Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Hermione Weasley    21/11/2014    4 recensioni
Lei è in fuga da se stessa. A lui sono stati offerti due milioni di dollari per ucciderla. Ma le mire di qualcun altro, deciso a riunire sei persone che non hanno più niente da perdere, manderanno all'aria i loro piani.
-
“Chi cazzo è questo idiota?” Blaterò qualcuno.
“Un forestiere!” Decise un altro.
“Che razza di accento era quello?” Indagò un terzo.
Si sentì spingere bruscamente verso l'arena, senza poter far granché a riguardo. Quando le fu ad un misero metro di distanza, tra le grida che si alzavano dal gruppo, fu la voce bassa e pacata della donna a sovrastare tutte le altre.
“E' l'uomo che mi ucciderà.”

[Clint x Natasha + Avengers] [Dark!AU] [Completa]
Genere: Azione, Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Thor, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- Capitolo 13 -

 

 

 

Tony Stark era esattamente come se l'era immaginato: un adulto che ha ricevuto un biglietto di sola andata per un soggiorno perpetuo nel paese dei balocchi.

“Se volete derubarmi, prendete tutto quello che vi pare,” decretò con semplicità, prendendo posto sulla sedia che Steve aveva recuperato qualche metro più avanti.

“Perché sono tutti convinti che vogliamo derubarli?” O meglio, Clint – che non aveva dimenticato la reazione del dottor Banner al loro primo incontro – si immaginava perfettamente il perché, solo che non si era mai soffermato a riflettere su quanto fosse evidente... da fuori.

“La vostra...” Stark fece una pausa, lanciando una lunga occhiata in direzione di Natasha, “... esca. Posso dire 'esca'?” La donna alzò gli occhi al cielo, mandandolo mentalmente al diavolo. “Insomma, ha appena minacciato i miei gioielli. Il che significa che volete qualcosa... oppure che è incazzata con me,” elencò rapidamente, “ma dato che ci conosciamo da neanche cinque minuti, avrei battuto un record.” Parve rivolgerle una muta domanda alla quale Natasha si guardò bene dal rispondere.

“Non siamo qui per derubarla,” si intromise Steve, la voce autoritaria e posata che non faceva proprio niente per nascondere la perplessità che un ambiente tanto dissoluto doveva avergli provocato.

“Giornalisti? Non ditemi che siete giornalisti! Per cosa li pago a fare quei dannati scimmioni senza cervello?” L'uomo si sporse di lato, forse per intercettare lo sguardo di una delle sue guardie attualmente impegnate a controllare (piuttosto sommariamente, a quanto pareva) le varie stanze; Clint ebbe cura di rispedirlo compostamente a sedere.

“Cosa volete, forza!” Stark si stava innervosendo. “Soldi, donne, alcool... che investa in una qualche stupida società che ha bisogno di finanziamenti, che...” sospirò, “continuo a sperare che sia per una specie di celebrazione orgiastica, ma immagino che non sia così.”

L'espressione contrita di Steve dovette essere sufficiente a dissipare ogni dubbio a riguardo.

“Poco male,” riprese il miliardario, “la percentuale di testosterone era troppa persino per i miei gusti.”

Clint scolò la sua birra in un sol sorso pur di non rischiare di visualizzare qualsiasi cosa Stark stesse insinuando.

“Ha ricevuto questo qualche giorno fa,” Rogers gli mostrò il pacchetto ammaccato, “sa che cosa contiene?”

“No, ma se mi restituite gli occhiali forse potrei riuscirci,” ribatté quello, voltandosi verso Natasha con un sorrisetto supplice che mal si sposava con le condizioni pietose del suo viso esausto.

“Perché?” Clint si ritrovò a chiedere. “Hai gli occhiali a raggi X?”

“Tecnicamente non posso dirlo, finirei in un sacco di beghe legali, ma in pratica...” alluse.

“Vuoi dirmi che riesci a vedere sotto i vestiti di... chiunque?” Non sapeva se essere ammirato o disgustato; probabilmente un mix tra le due.

“Perché non provi e basta?”

Prima che potesse fare un bel niente, una furia leopardata gli bloccò la vista e lo schiocco di pelle contro pelle gli annunciò che Natasha aveva appena preso a pugni Stark.

“O-Oh m-merda.” Si era portato le mani alla mascella colpita, estremamente contrariato da quell'improvviso colpo di scena. “D-Dove 'ono finite le 'onne che t-tirano schiaffi?”

