Prima di tutto, volevo dirvi che alla fine in matematica sono riuscita a prendere uno strimizito 6+... estremamente ben accetto!!! EVVIVA!!!
Quindi, per la legge di muffin, latino deve essere andato malissimo ma, come si dice in giro, non si può avere tutto dalla vita, men che meno dalla scuola XD
Grazie per i vostri messaggi!
Volevo salutare tutte voi che recensite con costanza e anche quelle che recensivano e non lo fanno più. spero che continuiate a seguirmi lo stesso.
Scusate se questo capitolo è un po' di transizione ma ho dovuto scriverlo nei ritagli di tempo e non ho potuto dedicargli la soltia cura...
Anzi, visto che domani c'è sciopero, oggi ho un po' di tempo per scrivere e devo cominciare subito se voglio fare in tempo per venerdì....
Un bacio gigante a tutte voi!!!
Vostra, Cassandra...
PS: Bella ed Edward in questa storia sembrano dei pervertiti, ma poverini, almeno loro, lasciamo che si divertano XD Dalla prossima volta, si daranno una calmata.(ne saranno costretti...)
In fondo, avevano un sacco di arretrati da recuperare!!!
PPS: Domani, ESCE BREAKING DAWN!!!! Così potrò cominciare a postare la storia su una nuova coppia che nasce in quel libro... volevo aspettare che BD uscisse in italiano prima di cominciarla! Buona lettura!!! Speriamo che in Italiano non lo abbiano rovinato troppo... sarebe un peccato. In inglese è comunque un'altra cosa XD E poi, vi aiuta molto con la lingua! Esperienza personale!!! Ciao e a Venerdì (tra l'altro, Venerdì parto per Lucca, dopo essere stata dal dentista.... il mio compleanno lo trascorrerò dal dentista e in treno... Uffa... Vabbè, pazienza XD)
Un abbraccio a tutte!!!
Bella's POV
Uscii in giardino e mi sedetti
affianco ad Edward.
Lui, che teneva la bambina in braccio, la appoggiò nella sua
culla da viaggio e
mi cinse le spalle con un braccio. Chiuse gli occhi con un sorriso
beato
dipinto sul volto. Mi appoggiai a lui che cominciò a
riempirmi di baci. Afferrò
con delicatezza la mia mano e se la portò al volto.
Elizabeth emetteva degli
strani gorgoglii mentre si ciucciava la mano.
< Bella… ti fa
male? > < Cosa? Come scusa?
> < I polsi… ti sei ferita. > <
O quelli… sono solo graffietti.
Poco più che una sbucciatura. > Arrossii e poi cercai
di giustificarmi: <
Sai, ieri sera in giardino era buio… sono
inciampata… > < Me ne sono
accorto quando dormivi. Prima ero distratto… da altre cose.
> E mi sorrise
baciandomi la mano. Quella sinistra me la ero portata al petto. Lui la
prese e
sollevò la manica. Sfiorò le vecchie cicatrici e
poi mi sussurrò: < Non è
necessario che tu le nasconda. > Ritraendomi gli confessai:
< Mi fanno
sentire a disagio. >
Lui annuii e poi rimise a posto la manica. Baciò la fede e
mi accarezzò la
guancia.
Rimanemmo in giardino per un
po’, finché Esme non mi
avvisò che c’era Charlie al telefono. Mi alzai e,
dando con la mano un bacio ad
Edward, entrai in casa.
Parlai con lui del più e
del meno per quasi un’ora.
Voleva sapere della bambina e commentare le foto che gli avevo mandato.
Diceva
che Elizabeth era splendida e che gli sarebbe piaciuto vederla prima o
poi. Poi
mi parlò di Forks e dei gemellini avuti da Emily. Li
descrisse come se fossero
figli suoi. Quando ebbe finito di raccontarmi il colore dei vestitini
che i
gemelli indossavano all’ospedale, mi chiese di passargli
Esme. Rimasero al
telefono poco e, quando Esme mi ripassò Charlie, questo
voleva dirmi soltanto
che mi voleva bene e che gli mancavo. Ci salutammo e poi riattaccai con
le
lacrime agli occhi. < Cosa ti ha detto? > Chiesi a mia
suocera mentre
riponevo il telefono al suo posto. < Mi voleva dire che
l’inchiesta sulla
tua sparizione è stata archiviata. Tutti credono che tu sia
stata uccisa e che
abbiano occultato il tuo corpo. Hanno smesso di cercarti…
Così tesoro, anche
per i tuoi genitori sarà più facile andare
avanti… > E mi accarezzò la
guancia. Deglutii a fatica quando mi disse che ci sarebbe stata una
messa in
mio ricordo. Esme mi venne vicino e mi abbracciò stretta.
