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Autore: Magali_1982    21/11/2014    1 recensioni
"Per questo correva sempre così tanto, così veloce. Per rendere indefiniti i contorni di una realtà aliena, dove non aveva punti saldi di riferimento. Per questo annotava tutto ciò che valeva la pena di apprendere, sentire, vedere, assaggiare, leggere. Per trovare il vero significato da dare alla sua seconda possibilità." Mai come dopo una distruzione totale servono punti di riferimento. Persino a un uomo definito "Leggenda Vivente". Steve e Captain America ora sono due entità divise, in conflitto. Sole. Alla ricerca di un modo per convivere e di un nome creduto perso in una tormenta di neve. A volte, l'unico modo per andare avanti è tornare indietro, a casa e scoprire di non essere stati i soli a farlo perché esiste un altro Soldato dilaniato tra due nomi. La loro guerra è la stessa e ciascuno cerca di punti fermi per non precipitare; un viaggio lungo e allo stesso tempo brevissimo, scandito da una lista.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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26


Dinamite.
Nitroglicerina.
Quello che Sharon Carter stava ricevendo sul suo computer da più di un' ora, era l' equivalente di una bomba sporca, preparata con qualsiasi materiale in grado di distruggere, smembrare, polverizzare nel raggio di kilometri, con una perizia nello scegliere componenti e innesco da poter dare lezione a qualsiasi gruppo terroristico sparso per il globo.
Il caffé era divenuto una brodaglia fredda e disgustosa; i faldoni che aspettavano la sua visione rimasero a formare una traballante pila alta oltre lo schermo del portatile.
Le cartelle di file condivise continuavano ad ammassarsi in tante iconcine sul desktop; si aprivano da sole e le mostravano documenti scritti, foto, date. Ciascuno era un mattone da incastrare sull'altro, a formare un edificio grottesco e spaventoso, colossale e oscuro. Sotterraneo e vasto quanto il mondo intero.
Un fossile, un'impronta lasciata da qualcosa che si credeva sconfitto e debellato. Forse solo una tana impressa in una roccia nera, pronta ad accogliere chi l'aveva lasciata non appena il momento fosse giunto.
Dopo un primo momento di confusione, Sharon batté le palpebre. Un movimento minimo per imporsi autocontrollo e lucidità.
Per prima cosa, procedette a guardarsi intorno.
Nessuno dei suoi colleghi si era accorto degli occhi sgranati, del colore defluito dal viso e della bocca spalancata. Tornò a concentrarsi sul monitor, costantemente bombardato di nuove informazioni; come era possibile che il sistema di sicurezza dei dati virtuali della CIA fosse così facile da bypassare? Perché non compariva nessuna finestra di allerta, con il codide assegnato al procedimento di identificazione e cura del virus?
Capì di starsi ponendo le domande sbagliate con un sorriso di reticente divertimento. Conosceva anche lei le vicende legate alla prima missione degli Avengers; aveva dovuto studiarle accuratamente, in previsione dell' incarico di sorveglianza sotto copertura che aveva accettato lo scorso anno e sapeva come Tony Stark avesse violato, con una sola mossa, tutti i firewall protettivi del sistema operativo del primo Helicarrier.
E sapeva anche che il Capitano Rogers, giunto alle stesse conslusioni di Iron Man per altre vie sui reali propositi d' impiego del Tasserakt, aveva mostrato in quel frangente di detestare chi nascondeva la verità o peggio, cercava di convincerlo del giusto di una versione ritoccata per convenienze giudicate inacettabili.
L'infermiera vicina di casa, con una zia petulante e adorabile che la chiamava tutte le sere per sapere come stava, era stata solo l'ennesima distorsione, una bugia a fin di bene capace di causare la più gelida delle indifferenze.
Da quel giorno, dopo la morte del Direttore Fury, l' agente 13 si era ripromessa di trovare il modo per riscattarsi. Per dimostrare di essere stata solo fedele al suo dovere, ligia a un ordine e per preservare l' incolumità di un uomo prezioso non solo per gli Stati Uniti ma per il mondo intero.
Un uomo inconsapevole di avere un debito da riscuotere presso la famiglia di Sharon.
Scosse il capo, la coda di capelli biondi che scivolò sulla spalla sinistra. Non era il momento di essere emotiva.
Era stata scelta come testimone di un complotto che travalicava i confini del suo Paese e cosa peggiore, non aveva idea di come fermarlo.
