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Autore: Saya_Zhao    29/10/2008    4 recensioni
Questa Fanfic si è classificata SECONDA e PREMIO ORIGINALITA' al contest "Alternative Universe Special" indetto da DarkRose86
[KibaHina]{Rock Lee, Neji Hyuuga, Naruto Uzumaki}
"Una volta qualcuno le aveva detto che essere avvolta completamente dall’acqua, senza nessuna possibilità di respirare, è come immergersi in se stessi. L’acqua rilassa, l’acqua fa scordare ogni problema. Ci riporta alla vera essenza del nostro io, ci porta all’inizio dei problemi.
Si entra in contatto con la propria coscienza, con le proprie paure, con i nostri ricordi più profondi e apparentemente cancellati. E, alla fine, quando ci accorgiamo che non siamo in grado di trattenere oltre la nostra necessità di aria, ci porta alla soluzione delle incertezze."
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka, Neji Hyuuga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Parte Seconda

Lo Stregatto è uno strano valletto.

L’odore del tè era ovunque, se lo sentiva appiccicato addosso come una seconda pelle.
E il mal di testa non cessava mai, anzi; se era possibile aumentava sempre più man mano che capiva. Lei era Hinata. Una ragazza tanto debole e inadeguata per suo padre quanto dolce e sensibile per i suoi amici. Amici che le stavano vicino e che lei, ingenuamente, non considerava quasi più per colpa della tristezza che quell’unico sguardo severo e sprezzante le infieriva.
Memorie strappati da chissà dove, veloci flash di momenti terribili. Ed era quello, che creava l’emicrania; ricordi di un posto lugubre e buio, illuminato da luce offuscate. La sensazione lacerante del vomito e poi più nulla. Mancava solo un pezzo per completare tutto e andarsene.
Si mise una mano sugli occhi. Non ne poteva più di quel posto, non ne poteva più di nulla.
 - E così vorresti abbandonare il nostro povero principe? -
Oddio.
- Sei così stanca? Non vuoi ricordare anche il volto del tuo Amorrre? – mormorò una voce suadente, che allungava la R quasi stesse facendo le fusa.
- Il vostro principe è Naruto? – esclamò incredula la ragazza, balzando a sedere.
- Il nostro principe è chiunque tu voglia incontrare. Il nostro principe è colui che desideri, colui che ti protegge e ti sostiene. Colui che ami davvero, insomma. – concluse, sorridendo.
Oddio!
Hinata si accorse che stava parlando con un gatto. Un gatto con un ghigno enorme che gli attraversava il volto e la pelliccia a strisce rosa e viola, per la precisione. E due giganteschi sopraccigli neri che emanavano un’incredibile aura di gioventù.
- Rock Lee. - sbottò, quasi divertita.
- Cosa ridi, questo è un tuo sogno, sai?
- Quindi è un sogno! –
Il gatto sorrise sempre più senza aggiungere nulla. Solo osservando quell’espressione, Hinata capì che da lui non avrebbe ottenuto altro che vaghe risposte.
- Vuoi dirmi, per piacere, da che parte devo andare, signor… Stregatto? – disse, con un po’ di timidezza; non sapeva se quello era il suo nome, né quale fosse l’atteggiamento giusto per rivolgergli la parola.
- Dipende molto dal luogo dove vuoi andare - rispose il Gatto. - ... purché tu vada da qualche parte. Non hai che da camminare! – e scomparve, per poi riapparire poco più in là.
- Ma se non raggiungo il principe come faccio a liberarlo? –
- E chi ti dice che noi vogliamo questo? Magari lui è un malvagio tiranno addormentato per secoli da una gentile regina. – e si dileguò, ancora.
- Stregatto! Non sparire! –
- Perché me lo ordini tu? – esclamò, ricomparendo dietro la sua schiena e facendola saltare per lo spavento.
- Perché ho paura … questo posto e da pazzi! – borbottò, ripensando all’orologio e alla lepre di marzo.
- Oh, di questo non devi avere timore. Io sono matto, tu sei matta, qui tutti sono matti! –
- Anche il principe? –
- Lui dorme, quindi non saprei. –
- Stregatto, dove trovo l’unico non matto? –
Il gatto esibì un enorme sorriso. – ma se solo lui non è matto ma lo sono tutti gli altri alla stessa maniera, allora non è forse che lui è matto e noi no? -
- Forse - rispose lei – ma, per favore, non apparire e scomparire così velocemente. Mi fai girare la testa! –
- Hai ragione - disse il Gatto. Così svanì con lentezza, cominciando con la fine della coda e finendo col ghigno, che rimase per un po’ sul ramo dopo che tutto il resto era sparito.
- Dove devo andare, Stregatto? – gridò Hinata al nulla.
- Perché non segui il valletto? –
La ragazza sospirò, rassegnata. Ottenere altre informazioni era impossibile! Più lo chiamava, più aveva l’impressione che si allontanasse apposta, lasciando che la sua voce rimbalzasse di continuo sulle pareti inesistenti di quel posto.
- Chi è il valletto? – urlò, per l’ennesima volta. Ma, ancora una volta, tornò indietro solo l’eco.
- Sono io, il valletto! – esclamò il gatto, ricomparendo sulla sua spalla all’improvviso.
- Stregatto! – strillò spaventata Hinata. Il gatto rise, portandosi la zampa davanti alla bocca. Era terrificante quella risata, un miscuglio tra un singhiozzo e un grido sommesso.
- Seguimi, no? – esclamò, scomparendo e riapparendo più volte lungo il sottile sentiero rosato che apparve nel nulla. – Ma sbrigati, o la strada si stancherà di te! -
La strada si stancherà di me?” pensò, incerta se crederci o no. Ma con la coda nell’occhio vide il sentiero dietro di lei sparire, come se una gomma lo stesse cancellando.
- Stregatto, aspettami! – strillò, spaventata.