< Lo sai che è
necessario… > Cercando di trattenere le lacrime,
annuii e poi mi rifugiai
nuovamente tra le sue braccia fredde ma accoglienti.
Quando mi fui ripresa, mi disse che sarebbero andati
alla funzione in mio ricordo lei e Carlisle, insieme a Rose ed Emmett.
Avrebbero detto che Edward ed Alice erano ancora troppo sconvolti. Che
Jasper
non facesse un passo senza Alice era scontato anche per gli abitanti di
Forks.
< Quando partite? >
< La funzione verrà
celebrata fra una settimana, in concomitanza con
l’anniversario del tuo…
rapimento. >
Dato che mi sentii mancare
l’aria, portai la mano alla
gola e cercai di respirare più tranquillamente. Esme mi
accompagnò al divano e
mi fece sedere. Mi prese la mano e mi disse: < Noi partiremo la
sera del
vostro anniversario di nozze, così potremo farvi gli auguri
di persona ma… non
interferire con la vostra vita privata… Torneremo presto.
Non ci fermeremo più
di un paio di giorni. Vedrai, non succederà niente. >
Dato che le mie mani
tremavano, lei me le accarezzò. I ricordi si fecero strada
prepotentemente
nella mia testa. Non poteva essere passato già un anno. Mi
sembrava di essermi
appena sposata… di essere appena scappata. Quelle mura
fredde mi parevano così
vicine…
Improvvisamente, tutto mi parve
offuscato. La paura,
l’ansia, l’orrore suscitati dai ricordi svanirono
nel momento stesso in cui
Jasper apparve alla porta. Mi venne incontro e si
inginocchiò davanti a me. Mi
prese le mani e mi
rassicurò: < Bella,
non ti succederà niente. Percepisco quello che provi e ti
assicuro: Nessuno
verrà a portarti via. Sei al sicuro. > Io annuii
cercando di convincermi.
Sentii le lacrime formare scie calde e bagnate sulle mie guance.
L’angoscia
però si fece più opprimente. Nella mia mente
rividi l’auto con cui mi portarono
via, sentii il dolore della puntura e il sapore
dell’anestetico sulla mia
bocca. Rividi il buio della mia prigione e gli occhi di Aro. Mi parve
di
sentire il freddo delle loro luride dita mentre tentavano di svestirmi.
Mi
accorsi di ansimare e di essermi portata le mani al petto. Un attimo
dopo
Edward era vicino a me mentre La culla da viaggio con dentro Elizabeth
era
appoggiata sul tavolo. Jasper guardava Edward confuso. Tra le lacrime
intravidi
Carlisle avvicinarsi. Edward mi prese la mano destra mentre Carlisle la
sinistra. < Bella, fai dei respiri profondi. > Mi disse
mio suocero con
tono autoritario. Volevo fare come mi diceva ma non ci riuscivo. Fu
Edward a
prendermi tra le braccia…
< Ha un attacco di panico.
Portiamola fuori… deve
prendere aria. >
Io appoggiai la mano sulla spalla
di Edward e gli
dissi: < Non preoccuparti. Va tutto bene. Adesso
passa… >
Lui mi guardò scettico
mentre mi sforzavo di
regolarizzare il respiro. Mi prese la testa tra le mani e
appoggiò la sua
fronte sulla mia. Il suo respiro mi sfiorava la pelle e
penetrò nella mia bocca
dalle mie labbra dischiuse. Un venticello leggero e fresco mi
accarezzò i
capelli. Chiusi gli occhi e mi concentrai sul respiro. Si
avvicinò abbastanza
da appoggiare la bocca sopra la mia. Mi toccò appena ma
tanto bastò per
ricordarmi che lui era lì, era reale, era mio… Mi
rimise sul divano e mi
accarezzò i capelli.
