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Autore: Monchele98    23/11/2014    2 recensioni
Jessica Sparkle. Un nome ma tanti problemi. Una vita come la sua non viene raccontata neanche nei libri. Diciassette anni, mandata da una famiglia affidataria a un'altra fin da piccola. Madre ricoverata per una malattia senza cura, padre ignoto. L'unica ancora a cui riesce ancora aggrapparsi è la danza.
Ma la danza può davvero salvarla da una vita come la sua più di quanto non faccia il suo nuovo fratellastro?
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Violenza
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~~Quando finisco di preparare la borsa, trovo Louis appollaiato sul divano ad aspettarmi. Ci metto qualche secondo a saggiungerlo e non appena mi vede si alza.
“Pronta?”
Annuisco mettendomi in spalla il borsone. Il moro viene subito al mio fianco e mi toglie gentilmente la borsa di mano. “Questa la prendo io.”
Faccio un sorriso tirato e lo seguo verso l'uscita. Riesco a camminare meglio sulle stampelle rispetto a stamattina, ma sono comunque lenta. Louis deve tornare di nuovo al mio fianco per aiutarmi a salire in macchina. E' una situazione  imbarazzante, soprattutto dopo aver sentito quelle cose tra lui ed Harry.
“Guidami, non so dove andare.” dice dopo aver messo in moto.
Ho una strana o forse brutta sensazione. So per certo che Roxenne non sarà contenta di vedere la fasciatura, soprattutto a poche settimane dal tributo all'accademia. Una volta ha rimproverato Camilla, quella nuova, perché aveva messo l'apparecchio.
Guasta l'immagine di una ballerina, disse.
Povera ragazza!
Posso solo immaginare quante me ne dirà per una caviglia slogata.
Continuo a guidare Louis verso la scuola di ballo guardandolo di tanto in tanto con la coda dell'occhio. La sua mano finisce spesso fra le sue ciocche brune. Gli occhi azzurri non lasciando mai la strada e le mani sono ancorate al volante più forte rispetto a quando andiamo a scuola. Penso sia nervoso ma non ne sono sicura. Perché dovrebbe esserlo? Sono io che sto per essere espulsa, mica lui. Neanche gli sto simpatica, quindi perché agitarsi tanto?
“Sei sicura ti faranno ballare?”
“Perché no?”
“Magari perché sei zoppa?” evidenza l'ovvio.
Gli lancio un'occhiata omicida. “Non sono zoppa. Sono semplicemente più lenta.”
Louis ride. “Diamine se sei lenta. Mentre tu entravi in macchina la signora Gooderman ha fatto la spesa, è andata a messa ed è tornata a casa.” dice riferendosi alla vicina.
“Ma la signora Gooderman non ha settant'anni?”
“Appunto.” ride.
Alzo gli occhi al cielo e poggio la testa sul sedile. Se c'è una cosa che Louis non abbandonerà mai saranno le battute, specialmente quelle malefiche. A volte me lo immagino da adulto, con una famiglia, mi chiedo se allora avrà una degna maturità. Poi mi rendo conto che è di Louis che sto parlando e comincio a ridere.
Il moro accosta davanti l'ingresso dell'accademia e io faccio un respiro profondo. Posso farcela, non muoio mica. Moriranno solo tutti i miei sogni e gli sforzi fatti negli ultimi dieci anni.
Ma si!
Apro lo sportello e mi ritrovo il mio fratellastro ad aiutarmi. Non mi sono neanche accorta fosse uscito tanto ero sovrappensiero. Devo darmi una calmata o mi farò prendere dal panico.
Louis mi afferra saldamente mentre prendo le stampelle. Quando riesco a stare in equilibrio lui provvede al borsone. Ci metto un dannato minuto per fare quattro passi e devo dare ragione al moro: sono veramente lenta.

