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Autore: Blueorchid31    20/11/2014    6 recensioni
Ho cercato di ripercorrere le tappe del Sasusaku in questa breve OS Sakura centric. La dedico al forum SasuSaku "Under the same sky" - da cui ho preso in prestito il titolo - per averci sempre creduto anche nei momenti più difficili.:-) Partecipa al contest "Do you Know?" indetto da Bulma97 sul Forum di Efp
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
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Introduzione : E dopo la Sasuke Centric, non poteva mancare la Sakura centric. Casualmente due contest mi hanno dato l'opportunità e l'ispirazione per delle os introspettive. Quella di Sasuke è sicuramente più angst,mentre questa è un po' più sentimentale, ma non fluff. (Non esageriamo adesso). Ho cercato di ripercorrere le tappe della storia di Sasuke e Sakura partendo da una citazione di Grey's Anatomy "Perché una cosa che ti fa sentire così bene non può essere sbagliata" un luogo (l'ultimo piano di un palazzo) e un prompt(cuore spezzato). Ho condito tutto con un'altra citazione, sempre di Grey's Anatomy, che si sposava perfettamente con quello che avevo in mente.
Il risultato?
Sarete voi a giudicarlo e ovviamente la Giudice del Contest.
I commenti come sempre sono molto graditi.
Vorrei anche fare una dedica – cosa strana!!!  Dedico questa fan a tutto il forum di "Under the same sky" da cui ho preso in prestito il nome per il titolo di questa Os – non me ne vogliate – per avere sempre creduto fermamente nel Sasusaku. Alle mie colleghe Manga, Meryl Watase e Double Skin e a tutte le altre autrici che hanno tenuto alto il buon nome della nostra Otp. E a tutti voi lettori, che con i vostri commenti, mi avete sempre spronata ad andare avanti – ve ne siete pentiti, vero?
Bando alle ciance... Ecco a voi....





Under the same sky





"Alla fine del giorno la fiducia è una cosa misteriosa. Appare improvvisamente, quando meno te lo aspetti. E un giorno ti accorgi che la favola è leggermente diversa da come l’avevi sognata. Il castello beh, potrebbe non essere un castello. E non è tanto importante che la felicità sia eterna, ma che si possa essere felici al momento."









Il cielo.

Vi siete mai soffermati a guardarlo davvero? Avete mai rubato dieci minuti alla vostra frenetica vita per alzare il naso all'insù?

Viviamo in un mondo che ci obbliga a essere qualcuno, a ricoprire un ruolo, ma al cospetto del cielo siamo tutti uguali: piccole entità troppo prese a tenere lo sguardo fisso per terra da non accorgersi delle possibilità che sovrastano le nostre teste.

Una nuvola, non è solo una concentrazione di gas; è un cavallo bianco che si impenna, una papera, un viso amato. Corre lungo strade immaginarie, a volte tamponando le altre compagne con cui poi si fonde in forme nuove.

Con il tempo si impara a godere anche delle piccole cose, quelle che si danno per scontate: come poltrire sul tetto di un ospedale durante la pausa, con lo sguardo all'insù.

Ogni giorno ripeto lo stesso rito, da quando capii che il cielo fosse una coperta abbastanza lunga da coprire entrambi.

L'impossibilità di sapere dove fosse, cosa stesse facendo, diventavano stupide paranoie quando immaginavo che anche lui in quel momento potesse aver alzato lo sguardo.

Immaginavo che il mio pensiero volasse in sella a quel cavallo bianco e che giungesse fino a lui per fargli sapere che io lo stavo aspettando, che non avevo dimenticato le sue parole e che quel "presto" non volevo che diventasse un "mai".

La paura che lui non ritornasse sfiorava costantemente la mia mente, come la scia di un incubo notturno che al risveglio ti lascia quella sensazione di ansia e angoscia che ti accompagna fino a che non ti riaddormenti.

Ero stanca di dormire. Mi sembrava di aver dormito per tutta la vita cercando di scacciare i fantasmi dei miei incubi.

Quando si è giovani si pensa di poter dichiarare guerra al mondo e vincerla; si ha il bisogno fisico di bruciare le tappe per provare emozioni nuove, intense, che si tende a ingigantire fino all'estremo. Come quando dici ti amo per la prima volta. Il cuore ti batte a mille, le gambe ti tremano e come nel mio caso... piangi.

