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Autore: ___Page    22/11/2014    1 recensioni
Spalancò gli occhi, sollevandosi con la schiena dal materasso, in un gesto secco e improvviso.
Una mano tatuata andò a posarsi sullo sterno, contro cui il cuore batteva impazzito, mentre cercava di regolarizzare il respiro e calmare l’affanno che gli smuoveva il torace.
Chiuse gli occhi, deglutendo.
-Calma… Calma…- mormorò a se stesso, mentre riprendeva il controllo e il ronzio alla testa diminuiva pian piano.
[Non è un AU]
*Fan Fiction partecipante al LawxMargaret day*
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Margaret, Penguin, Trafalgar Law
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Contro ogni legge, contro ogni regola,
per quegli occhi di ghiaccio capaci di incendiarle il cuore





 
Porter squadrò l'amico con espressione preoccupata, impegnato a tracciare con un legnetto disegni senza senso nel terriccio che avrebbe fatto loro da giaciglio.
L'umore dell'intero plotone era crollato quando avevano saputo di quel trasferimento vicino al confine nemico ma non aveva mai visto Lawrence in quelle condizioni.
Pallido, smunto, in costante tensione e con delle occhiaie spaventose, molto più marcate del normale.
Sembrava l'ombra di se stesso da quando erano giunti in quella radura, protetta dal bosco, dove avevano organizzato l'accampamento e Porter non riusciva davvero a spiegarsi cosa gli fosse preso. 
Sì, era vero, si trattava di una missione estremamente pericolosa, infiltrarsi oltre le linee nemiche per recuperare i feriti e riportarli al di qua dove sarebbero stati curati direttamente sul posto, nell'ospedale da campo che alcuni soldati stavano montando.
Ma Lawrence credeva fermamente nelle proprie capacità e, inoltre, non aveva paura della morte e questo, unito alla sua freddezza, lo avevano fatto diventare sottoufficiale molto rapidamente. 
In realtà anche il moro aveva faticato a spiegarsi il proprio stato d'animo, così poco adatto a lui, solitamente freddo e glaciale.
Stava lasciando trasparire un'umanità che non credeva nemmeno lui di possedere e, riflettendo su questo dettaglio, aveva finalmente individuato la causa del suo inusuale comportamento.
Perché solo lei riusciva a far emergere in lui quel suo lato nascosto.
E non tanto il pensiero di morire quanto il pensiero di non mantenere la promessa fattale lo stava torturando.
Quel viaggio negli Stati Uniti lo aveva cambiato.
Innamorarsi di una rampolla dell’alta società newyorkese non gli era sembrata una mossa molto saggia ma, d’altra parte, era stata forse la sola cosa che non avesse scelto lui nella vita.
Non aveva potuto opporsi né resistere a quella curiosa, ingenua e al tempo stesso audace ragazzina che non si era fatta ingannare dalla sua freddezza, penetrando la sua dura scorza e facendogli perdere la testa.
Nonostante l’amicizia che lo legava con il fratello maggiore di Maggie, lui restava uno squattrinato medico londinese ed era evidente che la famiglia non avrebbe mai dato la propria approvazione.
Con lo scoppio della guerra, però, le cose sembravano destinate a cambiare e, sebbene non fosse riuscito a mettere a tacere il senso del dovere che gli aveva imposto di partire per mettersi al servizio dei propri connazionali e combattere al loro fianco, le aveva promesso che sarebbe tornato come lei aveva promesso che lo avrebbe aspettato.
Quella missione, però, non sembrava destinata ad essere un successo, tanto più che Lawrence si sentiva il petto attanagliato da un’inquietante presentimento.
Sospirò, riflettendo sul fatto che, da quasi un anno, non aveva più sue notizie, nonostante non passasse giorno in cui lui non le scrivesse anche solo per informarla della posizione del suo plotone, che cambiava così rapidamente e spesso da rendere impossibile la ricezione di qualsiasi risposta.
Non sapeva nulla di Maggie da mesi.
Non sapeva come stesse, dove fosse e cosa stesse facendo ma, anche così, il suo obbiettivo restava sopravvivere per poter tornare da lei.
Afferrò il legnetto con entrambe le mani, piegandolo fino a spezzarlo, mentre faceva vagare lo sguardo sull’accampamento.
La tenda che avrebbe ospitato i feriti era ormai montata e gli ostruiva la visuale sul resto della radura.
Mancava poco all’arrivo delle infermiere che si erano offerte volontarie per quella pericolosa e probabilmente mortale missione.
Nonostante gli alberi che li circondavano, si rendeva bene conto che in quella zona, così vicina al nemico, erano parecchio esposti, soprattutto ad un eventuale attacco dall’alto ma non avevano avuto alternative.
D’altra parte era un’operazione che doveva durare poche ore a partire dall’alba del giorno dopo.
Il tempo di infiltrarsi, recuperare i feriti, stabilizzarli con l’aiuto delle crocerossine e portarli nell’ospedale più vicino.
-Tutto bene, sergente?!- domandò Porter, facendolo voltare verso di sé.
Si passò indice e pollice sugli occhi grigi e penetranti, in un gesto stanco.