“Gli schiaffi non sono nel suo stile,” confermò Clint.

“Signor Stark,” il tono imperioso di Steve tornò a sovrastarli. “Questo pacco contiene un'offerta di lavoro.”

“Io non lavoro, signor...,” sembrò realizzare di non sapere il suo nome solo in quell'istante, “Action Man.”

“Di questo ce ne siamo accorti, la ringrazio,” la gelida cortesia di Rogers contribuiva, bizzarramente, a rendere il tutto persino più tragicomico di quanto già non fosse. “Siamo stati contattati proprio come lei. Qualcuno ci sta cercando.”

“Sono molto contento per voi, ma a me non interessa.”

“Non sa neppure di cosa sto parlando.”

“Non è rilevante. Non so se se n'è accorto, signor Van Damme, ma potrei anche andare avanti per un anno intero a pulirmi il culo con il faccione di Benjamin Franklin e ancora non sarei neppure lontanamente vicino alla bancarotta.”

“Continuo a non capire come potrebbe aiutarci,” sentenziò Natasha, l'irritazione malamente celata nella sua voce.

“Ha le risorse,” Clint si strinse nelle spalle, ben sapendo di sottolineare l'ovvio.

“Risorse per fare cosa? No, aspetta aspetta... non mi interessa,” allargò leggermente le braccia. “Il mio analista dice che ho una soglia dell'attenzione pari a quella di un bambino di sei anni.”

“Forse sarebbe il caso di farsene consigliare uno nuovo,” replicò Clint che, sui frutti positivi della terapia, nutriva già non pochi dubbi.

“Una marea di stronzate,” concordò Stark.

Natasha si era voltata verso la porta a vetri: a giudicare dalla direzione del suo sguardo, stava tenendo d'occhio un uomo in giacca e cravatta che si aggirava per il salotto come un'anima in pena.

“Vado a distrarlo,” si limitò a dire, lasciandoli soli col padrone di casa per andare ad intercettare quello che doveva essere il suo assistente personale: anche se era vestito come i gorilla della sicurezza, non ci voleva molto per capire che non era uno di loro.

“Ecco come ha fatto ad arrivare fin quassù,” Tony stava ragionando tra sé. “Fosse stata una delle sue solite racchie, l'avrei licenziato.”

Steve sembrava sul punto di perdere definitivamente la pazienza.

“Signor Stark...”

“Chiamami Tony.”

“... abbiamo intenzione di seguire gli indizi che ci sono stati recapitati fin dove ci porteranno.”

“Indizi? Siete sicuri di non essere rimasti incastrati in una di quelle catene... 'se non la invii ad altre sette persone non ti si rizzerà più per sette anni'?”

“Che razza di gente conosce?” Clint, che si era appoggiato al parapetto con nonchalance, con l'intento di apparire – agli occhi di chiunque li stesse osservando da lontano – impegnato in un'amichevole conversazione con Stark, lo guardò con aria inorridita.

“Barton,” Steve parve rimproverarlo.

“Che c'è? Non verrà con noi neppure se lo obblighiamo a farlo,” replicò sulla difensiva.

“Bè, se mi obbligaste, sarei probabilmente costretto a venire,” Tony tenne a precisare.

“Ci sta suggerendo di rapirla, signor Stark?” Steve continuava ad apparirgli terribilmente confuso da quell'intera situazione: cercare di mettere il miliardario all'angolo era come sforzarsi di afferrare l'acqua a mani nude. Tutto tempo perso.

“Non sarebbe la prima volta,” sentenziò quello. “Questa festa non era comunque un granché.”

Dalla musica assordante, dalle grida dei corpi schiacciati in furibonde danze, dalle risate che riecheggiavano tutt'intorno, Clint non era affatto sicuro che la festa non fosse un successo. Si chiese a quante serate simili dovesse aver partecipato per essere arrivato al punto di trovarle noiose...

Mentre passava sommariamente in rassegna i presenti, fu costretto a soffermarsi su Natasha: appoggiata al muro con entrambe le spalle, stava rivolgendo allo scagnozzo di Stark un sorriso che non le aveva mai visto addosso prima d'allora. Tutto, dalla sua postura, al modo calibratissimo in cui scuoteva leggermente i capelli ogni volta che diceva qualcosa, alle calcolate volte in cui si assicurava di sfiorargli casualmente un braccio o una spalla... tutto gli suggeriva che quella non era Natasha, ma un'altra persona.