Quando il mio cuore smise di
battere forsennato, si
allontanò dal mio viso. Aprii gli occhi e notai che Esme e
Carlisle erano
dall’altra parte della stanza, intenti a coccolare la bambina
che nel frattempo
si era addormentata. Jasper invece restava dietro Edward. Riuscivo a
sentire
l’effetto del suo potere su di me. Non mi sfuggì
la finestra prima chiusa ed
ora aperta. Esme cercava di venirmi incontro in tutto, come una madre.
Cercai di alzarmi ma Edward me lo
impedì tenendo le
sue mani sulle mie spalle. < Edward, lasciami alzare…
> Lui mi osservò,
mi studiò e poi mi chiese: < Bella, sei sicura?
Perché non ti un stendi un
attimo? Magari… > < No, non ho intenzione di sdraiarmi. Mi devi ancora
finire di spiegare
quel pezzo. > E gli sorrisi indicando il pianoforte. Lui mi
carezzò le
guance e mi prese in braccio. Un attimo dopo ero seduta sulle sue gambe
al
pianoforte. Da quando ero bloccata in casa, per cercare di non sprecare
il mio
tempo, avevo cominciato a studiare pianoforte oltre che alcune delle
materie
che avrei voluto seguire all’università. Edward
era il maestro migliore di
tutti. Al piano non ero neanche lontanamente come brava come lui, ma ad
Edward
non sembrava importante. Diceva che miglioravo a vista
d’occhio. Quelle lezioni
erano a dir poco fantastiche. Seduta sulle sue ginocchia, cercavo di
seguire le
sue istruzioni. Lui accompagnava le mie dita poggiandoci sopra le sue.
Non so
come mai ma di solito mi ritrovavo girata verso di lui a baciarlo. Le
sue mani
sul mio bacino mi costringevano a restargli vicina ed io non avevo
nessuna
intenzione di fare altro se non restare ferma appoggiata a lui. Anche
quella
volta, come mi aspettavo infatti, rimasi alcuni minuti attenta alla sua
spiegazione ma poi, rapita dai movimenti aggraziati delle sue dita sui
tasti,
sentii il mio cuore battere sempre più forte. Le sue labbra
dal mio collo si
spostarono sulle mie guance e mi fecero completamente perdere la testa.
Quando
ricominciai a connettere, scoprii di essere a cavalloni su di lui,
sciolta
contro il suo petto. Le mie gambe avvinghiate dietro la sua schiena. Le
nostre
bocche intente a muoversi in sincronia. Le sue mani accarezzavano la
pelle della
mia schiena.
< Come va adesso? >
Mi chiese malizioso,
giocherellando con il gancetto del reggiseno.
< Mai stata meglio. > Gli confidai prima di
ritornare a mordicchiargli le labbra…
Le sue mani intanto si erano infilate sotto la gonna e
risalivano le mie cosce fino ad arrivare ai miei slip.
All’orecchio mi mormorò: < Se ne sono
andati tutti…
> e poi scostò un po’ il filo laterale
degli slip.
Con un risolino, mi avvicinai a lui e, provocante, gli
dissi: < E allora che ci facciamo ancora qui? >
< Ottima domanda… > e un attimo dopo,
affondavo
nelle lenzuola, avvolta dalle sue braccia. I nostri vestiti giacevano
ormai
abbandonati ai piedi del letto.
Una settimana dopo, seduta in sala
sul divano davanti
al pianoforte, assaggiavo una fetta della torta preparatami da Alice.
Avevo
appena sentito i miei genitori al telefono. Mia madre era stata
felicissima di
sentirmi ed era stata sul punto di piangere quando dovette riattaccare.
< Buona? > Mi chiese mia sorella. Io a bocca
piena cercai di risponderle:
< Squiscita… Scei una maga, Alisce…
> Lei mi
sorrise e si sistemò meglio mia figlia tra le braccia.