-Sì, Porter, sto bene- rispose laconico e poco convincente, facendo assumere un’espressione scettica al rosso.
Ritrovò un po’ delle sue proverbiali intolleranza e freddezza nel sentire lo sguardo verde dell’amico puntato insistentemente su di sé.
Finì di strofinarsi gli occhi, assumendo già un’espressione autoritaria e contrariata mentre tornava a guardarlo.
-Smettila di fissar…-
Porter guardò l’amico sgranare gli occhi all’inverosimile e spalancare incredulo la bocca, mentre si girava di nuovo verso l’ospedale da campo, sconvolto.
Si alzò in piedi, tremando impercettibilmente e stringendo spasmodico la metà di ramo che era rimasta nella sua mano destra mentre voci concitate e sempre più alte li raggiungevano.
-La prego! Devo vederlo!!!-
Lawrence fece un passo in avanti, come in trance.
-Non è possibile…- mormorò, facendo preoccupare non poco il rosso.
-Signorina! Se è venuta fin qui solo per… Signorina!!!- la richiamò all’ordine l’autoritaria voce del comandante.
Poi un grido disperato proruppe nell’aria.
-Lawrence!!!-
Era lei!
Era davvero lei!
-Maggie!!!-
Porter non ebbe il tempo di capire cosa fosse successo quando vide il legno secco cadere a terra e il proprio amico mettersi a correre con tutta la forza che aveva in corpo, aggirando la tenda dell’ospedale da campo.
E nemmeno Lawrence aveva la lucidità per capire esattamente cosa stesse facendo ma almeno sapeva cosa stava accadendo.
Il cuore prese a battergli ancora  più forte quando la vide corrergli incontro, gridando il suo nome e ricevendo il proprio in risposta, con addosso la divisa da infermiera e i capelli biondi e tagliati a caschetto liberi dal copricapo bianco che giaceva per terra poco dietro di lei.
Pazza!
Cosa ci faceva lì?!
Come le era venuto in mente di lasciare gli Stati Uniti e trasferirsi in Europa dove il rischio di morire per un bombardamento aumentava ogni singolo giorno?!
E come le era venuto in mente di offrirsi per quella missione?!
Scartava tra i compagni e le tende già montate, senza smettere di chiamarla quasi come se potesse sparire da un momento all’altro se non avesse continuato a urlare il suo nome.
La strinse spasmodico quando finalmente si raggiunsero, accogliendola tra le sue braccia, gli occhi ancora sgranati e l’espressione ancora sconvolta.
Staccò a forza le sue labbra dal proprio collo per poterla guardare negli occhi, circondandole il viso con entrambe le mani e accarezzandola, agitato.
-Cosa ci fai qui?!-
-Sono mesi che ti cerco!- affermò affannata, piangente e sorridente, mentre si aggrappava con forza al colletto della sua divisa verde militare.
-Sei pazza! È pericoloso, Maggie! Devi andartene, devi…-
Ma Maggie scuoteva la testa mentre le lacrime continuavano a sgorgare dai suoi occhi marroni, infrangendosi sulle sue labbra increspate in un sorriso.
-Non m’importa! Ti ho trovato! È l’unica cosa che conta!- lo interruppe, per poi buttarsi sulle sue labbra e baciarlo, soffocando i singhiozzi di gioia contro la sua bocca.
Si lasciò coinvolgere, Lawrence, trascinandosela sul petto e desiderando di poterla inglobare dento di sé per proteggerla.
La baciò con trasporto e desiderio e disperazione.
E allo stesso modo l’amò quella notte.
Non riusciva a credere che Maggie avesse fatto una cosa del genere per trovarlo.
Aveva attraversato l’oceano, lasciando la sua agiata e tranquilla vita per fare l’infermiera volontaria in Europa, facendo carte false per trovare il suo plotone e ottenendo di essere mandata lì proprio alla vigilia di quella missione impossibile.
Era sveglio a riempirsi gli occhi di lei e a contemplarla, dormiente accanto a sé, quando l’attacco aereo nemico ebbe inizio.
Il boato delle prime bombe sganciate la svegliarono di soprassalto mentre grida e fiamme prendevano a levarsi intorno a loro, unite allo scalpiccio di molte persone impegnate in un’utile fuga.
Inutile e Lawrence lo sapeva.
Non trovò la forza di dirlo ad alta voce ma gli bastò guardarla, perché nessuno al mondo riusciva a comprendere i suoi occhi bene come lei.
Vide la paura inondare quelle iride di cioccolato, che avrebbe voluto vedere sempre e solo illuminate di felicità, e si sentì sprofondare il cuore nello stomaco, odiandosi per non poterla salvare.
Ma Maggie si ricompose in fretta, avvicinandosi a lui e accoccolandosi tra le sue braccia, in attesa.
-Non me ne pento- sussurrò sul suo collo, rilassata e serena.
Lawrence ghignò, stringendola a sé e inspirando per l’ultima volta il suo profumo di gelsomino.
-Nemmeno io- riuscì a mormorare un attimo prima che il colpo di mortaio colpisse la loro tenda. 
  
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