Serie TV: The Flash
Personaggi/Pairing: Barry
Allen/Caitlin Snow
Note: vorrei
precisare che la ripetizione continua della frase “non sono un’infermiera” è
voluta, perché penso che a Caitlin sotto sotto vada pure bene essere
l’infermiera personale di Barry, ma non lo vuole dare a vedere, ecco. Il titolo
è una frase di Caitlin tratta dal telefilm.
Disclaimers:
i personaggi non mi appartengono, non scrivo a fini di lucro, però se volete
regalarmi Barry non vi dico “no”! :D
Don’t expect
me to patch you up every
time you break something
Ufficialmente Caitlin non era
un’infermiera. Non lo era. Lei aveva una laurea in bioingegneria: aveva alle
spalle tirocini ed esami ed esperimenti e nuove scoperte scientifiche che il
genere umano non si sognava nemmeno e per cui dovrebbe essere persino
ringraziata. Lei era tutto tranne che
una semplice infermiera.
Eppure si sentiva come tale ogni
volta che Barry entrava in laboratorio, pieno di lividi ed ossa fratturate,
perché “non l’avevo previsto, quello è fatto d’acciaio”, costringendola ad occuparsi della sua guarigione e non,
come dire, del suo lavoro (sì, aveva ancora un lavoro, visto male dalla maggior
parte delle persone, ma non stava in laboratorio davanti a telescopi e calcoli
complicati a fare niente).
La prima volta era fattibile,
insomma: aveva appena iniziato a capire i suoi poteri, non sapeva davvero cosa
stesse facendo e perché lo stesse facendo. La seconda volta l’aveva istigato
Cisco ed entrambi si erano beccati una ramanzina lunga un’ora. La terza volta
l’aveva fatto per Iris. La quarta, la quinta, la sesta… aveva perso il conto di
quante volte era entrata nella stanza, era accorsa nel vederlo a terra e si era
fatta in mille per curarlo senza che Cisco e il Dr. Wells aprissero bocca.
A tutto c’era un limite,
comunque. E lei quel limite l’aveva raggiunto nel vederlo nemmeno a terra, ma
direttamente steso sul solito lettino, già pronto a farsi curare. Per questo
Caitlin gli si avvicinò a passo di carica, neanche preoccupata – no, un po’ lo
era, ma finse di non esserlo – ma arrabbiata, stanca, frustrata. Afferrò una
delle stringhe immacolate, le riempì di un antidolorifico potente e Barry non
fece neanche in tempo a salutarla o spiegarle cos’aveva che prontamente Caitlin
gli aveva già ficcato l’ago nel braccio. Da sopra la maglia che indossava.
«Caitlin! Ma che fai?» domandò
sorpreso Barry.
Caitlin buttò l’ago nel cesto
sotto il tavolo, mentre Cisco la fissava ad occhi sgranati. Un divertito Dr. Wells
si schiarì la voce, «Forse dovresti fare prima una diagnosi…»
«La diagnosi è che è un idiota.» sbottò Caitlin, permettendosi
forse per la prima di rispondere male al suo superiore, dopodiché lanciò uno
sguardo severo a Barry, il quale la fissava come un cucciolo sperduto, «E a
quello, purtroppo, non c’è alcun rimedio medico.»
Se Barry ci rimase male, beh,
Caitlin non lo vide, perché gli aveva già dato le spalle e se n’era andata. Il
giorno dopo si era messa in malattia.
***
Il suo telefono aveva squillato
cinque volte al giorno per cinque giorni.
Il sesto giorno le era arrivata
un’e-mail di Cisco, con allegata una foto del cosplay
di iron man che stava preparando, chiedendole dei
consigli. Un unico post scriptum: “ho distrutto il tuo telescopio, non l’ho
fatto apposta”.
Il settimo e l’ottavo giorno
aveva vissuto nella solitudine più estrema.
Il nono giorno Barry aveva
suonato alla porta di casa. Non aveva per niente un bell’aspetto.
***
A una prima occhiata, Barry aveva
solo un occhio pesto e un labbro spaccato. A un’analisi più approfondita forse
anche due costole rotte e un polso slogato.
«Come stai?»
Caitlin lo guardò male dall’alto,
visto che Barry era seduto sul bordo della sua
vasca da bagno mentre lei si occupava di controllare i riflessi, «Segui il
dito.» non rispose, iniziando a muovere l’indice davanti agli occhi del
ragazzo.