Per la seconda volta nella sua vita, la domanda più importante divenne di chi poteva fidarsi, avendo le prove di possibili, nuove infiltrazioni anche in quegli ambienti ritenuti bonificati dopo la distruzione dello stato maggiore dell' HYDRA, insidiatosi nel cuore di potere dello SHIELD.
Un nuovo programma s' installò automaticamente e si aprì con un piccolo schermo dotato di tasti per la riproduzione di un video. Sharon osservò quello con la freccia play con lo stesso, quieto orrore di chi stava per tagliare l' unico filo utile per il disinnesco di una bomba. Attese, sapendo che doveva ricevere altre informazioni.


Dia inizio alle trasmissioni, agente Carter.


Che non fosse uno scherzo di qualche abilissimo hacker adolescente troppo annoiato dal codice binario, lo aveva compreso da un pezzo. Che ci fosse stato qualcuno a indicare lei come tramite degno di fiducia, anche; un qualcuno in grado di comprendere, alla fine, perché avesse accettato una missione dove era previsto mentirgli su ogni cosa.
Rilassando le spalle, decise d'imboccare l'unica via possibile.
Si era fidata del Capitano Rogers già una volta ed era stata la scelta giusta.
C'era sempre un prezzo da pagare per la verità a ma fronte del guadagno, Sharon Carter non si sarebbe mai tirata indietro.
Portò il cursore sul bottone e cliccò.




Ogni museo poggiava le proprie fondamenta su un edificio sottostante, spesso grande quanto quello dove le opere più celebri venivano esposte.
Da porte rigorosamente chiuse ai visitatori, si poteva accedere a livelli sotterranei che ospitavano sterminati magazzini stipati di capolavori che il caso e l'ente dei Beni Culturali destinavano all' oblio.
Stanze quiete e dall' umidità controllata ospitavano laboratori di restauro e conservazione, archivi di catalogazione e servizi di stoccaggio e controllo, destinati alla piena attività quando si dovevano allestire mostre e preparare dei quadri delicati come ali di farfalla, dopo decenni di vita, a prendere il volo per Washington, Boston o addirittura per Parigi o Roma.
Il servizio di vigilanza era proporzionato all' importanza del museo in questione: recentemente, l' amministrazione in carica era stata lieta di far sapere alla cittadinanza di aver dotato uno dei loro monumenti più importanti, polo di attrazione di centinaia di migliaia di turisti, di un nuovo sistema di sicurezza con registrazione e conservazione dei filmati su supporto digitale.
L'impianto d'allarme si gestiva per via telematica da una cabina di regia appositamente ideata, facendo sparire da ogni sala congegni visibili e decisamente anti estetici; bastava superare la zona considerata "rossa" per far scattare dei sensori in grado di mandare un impulso silenzioso nella sala comando.
L'unico problema possibile per uno sfoggio di tanta efficienza aveva un solo nome. E anche un cognome, a dire il vero.
"Tutta questa illegalità sta cominciando a diventare noiosa."
"Dobbiamo usare il nostro sistema di comunicazione per sentire le tue lamentele, Stark?"
Il complesso museale era chiuso da solo un' ora ma nessuno aveva avuto modo di accorgersi di sette ritardatari che vi erano entrati dai parcheggi del personale.
Divisi in squadre di due, i Vendicatori e i loro nuovi supporti esterni recentemente acquisiti, stavano perlustrando l'intera estensione del palazzo, alla ricerca della classica porta di Alice da attraversare per finire nella tana del Bianconiglio e sporcarsi un po' le loro candide code a batuffolo.*
Clint Barton e la sua sterminata cultura letteraria inglese sapevano produrre queste e ben altre metafore. Inutile dire quanto Tony l'avesse apprezzata.
Andare a zonzo per un posto simile, provvisto di un reparto di agenti di sicurezza privato, sarebbe stato impossibile, a meno che non si fosse un genio milionario in grado di sublimare il segnale video delle telecamere notturne, facendo trasmettere da esse intere ore di calma e tranquillità, dove niente si muoveva.
James e Steve si trovavano nell' area riservata all' Arte Moderna. Armati di uno scanner a infrarossi della grandezza di un palmare, cercavano la presenza di corridoi non segnalati dalla mappa scaricata dal catasto, gentilmente messa on line dal Comune di New York. Quando ricevevano un segnale di pericolo tramite auricolare, si appostavano in modo da eludere le ronde.
"Non è cambiato molto, da quando ci venivamo da ragazzi." Nel constatarlo, la voce di James era risuonata meno piatta e monocorde di quanto ci si sarebbe potuto aspettare.
"Spiacente d'interrompere il vostro tour nei ricordi tra gli Impressionisti, ragazzi, ma io e Clint ci staremmo annoiando."