Emmett guardò mia figlia e, dopo averle accarezzato la
fronte con un dito, le disse: < Allora Liz? Questa sera
sarà esattamente un
anno da quando quei maialini dei tuoi genitori hanno…
> Edward lo incenerì
con lo sguardo prima che potesse continuare prese Elizabeth dalle
braccia della
sorella e, tenendola da sotto le ascelle, la avvicinò a
sé. Lei
si era limitata a sorridere ed emettere
versetti di gioia, felice che tutta l’attenzione fosse
focalizzata su di lei.
Edward le sfregò il nasino con il suo e lei rise, poi
appoggiò le sue manine spalancate sulle guance del padre,
sfiorandogli la pelle
e cercando di aggrapparsi ai capelli.
All’inizio, quando era
appena nata, sorrideva se
vedeva un volto. Carlisle mi aveva detto che era il sorriso cossiddetto
sociale…
A due mesi e mezzo invece aveva cominciato a
sorridermi deliberatamente. Dischiudeva le labbra ogni volta che mi
vedeva,
quando i nostri occhi si incontravano, quando sentiva la mia voce.
Adesso
pareva riconoscere anche gli altri, soprattutto il padre. Quando lo
sentiva, si
osservava intorno in cerca delle sue mani fredde.
< Beh, magari questa
sera… potreste provare a
vedere se riuscite a darle un fratellino… magari il 13
agosto vi porta fortuna!
> Fece Emmett, distogliendomi dai ricordi.
< Il 13 forse sì, ma spero che domani non succeda
niente. > Dissi mesta, poggiando il piatto sul tavolino e
passandomi una
mano sulla gonna. Mi alzai e seppi di avere gli occhi di Edward fissi
sulla mia
schiena. Respinsi le lacrime e mi voltai a sorridergli. Poi mi rivolsi
ai miei
suoceri: < Grazie per la festa… è stato un
bell’anniversario. > Entrambi
mi abbracciarono e, dopo aver dato un’occhiata al pendolo, mi
dissero:
< Ora
dobbiamo andare altrimenti non ce la facciamo ad arrivare per
la… cerimonia…
> e poi riabbracciarono tutti. Rosalie mi prese le mani e me le
strinse.
< Allora, ci vediamo fra quattro giorni. Mi raccomando, sta
serena. Ci
sentiamo domani. > Io annuii
e la abbracciai di slancio. Persino Emmett
restò serio, per una volta, almeno per un po’...
Mi augurò un buon fine di
serata e proseguimento di anniversario, poi, per non smentirsi mai, si
chinò
per dirmi all’orecchio: < Ti ho comprato un altro paio
di cosine carine… le
ho nascoste sotto ai tuoi vestiti… quelli che ti ha preso
Alice a Forks. Sono
certo che gli piaceranno. L’ho visto osservarli attentamente
mentre sfogliava
una rivista di Rose. > E mi fece l’occhiolino. Subito
dopo però mi strinse
la spalla con la sua mano enorme e mi scompigliò i capelli.
< Vedi di non
demoralizzarti troppo. Quando torno, voglio vederti allegra. E mi
raccomando,
non stressarti. Non ti aiuta di certo. > Poi anche lui mi
strinse in un
abbraccio affettuoso.
Vedendoli andare verso
l’auto, sentii lo stomaco contrarsi.
Strinsi le braccia intorno al petto e, dopo averli salutati con la mano
mentre
la macchina si allontanava, tornai in casa. Alice mi venne incontro
saltellando
e mi sventolò un pannolino davanti agli occhi.
Un po’ demoralizzata, mi
appallottolai sul divano e le
dissi: < Cambiaglielo tu. >
< No. Non ti
permetterò di deprimerti. E il modo
migliore è tenerti occupata. Le madri di solito non hanno
tempo per crogiolarsi
nell’autocommiserazione. Sono troppo occupate a badare ai
figli. Fra poco
comincerà a piangere e vorrà essere cambiata.