 

Poco prima di arrivare all'ingresso, un'auto parcheggia accanto a noi. La riconosco subito e sento l'ansia attraversare ogni cellula del mio corpo. Roxenne esce dall'auto con la sua solita tuta grigia che toglie solo dopo essere entrata. Scosta gli occhiali da sole verso la punta del naso e comincia ad osservarmi seria. Inizialmente alterna lo sguardo fra me e Louis, sicuramente si sta chiedendo chi diavolo sia. Poi squadra le mie stampelle e il mio respiro accellera.
“Jess?”
“Roxenne..” sorrido esitante.
Il suo sguardo è fermo sulla mia caviglia. “Cosa hai fatto alla caviglia?”
“Un'incidente a scuola.”
“Un'incidente grave mi sembra.”
“Non è nulla di serio, davvero..”
“Tu non balli così.” mi interrompe. Il respiro mi si blocca e sembra che tutto intorno a me si sia fermato.
“Ma...ce la posso fare.”
Roxenne mi guarda per alcuni secondi, poi prende dal suo borsone il bastone che usa per tenere il tempo in aula e mi sferza una bacchettata proprio all'inizio della caviglia. Gemo dal dolore. Sarei caduta se Louis non mi avesse afferrata.
“Tu non puoi ballare. Non in queste condizioni.”
“E' solo un po' dolorante, posso ballare.” cerco di convincerla.
“No che non puoi. Risparmierò il fiato per dirti quanto sia delusa dalla mancanza di rispetto verso il tuo corpo e verso il tuo futuro. Ma non ti terrò nascosto quanto tu sia patetica in questo momento. Presentarti qui sperando di poter lavorare...così.” Indica la mia gamba con un'espressione di disgusto, proprio quella che avrei evitato volentieri.
Il mondo sembra essermi crollato addosso.
“E' solo una caviglia slogata, la sta facendo più grande di quello che è.” intervenne Louis.
Roxenne lo guarda in cagnesco. “Non ho tempo da perdere con fidanzatini protettivi.”
Che?
“Se ti sei portata dietro il ragazzo sperando di convincermi ti sbagli di grosso.” si rivolge a me.
Lascio perdere il fatto che abbia frainteso tutto e continuo a spiegarle quanto sia importante per me non perdere neanche una lezione.
“Sei stata un'incosciente. Abbiamo il tributo e sai benissimo che finita l'estate dovrai preparare il tuo esame per il college.”
Avevo dimenticato anche quello. Finito il penultimo anno di liceo avrei già preparato il mio assolo per essere ammessa alla Great Ballet School di Los Angeles. Era una cosa a cui miravo fin dal mio primo anno di danza, cioè dall'età di sette anni. Non può mica andare tutto a rotoli per una caviglia slogata, giusto? Rimarrà fasciata solo per quindici giorni, santo cielo!
“Sai quanto per me sia importante. Non farmi questo.” la supplico con le lacrime agli occhi. Roxenne avvicina di poco il suo viso al mio ma il suo sguardo duro non muta di una virgola.
“Torna quando avrai più rispetto del tuo corpo.” ringhia per poi girarsi ed entrare nell'istituto.
Rimango li ferma a guardarla affievolirsi dietro le vetrate. Non ci credo, Roxenne non mi ha realmente cacciata dalle prove. La cosa che volevo capisse è che non l'ho mica fatto a posta. Non scelgo di farmi male come una demente, è successo e basta.
“Jess..”
Louis poggia una delle sue mani sulla mia spalla e io vorrei tanto non lo avesse fatto. Vorrei scostarmi dal suo tocco, vorrei urlargli contro e dirgli che non ho bisogno di aiuto, tanto meno del suo. Ma non ce la faccio. Per quanto odi ammetterlo tutto ciò che ho sempre voluto, oltre la danza, è avere qualcuno che ascoltasse. Louis stava ascoltando. Era arrogante, presuntuoso, egoista, cattivo e idiota, ma stava ascoltando.
“Si?” mi giro facendo scontrare i nostri sguardi.
“Tutto okay?”