Barton e Natasha erano stati i primi a sparire dai radar, forzando una porta protetta da un sistema alfa-numerico per accadere all'area di restauro.
I loro rilevatori avevano identificato un vuoto sotto quelle stanze e visto il carico che si erano portati appresso, era stato necessario farli entrare per primi nell' area riservata, prima che alla reception principale si potessero accorgere di non aver fatto passare due tecnici specializzati nella rigenerazione dei colori di un affresco rinascimentale e con un' attrezzatura decisamente sui generis in cui non erano previsti macchinari per la lettura a raggi X, set di solventi in grande quantità, valigie con pennelli e computer per le analisi batteriologiche e la spettrografia di massa.
"Vedete di occupare intelligentemente tanto tempo libero. A che punto siete?"
"Esattamente nella sala della TAC per i dipinti. Confermiamo il rimbalzo del segnale, qui sotto c'è qualcosa."
"Facendo un calcolo approssimativo" argomentò una voce femminile che strappò un sorriso appena arricciato sugli angoli delle labbra di Tony "l'area ha una grandezza esattamente speculare a quella dei laboratori ma non un accesso. Non rilevabile, almeno."
Al sicuro nel container-base di Brooklyn Bridge Park, Pepper stava dirigendo le operazioni con l'aiuto di un visore virtuale posto sull' occhio destro. Il microfono a esso collegato le permetteva di comunicare con la squadra e vedere in tempo reale ogni informazione utile reperita in Rete da Jarvis, inclusa la trasmissione di quanto stava avvenendo realmente sotto gli occhi delle telecamere.
"Troveremo dove bussare. Come siamo col nostro show?"
"Siete il programma più seguito dell' intera Intelligence ma per ora i loro tecnici stanno ancora tentando di stabilirne la veridicità comparando i dati che hai inviato all' agente 13."
Tony, accompagnato da Sam, si produsse nella sua plateale alzata d' occhi a bocca leggermente dischiusa.
"Spero si diano una mossa. Segnalateci qualsiasi anomalia, il tempo stringe."
C'era un' altra persona consapevole di quel mero dato di fatto. Era seduta vicino a Pepper, gli occhi incollati su uno dei monitor che mostravano una pianta interattiva del museo, illuminata da sette puntini rossi in movimento.Se li spostava, era unicamente per seguire le immagini catturate dalle microcamere di cui tutti erano dotati.
Andy non aveva più parlato da quando aveva visto Steve partire con Bucky. Avrebbe dovuto essere portata in un luogo più sicuro, magari scortata da Maria ora di guardia al perimetro attorno al loro nascondiglio ma l'ipotesi non era stata suggerita da nessuno ed era stata ben felice di non doversi impuntare inutilmente.
Aveva chiara una sola cosa, sopra tutte le altre: i Vendicatori stavano di nuovo rischiando la loro vita per salvare quella di milioni di persone e per di più lo stavano facendo da soli. Non esisteva più un organo in grado di coadiuvarli e niente per proteggerli.
Lasciarli in una situazione simile le sarebbe pesato sulla coscienza per sempre e nel realizzarlo con tanta lucidità, capì come il suo attaccamento a Steve avesse un ruolo marginale nella ferma intenzione di poterli aiutare, seppure con i suoi limitatissimi mezzi.
Anche lei era in collegamento con ciascuno di loro e osservava quanto stava accadendo, prestando ben poca attenzione alle altre finestre azzurrine disseminate attorno, in quello spazio comunque angusto. Ciascuna di esse feriva l'oscurità con una serie di filmati, mostranti edizioni speciali su edizioni speciali riguardanti l'enorme attacco hacker piombato addosso a tutti i mezzi d' informazione di Polizia, servizi segreti, agenzie federali. Il virus era stato accettato inavvertitamente da un solo terminale e nel giro di secondi aveva infettato qualsiasi altro computer.
New York sembrava un calderone di caos sul punto di esplodere ma niente riusciva a filtrare attraverso le spesse pareti di ferro del container e nella sua testa. Smise di seguire i passi di Tony e Sam e tornò su Steve e Bucky.
"Sono davanti ai Monet, se ricordo bene" mormorò sovrappensiero, senza nemmeno controllare la veridicità dell' affermazione.
Quante volte aveva visitato quel palazzo, spesso da sola a caccia della tranquillità infinita che solo un quadro e il mondo pronto a schiudersi dietro di esso poteva darle. Sbottò una risatina, nel cogliere l'occhiata di Pepper; l' istinto di conservazione le aveva fatto appena trovare l'ennesimo collegamento a una realtà in grado di tenerla razionale e pronta a reagire.