> Le sue parole furono dure e
mi ferirono, soprattutto perché, dopo avermi accarezzato la
schiena e scoccato
un bacio sulla guancia, lasciò la stanza lasciandomi
rannicchiata sul divano,
senza dirmi niente. Elizabeth, era tranquilla nella culla che Edward
aveva
sistemato nella stanza del piano. Emmett era stato ben felice di
costruirgliene
un’altra. In effetti, era comodo averne una anche
lì. Mia figlia si
addormentava meglio se accompagnata dalle note del padre…
Poco dopo Elizabeth
cominciò a vagire. Cercai di
ignorarla e mi tappai le orecchie, ma le sue grida erano troppo acute
perché
riuscissi ad ignorarle. Il senso di colpa si faceva lentamente strada
dentro di
me. Non potevo lasciarla lì tutta sola. Quello non era il
pianto tipico di
quando faceva i capricci perché non voleva restare
sola… era il pianto di
quando era a disagio. Sperai che Edward o Alice si occupassero di lei
ma invece
parvero ignorarla. Alla fine, sconfitta, mi alzai ed andai da lei. La
portai in
bagno e la lavai, la cambiai e poi l’allattai. Mentre lei
restava attaccata al
mio seno, io, appoggiata alla finestra, la osservavo. Quando Edward mi
baciò la
testa, mi colse di sorpresa. Alzai il capo e lui non mi diede il tempo
di
parlare. Mi baciò appassionatamente e poi mi
mormorò:
< Alice e Jasper dopo vanno
a caccia… che ne dici
di … > E poi fece scorrere un dito dal mio labbro
inferiore lungo il mio
mento,lungo il mio collo, fino ad arrivare al seno. Invece che
rispondergli mi
appoggiai a lui che, colto di sorpresa, mi abbracciò.
Asciugò le mie lacrime e
poi mi sussurrò: < Un anno fa, tutto avrei pensato
fuorché credere che
adesso ci saremmo trovati qui, con una figlia… Chi lo
avrebbe mai detto che la
nostra notte di nozze avrebbe avuto questo risultato. >
Cercai di ridere e poi lui
aggiunse: < Potremmo
dare retta ad Emmett e vedere se questo giorno porta
fortuna… magari tra un
anno di bambini tra le scatole ce ne saranno due. >
Alzai lo sguardo e i miei occhi
resero inutili le mie
parole. Quindi, non ero ancora incinta, nonostante tutte le volte che
ci
avessimo provato fino a quel momento…
< No, Alice non ha visto
niente… Non ancora. Ma
sono certo che è solo una questione di tempo. Ne ho discusso
a lungo con
Carlisle. Nelle coppie, capita che i bambini si facciano
attendere… Non è detto
che sia io a non poter avere più figli.
Che ne dici se
riproviamo… Tentar non nuoce. Oggi mi
sento particolarmente… >
< Edward… non
devi pensare che voglia un figlio a
tutti i costi. Io voglio amarti. Certo, se dovessi restare incinta, non
mi
spiacerebbe di certo. Te
lo ho già detto
un milione di volte! > e sorrisi, facendo finta di allontanarmi
da lui. Si
chinò a baciarmi e poi mi disse: < Spero non ti sia
offesa prima. Alice non
voleva ferirti. Lo sai. Cerca solo di spronarti ad essere forte.
> Io Annuii
e poi mi divincolai dalla sua presa protettiva. Riposta Elizabeth nella
culla
in camera nostra, tornai da mio marito.
Mi fece entrare in sala da pranzo,
che per tutto il
giorno era stata per me off limits, e a me mancò il fiato.
Le candele illuminavano
la stanza piena di rose rosse. Mi accomodai a tavola e mi godetti il
mio primo
anniversario di nozze sola con mio marito. Una piccola oasi di
felicità in un
mondo che in certi momenti era stato davvero duro con me…
Sebbene la serata si fosse presto
spostata in camera
nostra, terminò tra le braccia protettive di Edward dove mi
feci consumare
dalle sue carezze dolci e premurose. Niente di
più…
Quella sera mi sentivo troppo
spossata per pensare ad
altro se non a riposare tranquilla coccolata dalle sue mani. Le sue
dita
gentili e discrete accarezzavano la mia pelle accompagnandomi, insieme
alla sua
voce, nel mondo dei sogni.
