male e costretta a qualcosa che non volevo. Ti è dato di volta il cervello?” Galindo scrollò le spalle, non potendo evitare di sorridere. Le cose stavano andando meglio di quanto si aspettasse. Diego aveva visto il bacio e ora sicuramente pensava che lui e la Cauviglia fossero tornati insieme. Chissà quanto fosse ferito e deluso da lei, chissà...
“Mi stai ascoltando?” Francesca gli diede uno spintone, facendolo barcollare pericolosamente per la sorpresa. I suoi occhi castani emanavano scintille. “Stai alla larga da me!”
Marco non disse nulla, limitandosi ad osservarla mentre recuperava il borsone ed entrava nel palazzo di Camilla, sbattendo forte la porta e non degnandolo più di uno sguardo. A quel punto si piegò in due dalle risate. Con quella mossa era sicuro di aver distrutto ogni tipo di possibilità anche futura per Diego e Francesca e non poteva essere più soddisfatto del suo piano geniale. Se non poteva averla lui, allora nemmeno suo fratello l'avrebbe avuta. Lo aveva promesso a se stesso e così sarebbe stato.



Violetta si lasciò cadere stancamente sul letto, chiudendo gli occhi e portandosi il braccio destro su di essi. Le faceva ancora uno strano effetto il fatto che sua nonna avesse accettato la storia tra lei e Leon, sembrava così irreale. Credeva che quel momento non sarebbe mai arrivato e che al massimo lo avrebbe vissuto nella sua mente. Normalmente si sarebbe goduta la sua felicità, peccato che in quella circostanza non ci riuscisse e tutto questo perché non poteva fare a meno di pensare a Francesca. Aveva trascorso tutto il pomeriggio a casa di Camilla per consolare la Cauviglia, che mai aveva visto così disperata. La ragazza era innamorata di Diego, ma tutto era contro di loro e lo stesso giovane era parecchio confuso circa i suoi sentimenti. “Lui non mi ama come lo amo io e per questo preferisco tenerlo lontano da me.” Ovviamente poi c'era Marco, che sembrava godere malvagiamente di fronte alle sue sofferenze e addirittura ci metteva del suo per rincarare la dose. “è impazzito! Un giorno mi cerca per parlarmi male di Diego e quello dopo mi dice che vuole tornare con me...mi ha costretto a un bacio, vi rendete conto?” E poi tante di quelle lacrime, che Violetta e Camilla non avevano potuto fare altro che stringerla in un forte abbraccio. La Castillo conosceva molto bene sia Diego che Marco, ma mai si sarebbe aspettata dei simili comportamenti da parte loro. Il maggiore dei due aveva sempre prediletto un tipo di ragazza molto diversa da Francesca, ma allora perché le era andato dietro per tanto tempo se era guidato solo dall'attrazione fisica? E Marco, come gli era saltato in mente di baciare la ragazza con prepotenza? Cosa stava succedendo? Troppe cose non quadravano e proprio per questo non sapeva che pensare.
“Psss...Amore?”
Violetta sobbalzò, rimettendosi di colpo seduta al suono di quella voce. Senza pensarci troppo, si avvicinò alla finestra che teneva chiusa solo per metà. Seduto comodamente sul ramo dell'albero c'era lui, Leon, che le sorrideva dolcemente. “Credevo non ci saremmo visti stasera,” sorrise, aprendo completamente la finestra e facendosi da parte, così da consentigli di saltare agilmente all'interno di essa. “Lo credevo anch'io,” ribatté Leon, scostandosi un ciuffo dalla fronte e attirandola poi a se, poggiando la fronte contro la sua. “Mio padre è fuori per degli affari e Lara è uscita con una sua amica, perciò la cena di famiglia è rimandata.” Se il braccio sinistro rimase ancorato alla vita della ragazza, quello destro lo piegò così da poterle accarezzare una guancia. “La serata è solo nostra,” sussurrò, facendo combaciare le loro labbra. Violetta gli allacciò le braccia al collo, approfondendo il bacio, che si fece a poco a poco più coinvolgente e appassionato. Continuando a baciarsi raggiunsero il letto, dove si adagiarono l'uno sopra l'altra. Le mani di Leon le percorrevano ogni centimetro di pelle, mentre la baciava e al contempo la liberava dei vestiti. “La nostra serata,” le bisbigliò ancora all'orecchio, che raggiunse con una serie di infuocati baci. Violetta sospirò, godendosi quelle dolci attenzioni e accarezzandogli la schiena al di sotto della t-shirt. Lo attirò poi a se, coinvolgendolo in un nuovo e