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Autore: thatswhatfriendsarefor    21/11/2014    9 recensioni
Dopo essere stata ferita al funerale di Roy, Kate si rifugia nella baita di suo padre e in se stessa.
Riuscirà davvero a rimanere da sola?
La nostra personalissima versione della 4x01 o meglio una ipotetica 3x25
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'E se l'inizio fosse stato diverso?'
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Capitolo 5 – Stop and stare

 

Si irrigidisce di nuovo e questa volta si allontana da me quanto basta per rivolgermi uno sguardo interrogativo.

Il battito del mio cuore mi spaventa.

Pulsa forte dentro il mio petto e ho paura che possa esplodere da un momento all’altro.

Non riesco nemmeno più a distinguere il dolore e l’oppressione che sento all’interno dal bruciore delle ferite.

Respiro affannosamente tenendo gli occhi puntati su una macchia di olio che ha scurito l’asfalto, come se concentrami su qualcosa di concretamente futile potesse allontanarmi dalla realtà. Come se fosse la mia unica ancora di salvezza.

Rick ha capito subito che sto male e mi accarezza i capelli per poi tirarmi a sé abbracciandomi di nuovo. Percepisco le sue labbra incollate sulla mia testa e la sua stretta mi infonde tranquillità.

Mi sento protetta in questo momento di fragilità estrema.

“Shhh” mi sussurra “shhh. Non c’è bisogno che tu dica nulla adesso. Ci sarà tempo, Kate. Pensa a guarire, non ti agitare per me. Andrà tutto bene. Stai tranquilla”.

La sua vicinanza fisica e le sue parole hanno un effetto calmante sul mio cuore ballerino e questa nuova intimità mi sta scuotendo dal torpore.

Sono troppo debole per ergere un nuovo muro tra noi. L’ho fatto per tanto tempo e adesso questa alta barriera sembra fatta di argilla modellabile a suo piacimento. E poi non posso resistere: io devo sapere. Ho timore della verità ma so bene che non posso vivere con lui per due giorni facendo finta di niente.

Ha il diritto di sapere.

Entrambi abbiamo diritto di sapere come stanno veramente le cose fra noi.

Mi allontano un po’ da lui e gli faccio cenno verso una panchina.

“Sediamoci un momento, Rick. Sono stanca e devo dirti una cosa…importante”.

“Kate, andiamo a casa. Ti potrai riposare mentre preparo qualcosa da mangiare.”

Sembra preoccupato ma io non voglio più aspettare. Insisto lanciandogli uno sguardo implorante e alla fine cede e si siede accanto a me.

Probabilmente papà gli avrà raccomandato di non farmi agitare.

Con le mani gli stringo la sua appoggiata sul ginocchio. Faccio un profondo respiro e mi impongo di non distogliere lo sguardo dal suo mare blu. Certe cose hanno bisogno di essere raccontate con gli occhi ancora più che con la voce.

“Ho… ho avuto paura. Mi avevano appena sparato e poi ti ho sentito ed è stato davvero troppo per me. Io… non sapevo cosa fare. E poi avevo bisogno di tempo per rimettere insieme i pezzi della mia vita. Anche adesso non sono ancora io. Tremo come una foglia prima di addormentarmi perché ogni notte rivivo quell’incubo. Mi perseguita il rumore dello sparo, la sensazione del sangue che scorre via da me, il dolore lancinante in mezzo al petto. Ogni respiro è come una stilettata. Sento persino l’odore dell’erba del cimitero. Non sono più la detective risoluta che hai scelto come musa. Non sono più la donna che hai conosciuto. Sono un disastro, Rick. Prima ero quella forte, brillante e iperattiva, adesso sono debole e incerta sulle gambe. Non c’è niente di Nikki Heat in me, non le assomiglio nemmeno lontanamente. Guardami! Sono un groviglio di difetti e di debolezze. Sono rotta, danneggiata… sono un casino, Rick. E poi non sapevo se mi hai detto quello che hai detto…”

“Ti ho detto che ti amo, Kate, non ci girare intorno…” mi interrompe, ma io continuo imperterrita: “solo perché stavo per morire o perché era quello che sentivi veramente...”

Sono rimasta letteralmente senza fiato.

Questa confessione ha prosciugato ogni mia energia, tanto che mi gira la testa e tutto intorno a me si fa buio.

 

Sento una delle mie canzoni preferite risuonare nell’aria e mentalmente canticchio muovendo appena le labbra. Sono ancora intorpidita e stordita ma queste parole le conosco bene e la mia mente segue il ritmo.

Stop and stare 
I think I'm moving but I go nowhere 
Yeah I know that everyone gets scared 
But I've become what I can't be, oh 
Stop and stare 
You start to wonder why you're 'here' not there 
And you'd give anything to get what's fair 
But fair ain't what you really need 
Oh, can u see what I see 

Mentre il mio cervello si è attivato con il significato di questi versi che risuonano nella mia mente, sento il battito del cuore regolare e costante. Spero che questa sensazione di riuscire a percepire sempre le pulsazioni smetta presto. Mi spavento, anche quando sono normali, come adesso. Anche il naso inizia a darmi degli stimoli olfattivi piacevoli: un buon odore di cucinato riempie l’aria. Apro gli occhi e mi accorgo che sono sdraiata sul divano coperta dal mio solito plaid. Vedo Castle in cucina che armeggia tra i fornelli, canticchiando anche lui. Sorrido: è adorabile.

Poi all’improvviso ricordo.

Devo essere svenuta.