“Dovremmo andarcene,” si ritrovò a dire, più solennemente del previsto stavolta.

“Sei geloso di Happy?” Indagò Stark, il tono di voce improvvisamente odioso.

“Chi cazzo è Happy?” Si voltò bruscamente verso di lui, incenerendolo con lo sguardo. “Andiamocene e basta,” ribadì, rivolgendosi direttamente a Steve.

“Lo portiamo con noi,” decise gravemente il capitano con l'aria di chi preferirebbe prendere una qualsiasi altra decisione se solo gli avessero offerto un'alternativa.

“Giusto per sapere, state decidendo se rapirmi o meno?”

Rogers ignorò bellamente la domanda di Tony, bypassandolo per chiedere tacitamente il suo assenso. Clint non poté far altro che acconsentire: avevano fatto trenta, tanto valeva fare trentuno, anche se quel trentuno prevedeva il sequestro di uno degli uomini più conosciuti al mondo.

Stark si limitò a guardare prima l'uno e poi l'altro, apparentemente affatto preoccupato dalla prospettiva di essere sequestrato da un branco di sconosciuti dall'aria minacciosa.

“Posso almeno andare a prendere un paio di scarpe?”

 

*

 

“Sono piuttosto sicuro che il tipo della reception sia convinto che siamo tutti qui per girare un film porno.”

Il fatto che Stark avesse entrambi i polsi legati alla testiera del letto (e solo perché era stato lui ad insistere, non si era ancora capito su che linea di pensiero) non faceva proprio niente per impedirgli di blaterare senza sosta. Natasha non l'avrebbe ammesso neppure sotto tortura, ma c'era qualcosa in quell'uomo, nel suo atteggiamento, che la faceva andare fuori di testa, contro ogni più ragionevole buon senso. L'avrebbe volentieri rinchiuso di nuovo nel bagagliaio della berlina presa a noleggio da Rogers, così come avevano fatto per trasportarlo dall'albergo a cinque stelle a quello scalcagnato motel fuori mano.

“Cinque uomini e una donna?” Ribatté Steve, forse con l'intento di zittirlo mettendo in evidenza l'aspetto più assurdo di tutta quella storia... ma il capitano finì per fare peggio che meglio.

“Non hai visto molti film porno, eh, Superman?”

Natasha scoccò una rapida occhiata in direzione di Rogers: nonostante si stesse sforzando di far finta di niente, un velo di rossore era riuscito a raggiungergli le guance. Lo vide fingere disinteresse e concentrarsi sulle sei chiavi, una per ogni pacchetto ricevuto, che teneva tutte in una mano. L'inquisizione di Stark ottenne solo un generico silenzio in risposta.

Dopo una frettolosa, ma ineccepibile fuga dal Mandarin Oriental Hotel, erano tornati ad occupare le camere comunicanti in cui avevano trascorso il pomeriggio: Thor era seduto sul pavimento, intento a spiluccare noccioline da una confezione razziata dal mini-bar della stanza adiacente; Bruce stava cercando di far funzionare il televisore; mentre Clint era di nuovo impegnato a pulire la punta delle poche frecce che ancora aveva con sé.

Finì di disporre i pezzi della cartina muta sull'unica scrivania della stanza, assemblando i vari frammenti nell'unico modo possibile: la forma che ottenne non le suggerì proprio niente. Aveva un'aria troppo regolare per poter rappresentare una qualche conformazione geografica, ma oltre a quello non era sicura di poterne trarre altre informazioni utili.

“Tu eri l'ultimo,” Steve aveva ripreso la parola, rivolgendosi all'arciere. “Stark doveva venirti a cercare.”

“E' stata una fortuna che mi sia messo nel mezzo allora,” rispose l'altro. In effetti, se avesse dovuto aspettare i comodi di Tony, molto probabilmente non sarebbe mai arrivato da nessuna parte.

“Sono proprio qui, lo sapete?” Protestò il miliardario, lanciando ad entrambi occhiate indignate.

“E' per questo che stiamo parlando ad alta voce,” lo zittì Clint... almeno per qualche secondo.

“Quindi fatemi capire,” riprese Stark, “ognuno di noi ha ricevuto quella... roba. E voi siete convinti che vogliano offrirci un qualche lavoro?”

“Per quale altro motivo sennò?” Thor sembrava ormai del tutto persuaso da quell'ipotesi.

“Che genere di lavoro?”