“Uhm, si. Beh...potrebbe andare meglio..” abbasso lo sguardo.
“Non darle ascolto. E' solo una vecchia bisbetica.”
Non mi spiego il motivo ma quella critica mi fa ridere e in Louis si apre un gran sorriso. Roxenne non è vecchia, tanto meno bisbetica. Il fatto è che questo è il suo lavoro, deve comportarsi così, anche se avrei preferito non ci andasse così pesante con me.
“Credo che passerò quindici giorni deprimenti.” mi incammino lentamente verso l'auto. Louis mi apre la portiera.
“Non se li passerai in completa esasperazione.”
Mi fermo poco prima di salire e lo guardo confusa. “I miei sanno essere molto appiccicosi quando stai male.” chiarisce.
E io che pensavo fossero già molto appiccicosi.
In poco tempo Louis mi riporta a casa. Nessuno dei due ha aperto bocca durante il tragitto. Mi chiedo a cosa avesse pensato. Magari a quando Roxenne ci ha definito fidanzati. Beh, io a quello non ci pensavo proprio.
Mi sedetti sul letto pesantemente, molleggiando sul materasso. Dalla coda sono sfuggite un paio di chiocche che ora mi circondano il viso. La gamba comincia a farmi male e prendo qualche antidolorifico dal comodino per alleviare il dolore. Passo le successive tre ore a leggere, guardare dalla finestra e ascoltare musica. Mi chiama perfino Cassie nel pomeriggio e le racconto la giornata.
Giornata di merda è tutto ciò che riesce a dire. Le ho detto della caduta, di Niall, di Harry e della danza. Sencondo lei non devo preoccuparmi, è normale che Roxenne sia arrabbiata ma non appena tornerò in forma la rabbia le svanirà.
Sul tardo pomeriggio qualcuno bussa alla mia porta. Pensando fosse il ragazzo della camera accanto rispondo di entrare. Ma non è Louis.
“Ciao Jess.”
Roxenne mi sorride sull'uscio della porta. Non so cosa ci faccia qui ne come abbia fatto ad entrare. Se non sbaglio a Louis non sta molto a genio. E poi come mi ha trovata? Chi le ha dato il mio nuovo indirizzo?
“Come sei entrata?”
“Ho dovuto convincere quel ragazzo. Mi è costato venti dollari ma alla fine sono entrata.”
Oddio... “Mi dispiace, giuro che non se ne accorge quando fa l'idiota. Te li farò ridare.”
“Non mi interessano i soldi. Sono venuta per parlare con te.”
Mi muovo a disagio sul bordo del letto. Di cosa vuole parlare? Mi ha già detto tutto pomeriggio.
“Come stai?” mi chiede. La sua chioma rossa ondeggia nell'aria mentre siede accanto a me.
“Bene.”
“Tua madre?”
“Come al solito.” guardo le mani sul mio ventre.
Lei annuisce e il suo sguardo finisce sulla fasciatura. So a cosa sta pensando, mi chiedo solo perché debba insistere tanto.
“Sono stata dura con te oggi, ma tu sai bene che è così che lavoro, no?”
Annuisco. “Sai che se non fossi tu non sarei neanche qui.”
Annuisco di nuovo. “Ti conosco da quando eri alta poco più di un metro.  Ricordo ancora il giorno in cui ti sei iscritta alla scuola di ballo. Eri così impaziente di ballare...sapevo che saresti diventata una ballerina piena di talento.” mi sorride.
Sorrido mentre piccoli flash mi tornano in mente. Tiravo la mano di mia madre portandola all'interno dell'accademia. Roxenne fu la prima persona che incntrammo e ci fece vedere subito l'edificio. Ricordo di essere entrata in una sala prove e ho cominciato a girare su me stessa di fronte agli specchi.
“In un certo senso ti ho cresciuta anch'io. Ho un rapporto con te...che non ho con nessun'altro allievo. Avevo stretto una bellissima amicizia con tua madre e col tempo avevo finito per affezionarmi anche a te.”