A tredici anni si ama, ma non come a sedici o a venti. L'amore adolescenziale è il più puro. Non deriva da ragionamenti, paranoie, continue contraddizioni e discorsi impegnati, è spontaneo e come tale ti toglie il fiato. Quando incontri qualcuno che rispecchia i tuoi gusti, che insomma "ti piace", parti subito in quarta, sbandierando al mondo intero di amarlo - a volte anche al diretto interessato. In quel momento non si prende minimamente in considerazione l'ipotesi di non essere corrisposti, si va avanti come un Caterpillar, convinti che non sia possibile una simile evenienza perché stiamo offrendo amore e chi lo rifiuterebbe?

Quando si cresce i sentimenti diventano più razionali e l'istinto di autoconservazione prevale sulla voglia di rischiare. Si medita a lungo sulle conseguenze, si ipotizzano gli scenari più assurdi e ci si chiude in una sterilità sentimentale in cui l'amore per se stessi è più importante di quello che si prova per gli altri.

La parola d'ordine è "difendersi".

Alzare una barriera tanto spessa da non far penetrare delusioni, disillusioni e sconfitte. E si rimpiange di non poter tornare indietro a tredici anni, quando anche l'amore era più semplice.

Ma quando nasci e il pulsante play viene premuto, nessuno si prende la briga di spiegarti che non potrai mai tornare indietro, né accelerare il tempo.

E così ti ritrovi sul tetto a guardare il cielo. Assisti al lento scorrere dei giorno con il desiderio di mettere avanti le lancette e arrivare al momento che aspetti da una vita, sin da quando avevi tredici anni e ti svegliasti su una panchina con la consapevolezza di aver perso la persona che amavi e un gran mal di testa.

Piansi... Piansi fino a che credetti di non esserne più in grado perché il dolore era troppo forte e io ero troppo debole per fare qualcosa. Mi resi conto di non essere nessuno, che in tutto quel tempo ero stata solo un peso, anche per me stessa. Mi affidai agli amici, alle persone che mi volevano bene affinché tutta quella sofferenza finisse.

Quello che nessuno sapeva era che lui mi avesse respinta, avesse rifiutato il mio amore e la domanda che continuava a martellarmi il cervello era una sola: "Perché?"

Iniziai a rispondermi partendo dalle cose più futili come "non sono abbastanza bella" per arrivare a paranoiche illazioni del tipo "forse non ha capito, non ha sentito bene quello che gli ho detto" analizzando ogni singola parola che avevamo proferito. M'illusi... mi augurai che quel "grazie" significasse qualcosa perché il mio cuore spezzato aveva bisogno di un appiglio, un pretesto per continuare a sperare. Piansi sulla nostra foto, quella in cui eravamo felici, quando credevo che nessuno potesse separarci. Le lacrime la bagnarono e rimasero lì, sospese sul vetro come macchie indelebili che mi ricordavano che era tutto finito: lui non c'era più. Anche i miei pensieri sembravano essersi fermati e il silenzio che mi circondava divenne assordante. L'unico mio desiderio era sentire la sua voce, anche solo per un attimo per non arrendermi all'evidenza che da quel giorno in poi la mia unica compagna sarebbe stata la solitudine.





Non importa quanto si possa essere convinti di qualcosa. Nel momento n cui si va contro la propria natura, il fallimento è assicurato.

Quando me lo ritrovai davanti agli occhi dopo quattro anni in cui avevo sputato sangue per diventare abbastanza forte per cercarlo e farlo ritornare a casa, l'unica cosa che avrei voluto davvero fare sarebbe stata piantarmi quel kunai nello stomaco. Dopo mille piani e aver immaginato qualsiasi scenario, mi resi conto di non riuscire neanche a guardarlo su quella che non era più la sua faccia, ma una maschera di odio per la quale avrei dovuto provare ribrezzo non tenerezza.

Il cuore non avrebbe dovuto battere in quel modo malsano, offuscando la razionalità. Le mani non avrebbero dovuto tremare e le labbra non avrebbero dovuto proferire quelle menzogne.

Sentii di essere sul punto di fallire ancora, che tutto quello che avevo fatto non era servito a niente: al suo cospetto tornai la tredicenne debole che ero. Cercai di autoconvincermi di essere diversa: una donna, l'allieva di un sennin; volevo dimostrargli di essere cambiata.

La cosa patetica è che avrei voluto che lui ne fosse compiaciuto.