“Un lavoro presumibilmente illegale,” Bruce, che nel frattempo era riuscito a posizionare l'antenna affinché almeno un canale fosse sufficientemente visibile, si voltò verso l'uomo legato al letto, rivolgendogli un mezzo sorriso.

“L'arciere, il bestione biondo, il bestione castano, un... uomo con una borsa da viaggio molto grande (Barry Poppins?) e la femme fatale,” elencò Stark. “Questo sarebbe il glorioso piano per... ?”

“Non possiamo saperlo finché non avremo decifrato gli indizi,” decretò prepotentemente Natasha.

“Che sarebbero?”

“Una cartina muta che non ci dice niente e sei chiavi per altrettante cassette di sicurezza.”

Clint si era rimesso in piedi, abbandonando per un istante arco e frecce per avvicinarla alla scrivania e dare un'occhiata al puzzle precariamente ricomposto.

“Sei sicura che non si possano... montare diversamente?”

“Ci ho provato,” replicò a mezza voce. “Se qualcun altro vuole fare un tentativo.”

Lasciò libera la sedia, permettendo a Clint di sedersi e a Bruce e Steve di avere abbastanza spazio per collaborare ad un assemblaggio alternativo.

Natasha recuperò lo zaino che conteneva le poche cose che aveva con sé, chiudendosi in bagno. Si sfilò l'abito stretto e scomodo che ancora indossava e si sbarazzò degli orecchini a pendente. Lo specchio che sovrastava il lavandino le rimandò il proprio riflesso; era pallida e più magra di quanto ricordasse: si sfiorò appena sotto i seni, sentendo le costole sporgere leggermente in più punti. Le ferite più fresche erano ormai in via di guarigione e i lividi che aveva rimediato parevano essersi riassorbiti del tutto. I capelli sciolti, poi, risaltavano bruscamente sul biancore della sua pelle: vene azzurrognole la tramavano in più punti, come in un complicato ricamo.

Si fissò per quella che le parve l'eternità, quasi fosse stata in attesa di una qualche rivelazione che, puntualmente, non arrivò mai. Sospirò appena, affrettandosi ad indossare gli abiti nuovi e decisamente più pratici che aveva acquistato quel pomeriggio: un paio di jeans scuri e una t-shirt nera. Dopo essersi sciacquata il viso e lavata i denti alla meno peggio, tornò a raggiungere gli altri.

Anche Thor si era unito al conciliabolo attorno alla scrivania, ma nessuno sembrava essere arrivato ad una qualche conclusione degna di nota.

Restò immobile ad osservarli per qualche istante, ancora non del tutto convinta di non star sognando ad occhi aperti: il brusco risveglio nella pensione di San Paolo era ancora in agguato, da qualche parte nella sua testa. Eppure, nonostante l'opprimente incertezza che accompagnava ogni loro singola mossa, Natasha non avrebbe scambiato tutto quello per nient'altro al mondo. Non ricordava quando fosse stata l'ultima volta in cui aveva avuto tanta compagnia e per un lasso di tempo tanto prolungato... una settimana o poco più, praticamente un record. E, sebbene le loro situazioni fossero tutte diverse, era altrettanto certa che lo stesso ragionamento valesse su per giù anche per gli altri: doveva valere per Steve, l'eroe di guerra costretto all'anonimato dell'Alabama per cancellare il ricordo degli esperimenti che su di lui erano stati condotti; Bruce, il dottore irascibile che aveva dovuto cercare la solitudine della foresta per evitare di scatenare la sua furia su degli innocenti; Thor, che a malapena riusciva a ricordarsi di non vivere nel passato e di guardare avanti, forse nella speranza di poter ricominciare da capo un giorno; Stark... che a dispetto di tutti i semi-sconosciuti di cui amava circondarsi, non sembrava aver mantenuto relazioni che potessero definirsi tali, soprattutto a giudicare dal modo in cui aveva accettato di farsi rapire, quasi gli avessero fatto un favore a trascinarlo via dall'ennesima festa a base di alcool, donne succinte e musica assordante. E poi c'era Clint... che non era sicura di aver inquadrato fino in fondo: era un tipo solitario, ma non sembrava sua natura esserlo. Non in quel modo, almeno. Si era ormai convinta che ci dovesse essere stato qualcuno, un tempo, che aveva significato qualcosa per lui: nonostante il suo lavoro tutt'altro che legale, c'era una bontà di fondo nel suo sguardo che ogni tanto faceva capolino oltre gli strati di cinismo e disappunto di cui sembrava essersi rivestito. Una corazza che cominciava a mostrare i primi segni di cedimento.