Hinata depone
Le sembrò di camminare da una vita senza che quello strano sentiero terminasse. Iniziava a pensare di trovarsi in un limbo, o qualcosa di simile; perché quel sogno durava da troppo tempo, non era possibile che si trattasse di una normale notte da dieci ore. Sapeva benissimo che niente e nessuno poteva controllare la durata di un incubo; un’ora in quel posto poteva corrispondere a qualche secondo nella realtà. Però la sensazione che qualcosa di veramente brutto le fosse capitato non se ne andava… aveva il terrore di non risvegliarsi più e di rimanere per sempre in quel posto. E non era solo una semplice percezione: iniziava a ricordare di una piccola pastiglia bianca, così invitante e così stranamente pericolosa…
Scosse la testa violentemente, per scacciare quell’immagine.
- Non distrarre il tuo pensiero dalla strada… - ghignò il gatto. E aveva ragione: la mora aveva iniziato a rallentare, presa com’era dai suoi ragionamenti. E, intanto, la strada iniziava a mancarle da sotto i piedi.
Con un balzo spaventato saltò in avanti, aggrappandosi alla coda del gatto.
- Non tirarmi la coda o sparisco! – minacciò lo Stregatto. Hinata la lasciò andare immediatamente.
- Così va meglio – trillò, continuando la sua cantilena assurda.
- La strada… - esclamò meravigliata. Il sentiero rosa iniziava a cambiare. Non aveva più quell’innaturale consistenza del Linoleum, ma divenne la ruvida sensazione della pietra grezza. Anche il colore mutò, diventando un bel grigio chiaro. I ciottoli s’incastravano fra loro in modo disordinato, costruendo una strada quasi medievale. Ai lati del sentiero il nero scomparve, lasciando il posto a bei cespugli colorati ricchi di fiori sbocciati. Dopo tutto il nulla percorso, quell’armonia di colori era la cosa più bella e reale che avesse mai visto; calle, tulipani, gigli e piccole campanule li circondavano con eleganza.
- Wow… - esclamò, stupita. Era proprio un panorama da fiaba. Due piccole lanterne illuminavano uno steccato bianco, sovrastato da un arco in legno pieno di rose rampicanti; più in basso, tre piccoli gradini marmorei invitavano i passanti a oltrepassare il cancello.
- Devo…andare? – improvvisamente tutta la sua insicurezza si fece sentire. La debole Hinata tornava, ancora più indecisa che mai. Superare quell’arco era come superare un punto di non ritorno. Esitava, come al solito. Eppure, per l’amore si fa ogni cosa, no? Allora perché aveva così tanta paura?
E’ la paura di amare ed essere ricambiata.
E’ la paura del cambiamento, mon petit gâteau. Kurenai lo diceva sempre.
Esattamente come Lancillotto prima di salire sul carretto per la sua dolce regina.
E, come lui, sarebbe riuscita trovare il coraggio per avanzare?
Il gatto annuì, senza cancellare quell’irritante sorriso di scherno.
Hinata trattenne il respiro, terrorizzata, mentre superava quella soglia.
- ATTENTA AL PROCESSO! – gridò lo Stregatto. Hinata si girò di scatto, ma ormai il passo era fatto.