"Memoria visiva?" le domandò dopo aver constatato che aveva intuito correttamente la posizione dei due uomini.
"Credimi, gl' Impressionisti hanno quel nome non a caso. Almeno per me."
"Hai ragione. Non li puoi dimenticare, una volta visti. I giochi della luce sull' acqua della Grenoullière** di Monet sono incredibili."
"Sei stata al Brooklyn Museum di recente?" le chiese con l'intento di stabilire una chiacchierata apparentemente frivola. Sarebbe andato bene parlare anche delle ultime tendenze sul colore degli smalti, pur di non pensare troppo al pericolo contro cui stavano andando persone ormai care.
"Ti stai sbagliando; quel dipinto è parte integrante della raccolta esposta al Metropolitan."
La correzione di Pepper era stata fatta con una levità tale e innocente da renderle incomprensibile la reazione di Andy.
Un attimo prima era seduta compostamente al suo fianco, quello dopo era scattata in piedi con gli occhi sgranati, puntati su un ricordo divenuto tanto concreto da sostituire tutto il resto.
Stava rivedendo il corridoio di marmo chiaro, i quadri esposti e con la mente si girò verso uno dei suoi preferiti: quello raffigurante un pranzo festoso su un ristorante galleggiante della Francia di fine Milleottocento. Al mondo, ne esistevano due versioni, realizzate da una coppia di amici i cui cognomi sarebbero stati destinati alla Storia dell' Arte da quel momento in avanti.
Come era possibile non se ne fosse mai accorta?
"Grenoullière?" ripetè allibita, incredula di fronte alla scoperta di un inganno tanto plateale.
"Sì, certo..." balbettò Pepper, scossa dalla repentinità del suo cambiamento d'espressione "Il quadro é al-"
Invece di calmarsi, la ragazza afferrò uno dei braccioli della sua seggiola, spingendosi in avanti con tanta forza che l'altra si sentì sballottare.
"Jarvis!Fammi parlare con loro, subito!" Più che un ordine, suonò come una preghiera disperata.
"Andunie?" domandò un secondo più tardi un allarmato Capitano, bloccandosi in mezzo al corridoio dell' esposizione e intimando all' amico di fermarsi con un'occhiata.
"Fermatevi! Guardatevi intorno, c'è una tela di formato medio-grande che raffigura un isolotto su un fiume?"
Il sistema operativo doveva aver aperto tutti i microfoni e gli auricolari, a giudicare dall'espressione che James assunse nel voltarsi verso il muro alle sue spalle.
"Ci sono davanti io, credo. A destra c'è una zattera galleggiante?"
"Sì, sì!" Andy ormai saltellava sul posto per sfogare la tensione. " E' un ristorante all' aperto, l'attrazione più famosa di quella località balneare fuori Parigi. Monet e Renoir la dipinsero insieme, nel Milleottocentosessantanove."
"Non mi sembra il momento per una lezione di storia..." provò a dire Clint, che poteva seguire solo le conversazioni in corso senza vedere cosa stava accadendo ai piani superiori.
"Invece temo vi serva" lo interruppe Andy, armata di un'urgente autorità in grado di far tacere ogni timore reverenziale.
"Quel quadro io l' ho visto a Brooklyn, esattamente dove lo sta vedendo James. Il problema è che non può trovarsi lì! Gli Stati Uniti possiedono la copia dipinta da Monet ma è esposta da tutt' altra parte, a Manhattan!"
Steve non aspettò oltre e portò il monitor del palmare davanti al quadro. Il cuore accellerò di colpo.
"C'è una porta, dietro. E' nascosta molto bene e la pulsantiera per inserire il codice è proprio al centro dell'opera, dove convergono le linee prospettiche."
"Pretenzioso, come campanello." constatò Tony che bloccò Sam e gli fece cenno di seguirlo più in fretta possibile, tornando indietro verso l'ingresso
"Ringrazia la tua fidanzata, signor Stark. Altrimenti non me ne sarei mai ricordata."
Andy chiuse il collegamento senza aspettare la risposta; svuotata di ogni energia, piegò le ginocchia e scivolò a terra, lo sguardo vitreo perso nel vuoto.
"Sono stata un'idiota" mormorò cominciando a tremare.
"Io direi tutto il contrario."
"No, non hai capito. Se la professoressa Potter sapesse che ho sempre sbagliato museo per la Grenoullière, mi toglierebbe il diploma della Brooks senza pensarci due volte!"