Natasha sapeva che la gente non cambia pelle, non realmente, che prima o poi sarebbero stati costretti a svestirsi di qualsiasi identità avessero deciso di assumere, per guardare finalmente in faccia la realtà. Tutti... tranne lei. Più che una persona fatta e finita, Ivan si era assicurato che Natasha fosse una pagina bianca su cui poter scrivere, cancellare e riscrivere tante volte quante fossero stato necessarie. Conosceva a memoria le vita e i comportamenti delle persone che aveva finto di essere, ma così poco di se stessa. Erano state le parole di Clint a farglielo capire: una volta sedimentatasi nella sua testa, la verità, più che una liberazione, le era apparsa come una condanna.

“Magari non è una cartina, magari è qualcos'altro,” ipotizzò Bruce.

“Qualcos'altro? Dovrai essere un po' più preciso di così, doc,” obiettò l'arciere.

Natasha si costrinse ad uscire dalla sequela di apatiche riflessioni in cui era caduta, muovendo in direzione di Stark, ancora legato al letto con i cordoncini rubati alle tende.

“Va' a vedere,” gli disse soltanto, decidendosi a liberarlo una volta per tutte.

In tutto quel caos, una cosa la sapeva: c'era un motivo se qualcuno li aveva scelti. Di delinquenti più o meno abili era pieno il mondo, ma i loro presunti e misteriosi datori di lavoro avevano scelto quei sei e nessun altro. Il biglietto di Stark, che riportava l'indirizzo di Clint, in una località dell'Iowa che non aveva mai sentito nominare, aveva chiuso il cerchio.

“Siete i sequestratori più noiosi della storia,” si lamentò quello, rimettendosi seduto.

Natasha gli scoccò un'occhiata infernale, convincendolo ad alzarsi dal materasso e a raggiungere la scrivania. Thor aveva già battuto in ritirata e Clint era tornato alle sue frecce, lasciando che Bruce e Steve si occupassero di trovare una qualche miracolosa soluzione.

Tony squadrò il mucchietto di carta con aria perplessa e stranamente solenne.

“Questo non è un posto,” dichiarò dopo qualche istante di assoluto silenzio. “E' un logo.”

“Un logo?” Rogers sollevò il capo con aria contrita. “Un logo di cosa?”

“Della mia nuova centrale ad osmosi,” rispose con un'immediatezza disarmante.

“La tua... che?” Clint aveva di nuovo messo da parte le frecce per prestare attenzione.

“Centrale ad osmosi,” Bruce sembrava star giocherellando con le parole, ragionando e parlando al tempo stesso, “credevo che ci stessero lavorando i norvegesi.”

“Dovevano. Ma le Stark Industries hanno fatto un'offerta più alta, ottenuto e perfezionato il progetto,” spiegò Tony, “dovremmo inaugurarla il prossimo anno... se non hanno cambiato i piani.”

“Che cazzo è una centrale ad osmosi?” Clint pareva indispettito dal fatto che nessuno si fosse preso la briga di fare la domanda più ovvia.

“E' un modo per creare energia pulita e rinnovabile dalla miscelazione di acqua dolce e salata,” rispose Bruce, che guardava Stark con l'aria di chi ha appena trovato un inaspettato rispetto nei confronti di chi non avrebbe valutato più d'un soldo bucato.

“Credevo che ti avessero estromesso dal consiglio delle Stark Industries,” intervenne Natasha.

“L'hanno fatto,” confermò Tony, un improvviso malumore ad animargli il volto ancora stravolto dalla stanchezza, “ma ho comunque avuto il tempo di imporre condizioni ridicole a tutti i nostri progetti in corso, prima che succedesse.” Non c'era divertimento nella sua voce, solo un'amara delusione.

“Come... ?” Steve lo invitò ad andare avanti.

“Come disegnare il logo della nuova, super seriosa centrale ad osmosi delle Stark Industries,” un sorriso tornò a tendergli le labbra. “Avete una penna?” Bruce corse a frugare nel suo borsone da viaggio, tornando indietro con una penna a sfera dall'estremità mangiucchiata.

“Ecco.”

“Sei un tipo nervoso, eh, doc?” Commentò Stark, che non mancò di registrare le occhiate perplesse e vagamente imbarazzate che ricevette in risposta. “Che ho detto?”