“Cosa stai cercando di dirmi?”
“Voglio dirti..che in accademia io non posso non comportarmi in quel modo, e tu lo sai bene. Li dentro sono l'insegnante di ballo, ma fuori da quel posto sono Roxenne,  la donna che si preoccupa per te e che ti aiuta sempre ogni qual volta hai un problema.”
Era vero. Roxenne sapeva quasi tutto di me, apparte Cassandra.
Lo sguardo della donna si posa nuovamente sulla mia gamba ma stavolta con uno sguardo più dolce.
“Com'è successo?”
“Mi hanno fatta cadere a scuola.” Al solo ricordo dell'orribile mattinata mi sale un brivido lungo la schiena.
“Ah, il liceo. Non ti ci vedo proprio in una scuola pubblica.” ridacchia mostrando delle piccole grinze accanto agli occhi.
“Neanche io.” mi unisco a lei.
“Abbi pazienza. A scuola sono tutti un po' crudeli, devi solo capire come reagire.”
“Grazie.” le sorrido.
“Dovrei andare ora. Se hai bisogno di qualcosa hai il mio numero.”
Annuisco guardandola mentre si alza. “Ah, dimenticavo. Puoi tornare all'accademia, ma solo per guardare, siamo intesi?”
Mi alzo di scatto pur provando un dolore immenso alla gamba. “Oh mio Dio, grazie mille, grazie.” sorrido come un bambino a Disneyland.
“Devi cercare di memorizzare i passi e stare al passo con gli altri anche se non puoi muoverti. Non posso rinunciare a te per il tributo, okay?”
“Sisi, certo. Farò del mio meglio.” dico entusiasta.
Roxenne mi guarda con un sorriso strano poi mi saluta e va via. Se potessi comincierei a saltare per la camera. Finalmente qualcosa sta andando per il verso giusto. Sarei stata più che attenta solo per mettere piede dentro quella scuola. Fin ora la danza è stata l'unica cosa in grando di distrarmi da mia madre e dal collegio. Chiudo gli occhi, mi muovo e non penso più a niente. Solo al mio corpo e all'aria che occupa.


Decido di farmi un bagno caldo ma mi riesce difficile dal momento che ho solo un piede. E camminare su un solo piede quando si è bagnati è più che traumatico. Quando finisco indosso la biancheria e una maglia larga che arriva fino alle cosce. Prendo pomate e bende nuove e mi siedo sul letto per mettermi al lavoro. Dovrei fare il primo cambio di fasciatura ma non so neanche come cominciare. Non mi sono mai slogata un arto in vita mia, non sono pratica di queste cose. Prendo la pomata e comincio a leggere le istruzioni. Sono talmente sfigata che non so neanche applicarla.
Una testa mora appare da dietro la porta socchiusa e due occhi azzurri si piazzano su di me.
“Posso entrare?”
Annuisco e Louis mi si avvicina lentamente. “Che fai?”
“Leggo le istruzioni.”
“Di una pomata?”
“Si.”
Louis fa una faccia strana. “Ma è una pomata.”
“Lo so, lo hai già detto.”
“Non si leggono le istruzioni di una pomata, Jess.”
“Beh io non so applicarla quindi le leggo, magari sbaglio qualcosa..”
“E' impossibile sbagliare.” sospira.
“E perché mai?”
“Perché è una pomata!” apre le braccia. Ha il nervosismo facile questo ragazzo..
Sospiro ma faccio come dice. Di sicuro lui ha più esperienza di me. Metto un po' di crema sull'indice e comincio a spalmarla sulla caviglia. Fa male ma è sopportabile. Dio benedica gli antidolorifici.
Louis comincia a dondolarsi sui piedi mentre infila le mani nelle tasche dei jeans. “Com'è andata con la tua insegnante di ballo?”
“Bene.” sorrido. “Mi permette di tornare, ma solo per guardare.”
“Fico.”