appassionato bacio. “Ancora non mi sembra vero che mia nonna ti abbia accettato,” sussurrò, a un soffio dalle sue labbra. Leon si accigliò. “Dobbiamo parlare di tua nonna proprio ora?” Le chiese confuso, indicandole con un cenno il rigonfiamento nei suoi pantaloni. “Sai, sono molto impaziente.” Se lui ora era divertito, Violetta assunse tutte le tonalità del rosso e del viola. Tipico di Leon, se non se ne usciva con una frase per imbarazzarla non era lui. “Che tenera che sei quando arrossisci,” ridacchiò il ragazzo, baciandole le guance. “Ma tanto lo so che in fondo tutto questo ti piace.” Dicendo ciò, si sfilò la t-shirt restando a petto nudo e come ogni volta, Violetta lo fissò ammirata. Tutto in Leon trasudava perfezione ed era felice che fosse solo suo. Gli prese il volto tra le mani e lo baciò, per poi scendere a baciargli il collo. Quanto le piaceva il sapore della sua pelle, quanto le piaceva sentirlo sospirare e sapere che fosse per merito suo. “Mmm...” mugugnò il ragazzo, gettando il capo all'indietro e socchiudendo gli occhi. “Questo più di tutto mi ha permesso di non impazzire in quel maledetto carcere.” Si sfilò poi i jeans e fece lo stesso anche con il resto del pigiama della giovane. “Ti amo,” sussurrò contro le sue labbra. Lei sorrise, intrecciando le dita nei suoi capelli. “Ti amo anch'io.” Le loro labbra si cercarono e si trovarono, dando vita a una danza sensuale e appassionata. Le mani scorrevano dovunque sui loro corpi. Leon coprì entrambi con la coperta, per poi riprendere da dove avevano lasciato e lei prontamente gli allacciò le gambe intorno alla vita, così da rendere il loro contatto ancora più intimo. Incapaci di resistere oltre, i due finalmente si unirono divenendo una cosa sola. Prima ovviamente, Violetta sussurrò al ragazzo quella famosa frase, quella rassicurazione da cui sembrava seriamente dipendere. Nella camera e soprattutto nelle loro orecchie, risuonarono sospiri sempre più affannati, che tentavano di attutire scambiandosi lunghi e coinvolgenti baci. D'accordo che fosse notte fonda e perciò Angelica doveva essere già a letto, ma c'era comunque il rischio che si alzasse per un bicchiere d'acqua e non osavano immaginare cosa sarebbe potuto succedere se la donna li avesse beccati. Quando poi raggiunsero il massimo piacere, non riuscirono a trattenersi e gemiti ben più rumorosi sfuggirono dalle loro labbra. “Santo cielo,” soffiò Leon, uscendo lentamente da dentro di lei e sdraiandosi al suo fianco, asciugandosi una goccia di sudore dalla fronte. Violetta socchiuse gli occhi, stiracchiando le gambe. Un grande sorriso faceva bella mostra di se sul suo volto. A costo di sembrare una pervertita, non poteva fare a meno di pensare che fare l'amore con Leon fosse ogni volta più straordinario. Amava sentirsi un tutt'uno con lui, amava sentire i loro corpi sfiorarsi e i cuori battere allo stesso ritmo, amava inebriarsi del suo profumo, amava tutte quelle emozioni che ciò risvegliava in lei. Un anno senza provarle era stato un inferno, era stato come se in quel carcere fosse stata rinchiusa anche una parte di se e forse era davvero così. Leon era la sua metà, se non c'era lui, lei non poteva e non voleva esistere, ogni attimo trascorso con Vargas ne aveva sempre di più la certezza. Si accoccolò contro il suo petto e il ragazzo subito la strinse a se, sfiorandole il capo con le labbra. “Oggi mi ha chiamato quello del cantiere.” La Castillo sollevò il capo di scatto a quelle parole. Sapeva che Leon stesse continuando a cercare lavoro e che aspettasse diverse chiamate, ma non credeva che qualcuno lo avesse già fatto e che soprattutto glielo stesse dicendo solo in quel momento. “Che ti ha detto?” Gli chiese, specchiandosi nei suoi grandi occhi verdi, che apparivano stranamente impenetrabili a lei che di solito riusciva a leggervi dentro con una certa facilità. Leon scosse la testa, mostrando ora una certa amarezza. “Ha detto che ha già trovato qualcuno...guarda caso,” aggiunse ironicamente, ruotando gli occhi. “Nessuno vorrà mai offrire un lavoro a un Vargas, a meno che non utilizzo i metodi di mio padre e...”
“Non ci pensare nemmeno,” lo interruppe Violetta, scuotendo il capo. “Mi hai promesso che non ti saresti più messo nei guai, ricordi?”