“A che ti serve la penna?” Di nuovo Rogers a riportarlo all'attenzione.

“A fare...,” Tony si chinò sulla scrivania, cominciando a tracciare linee incomprensibili sul puzzle, “... questo.” Si rimise dritto, con aria soddisfatta, solo quando ebbe completato l'opera.

Natasha si sporse in avanti per avere una visuale migliore, il che non l'aiutò comunque a capire che diavolo rappresentasse.

“Che cazzo dovrebbe essere?” Clint l'aveva sollevata dall'onere di prendere la parola.

“Come sarebbe a dire?” Stark si voltò verso l'arciere con aria indignata prima di soffermarsi su tutti gli altri in cerca di un sostegno che non arrivò.

“Sembra un pesce,” contribuì Thor.

“Non è un pesce è una sirena. Anzi, due sirene,” borbottò Tony, “va bene che il disegno non è il mio forte, ma...”

“Non riesco a vederlo,” mormorò Bruce, che nonostante tutto quel guardare, non sembrava capace – esattamente come tutti gli altri – di visualizzare niente di sensato.

“Sono due sirene che fanno un sessantanove, non lo vedi?”

Quel sessantanove? Ma non sono sirene?” Clint era confuso.

“E' una metafora, sono una sirena per l'acqua dolce e una per l'acqua salata... se le guardate per bene stanno pure mandando a fanculo,” il nervosismo era palpabile nella voce di Stark. “Francamente, ho speso soldi per opere d'arte più incomprensibili di questa,” si lamentò.

“Hanno accettato di prenderlo per buono?” Rogers suonava sorpreso.

“Non hanno avuto altra scelta. Se non avessero assecondato le mie condizioni, tutti i progetti in corso alle Stark Industries sarebbero rimasti impantanati per... mesi, probabilmente anni.”

Natasha si era ormai convinta che quello, più che il capriccio di un ricco annoiato, fosse stato un modo per vendicarsi di chi l'aveva estromesso dal controllo delle industrie che portavano il suo nome. Era chiaro che quella magra conquista non era minimamente capace di sanare il disappunto per la perdita di tutto il resto.

“Dove si trova questa centrale?” Si decise a chiedere.

“Vicino ad Anchorage.”

“Alaska?” Bruce aveva aggrottato la fronte, mentre un'unica, muta domanda cominciò a serpeggiare nel silenzio che, non fosse stato per la TV ancora accesa, sarebbe stato totale.

A meno che non si fossero decisi ad intraprendere un viaggio tanto lungo, una meta lontana e fuori mano come quella escludeva l'uso di qualsiasi mezzo di trasporto. Certo, avrebbero potuto organizzare una gita aerea a spese dell'ex-cliente di Clint, ma Natasha dubitava fortemente che i soldi che avevano a disposizione sarebbero bastati a portarli fino ad Anchorage, ed usare la carta di credito (ammesso che fosse ancora attiva) era fuori discussione. Senza contare che la presenza di Tony complicava di molto la situazione: chiunque avrebbe potuto riconoscerlo, soprattutto in un luogo tanto affollato come un aereoporto.

“Perché quei musi lunghi?” Stark non sembrava aver colto il problema.

“Come ci arriviamo in Alaska?” Clint allargò le braccia, sottolineando l'assurdità della situazione.

“Con il mio jet privato, no?”

Cinque paia di occhi sgranati si posarono su di lui.

 

*

 

6 ore dopo

nei cieli della Florida

 

Se qualcuno gli avesse detto che si sarebbe trovato a continuare quel bizzarro (e potenzialmente inutile) viaggio verso l'ignoto su un dannato jet privato, probabilmente si sarebbe fatto una grossa, grassissima risata. Eppure era esattamente ciò che era appena successo: era stata sufficiente una chiamata di Stark al suo assistente personale, Happy o come cazzo si chiamava, ordinare che il suo aereo venisse preparato per un'imminente partenza e guidare fino al Kendall-Tamiami Airport di Miami sulla sua limousine (Tony, infatti, si era categoricamente rifiutato di tornare ad occupare il bagagliaio della berlina che Steve aveva noleggiato). La struttura avrebbe dovuto aprire i battenti alle sei del mattino, ma – come Clint aveva potuto notare – il nome di Stark aveva un che di miracoloso: bastava pronunciare quelle cinque lettere per far sì che più o meno chiunque sprofondasse nel servilismo più imbarazzante e assoluto.