La deprimente verità è che il legame che ci legava non era così forte come quello che aveva con Naruto. Loro avevano sempre avuto un rapporto particolare, intenso, diviso tra l'amore che si prova per un fratello e l'acredine per un avversario. Ma gli era sempre bastato uno sguardo per comprendersi, mentre per me non è mai stato semplice interpretare i pensieri di Sasuke.

Se Naruto quella volta vide la disperazione nei suoi occhi, quando il mio stesso kunai rischiò di lacerarmi la gola, ciò che io riuscii di sfuggita a riconoscere fu solo odio. Un odio così forte da essere accecante anche di fronte alla sua compagna di team, alla donna che lo aveva sempre amato e che non gli avrebbe mai fatto del male se non avesse ritenuto tale gesto l'estrema ratio per tentare di fermare quel delirio prima che qualcun altro agisse al suo posto. Non avrei mai potuto sopportare di vederlo imprigionato a vita o addirittura condannato a morte.

Nei miei sogni il suo corpo giaceva senza respiro tra le mie braccia con i capelli scompigliati dalla lotta e il suo viso di nuovo sereno. Successivamente mi sarei tolta la vita: non avrei mai potuto portare il peso di quello che avevo fatto, né la disperazione di una vita senza di lui.



L'amore si impara da piccoli. Il primo è quello incondizionato che si prova per i propri genitori. È qualcosa di viscerale che non ha paragoni con nessun altro tipo di amore che si possa provare nella vita ed è proprio quell'amore che ti illude, dandoti la sicurezza che l'affetto che dimostri e che doni in qualche modo ti ritornerà; che sia una cosa normale essere corrisposti quando sei cosciente che quello che senti nel tuo cuore non è un battito superficiale, ma il suono assordante di un martello che si abbatte su una campana di ferro. Non riesci a udire altro e sai che non potrai più fare a meno di quel suono che per quanto violenti le orecchie e ti faccia perdere ogni ragione, trascinandoti in un oblio di insicurezze, è così rassicurante.

L'amore è rassicurante.

Per anni è stata la mia unica certezza, ciò che mi ha spronato ad andare avanti.

Ci si auspica che malgrado gli ostacoli tutto alla fine andrà bene, che presto o tardi quello che provi possa essere più forte di qualsiasi avversità e che infine trionfi, illuminando il tuo cielo come uno spettacolo di fuochi d'artificio. Ti auguri che un giorno l'oggetto del tuo amore possa sentire quel rumore assordante nel proprio cuore e che cominci a battere all'unisono con il tuo.

E a quel punto...

Ti renderai conto di non aver buttato via la tua vita, di non aver sprecato il tuo tempo... di non aver sofferto invano. Le sue braccia ti avvolgeranno durante la notte, promettendo tacitamente di proteggerti per sempre, saggerai per la prima volta la morbidezza delle sue labbra e saprai di non poterne più fare a meno, piangerai di felicità quando ti sorprenderà anche con un piccolo gesto che sai quanto possa costare al suo orgoglio e tremerai la prima volta che farete l'amore, sapendo che è la cosa giusta, che non c'è altro modo al mondo per sentirsi davvero un'unica cosa.

Il fato è un giocatore d'azzardo a cui piace bleffare. Se nella nostra mente crediamo di percorrere una strada dritta, a senso unico, rimarremo stupiti di quella curva, quella salita, quella buca che non avevamo minimamente previsto.

Quando pensi di essere quasi arrivata a quell'incrocio che hai tanto agognato e tendi la mano, cercando di accorciare quella distanza che ancora vi divide, improvvisamente la sua mano è nel tuo petto, trafigge il tuo cuore che spera solo di infrangersi in mille pezzi e porre fine alla tua stupida vita.

Ti rendi conto che hai finto di essere diversa, quando, in realtà, sei la stessa di sempre: il tuo "sogno romantico" non è mai morto. È stato facile per lui deriderlo di nuovo, farti sentire una nullità, umiliarti come quella notte. Le sue parole sono state più eloquenti di quel kunai puntato alla gola, di quel chidori fallito e... ti chiedi ancora "perché?".

Perché non riesci a credere che quello che dice sia vero; perché hai come l'impressione che sia il suo ennesimo tentativo di fuggire; perché ti sei illusa che aprirgli di nuovo il tuo cuore potesse fare la differenza.