Leon si specchiò negli occhi forti e determinati della ragazza che amava e non potè fare altro che annuire, sfiorandole la guancia con una leggera carezza. “Hai ragione, te l'ho promesso e io mantengo le mie promesse.” Violetta sorrise, poggiando la mano sulla sua. “In un modo o nell'altro troveremo una soluzione. Io sarò sempre accanto a te, sono pronta ad affrontare qualsiasi cosa.” Il ragazzo sorrise a sua volta, emozionato da quella dolcissima dichiarazione. “Io non sono niente senza di te.” Avvicinò poi il volto al suo, dando vita a un lungo bacio, che lei contraccambiò con il medesimo trasporto, intrecciando le dita nei suoi capelli. Leon la fece adagiare sotto di se, continuando a baciarla e a stringerla a se in maniera possessiva. Continuarono così per un bel po', finché non avvertirono un leggero bussare alla porta che li fece bloccare di colpo. “Vilu, sei ancora sveglia? Ho sentito un rumore.” La voce preoccupata di Angelica raggiunse le orecchie dei due giovani, che sbiancarono di colpo. Non potevano far finta di nulla, erano sicuri che in quel caso la donna sarebbe entrata e allora si che li avrebbe uccisi, perciò non c'era altra alternativa. Leon sgusciò agilmente fuori dal letto, affrettandosi a recuperare tutti i suoi vestiti dal pavimento, per poi andarsi a nascondere dietro all'anta dell'armadio. Violetta lo seguì con lo sguardo, trattenendo una risatina nervosa. In un altro momento sarebbe stata divertente la scena di Vargas nudo che raccoglieva vestiti alla disperata, ma in quel momento era più che mai nervosa. E se sua nonna si fosse accorta di qualcosa? Quando Leon le fece un cenno d'assenso, la giovane prese un profondo respiro, poi mormorò: “Si nonna, sto bene...è solo che non riesco a dormire e credo di aver urtato qualcosa.” Cercò di mostrarsi il più possibile sicura, ma come aveva previsto, la donna aprì la porta ed entrò. Nonostante il buio, Violetta notò lo sguardo di sua nonna percorrere ogni angolo della camera, per poi avvicinarsi al letto, dove lei se ne stava raggomitolata con le coperte fino al mento. Non aveva di certo avuto il tempo di vestirsi e se la donna l'avesse vista nuda, sarebbe accaduto un putiferio. Angelica le accarezzò dolcemente il capo, continuando a guardarsi intorno. La Castillo si sforzava di sorriderle, facendo fatica a contenere il nervosismo e l'agitazione. Perché sua nonna non la smetteva con quello sguardo? Perchè non andava via? “Vuoi che ti preparo una camomilla, tesoro?” Le chiese dolcemente. Lei scosse la testa. “No grazie, ora riprovo a dormire.” Dopo un tempo che parve infinito, finalmente Angelica annuì e le lasciò un bacio sulla fronte. “Ti lascio dormire allora. Buonanotte.” “Buonanotte nonna,” soffiò lei, vedendola avviarsi verso la porta. Solo dopo che se la fu chiusa alle spalle, tirò un sospiro di sollievo. “Non ho mai avuto tanta paura in vita mia,” sussurrò, quando Leon uscì dal suo nascondiglio e la raggiunse sul letto, facendo fatica a trattenere le risate. “L'abbiamo passata liscia, eh Amore?” Sogghignò, beccandosi per questo uno scappellotto dietro il capo che lo fece ridacchiare ancora di più. “Non è per niente divertente, abbiamo corso un grosso rischio e lo sai.” Lui le fece il verso, ma di fronte alla sua occhiataccia decise di tacere e tornare a sdraiarsi accanto a lei. Violetta dal canto suo si sforzò davvero di dormire, ma i cattivi pensieri non l'abbandonarono nemmeno per un attimo. Cosa sarebbe successo se Angelica avesse visto Leon?




Holaaa!!
defrtyuiopolkijuhygtfrd che ve ne pare della scena Leonetta? Io sto sclerando ancora, sono meravigliosi!! awwwwwwwww :3 per poco Angelica non li beccava e Leon ha ancora problemi a trovare lavoro, ma dettagli XD
Abbiamo poi il primo appuntamento, se così si può definire, dei Fedemilla e i due sembrano avere un'intesa sempre più forte nonostante le diversità :3
Nel frattempo il piano di Marco continua e ora Diego, che sembrava quasi essersi ripreso dalla stupidità dello scorso capitolo, pensa che Fran abbia ricambiato il bacio di Marco e se ne va via furioso. In tutto questo a soffrire è sempre la povera Cauviglia :(
per fortuna che abbiamo la scena Leonetta per cui sclerare!! awwwwww :3
Grazie a tutti coloro che leggono o recensiscono :3
baci, Trilly


 
  
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