“La prissima volta però non far pagare l'ingresso in questa casa. E' imbarazzante.” dico mentre continuo a spalmare la crema.
Louis ridacchia ma annuisce. Il suo sguardo si posa in giro per la mia camera. “Hai sistemato bene qui.”
Io sbuffo e alzo gli occhi al cielo. “Ha fatto tutto tua madre.”
“Ah! Quell'espressione...è quella che ha ogni essere vivente a contatto coi miei.”
Comincio a ridacchiare ma alla fine dico a Louis quanto i suoi siano persone a posto.
Appena finisco con la crema, prendo la benda e mi piego in avanti per fasciarmi il piede ma esito più volte non sapendo come iniziare.
“Lascia, faccio io.” Il moro mi si avvicina e prende la benda dalle mie mani.
“Non fa nie..”
Non riesco a terminare la frase che me lo ritrovo in ginocchio ai piedi del letto intento a fasciarmi la caviglia. E' molto delicato nei movimenti eppure riesce a fare una fasciatura migliore di quella fatta dall'infermiera oggi a scuola. Ogni qual volta le sue dita sfiorano la mia pelle ho la pelle d'oca. E' tutto così strano: Louis gentile che mi aiuta nel momento del bisogno. Mi chiedo se sia lo stesso ragazzo che poche ore prima urlava ad Harry di odiarmi.
“Perché fai così?” chiedo.
Lui mi guarda per alcuni secondi prima di continuare a fasciarmi la caviglia.
“Così come?”
“Prima mi tratti male e un attimo dopo sei gentile. Perché?”
Il moro sospira mentre fa un utlimo nodo alla fascia. “Non lo so nemmeno io.” si alza e si siede accanto a me.
“Mi comporto sempre così, mi viene spontaneo.”
“Che vuoi dire?”
Louis alza le spalle con noncuranza. “Mi sono sempre comportato da stronzo con gli altri, perfino con Harry.”
Ah, già. Il famoso pugno.
“Questo sono io.” dice infine. Louis nota il mio sguardo confuso e si posiziona meglio per guardarmi dritto in viso.
“Non ho nulla contro di te, Jess. E' solo che...un momento riesco a parlarti e ad essere me stesso e il momento dopo fai qualcosa che mi manda in bestia.”
“Quando Harry ti fa arrabbiare tu lo lasci a piedi?” inarco un sopracciglio.
Il moro comincia a grattarsi la nuca. “No, non lo faccio.”
E allora perché con me si? E' questo il dilemma che mi affligge.
“Comunque sia...volevo chiederti scusa per oggi. Volevi aiutarmi e ti ho respinto.” dico guardandomi le dita.
Louis sgrana gli occhi alle mie parole e continua a fissarmi. “Mi hai davvero chiesto scusa?” chiede.
“Non sto dicendo che tu non hai fatto niente. Anzi voglio ricordartelo ancora: mi hai lasciata a piedi.”
“Lo so.” dice piano.
“E con una caviglia slogata.”
“Ho capito..” si passa una mano tra i capelli.
“Se non ci fosse stato Harry..”
“Jessica non avevi un discorso da continuare?” mi interrompe. Gli lancio un'occhiataccia ma continuo il discorso.
“Tu hai sbagliato ma l'ho fatto anch'io. Ho un caratteraccio se mi ci metto. Ogni volta che qualcuno vuole aiutarmi io lo respingo.”
Louis sembra pensare alle mie parole, poi annuisce come se fosse arrivato ad una conclusione.
“Siamo uguali sotto questo punto di vista.”
Lo guardo attentamente mentre lui mi fissa a sua volta. “Beh, siamo fratelli.”
Comincia a ridere scuotendo la testa. Non so perché ma la sua risata mi da un senso di tranquillità. Posa nuovamente lo sguardo su di me. Per un solo istante il suo sguardo finisce sulle mie labbra, subito dopo  di nuovo fisso nel mio.
“Si. Siamo fratelli.”

  
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