S’era coperta la testa con le mani, in un istintivo gesto di auto protezione. Era accovacciata su se stessa, senza trovare la forza di alzare lo sguardo. Sentiva gli occhi di mille e più persone puntate su di lei: la osservavano, la schernivano, la giudicavano.
- Imputato Hinata Hyuuga. – una voce maschile, possente, autoritaria. Una luce la colpì in pieno, illuminando il piccolo rialzo in legno su cui era inginocchiata.
- Vuoi rispondere? – un’altra voce, che gracchiava come un corvo.
- S…sì… sono io. – sussurrò.
- Entrino i testimoni!
Hinata si girò per scoprire chi era il fantomatico primo imputato. E rimase di stucco nel vedere il bruco e il cappellaio.
- Che sapete dirmi di questa faccenda? – borbottò il giudice.
- Niente! – gridarono in coro.
- Come niente, mi prendete in giro? Siete o non siete testimoni? – tuonò, fusioso.
Il bruco rimase impassibile, continuando a fumare la sua pipa. Solo il cappellaio si degnò di rispondere:
- Maestà illustrissima, cioè… giudice. La testa di quella ragazza è così confusa ed insicura che anche se volessimo non potremmo sapere nulla – sbottò, tornando a sorseggiare il suo tè.
- Vedo, vedo… - borbottò pensierosa la seconda giudice.
- Non sa nemmeno chi è – puntualizzò il bruco.
- E nemmeno chi sarà il suo principe! – gridò lo Stregatto comparendo  e scomparendo giusto il tempo per peggiorare la situazione.
- Che gran confusione. – ringhiò il primo giudice. – E poi ti chiedi perché tuo padre non ha fiducia in te. –
Quelle parole furono come una pugnalata nel petto. La mora spalancò gli occhi, incredula. Allora, era vero che la colpa era tutta sua; era vero che suo padre non si fidava di lei solo perché lei stessa non credeva nelle proprie capacità. Però, sentirselo dire in modo così diretto faceva male.
- Scommetto che nemmeno ti ricordi il suo volto, vero? – l’accusò l’uomo.
- No, io… - cominciò, senza riuscire a terminare.
- Così vorresti ricordarti solo dei momenti piacevoli? Non sai che la vita è fatta anche di incubi e dolori? Non sai che è così, che si cresce? –
Silenzio. Non riusciva nemmeno a ribattere per difendersi. Perché sapeva che era vero.
- Giurati, come giudicate l’imputata? – tuonò il magistrato.
- Colpevole. – gridarono in coro.
- E la pena? –
I giurati si consultarono.
- Per crescere niente è meglio di una sana dichiarazione! –
Cosa?!
- E sia. L’imputata dichiarerà il suo amore al principe con un bacio.
Questo sì, che era un incubo.