La tensione, diventata compatta e soffocante, venne soffiata via dalla risata di Virginia Potts.
"Andunie Marjorie Martin, sei decisamente la persona più assurdamente incredibile incrociata di recente!"
Considerato chi doveva aver conosciuto di assurdamente incredibile tra Semi-dei, agenti sotto copertura, scienziati infettati da virus distruttivi e il suo compagno, Andy prese il suo complimento e lo mise al sicuro dietro un sorriso tirato.




Quando il passaggio si svelò a lui, James, Tony e Sam, Steve comprese cosa volesse dire provare un acuto desiderio per qualcosa che non era opportuno avere al momento. Ovvero, Andy a portata di abbraccio e da premiare un bacio.
Il falso della Grenoullière non faceva parte dei quadri esposti in quell' ala negli anni Quaranta del secolo scorso; doveva essere stato collocato molto più recentemente, magari proprio a ridosso del suo risveglio nel nuovo secolo. Solo una ragazza figlia di quel tempo avrebbe potuto accorgersi dell' inganno. Una ragazza amante dell' arte.
L' HYDRA doveva aver accolto con gioia la notizia del suo ritorno alla vita, prospettando una ripresa del loro orrendo piano; lo stomaco, impegnato a sciogliersi in un languore da reprimere per senso del dovere, riprese consistenza solida e divenne pesante; una strana creatura estranea al suo corpo, pericolosa e irta di aculei che si stavano infilzando nelle viscere.
"Andiamo."
La voce e il tocco di James sul braccio lo riportarono nel presente. Doveva aver intuito che mostro si era agitato in lui per un lungo istante e lo aveva anche riconosciuto; quegli occhi grigi erano pieni di una consapevolezza destinata ad alimentare un senso di colpa eterno.
Ciò che hai provato tu lo provo anch'io. Sempre.
"La nostra gita culturale si chiude qui, signori."
Tony e Sam li avevano raggiunti. Il veterano scambiò un' occhiata con James, che annuì in risposta; estrassero entrambi delle pistole di piccolo calibro dalle fondine ascellari nascoste dalle giacche e si misero in testa al piccolo gruppo. Steve drizzò la schiena, portando l'indice destro a premere lievemente l'auricolare perfettamente mimetizzato.
"Natasha, Clint, abbiamo trovato l'accesso. Stiamo per raggiungervi."
"Siete sicuri ci sia un modo per arrivare qui?"
"Jarvis ci sta già lavorando."
"Allora andiamo a prepararci per la festa."
 
*


"Agente Carter, si rende conto di cosa sta sostenendo?"
La ragazza ricambiò con fermezza lo sguardo sprezzante del suo supervisore.
Gordon Renly sarebbe stato a suo agio tra le Montagne Rocciose, a capo di qualche sperduto accampamento di forze speciali in missione di addestramento con delle esche per il fuoco e poco altro per andare a caccia di animali per il rancio della truppa: viso dagli occhi infossati, barba incolta e folta a nascondere una bocca sottile perennemente stretta in una linea di feroce disappunto col mondo intero, rughe d'espressione sulla fronte e attorno agli occhi scolpite con l'accetta.
Per sua somma sfortuna, la bravura con cui plasmava elementi di valore da spedire ai quattro angoli del globo per servire il loro Paese, era stata notata da alcuni Senatori dotati di seggio permanente presso la Segreteria di Stato americana; quindi presa, lustrata con una promozione e spedita ai piani alti del settore relativo dell' Intelligence.
Sharon stava provando la spiacevole sensazione di essersi offerta alla sua sdegnosa ira senza averne mai avuto reale intenzione.
"Perfettamente consapevole, signore. E i nostri tecnici informatici hanno appena dato la conferma."
Attorno ai due, si era sviluppato un silenzioso, invisibile vortice di tensione, così denso e pesante da escludere automaticamente gli altri presenti.
Erano ancora nel grande ufficio open space pieno di scrivanie ma il silenzio era tale da poter dare l'illusione di trovarsi nel proverbiale deserto rosso di qualche sperduta landa western; lo scenario ideale per un classico confronto prima della sparatoria risolutiva.
"Stiamo aspettando notizie dal Consiglio di Sicurezza."
"Lo stesso che è stato manipolato e quasi distrutto da Alexander Pierce?"
Renly, ex ufficiale entrato nella CIA dopo una gloriosa carriera di reclutatore e addestratore per i Marines, ridusse gli occhi a due fessure dandole il tempo di non perdersi un secondo di un gesto che anni prima aveva significato terribili detenzioni disciplinari per le reclute troppo sfrontate. O incubi notturni ben peggiori di qualsiasi punizione.