In quel breve istante in cui il tempo sembrava essersi fermato, la rabbia e la disperazione, mi spinsero a pormi solo una domanda: "Sasuke-kun, perché non mi guardi negli occhi mentre mi fai questo?"

Celati dai suoi fitti fili di ebano, i suoi occhi avrebbero potuto rispondere a tutte le mie domande.

Non ero degna neanche del suo sguardo?

Oppure...



Svenire fu la cosa migliore che mi potesse capitare: quantomeno mi evitai di assistere a quello che successe dopo.

L'ironia della sorte - o un'illusione premeditata - volle che sognai di noi da piccoli. Un sogno fin troppo piacevole per chi ha appena subito un jutsu come il mangekyou. Dopo il primo scontro con Itachi, Sasuke era rimasto in stato d'incoscienza per giorni, avendo visto con i suoi occhi chissà quali atrocità e solo l'intervento di Tsunade-sama era riuscito a farlo risvegliare. Se io avessi potuto, sarei rimasta in eterno in quell'illusione così calda e piacevole.

Mi svegliai, quindi, con ritrosia. Non mi chiesi come mi fossi liberata dal Mangekyou perché l'idea di quello che potesse essere accaduto mi atterriva: chi di loro due era morto?

Il maestro Kakashi mi confermò che stavano combattendo l'ultima battaglia e ci dirigemmo verso l'unico luogo dove potevano aver deciso di affrontarsi.

Il martello cominciò a battere prepotentemente sulla campana, mentre una forza che non credevo di avere mi spingeva a correre.

Erano lì, distesi sulle macerie della valle dell'Epilogo.

Non pensai... mi fiondai da loro, sperando di essere in tempo per salvarli mentre le lacrime già mi offuscavano la vista.

"Perdonami per tutto quello che ho fatto finora"





"Perché una volta ogni tanto,

una volta può capitare che le persone ti sorprendano.

Una volta ogni tanto le persone possono anche toglierti il fiato"



Passiamo la nostra vita a percorrere la strada che porta alla felicità. A ogni incrocio corrisponde una direzione da prendere, una scelta che condizionerà il tragitto successivo. A volte si opta per quella che sembra più semplice, soprattutto quando il percorso fino a quel momento è stato impervio e stancante.

Io non ho mai amato le cose facili. Tutti gli ostacoli che finora ho dovuto superare mi hanno fatto capire che la sofferenza prima o poi finisce e che se si crede davvero in qualcosa non bisogna arrendersi.

Io scelsi il perdono... e l'amore.

Perché una cosa che ti fa sentire così bene non può essere sbagliata.

I miei occhi ora sono chiusi, ma sono sveglia, non ho più incubi da cui scappare.

Riesco a sentire il suo profumo e percepire il tocco della sua mano sul mio ventre.

"Prenderai freddo"

Sorrido. Ormai sono mesi che non faccio altro.

La sua voce mi riscalda, ma è una cosa troppo sdolcinata perché lui la comprenda.

"Le piace il cielo" gli rispondo, poggiando la mia mano sulla sua e socchiudendo appena una palpebra: la luce del sole mi acceca.

Mi fa ombra con la mano, in modo da unire i nostri sguardi. Il suo è straordinariamente dolce e anche se sicuramente starà pensando che io sia la solita noiosa romantica, non m'interessa perché so che quello sguardo è solo per me.

Inaspettatamente alza anche lui il naso all'insù. Mi chiedo se stia pensando quello che penso io.

Sogghigna, indicandomi una nuvola.

"Sembra..." borbotta, assottigliando gli occhi " no, mi correggo, non sembra..." mi lascia con il fiato sospeso - chissà cosa vuole dire - "è una testa quadra"

E io non posso non ridere. Una risata talmente forte da farmi piangere, mentre lui alza solo un sopracciglio, pensando forse che io sia pazza. Non che mi aspettassi una frase romantica da lui, non ambisco a tanto, ho imparato a godere delle piccole cose e stare su questo terrazzo mentre metaforicamente abbracciamo quella piccola cosa che è nella mia pancia, è la perfetta rappresentazione di quanto la vita sia stupefacente.



Le nuvole continueranno a rincorrersi, creando le forme più strane - sì, anche una testa quadra - , si gonfieranno di pioggia, diventando cerulee e nere, ma... ritornerà sempre il sereno perché sotto quello stesso cielo il mio cuore è stato rifiutato, insultato e fatto a pezzi, ma infine...è stato amato.


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