Principe? Lieto fine?
Sì.
Salì le scale con le gambe tremanti. Ogni gradino era una tortura, ad ogni passo la paura aumentava.
Dichiararsi a Naruto.
C’era qualcosa di peggiore?
Come nella fiaba più bella, il principe giaceva addormentato sulla torre più alta. E, all’improvviso, al posto del processo era comparsa un’unica torre, circondata da una foresta di rovi.
Tu-Tum.
Il rumore dei suoi battiti era l’unico suono che rimbombava fra quelle fredde pareti in pietra.
Scandivano lentamente il tempo.
Tu-tum.
“Dio, la paura mi sta uccidendo.”
Era spaventoso quanto dover parlare con suo padre. L’effetto era lo stesso, perché le aspettative erano più o meno simili.
Quello che temeva era essere rifiutata.
E quella paura le stava rodendo l’anima.
- Cosa temi? – ridacchiò il gatto-Rock Lee, comparendo sull’uscio di una grande porta.
Ci siamo” pensò Hinata. Le scale erano terminate, non c’era più nessuna scusa. La porta in legno massiccio era lì, davanti a lei, pronta per essere aperta.
Desiderava ardentemente fuggire, ma sapeva che era controllata.
Doveva farlo e basta, per se stessa e non per gli altri.
- Un attimo – sbottò lo Stregatto – chi è il tuo principe? -
La domanda colpì la mora. – Naruto, no? – rispose con semplicità.
Il gatto sorrise in modo ancor più sinistro e scomparve dallo stipite della porta, lasciando libero il passaggio. Hinata afferrò la maniglia e spinse piano, molto piano. Abbastanza comunque da far cigolare la porta. Nella camera non vi era luce, solo due grandi vetrate che lasciavano trasparire la luce lunare. Il letto a baldacchino era in un angolo; vi si distingueva una figura supina avvolta dalle coperte. La luce non arrivava ad illuminargli il volto, ma Hinata ricordava la bionda chioma celata dall’oscurità. Naruto era perfettamente immobile; le sarebbe parso morto se non avesse notato il petto che s’abbassava e s’alzava al ritmo del suo leggero respiro.
Si avvicinò con timidezza, sedendosi sul bordo del letto.
Accarezzò timorosa la mano del ragazzo, sentendo la pelle calda e viva.
Un bacio e il tuo principe si sveglierà per te.
Si chinò, percependo il calore del suo viso così stranamente vicino alle sue labbra. Le guance le s’infiammarono, ma non si ritrasse. C’era qualcosa di magico e magnetico che la spingeva a continuare.
E finalmente, come al coronarsi di un sogno, toccò le sue morbide labbra. Fu un bacio casto, leggero, timido.
Così com’era venuto, alla stessa velocità s’era spento.
- Naruto? – mormorò dubbiosa Hinata. perché non succedeva nulla?
- Ahi, ahi, ahi…- lo Stregatto comparve all’improvviso. Rideva più del solito, in modo cattivo e perfido.
- Cosa succede? – gridò la mora.
- Hai sbagliato! – la schernì.
Hinata sentì il terreno sotto i suoi piedi venire meno, e lei finì ancora una volta nel nulla completo.


La prima cosa che tornò fu la sensibilità ai rumori. A volte li sentiva forti e chiari, altre deboli, a scatti. Altre volte, ancora, non era in grado di distinguere da cosa provenisse il suono.
Non erano altro che deboli mormorii. Il più delle volte tristi e inconsolabili, accompagnati da leggeri singhiozzi. Il suono delle ruote che sfrecciano sul pavimento lucido, ninna nanne cantate in stanze lontane. Infine, un lungo e ripetuto bip. Era fastidioso, eppure desiderava che non smettesse mai.