Tempo due secondi e sicuramente sarebbe arrivata quella.
"Forse allo SHIELD tolleravano la sua lingua lunga, agente ma qui non usiamo tanta cortesia verso gli ultimi arrivati."
Eccola.
Puntuale, spietata, raggelante.
La voce di ghiaccio.
Sharon ingoiò con grande dignità il groppo formatosi in gola e portò la mano sinistra a puntarsi indolente sul fianco.
Non si trattava più di rispettare la gerarchia, di essere disciplinati. In ballo non c'era una promozione o un provvedimento disciplinare; erano cose priva d'importanza, alla luce di quanto tutti stavano vedendo, da ogni schermo reperibile nell' intero complesso del Pentagono. Anche in quell' istante, capannelli di funzionari stavano fissando sbalorditi la clamorosa effrazione di Captain America e Iron Man nei sotterranei del Brooklyn Museum.
"Con tutto il rispetto, signore, non abbiamo tempo di stabilire chi abbia la priorità di azione o un eventuale strappo alle Regole d' Ingaggio."
"Siamo in guerra e hanno avvisato solo lei?" Quello sarebbe dovuto suonare come uno schiaffo ma la ragazza non sbatté nemmeno le palpebre. Da qualche parte sotto la barba di satiro di Renly, un remoto impulso nervoso tese all' insù l'angolo destro della bocca. Era la massima manifestazione di ammirazione che potesse concedere e si verificava solo davanti al riconoscimento di una volontà di ferro.
"Sì. Siamo in guerra. Lo siamo da quando abbiamo scoperto i reali obiettivi di Insight."
Non poteva cedere di un passo. Disperatamente risoluta, l'ex agente 13 si aggrappò al ricordo che sempre le veniva in aiuto nei momenti di maggiore stress emotivo.
Era lì, in uno scrigno ben chiuso, che conservava l'immagine delicata e fragile di un volto femminile un tempo bello, su cui il passare degli anni aveva disegnato un fitto reticolo di rughe. Capelli candidi posati morbidamente su un cuscino, una voce ferma cristallizzata in un sempre più raro momento di lucidità.
"Io ho sempre creduto in lui. Fino in fondo."
Lo farò anche io, nonna.
"Dobbiamo muoverci, andare a vedere se quanto hanno scoperto è vero" riprese testarda, avvertendo abbattersi sulle spalle lo sconcerto, l'ammirazione, lo sdegno dei suoi colleghi. Pensassero quanto più li aggradava; la questione aveva travalicato da tempo i confini personali. Osservò a lungo il supervisore, sperando cogliesse e accettasse il suo implicito invito. Quando vide un guizzo nello sguardo impassibile di Gordon Renly, capì di aver vinto il primo di una lunga serie di round.
"Una squadra di osservazione?"
"Esattamente."
"Si prepari, allora. Pensa forse che la lascerò qui?"
 
*


"Troppo silenzio."
Invece di lasciarsi andare a una facile battuta, Clint annuì in direzione di Bucky, finendo di controllare la quantitàe la qualità delle freccie scelte per completare il suo equipaggiamento.
"Temo stiano preparando il comitato di accoglienza."
La squadra aveva raggiunto Occhio di Falco e la Vedova Nera servendosi di un altro accesso; Jarvis aveva mappato la parte nascosta dei sotterranei con la consueta celerità dopo che l'ingresso dietro il falso dipinto era stato svelato. Tony stava controllando i dati ricevuti sul suo palmare, prima di decidersi a seguire l'esempio di tutti gli altri e vestire la propria armatura.
"A quanto pare ci sarà un terremoto nell' amministrazione di Brooklyn, non appena si saprà chi ha dato in appalto a una forza terrotistica mondiale l'ampliamento di questo museo."
"Ci penseremo una volta scoperto cosa sta succedendo qui." Steve issò lo scudo sulla schiena. Era l'ultimo gesto, quello prima della discesa verso un Inferno ignoto e per questo più pericoloso. Non sapere esattamente dove stessero andando e cosa potevano aspettarsi era una follia, ferma a un solo passo dal suicidio. Eppure dovevano compierlo.
Dovevano mostrare.
Si voltò verso sinistra, osservando James mentre riponeva nella fondina sulla coscia un nuovo pugnale a doppia lama in fibra di carbonio. Aveva montato un piccolo Uzi in pochi secondi, prelevato dalle loro scorte abbastanza proiettili da falcidiare un plotone con poche mosse, posto in tasche predisposte della sua divisa, ora più logora e rovinata, minuscole granate a pressione e altre ad attivazione ritardata.