Avevano tirato giù dal letto il direttore e un manipolo di dipendenti, subito accorsi per accogliere il ricco e influente Tony Stark con il dovuto riguardo. Erano stati condotti in un elegante salotto in cui era stata servita loro la colazione, mentre qualcun altro correva a sincerarsi delle condizioni del jet e dell'arrivo – di lì a breve – del pilota personale di Stark.

In meno di quattro ore si erano ritrovati ad occupare i costosi sedili in pelle del velivolo, con un paio di hostess assonnate a fare su e in giù da un capo all'altro del confortevole ambiente per accertarsi che nessuno di loro avesse bisogno di niente.

Bruce, che si era rifiutato di consegnare il bagaglio a chicchessia affinché venisse sistemato altrove, aveva reclinato indietro il sedile, utilizzando il suo borsone come poggiapiedi e si era addormentato nel giro di pochi minuti. Natasha si era isolata, più che altro – Clint sospettò – per evitare gli sguardi indignati che l'assistente personale di Stark (che poi si era rivelato essere il suo autista) continuava a lanciare nella sua direzione: non doveva aver preso molto bene il seducente raggiro di cui era stato vittima alla festa.

Per quanto lo riguardava, insieme a Thor, Steve e Tony, si era preso uno dei quattro sedili che fronteggiavano un tavolino, lasciandosi coinvolgere in un'improbabile partita a poker.

“Posso menzionare l'evidente elefante nella stanza?” Stark gettò in mezzo al tavolo un paio di fiches, facendo poi scorrere lo sguardo sugli altri tre che – tuttavia – si guardarono bene dal degnarlo di una risposta. “La proporzione maschi/femmine di questo gruppo è piuttosto scadente.”

“Cosa suggerisci di fare?” Gli chiese con tono annoiato. “Reclutare altre donne?”

“E rovinare il certosino lavoro dei nostri misteriosi clienti?” Tony si mise a ridere. “E' chiaro che soffrono di un grave disturbo psicologico, preferirei non tentare la fortuna facendoli incazzare.”

“Allora sta' zitto e muoviti,” lo esortò malamente a fare una qualsiasi mossa per chiudere il turno.

“Quello che volevo dire è che... qualcuno ha reclamato la precedenza con Jessica Rabbit?”

Steve si limitò a scoccargli un'occhiata perplessa, mentre Thor era troppo preso dall'analisi delle proprie carte per prestar loro attenzione. Clint, dal canto suo, sentì lo stomaco contrarsi malamente, riuscendo a malapena a controllare l'espressione di puro disgusto che gli si dipinse sul volto. Fece per rispondere a tono, ma la figura di Natasha arrivò a bloccare la poca luce che illuminava il tavolo da gioco, stagliando su di esso un'ombra inquietante.

“Riesco a sentirti Stark,” sentenziò a voce bassissima, scocciata e glaciale insieme.

“I-Io?” Tony si indicò stupidamente prima di procedere a deglutire a fatica e a fingere indifferenza. “Parlavo di un classico del cinema americano.”

“L'unico scenario in cui sarei disposta a toccarti è quello in cui ti spacco la faccia a mani nude,” aggiunse con disarmante pacatezza.

“E'... favoloso,” tossicchiò Stark, “non... non vedo l'ora. Magari quando sono un po' più riposato, che ne dici?”

“Fa' a tutti un favore e sta' zitto, che te ne pare?”

“Un'ottima idea,” convenne, prima di dirottare la sua attenzione su Steve. “Tocca a te.”

Clint seguì Natasha con lo sguardo mentre tornava al suo posto: Happy le tagliò la strada con il semplice, chiarissimo intento di metterla in difficoltà. Durò solo pochi istanti, dopodiché l'autista di Stark fu costretto a farsi da parte e ad abbassare di molto il tiro.

“Io esco,” decretò, mollando le proprie carte sul tavolo.

“Ricordati di prendere un paracadute e di non fare più tardi di mezzanotte.” La voce cantilenante di Stark lo seguì fino al sedile libero che fronteggiava quello occupato da Natasha; vi si lasciò cadere con un impercettibile sospiro.

“Non cagarlo, è un idiota,” le disse a mezza voce, assecondando un'urgenza che non riusciva a capire fino in fondo.

“Lo so.”

“E agli uomini non piace scoprire di essere stati presi per il culo,” aggiunse, riferendosi ad Happy, “ma gli passerà, vedrai.”