Mi porto una mano sulla fronte e provo ad alzarmi ma faccio molta fatica, come se i miei riflessi fossero ancora più lenti del solito.

“Castle” chiamo, ma mi esce appena un filo di voce.

“Ehy, bella addormentata!” Mi si avvicina con un sorriso meraviglioso e una tazza in mano.

Una sensazione di intimità, di calore e di casa mi invade il corpo lasciandomi un benessere diffuso.

“Ehy” gli sorrido di rimando.

Ci guardiamo in silenzio e ho l’impressione, come altre volte già successo, che i nostri occhi riescano a parlarsi molto meglio di quanto facciamo noi stessi.

“Sono svenuta, vero?”

Annuisce.

“Come mi hai riportato a casa e che ore sono?” chiedo allarmata rendendomi conto che devo essere rimasta incosciente per un bel po’.

“Stai tranquilla. Ti ho portato qui in macchina. Il gestore del chiosco sul laghetto mi ha dato una mano. Dice che eri amica di sua figlia. E’ stato lui ad accompagnarci alla baita con la sua auto”

Questa volta sono io a fare un cenno di assenso col capo.

Rick prosegue a raccontare dicendomi che mio padre gli aveva lasciato il numero della signora Buchanan e del medico che mi è venuto a visitare in questi giorni. Per ogni emergenza, aveva detto. Profetico.

“Il dottor Clarke è venuto, ti ha visitato e mi ha tranquillizzato” mi spiega come se quello malato fosse lui.

“Eri preoccupato?” chiedo e mi guarda come se fossi matta a porgli questa domanda

“Kate, non so se ti ricordi che hai avuto una cosa seria un mesetto fa, non una banale influenza. Sei in convalescenza e sì, mi sono angustiato e pure tanto.” l’apprensione gliela leggo negli occhi, lo avrei capito anche se avesse negato.

“Ma come ho fatto a rimanere per così tanto tempo senza sensi, non è strano? Non sarà pericoloso?” mi informo, voglio sapere che è successo. Qui sembra che nessuno voglia dirmi la verità. Ah no, quello è mio padre che si dimentica di dirmi le cose.

“Il dottor Clarke ha detto che sarebbe stato meglio se il tuo corpo si fosse ripreso con calma in modo da dar tempo al tuo apparato cardiocircolatorio – testuali parole – di riassestarsi dopo lo shock. Ti ha fatto un’iniezione per farti riposare. Dice che ti ha somministrato lo stesso medicinale anche i giorni scorsi quando non avevi dormito per notti intere”

Mi osserva e rimane in silenzio.

Lo shock? Quale shock?

Sembra che mi abbia letto nel pensiero perché subito si appresta a darmi spiegazioni.

“Ti ricordi quando sei svenuta?” la domanda stessa mi riporta tutto alla mente. Gli ho confessato che ricordavo tutto e che gli avevo chiesto se i suoi sentimenti erano reali o dettati dalla paura di perdermi. Faccio una smorfia. Ormai non potrò più nascondermi. E accidenti che tempismo: congratulazioni, Kate. Sono svenuta prima di ascoltare ciò che aveva da dirmi e ora avrà avuto tutto il tempo di inventarsi una plausibile risposta, d’altronde è il suo lavoro fare il cantastorie.

Mi limito ad annuire e lui, come se avesse riavvolto le lancette dell’orologio, mi risponde alla domanda che gli ho posto ore prima su una panchina del laghetto sotto l’ombra di un acero maestoso.

“Kate, ti amo e te l’ho detto non perché stavo per perderti. Te l’ho detto perché avevo bisogno di fartelo sapere. Perché in quel momento non sapevo se ti avrei mai rivista cosciente e perché…” distoglie per un momento lo sguardo indeciso se proseguire ulteriormente.

“Dimmelo Castle! Ti prego, ho bisogno di sapere”. Non ho mai supplicato un uomo in vita mia. Non mi riconosco più, ma so con certezza che, convalescenza o no, non sarò più la stessa donna d’ora in avanti.

“Perché… Kate, lo so, è stupido ma… in cuor mio … ecco speravo che questo ti desse la forza per combattere, per sapere …” Sono completamente esterrefatta. Mi sono aggrappata all’idea dell’amore di Rick e ho lottato con tutta me stessa per resistere, quando il cuore ferito sembrava non voler collaborare.

Mi alzo a sedere e lo abbraccio.

Quello è il mio posto: tra le sue braccia mi sento bene.

Non ho parole e non riuscirei ad esprimermi adesso, senza piangere.

Le lacrime facili di questo periodo mi offuscano la vista e il mio cuore decide di fare un doppio giro sulle montagne russe, in barba a tutti i consigli che mi ha dato il medico.

 

Angolo delle Autrici

Siamo arrivati alla resa dei conti. Nulla sarà più come prima e Kate lo sa bene. Lo sa bene soprattutto il suo cuore che sta reggendo a tutte le emozioni e al forte stress che a detta del medico avrebbe proprio dovuto evitare…

Riuscirà a liberarsi completamente e ad aprirsi al suo scrittore?

Nel frattempo ci sembra che siate tutte d'accordo a ergere una statua a Jim Beckett. Lo adoriamo e mai come in questa nostra stramba storia ha un ruolo FONDAMENTALE!

Grazie per come ci seguite attivamente e per le numerose e splendide ipotesi che buttate là con naturalezza. La cosa ci diverte e ci lusinga. Vi aspettiamo martedì prossimo per vedere se i due tontoloni riescono a gestire questa nuova fase di cose dette.

Debora e Monica

 

  
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