Quelle mani, meticolose e letali, erano quelle del Soldato d' Inverno. Quando le portò alla nuca, la destra impegnata a reggere tra pollice e indice un comune laccetto di gomma e legarono i capelli in una coda corta e arruffata, Steve assistette a una trasformazione. Un guizzo d'acqua libera sotto lo strato implacabile di gelo e ghiaccio. Una forza di nuovo viva, pronta a premere verso l'alto e spaccare la prigione in cui era stata costretta.
Gli esiti di un tale impeto non erano calcolabili. Bucky aveva ricordato molte cose, cose piacevoli e in grado di ridare un po' di equilibrio a un mondo appena scoperto e ancora impossibile da definire come suo ma adesso erano lontani dal rifugio sicuro dato dalla Stark Tower, impegnati a portare a termine un compito preso sull'onda della vendetta.
"Ti fiderai di me?"
James sbatté le palpebre. Steve gli aveva posato una mano sulla spalla, quella del braccio bio-meccanico. Perplesso, ricambiò lo sguardo dell' amico inarcando le sopraciglia verso l'alto.
"Ho la tua fiducia, come ai tempi della guerra?"
Il ruscello sotto la neve venne percorso da una potente bolla d'aria, che spinse e aprì una breccia nella spessa crosta di brina. L'inverno peròvera ancora pronto a mordere e quando il Capitano lo vide affilare lo sguardo, si rese conto che un nemico ulteriore da combattere era proprio davanti a lui.
"Mi stai chiedendo di non uccidere nessuno?"
"No." Steve rafforzò la sua presa. Questa volta le dita non si sarebbero aperte. Lo avrebbe trattenuto, lo avrebbe salvato.
"Ti sto chiedendo se ti fiderai di me come hai sempre fatto."
James non rispose subito. Si mise a guardare i preparativi finali dei suoi alleati, consapevole che al di là di loro non c'era nessun altro.
Per quanto spietata e priva di scrupoli, l' HYDRA aveva sempre fornito appoggi e mezzi al suo Soldato. Ogni richiesta, ogni bisogno, era stato soddisfatto con la pragmatica precisione di chi era in grado di pianificare uno sterminio su vasta scala semplicemente dando un paio di ordini ai terminali giusti; era certo che una simile organizzazione l' avesse posseduta anche lo SHIELD.
Ora entrambi quei nomi altisonanti erano ridotti a un cumulo di cenere. Provare a spazzarla via senza nulla a proteggere occhi e bocca poteva significare la morte. E vi stavano andando incontro consapevoli del rischio e altrettanto certi di poter trovare le risposte di cui erano in cerca solo alzando quella polvere venefica.
"Sei odioso" sbottò con astio. Steve s'irrigidì.
"A volte ti guardo e provo l'impulso di finire quanto avevo cominciato sull' Helicarrier. Non merito un grammo del tuo affetto ma a te questo non importa."
Con uno scatto, James gli afferrò il braccio. La sua stretta era disperata, una rischiesta muta di appiglio e salvezza.
"Ti vorrò sempre bene, questo non potrà mai cambiare. E temo mi fiderò sempre di te, sperando tu abbia la forza di perdonare ciò che ho fatto per l'ennesima volta."
Il protagonista è l' ultimo che potresti definire un eroe ma non è questo il punto. Il punto è che aveva qualcuno che lo ha portato fino alla fine della sua missione, qualcuno che gli ha voluto bene anche per i suoi silenzi e le ombre nate in lui durante quel lungo viaggio verso il regno del loro nemico.
Le parole di Andy risuonarono tra loro, cariche di tutta una saggezza che Steve comprendeva appieno solo ora.
Una ragazza vestita di rosso, troppo appassionata di caffé, che in quel momento lo conosceva da meno di due giorni, era riuscita a porsi davanti alla fonte del suo dolore senza sapere quanto fosse scavata in profondità e protetta da un perenne senso di colpa. Anche se aveva appena intravisto la realtà dietro il sorriso educato, i modi sempre corretti, istintivamente aveva compreso la situazione e lo aveva aiutato senza giudicarlo. E senza temerlo, gli aveva detto di non poter arrendersi e continuare semplicemente a correre, nell' illusoria ricerca di un confine sfumato entro cui ripetersi di stare bene anche se era solo, anche se non lasciava entrare nessuno nel suo cuore.
Era stata testarda senza impuntarsi, spietata nel colpire senza volerlo. Esattamente come James Buchanan Barnes.