Poi vennero gli odori. Ogni giorno, sentiva il profumo di un fiore diverso. Gigli, rose, viole, tulipani, calle, girasoli, iris. Lei adora il buon odore dell’iris.
Ma quando questi profumi se ne andavano, immancabilmente tornava l’orribile odore dell’alcool, del disinfettante. Odore di ospedale.

Più tardi, anche la pelle ritrovò la sensibilità. Sotto di lei non sentiva altro che ruvido tessuto, spesso e resistente. Qualche volta, con suo estremo imbarazzo, provava la sensazione della pelle umana altrui percorre il suo corpo. Con il tatto, tornò anche il dolore. Dapprima leggero, poi sempre più insistente. C’erano momenti in cui non percepiva nulla, altri in cui avrebbe preferito morire.
Era sicura che questa sua condizione fosse legata al piccolo tubicino in plastica che penetrava nel suo sistema circolatorio. Ma non sapeva spiegare il perché.

Dopo tanta oscurità, finalmente venne il bianco. Candido, quasi accecante, un colore puro che ricopriva ogni oggetto. Poi, lentamente, gli oggetti iniziarono a delinearsi; le diverse tonalità si mostrarono per quello che erano. Il bianco divenne panna, argento, grigio e azzurro chiarissimo.
Ora poteva distinguere gli oggetti. Non erano altro che forme confuse, offuscate da una leggera apatia della sua retina. Ma era bellissimo, tornare a vedere. Lei non era altro che un bambino appena nato a cui veniva mostrato il mondo per la prima volta. Staccarsi dal caldo tepore della notte è difficile; ma quando si prova la luce non vi è niente di meglio.
- Hinata? -
Quello era il suo nome. Quella era lei! Lei era Hinata, la dolce, timida, pasticciona Hinata! Qualcuno la stava chiamando. Che lo Stregatto le avesse fatto uno scherzo? Non aveva affatto sbagliato. Naruto era lì, pronto a stringerle la mano. Pronto a ringraziarla per averlo risvegliato trovando il coraggio di dichiararsi.
Naruto sarebbe diventato finalmente il suo principe…?
- Na… ru…to? – soffiò, trovando maledettamente difficile trovare la voce.
Sentì la mano che stringeva la sua irrigidirsi. Poi, la figura china su lei sorrise tristemente. E Hinata sentì una lacrima cadere sul suo braccio.
- Non… sei… -
Le immagini divennero ancora più chiare. Non c’era nessuna chioma bionda, in quella stanza d’ospedale. Nessun bel sorriso, nessun paio di occhi azzurri come il cielo, né la tuta arancione che tanto attirava l’attenzione. Niente di tutto questo…
- Ehi! Hinata s’è svegliata! Shino, Neji, Kurenai! Hiashi-sama! Correte! -
No, non era Naruto. E lei era una stupida se ancora non era in grado di aprire gli occhi.
Per un attimo, vide ancora lo Stregatto. Ma stavolta il suo sorriso era stranamente gentile.
- Kiba… - mormorò, senza esitazioni, stringendo più che poteva la mano del ragazzo.

 Le fu necessario vedere la morte
per capire la vita.






Akasuna No Saya Rights ©
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ok, scherzavo. Non sono tre parti ma due, l'ho confusa con la FanFic sull'eccidio di CefaloniaXD
Perdono *inchino*
Così, la mia Hinata in Wonderland si è conclusa!
Spero vi sia piaciutaa!

ringraziamenti post-recensioni:

Lally30: ed eccolo qua. spero ti piaccia ^O^

Denev: fatta e finita. ti piace?

Darkrose86: io adoro il tuo giudizio**

Blackie: *_* thank. solo questo XD

HopeToSave: *_* cosa devo aggiungere alla tua bellissima recensione se non: graziegraziegraziegrazie? XDXD

Giuly993: be, la fantasia c'è ma... devo ammettere di essermi ispirata un po' al 13 episodio di Host ClubXD




  
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