Affidammo Elizabeth alle cure
premurose di Alice per
un giorno, dopo che mi fui assicurata che avesse abbastanza latte.
Edward
dovette trascinarmi via di casa perché trovavo ogni scusa
per rimanere. <
Bella, non staremo via molto… torneremo questo pomeriggio.
< Ma Edward… guardala poverina. Come faccio a
lasciarla…
e se poi si sente male? o se non vuole mangiare? > Non mi ero
mai allontanata da lei. neanche per poche ore...
< Bella, ti prometto che anche solo se starnutisce
ti telefono… va bene? > Mi aveva detto Alice
spingendomi verso la porta.
Edward, dopo aver salutato sua sorella e nostra figlia, mi
infilò la giacca e
mi strinse tra le braccia. Alice venne sull’uscio a
salutarci. La bambina,
appoggiata al suo petto, protese le braccia verso di me ed io, tenuta
per mano
da Edward e già con la giacca, mi avvicinai a lei e le
baciai la guancia.
< Ci vediamo dopo, Amore mio… > Le bisbigliai
accarezzandole
la testolina coperta da una cuffietta rosa. Edward sbuffò e,
dopo avermi tirato
verso di lui, fingendo di
essere sconvolto, mi disse: < Mi tradisci con lei?
>
< Ma come puoi pensare questo? Dovrò farti capire che
ti sbagli... > Gli sussurrai
cingendogli il collo con le spalle e mettendomi in punta di piedi per
baciarlo.
Prima che le nostre labbra si
sfiorassero, riconobbi
il suo sorriso sghembo e gli accarezzai il capo. mi
accarezzò il palato con la lingua ed io inarcai la schiena.
Lui mi baciò il collo per poi tornare alla bocca. Un attimo
dopo, mi fece salire sulla
sua schiena. Mi tenni stretta a lui che sfrecciò velocissimo
verso il bosco. Una
manciata di secondi dopo stavamo praticamente volando attraverso la
foresta. I miei
capelli lunghi svolazzavano per la forte velocità. Piccoli
ramoscelli e
foglioline vi si incastrarono ma non vi feci caso. Appoggiato il capo
alla sua
spalla, osservai il mondo sfrecciare ai miei lati. La presa di Edward
sul mio
corpo si fece più stretta e lui mi sussurrò:
< Ti amo. >
Senza rispondergli, cominciai a baciargli il collo,
senza dimenticarmi neanche un minuscolo lembo della sua pelle marmorea.
Quando arrivammo a destinazione, Edward mi lasciò
scivolare delicatamente sull’erba soffice. Mi
sfilò la giaccia e mi ci fece
sdraiare sopra.
Subito dopo si fece cadere al mio fianco e poi rotolò
fino a raggiungermi. Quando mi sfiorò, mi disse: < Ho
una cosa per te… >
< Cosa? > Mi misi seduta a gambe incrociate e
lui, poggiandosi sui gomiti, mi sorrise.
Alla luce del flebile sole, la sua
pelle risplendeva
come fosse costituita da centinaia di cristalli sfavillanti e creava
dei
disegni meravigliosi sul terreno… rimasi ammaliata ad
osservarlo. Ero come
rapita… i suoi occhi fissi nei miei erano splendidi. Il
vento gli scompigliava
i capelli rossi che gli incorniciavano il viso perfetto. Non riuscii a
trattenermi. Allungai la mano e gli sfiorai la guancia, come avevo
fatto anni
prima, la prima volta che lui era stato se stesso in mia presenza.
Anche allora
ci trovavamo in un bosco che pareva incantato…
< Mmm… lo vuoi
vedere? > Mi chiese entusiasta,
facendomi ridestare dal sogno magico in cui mi ero persa... Un
po’ preoccupata
per il suo sguardo troppo emozionato, annuii. Subito dopo fu alle mie
spalle. Poggiò
le sue mane gelide sui miei occhi.
Quasi non mi accorsi del freddo che
sentivo sul petto,
cercai di aprire gli occhi e, quando appoggiai la mano sinistra sulle
sue per
poter liberare i miei occhi, sentii qualcos’altro di freddo
sfiorarmi il polso.