“Credi seriamente che me ne importi qualcosa di cosa pensano quei due?” La donna gli suonò più indispettita del previsto, niente a che fare con l'algida indifferenza che aveva ostentato neanche un minuto prima.

“Sì?” Azzardò. “E' normale.”

“Non è colpa mia se Stark è un narcisista da manuale o se la maggior parte degli uomini vedono solo quello che vogliono vedere,” si giustificò, sprofondando maggiormente contro lo schienale, come schiacciata dal peso del proprio nervosismo.

“Che vuoi dire?”

“Che tutto quello che fate è proiettare le vostre fantasie sulle donne che incontrate, non importa che razza di personalità abbiano,” spiegò con aria seccata. “Quello che faccio è approfittarmi della debolezza della gente per ottenere ciò che voglio.”

“Non ti devi giustificare con nessuno,” sentì il bisogno di dirle, ottenendo almeno di farsi guardare negli occhi. “Men che meno con me.”

Natasha si strinse nelle spalle, lanciando solo una breve occhiata fuori dal finestrino: il buio della notte aveva definitivamente ceduto il passo al chiarore del primo mattino. La luce calda del sole accendeva i suoi capelli di mille riflessi, facendo apparire i suoi occhi ancora più verdi di quanto non fossero in realtà. La coesistenza di tutti quegli opposti (ingenua e letale, scontrosa e amichevole, padrona della situazione e in balia di se stessa) continuava a catalizzare fin troppo efficacemente la sua attenzione. Natasha lo faceva sentire a suo agio e terribilmente a disagio al tempo stesso. Inspiegabilmente.

Rimasero in silenzio a lungo, finché la donna non riprese la parola, stavolta in tutt'altro tono.

“Ti sei mai messo a pensare che... che se nessuno ti conosce, è come se non esistessi neanche?”

“Che intendi?” Si ritrovò a chiedere, nonostante avesse un'idea piuttosto precisa di quello che Natasha stesse cercando di dire.

“Che potremmo morire da un momento all'altro e se nessuno ci conosce, non avremmo lasciato una traccia da nessuna parte.”

“Ci tieni? A... lasciare una traccia?”

“Non m'importa,” mormorò dopo un attimo d'incertezza, “però mi spaventa.” Nonostante tutto, gli parve sincera.

“Hai tutto il tempo che vuoi per farti conoscere da chi ti pare.”

“Non lo so.”

Accorgendosi della sua riluttanza, lasciò che le parole di Natasha cadessero nel vuoto: non gli sembrava proprio il caso di insistere.

“Ti conviene-”

“Riposarmi, lo so,” abbozzò un inaspettato sorriso nella sua direzione. “Lo dicono tutti qua in giro, ma non lo fa mai nessuno,” fece notare, abbassando la copertura del finestrino per tagliare fuori la luce del giorno. Clint dovette riconoscere che non aveva tutti i torti.

“Dormi,” ribadì, “mi occupo io di controllare la situazione.”

Natasha lo guardò per un lungo istante con aria valutativa, prima di decidersi ad annuire, come a suggellare un tacito patto appena sottoscritto da entrambi.

“Svegliami quando vuoi fare a cambio,” mormorò, senza curarsi dell'assurdità delle proprie parole: erano rinchiusi in un abitacolo di lamiera sospeso a chissà quanti piedi d'altezza, che cosa sarebbe potuto succedere?

“Siamo d'accordo,” decretò semplicemente, guardandola accoccolarsi contro il sedile e chiudere gli occhi dopo averlo scrutato ancora per qualche attimo.

Bastarono pochi minuti perché il ritmo lento e cadenzato del suo respiro arrivasse a colmare il poco spazio che li separava.


__________________________________________

Note:
Aaand we're back! Il povero Stark è talmente annoiato barra votato all'auto-distruzione purché gli movimenti la vita, che non è poi così schifato dall'idea di essere rapito. E adesso che tutti i nostri Vendicatori sono insieme, cominciano a prendere forma un po' di cose. Fatto sta che ci sarà - come preannunciato - un brusco cambio d'atmosfera e dal caldo afoso del sud degli Stati Uniti verremo catapultati all'estremo nord. Ci stiamo avvicinando alla fine della "caccia al tesoro"... ma per questo, c'è il prossimo capitolo :P
I soliti sentitissimi ringraziamenti a chi legge/commenta/spulcia, soprattutto agli habitués, e come sempre alla sclero-socia-beta Eli :*
Alla prossima!
S.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Hermione Weasley