Bucky c'era sempre stato. Sopratutto nei momenti più difficili, dove uno Scricciolo gli domandava perché perdesse tempo a seguirlo invece di starsene con gli altri bambini, ricchi e felici, del loro quartiere; quando aveva bisogno di essere rimesso in piedi, curato da lividi e ferite rimediate nella rissa giornaliera, protetto. Quando lo abbracciava per confortarlo durante un attacco d' asma particolarmente violento.
I ruoli si erano invertiti senza nemmeno se ne accorgessero, nel momento in cui il Sergente Barnes aveva riconosciuto nell' uomo alto e prestante lo sguardo limpido e puro di Steve, giunto a salvarlo e incapace di arrendersi alla notizia della sua morte. Non c'era bisogno di far notare simili sciocchezze e all'uomo dietro il risonante, tuonante titolo di Leggenda Vivente, servivano persone in grado di scardinare le difese issate da un pudore nei sentimenti con una mano tesa, un sorriso sincero; attacchi ben più devastanti di una battuta fatta per imbarazzare, ferire e far riflettere.
E James non aveva ancora finito.
"Se io, ridotto come sono, sono in grado di dirti questo, potrei scommettere l'altro braccio che in questa stanza sono presenti altre quattro persone del mio stesso parere."
"Su una sola cosa dissentirei." Tony aveva ascoltato il precedente scambio tra loro e sembrava ritenesse opportuna una sua chiusura prima di abbassare la visiera dell'elmetto della sua armatura. "Lasciarti il comando e le decisioni mi sta bene ma se ti azzarderai a pensare solamente a qualche stupida azione di sacrificio, sarò io a rovinare il tuo marmoreo sedere con una pedata."
"Non è un gioco, Tony."
"Lo sappiamo" intervenne disinvolta Natasha, assicurando un ultimo caricatore per le sue semi-automatiche alla cintura "Proprio per questo, vediamo di fare i seri e tornare tutti a casa. Te incluso."
Sembrava si stesse rivolgendo a un riluttante Steve ma qualcuno al suo fianco percepì un sottinteso che lo fece tremare in una qualche parte del suo animo dove era ben chiuso un ricordo tanto potente quanto inopportuno. Il Soldato cercò lo sguardo della spia e vi lesse fiducia. Sperimentare gioia immotivata insieme al suo esatto contrario era peggio di una scarica elettrica indirizzata al cervello.
La sala all'improvviso piombò nel buio. Un istante dopo, percorso dallo scatto di diverse armi da fuoco impugnate e armate e il brillare sinistro di un reattore Arc, la luce tornò, violenta, intermittente e di colore rosso.
"Hanno sentito il nostro campanello, finalmente!"
"Non vorremo essere tanto scortesi da scappare, allora."
Un battaglia sotterranea non avrebbe aiutato la manovra di Iron Man e Falcon. Steve lo aveva calcolato come possibile punto debole dalla loro partenza dal container; sarebbe stato inutile chiedere a Sam e Tony di rimanersene in disparte e comunque, non si sarebbe mai privato di loro due per paura di possibili danni immediati.
Non era più solo.
Prima di aprire la porta, prima di entrare di corsa nel corridoio segreto segnalato da Jarvis, scambiò un'occhiata con Bucky e pensò alla ragazza ora con Pepper.
Sarebbe tornato da Andy e non avrebbe mancato l' appuntamento, questa volta. Per nessuna ragione al mondo.




Angolo (tetro e buio) dell' autrice:
*La battuta di Clint è una citazione rivisitata dal primo film di Sherlock Holmes con il nostro RDJ. Quindi è ovvio che Tony l' apprezzasse tanto!
** La Grenoullière: a Bougival, suggestivo villaggio lungo la Senna, c'è un isolotto, il Croissy, che divide in due il corso del fiume. Attrezzato con un tipico ristorante all' aperto, era collegato alla terra ferma da un ponte e dotato di una zattera galleggiante. Monet e Renoir dipinsero la stessa veduta; il primo quadro è davvero al Metropolitan Museum di New York, il secondo al Nationalmuseum di Stoccolma.
Finito il nostro consueto angolo "Ulisse: il piacere della Scoperta" The List! Edition, avviso che mi sono fatta...prendere un po' la mano con la parte action e sto valutando di alzare il rating di una tacca.Tutta colpa della mia mania per i dettagli e dell' essere fan di serie leggere come CSI e simili.
Un abbraccio fortissimo e a venerdì prossimo come sempre!
Maddalena.





























 
  
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