< Edward… ma che diavolo… ? >
< Sht, non dire niente. > E poi liberò la
presa
delle sue mani sulla mia testa.
Rimasi interdetta un attimo, senza capire cosa fosse
cambiato poi, notai un luccichio all’altezza del seno.
Un ciondolo splendido era appeso ad una catenina
certamente d’oro. Brillava. Un fiore dalle mille
sfaccettature splendeva nella
mia mano.
< Ti piace? > Lo presi tra due dita e notai
anche il braccialetto, vicino a quello regalatomi da Jake.
< Quello è un diamante… mentre il
braccialetto è d’oro
bianco. >
Notai la scritta… recava
la data del nostro matrimonio
e quella del nostro anniversario… poi, con una grafia
elegante, vi era scritto:
“Grazie per aver dato un senso alla mia esistenza.”
< Oddio Edward… è bellissimo.
Davvero… Ma ti sarà
costato una fortuna! Scusa... io non ti ho dato niente... >
< Non dire scemenze… Mi hai donato te stessa. Il tuo
amore. Più di quanto meritassi e avessi mai potuto sperare.
> Mi disse appoggiando la mano sul mio viso.
Continuò dicendomi: < E poi,
c’è questo… È per
Elizabeth, quando sarà un po’ più
grande…>
E mi porse un pacchettino di una gioielleria. Il velluto
era vecchio e consunto. Pareva molto antico. Dentro c’era un
ciondolo a forma
di cuore come quello che mi aveva regalato tempo prima.
< Anche questo è un regalo riciclato? > gli chiesi ironica. Lui
scrollò le spalle con nonchalance.
Liquidò la risposta con un < Dettagli. Comunque,
sì... mia madre aveva molti ciondoli così...
>
prima di appoggiare le labbra sulla mia spalla. Seguendo la sottile
catenina d’oro,
raggiunse il fiore di diamanti e poi mi fece sdraiare.
Poggiò il capo sul mio
seno e rimase a lungo ad ascoltare il battito del mio cuore…
Battito che accelererò
dato che quella posizione così naturale ma allo stesso tempo
romantica e dolce,
suscitò in me desideri non molto casti. Mi limitai
però a poggiare le mie
braccia intorno al capo di mio marito e a baciargli i capelli che mi
solleticavano il volto.
Quando il mio stomaco
brontolò, lui sorrise e mi
preparò la tovaglia per il pic-nic.
< Da dove lo hai tirato fuori quello? > Gli
domandai indicandogli il cestino con dentro il cibo.
< Ce lo ha portato Jasper prima. Tu non te sei
accorta… > Arrossii probabilmente, percependo il mio
stato d’animo, aveva
capito quello che avrei voluto fare. < Bella, per una volta che
non stavamo
facendo niente di male o di sconcio, non dovresti aver nulla di cui
vergognarti…
a meno che… > E poi sorrise malizioso poggiando il
dito sul mio petto e
facendolo scorrere fino al mio mento per poi sfiorare il mio labbro
superiore.
< “A meno che” cosa? > < A
meno che i tuoi
pensieri, che come ben sai io non posso vedere, non fossero
così innocenti come
appariva dalla tua espressione… >
Cercando di apparire scandalizzata, mi alzai in piedi
e mi allontanai ma lui mi cinse la vita e mi fece ricadere a terra tra
le risa
di entrambi.
< Non leggerò i tuoi pensieri, ma so interpretare
ogni tuo battito, ogni tuo sospiro… >
E poi le sue mani presero ad esplorare nuovamente il
mio corpo, facendo scivolare i miei vestiti, insieme ai suoi, lontano
da noi...
L’erba fresca accarezzava la pelle della mia schiena
facendomi il solletico mentre il freddo trasmessomi dal corpo di Edward
mi
faceva fremere di piacere ed impazienza...
Il piccolo cestello da pic-nic finì dimenticato ai
piedi di un albero…
Nella mia mente trovava spazio solo Edward,i suoi
movimenti, i suoi gesti accompagnati dalle sue parole…
L’unica cosa su cui
riuscivo a concentrarmi era la sua
voce e il suo profumo. Il dolce peso del suo corpo sul
mio…