Barry fece come gli ordinò, ma
non per questo rimase zitto, «Cisco è preoccupat-ah!!» si lasciò andare ad un lamento
quando il disinfettante con cui aveva imbevuto del cotone gli venne posato sul
labbro spaccato, la cui ferita lentamente si stava già rimarginando.
«Potevi farti medicare da lui.»
«L’ultima volta mi ha rimesso a
posto la spalla dalla parte opposta. Grazie, ma no.»
Lei a quel punto alzò gli occhi
al cielo e prese ad esaminare la sua spalla giusto per precauzione, ma doveva
avergliela risistemata di nuovo, questa volta dalla parte giusta.
«Quel ragazzo ha passato troppo
tempo a cosplayare. Gli manderò un manuale di ripasso
riguardo al corpo umano.»
«O forse potresti tornare a lavoro.» finì di tamponargli il labbro
spaccato e si tolse i guanti di plastica, buttando tutto nel cestino del bagno.
L’occhiataccia che si guadagnò Barry fu sufficiente a farlo sbattere le ciglia
confuso, «O forse no? No. Decisamente no.»
«Non sono un’infermiera.» si
premurò di interromperlo, lavandosi velocemente le mani, «Non è il mio lavoro.»
«Lo so. Lo so, sei mia amica.»
«Ah, davvero?» sbottò Caitlin
sarcastica, «Adesso gli amici arrivano ogni giorno a lavoro trovando l’altro
pieno di ferite? Perché non vai da Iris allora a farti medicare? Avanti,
presentati nel bar dove lavora, steso per terra, chiedendo aiuto!»
Barry la guardò come se avesse
appena detto di voler intraprendere la carriera da astronauta. Anzi, forse
quello sarebbe stato più ragionevole. Per questo Caitlin scosse la testa ed
uscì dal bagno. Non fece nemmeno in tempo a raggiungere la porta della cucina,
poiché un movimento improvviso la fece indietreggiare. In un secondo Barry le
era davanti, ma si sorresse allo stipite mentre con l’altro braccio si teneva
le costole.
«Sei pazzo?» si sorprese Caitlin,
prendendolo per le spalle, «Non puoi fare il tuo giochetto a “corri e fuggi” in
queste condizioni!»
«Sei preoccupata.» mormorò Barry,
lasciandosi trascinare fino al divano dove Caitlin iniziò a sistemare i
cuscini, «Lo sono anch’io.»
«Tu non sei preoccupato, sei un
incosciente, è diverso.» sospirò sedendosi al suo fianco e sistemandogli meglio
un cuscino dietro alla schiena. Iniziò poi a tastargli il petto, facendo una
smorfia quando lui stringeva un occhio per il dolore, «Non posso arrivare tutti
i giorni a lavoro e trovarti lì, a soffrire. Non ce la faccio.» confessò
sottovoce, «Tutti i giorni mi vesto, apro la porta di casa… e poi penso a come
ti ho trovato l’ultima volta. Già steso su quel lettino, già pronto, come se
fosse qualcosa di estremamente normale.»
«Non lo è…?» domandò confuso lui.
«Non lo è.» confermò, portandosi
poi una mano fra i capelli esausta, «Barry, non sei indistruttibile. E un
giorno, magari, non arriverò in tempo.»
Barry allungò una mano per
stringere la sua, un sorriso tranquillo a stirargli le labbra, «Se non
arriverai in tempo correrò io da te, come oggi.»
«Pessimo gioco di parole.»
Nonostante questo sorrise
lievemente e Barry le passò un braccio attorno alle spalle, tenendo per sé il
dolore nel sentirla appoggiarsi contro le sue costole ammaccate, «Ti ho fatto
comunque sorridere, è abbastanza.»
***
Il decimo giorno Caitlin rientrò
a lavoro. Cisco indossava la maschera di Iron Man. Il
dr. Wells le sorrise semplicemente, indicandole il lettino poco distante. Barry
sedeva con le gambe a penzoloni, con un grande sorriso.
«Non sono la tua infermiera.»
«Lo so.» le disse, abbassando il
tono di voce per non farsi sentire dagli altri e poi anche il viso imbarazzato,
perché lui non era poi così bravo in certe cose, «Sei molto di più.»